Posts written by PatriziaTeresa

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    Ciao Lisa, a me interesserebbe se mi racconti qualcosina sono curiosa :)
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    Savona

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    - Info -

    Savona (Sann-a in ligure, anche Savonn-a nella versione genovese) è un comune italiano di 60.595 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Liguria.

    È il terzo comune della regione per popolazione, preceduta solamente da Genova e da La Spezia. La sua area conurbata, comprendente i comuni di Albissola Marina, Albisola Superiore, Quiliano e Vado Ligure, conta 94.100 abitanti, mentre l'intero comprensorio savonese, da Bergeggi a Varazze e il relativo entroterra, sfiora i 115.000 residenti.La città di Savona è il punto di riferimento per chi intende dirigersi verso il ponente Ligure o l'entroterra. Il capoluogo savonese funziona inoltre come snodo centrale per i collegamenti in pullman o ferrovia verso il non distante confine francese, la Costa Azzurra e l'Aeroporto di Nizza-Côte d'Azur. È inoltre un importante porto crocieristico.

    Geografia fisica

    Territorio

    La città è situata sulla Riviera Ligure di ponente, alla confluenza dei torrenti Lavanestro e Letimbro e alla congiunzione di due autostrade: l'Autostrada dei Fiori - che unisce Genova con Ventimiglia - e l'Autostrada A6 Savona-Torino.Le spiagge di Savona hanno ottenuto la Bandiera Blu nel 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2009 e 2010. Anche il porto turistico della Vecchia Darsena ha ottenuto il medesimo riconoscimento negli stessi anni (2008 compreso) per la qualità dei servizi e dell'approdo.
    Nella classifica "Ecosistema Urbano" del 2010 stilata da Legambiente e IlSole24Ore che misura la qualità urbana di tutti i 103 capoluoghi di provincia italiani Savona si è classificata al 6º posto a pari merito con Trento.


    Clima

    Il clima è temperato di tipo mediterraneo con un inizio di influenze continentali verso l'entroterra.L'estate è moderatamente calda ma quasi mai afosa. Durante l'inverno a Savona si alternano periodi con giornate soleggiate e temperature non molto basse quando la Liguria è protetta dall'Anticiclone delle Azzorre ad altri più rigidi quando si formano Basse pressioni sul Golfo di Genova. Tale configurazione barica provoca forti venti di Tramontana scura e nevicate talvolta fin sulla costa.Non appena cessano gli effetti della Tramontana scura, le calde brezze del profondo Mar Ligure prendono il sopravvento e le temperature a Savona tornano su valori più moderati. Il tempo si rivela mite per gran parte dell'estate e della primavera.

    Storia

    Antico centro dei Liguri Sabazi, la città, "ligure", fu alleata di Cartagine durante la Seconda guerra punica, contro Roma già alleata di Genova, "romana", come tramandato da Tito Livio nell'Ab Urbe Condita (XXVIII, 46). Dopo alterne vicende Roma sottomise infine Savona attorno al 180 a.C. e le diede il nome di Savo Oppidum Alpinum. In epoca romana Savona venne dalla fine del II secolo a.C. a soppiantare il ruolo di Genova come porto principale della Liguria.Con la caduta dell'Impero romano dopo il V secolo la città subì devastazione da parte di Eruli e Goti. Tornata sotto i Bizantini dopo le guerre gotiche vi fu una breve ripresa che durò fino alla conquista da parte del re longobardo Rotari nel 641.Fece poi parte del Regno longobardo, nel Ducato di Liguria, con capitale Genova. Un nuovo sviluppo fu favorito dalla creazione del monastero di Lodisio da parte di monaci irlandesi.Sotto il dominio dei Franchi di Carlo Magno, divenne sede di una contea e riprese i commerci sul mare. Dal 1131 al 1191 fece parte della Marca di Savona.Dopo aspre lotte con i pirati saraceni, durante le quali furono costruite una serie di torri di avvistamento, si costituì in libero Comune nel 1191 (Hoc habet ex Coelis, q. sit Saona fidelis sarà il motto medioevale del Libero Comune).Nell'XI secolo Savona, dapprima alleata con la repubblica marinara di Genova, intraprese aspre lotte ma anche forti intrecci con essa, in special modo con la famiglia Campofregoso, che con alcuni suoi esponenti (Giano I di Campofregoso ma, soprattutto, Tomaso di Campofregoso) tenta di instaurarvi una signoria personale.Il complesso quadro internazionale sarà una delle cause principali della decadenza del comune. Le lotte con Genova si concluderanno tragicamente per Savona nel 1528, con la definitiva conquista da parte di Andrea Doria ed Antoniotto II Adorno. Ciò comporterà, oltre a numerose vittime, la distruzione dell'antichissima acropoli con annessa la Cattedrale di Santa Maria di Castello e diversi edifici civili e religiosi, nonché la maggior parte delle torri delle famiglie patrizie.Il disastro economico si ha però con l'interramento definitivo del porto (stimato essere, nel primo Trecento, fra i primi 5 del Mediterraneo per capacità ricettiva di grandi navi mercantili).Nel corso dell'anno 2007 è stata riconosciuta la importante valenza archeologica, anche in termini di qualità conservativa, dei ritrovati resti dell'arsenale sforzesco di Savona (1471-1518), situato a sud dei resti del Castello di San Giorgio, demoliti ed asportati nel corso del medesimo anno.Al posto del 21% circa del tessuto urbano cittadino, smantellato pietra su pietra e riutilizzato per l'interro del bacino portuale, verrà costruita la maestosa fortezza del Priamar, sui ruderi dell'antico Oppidum romano.Da questo momento Savona seguirà le sorti della Repubblica di Genova.Storicamente visse la sua età di massimo fulgore economico tra la fine del XIII e la metà del XIV secolo, ma oggi è ricordata anche per vedersi attribuito a buon diritto il nome di Città dei Papi. Una delle famiglie più blasonate della città, i Della Rovere, vide eletti due esponenti fra le sue fila: Francesco della Rovere, che assumerà il nome di Papa Sisto IV, e suo nipote Giuliano della Rovere, papa con il nome di Giulio II. Approfittando della parentela con i Della Rovere, anche i Riario ottennero cospicui posti di potere, come è il caso di Girolamo Riario, che diventò signore di Imola e di Forlì.Sisto IV fu il promotore della Cappella Sistina (una seconda Cappella Sistina si trova nella stessa Savona, mausoleo dei genitori del papa), Giulio II mecenate di Michelangelo e Raffaello. Sotto Giulio II iniziarono a prestare servizio le Guardie Svizzere, la cui divisa reca ancor oggi l'emblema roveresco savonese.Per oltre due secoli Savona fu sede di zecca, con l'emissione di oltre cinquanta tipi monetari, molti dei quali distrutti a seguito del 1528, oggetto di una sorta di damnatio memoriae al pari di molta preziosissima documentazione civica.Nel Settecento la città riprese la sua attività marinara. Coi commerci fioriscono le arti, e Savona si arricchì di palazzi signorili, ville e chiese.Nel 1809 la città accolse Papa Pio VII, prigioniero di Napoleone Bonaparte.Con Roma ed Avignone, Savona - capoluogo del dipartimento francese n°108 o di Montenotte - fu la terza ed unica altra sede ufficiale nella storia della Chiesa.Nel 1815 il Congresso di Vienna stabilirà l'annessione della Repubblica Ligure nei territori del Regno di Sardegna, col quale entrerà poi a far parte del neo costituito Regno d'Italia dal 1861.Sotto l'amministrazione napoleonica del prefetto Chabrol de Volvic la città iniziò una lenta rifioritura, che evolverà con l'arrivo della ferrovia e, nel 1861, con l'apertura dello stabilimento siderurgico Tardy & Benech germe della rivoluzione industriale savonese che però terminerà negli anni a seguire l'attività a causa delle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime necessarie alla lavorazione del ferro. La storia della siderurgia nella fidelissima terminerà soltanto 130 anni dopo.Durante la Seconda guerra mondiale la città subì massicci bombardamenti aerei a causa della presenza di industrie belliche e del porto, che causarono gravi danni, specialmente agli antichi quartieri della zona portuale.Particolarmente intenso fu il bombardamento navale del 14 giugno 1940 nel quale Savona, coraggiosamente ma inutilmente difesa dalle batterie costiere e dal treno armato di stanza ad Albisola Superiore, fu fatta segno di oltre cinquecento colpi d'artiglieria sparati dalla marina francese. Savona è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione perché è stata insignita della Medaglia d'Oro al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale. Inoltre è stata insignita anche della Medaglia d'Oro al Merito Civile per la lotta di resistenza partigiana.Nel dopoguerra e fino agli anni settanta la città si è sviluppata come centro industriale e marittimo. Trasformatasi in hub turistico verso la fine degli anni novanta, dopo un ventennio di stagnazione dovuto alla chiusura degli stabilimenti.Al giorno d'oggi Savona è la porta principale di accesso ai siti turistici dell'entroterra e della Riviera delle Palme, nonché città turistica essa stessa, benché stia ancora vivendo una delicata fase di transizione non estranea a profonde ferite urbanistiche e criticità di carattere demografico. Savona è anche un importante scalo crocieristico del mar Mediterraneo.L'etimologia del nome "Savona" risulta molto incerta. Livio cita il termine Sauone (abl.) definendolo un oppidum nei territori dei Liguri Alpini. Nel VII secolo si attesta il termine Saona. Se il termine fosse ligure-indoeuropeo si potrebbe trovare correlazioni sia con la radice *seu-" cioè "bagnato" o "umido", sia con l'idronimo "Sava", sia con il tedesco "sou" "umore". Molto attendibile potrebbe essere l'ipotesi che fa derivare il suo nome dalla dea celtica Souconna e ad avvalorare questa tesi, oltre alle numerose similitudini tra le popolazioni liguri e quelle celtiche, vi è il fatto che ancora oggi nella lingua locale savonese la città viene nominata "sann-a".È noto a pochi che il termine sapone deriva proprio dalla città di Savona (vedi: "savon" sia in lingua locale che in francese; "soap" in inglese), infatti circa nel II secolo d.C. ci fu la sua invenzione, attribuita ai Galli che lo utilizzavano come pomata e poi rielaborata dai Liguri in un sapone duro, trovò in questa città una fiorente produzione che fu mantenuta nei secoli. Nella tradizione ligure (riportata anche da testi francesi) si vuole che a Savona la moglie di un pescatore abbia ottenuto in modo fortuito per la prima volta il sapone, facendo bollire assieme olio di oliva e lisciva di soda.

    Etimologia

    L'etimologia del nome "Savona" risulta molto incerta. Livio cita il termine Sauone (abl.) definendolo un oppidum nei territori dei Liguri Alpini. Nel VII secolo si attesta il termine Saona. Se il termine fosse ligure-indoeuropeo si potrebbe trovare correlazioni sia con la radice *seu-" cioè "bagnato" o "umido", sia con l'idronimo "Sava", sia con il tedesco "sou" "umore". Molto attendibile potrebbe essere l'ipotesi che fa derivare il suo nome dalla dea celtica Souconna e ad avvalorare questa tesi, oltre alle numerose similitudini tra le popolazioni liguri e quelle celtiche, vi è il fatto che ancora oggi nella lingua locale savonese la città viene nominata "Sann-a".
    Secondo alcuni il termine sapone deriva proprio dalla città di Savona (vedi: "savon" sia in lingua locale che in francese; "soap" in inglese) ma non esistono informazioni certe al riguardo. È risaputo però che intorno al II secolo d.C. ci fu la sua invenzione, attribuita ai Galli che lo utilizzavano come pomata e questa venne successivamente rielaborata dai Liguri in un sapone duro che trovò tra Genova e Savona una fiorente produzione, mantenuta nei secoli a venire. Nella tradizione ligure (riportata anche da testi francesi) si vuole che a Savona la moglie di un pescatore abbia ottenuto in modo fortuito per la prima volta il sapone, facendo bollire assieme olio di oliva e liscivia di soda.



    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture religiose



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    La cattedrale dell'Assunta
    • Cattedrale dell'Assunta. Costruita a seguito delle demolizioni genovesi dell'antica cattedrale, situata anticamente sul colle del Priamar. Conserva al suo interno alcune pregevoli opere (Timpano del portale, pulpito, fonte battesimale, croce marmorea). Annesso alla chiesa vi è il museo del tesoro in cui è possibile ammirare alcuni quadri di notevole importanza (Maestro di Hoogstraeten, Tuccio D'Andria, Luca Cambiaso, Ludovico Brea, Giovanni Mazone) e interessanti oggetti di arte sacra (pianete, pastorali, reliquiari, eccetera). Infine tra i più belli d'Italia e fra i più importanti d'Europa in relazione al suo periodo di realizzazione, è il coro ligneo dietro l'altare maggiore. Conserva, tra le altre, le Reliquie di San Valentino Martire, patrono degli innamorati.
    • Cappella Sistina. Unica altra esistente oltre alla celeberrima Cappella Sistina romana, voluta dal papa savonese Sisto IV della Rovere come monumento sepolcrale dei propri genitori. Recentemente restaurata.
    • Santuario di Nostra Signora della Misericordia. Il santuario di Savona edificato a seguito dell'apparizione al beato Antonio Botta. Annesso alla chiesa un museo che raccoglie oggetti di arte sacra ed ex voto. Il santuario della Madonna della Misericordia è dedicato alla santa patrona della città ed è un sontuoso esempio di architettura barocca che, al proprio interno, può vantare un altare di Gian Lorenzo Bernini e preziose tele del Domenichino. La statua della patrona fu incoronata direttamente da Pio VII alla fine della sua cattività.
    Oratorio di Nostra Signora di Castello. Proclamato monumento nazionale, ospita il monumentale polittico dipinto da Vincenzo Foppa e Ludovico Brea nel 1490. Interessanti anche due imponenti casse processionali.
    • Oratorio dei Santissimi Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Petronilla, risalente al 1890, conserva opere di Anton Maria Maragliano.


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    Il santuario di Nostra
    Signora della Misericordia
    • Oratorio dei Santissimi Pietro e Caterina. Risalente al XVIII secolo conserva opere di Paolo Gerolamo Brusco e Renata Cuneo.
    • Chiesa di San Dalmazio. Situata nel quartiere di Lavagnola, contiene un pregevole polittico di Barnaba da Modena. Vicino, sorge la romanica cappella di San Martino.
    • Oratorio del Cristo Risorto. È possibile ammirare all'interno un pregevole coro ligneo quattrocentesco di scuola tedesca oltre ad una cassa processionale di Anton Maria Maragliano.
    • Chiesa di Sant'Andrea Apostolo. Settecentesca, conserva al suo interno una Madonna con il Bambino di Defendente Ferrari.
    • Chiesa di San Pietro. Seicentesca, fu costruita dai Carmelitani Scalzi. Riccamente affrescata, presenta all'interno alcune tele di rilievo.
    • Chiesa di San Giovanni Battista, posta lungo la principale via Paleocapa, risale al XVI secolo.
    • Chiesa di Santa Lucia, posta lungo l'antica strada di collegamento con Albissola Marina.
    Certosa di Loreto. Eretta da Stefano Embruno nel 1480 e in seguito ingrandita. Fu forse edificata sul precedente Castello di Loreto.
    • Convento dei Cappuccini. Eretto a partire dal 1539, si trova in posizione dominante su una collina alle spalle della città.
    • Ex chiesa e convento di San Giacomo. Costruita per volere di papa Sisto IV nel 1472, è l'unico esempio di chiesa tardo-medievale conservatosi in città. Chiusa al pubblico, attualmente è abbandonata.
    • Oratorio dei Beghini.
    • Chiesa dei Santi Lorenzo, Biagio e Donato.


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    La chiesa di San Giovanni Battista
    • Chiesa di Santa Maria Giuseppa Rossello.
    • Chiesa di San Francesco da Paola.
    • Chiesa di Maria Ausiliatrice.
    • Chiesa di San Raffaele al porto.
    • Chiesa del Sacro Cuore.
    • Cappella di Santa Maria.
    • Cappella dei Tre Santi.
    • Monastero di Santa Teresa.
    • Chiesa della Madonna degli Angeli.
    • Cappella di San Michele.
    • Chiesa del Nome di Maria.


    Architetture civili
    • Palazzo Della Rovere. Opera dell'architetto Giuliano da Sangallo. Fu fatto costruire dal cardinale Giuliano della Rovere, futuro Papa Giulio II (in occasione della sua elezione al Pontificato saranno murate lapidi ed armi roveresche in tutta la città, nonché piantati alberi di rovere per le vie principali); l'avvio ai lavori è dato il 4 febbraio del 1495 sotto la sovraintendenza di Urbano Vegerio, suo procuratore; nel 1496 vengono acquistate alcune abitazioni circostanti per estendere il palazzo, che tuttavia resterà incompleto (al riguardo notare le isolate colonne dell'ingresso, che nelle intenzioni originarie erano parte di un diverso contesto, completo di un blasone ecc.). Il progetto è del fiorentino Giuliano da Sangallo, magister petrarum et picator, coadiuvato da Matteo De Bixono, magister picator sive picha pietra. Nel 1500 al de Sengallo e al nipote Bernardo, gli Anziani della città accordano la cittadinanza savonese in benemerenza del progetto. Il celebre architetto (1445-1516) costruì, per Lorenzo il Magnifico, le ville fiorentine di Poggio Imperiale e di Poggio a Caiano. Suoi vari edifici a Roma e a Perugia. Fra gli altri, alloggiò in questo palazzo la regina di Spagna Germana di Foix, moglie di Ferdinando II di Aragona (che fu ospitato nel Castello Nuovo), dal 26 giugno 1507 (in occasione del vertice europeo - convegno di Savona).
    • Palazzo Gavotti. Situato nel cuore del centro storico, è sede della Pinacoteca comunale.
    • Villa Cambiaso. Palazzo storico iscritto nei beni monumentali italiani in cui la storia ha fatto il suo ingresso lasciando ricordi e testimonianze importanti come il passaggio e il soggiorno di Napoleone Bonaparte o il ritiro in preghiera del Papa Pio VII nella cappella consacrata del palazzo.
    • Palazzo Delle Piane. Il prestigioso e pregevole Palazzo Delle Piane e uno dei massimi vertici artistici del Liberty Savonese. Il fiabesco “Palazzo Delle Piane” è noto anche come “Palazzo Delle Palle” per via delle sei grandi sfere di rame poste sul tetto e sostenute da una struttura a forma di braciere. È un altro capolavoro dell’ingegnere e architetto Alessandro Martinengo ed è stato realizzato, con la collaborazione di Adolfo Ravignetti, tra il 1910 e il 1911. Per l’occasione Martinengo s’ispirò a una corrente del Floreale diffusa a Milano dal caposcuola Somaruga. La fantasiosa e quasi organica decorazione plastica, tra cui in particolare la policroma presenza di maioliche raffiguranti anemoni in campo azzurro, è probabilmente debitrice per qualcosa anche alla Secessione viennese e all’opera dell’architetto torinese Pietro Fenoglio e la magnifica visione delle classicheggianti finte cariatidi che corrono lungo l’intero perimetro dell’edificio.
    • Palazzo dei Pavoni. È stato costruito nel 1910 e si trova nella centralissima via Paleocapa. È un esempio significativo di Liberty, chiaramente ispirato alla Secessione Viennese per la scelta di accostare ampie superfici lisce ad inserti ceramici coloratissimi insieme a fasce maiolicate decorate con i meravigliosi pavoni che lo contraddistinguono.
    • Palazzo Imperiale. Di origini trecentesche e ricostruito nel Cinquecento, si trova ai confini dell'abitato cittadino alla confluenza dei torrenti Lavanestro e Letimbro.
    • Ex Ospedale Civico San Paolo. Nella centralle piazza Giulio II, fu terminato nel 1857 ed è una delle opere più riuscite dell'architetto Carlo Sada di Bellagio.


    Architetture militari

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    La Torre Leon Pancaldo
    • Torre Leon Pancaldo. Chiamata Torretta o con il suo antico nome Torre della Quarda è situata in piazza Leon Pancaldo, costruita nel XIV secolo all'incrocio strategico del porto. È il simbolo della città. Reca il noto "In mare irato / in sùbita procella / invoco Te / nostra benigna stella".
    • Torre del Brandale. Chiamata anche a Campanassa dal nome dell'antica campana che la sormontava. Con le vicine torri dei Corsi e dei Riario (Guarnero) e il Palazzo dell'Anziania, con parte del complesso di San Pietro il Vecchio, che fu cattedrale provvisoria.
    • Torri Riario e Corsi. Si trovano davanti alla Torre del Brandale, anch'esse come tutte le torri medievali di Savona vennero tagliate dopo la sconfitta nelle guerre contro i genovesi. con il passare dei secoli le torri vennero utilizzate come muri e inglobate in case e palazzi, ritornarono torri vere e proprie solo dopo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale che rasero al suolo i palazzi circostanti ma le antiche torri resistettero al crollo.
    • Fortezza del Priamar. (Pri-a-màr, pietra sul mare secondo una delle interpretazioni etimologiche, o "Pria mä", pietra mala, secondo una più accreditata versione) è una fortezza collocata sull'omonimo colle, tra i giardini del Prolungamento e la darsena vecchia, edificata dalla Repubblica di Genova a partire dal 1542 a seguito della presa definitiva della città nel 1528. Ingloba fra gli altri la Loggia del Castello di Santa Maria o Castello Nuovo, del 1417 e conserva i pochi resti dell'antica Cattedrale cittadina.
    • Forte della Madonna degli Angeli. Raggiungibile tramite una strada sterrata è attualmente in stato di abbandono.
    • Forte di Madonna del Monte. Chiuso al pubblico e in stato di abbandono.
    • Forte Ciuto. Chiuso al pubblico e in stato di abbandono.
    • Castello-fortezza dello Sperone. Del medioevale castello rimangono alcuni tratti di mura sul Monticello, alle spalle del teatro Gabriello Chiabrera.
    • Castello di San Giorgio. Terzo castello medioevale della città, sopravvisse sino al XVII secolo, quando l'esplosione della polveriera lo rase al suolo causando circa 850 vittime. I resti delle fondamenta sono stati demoliti all'inizio del 2007.
    • Casa dei Colombo. In località Valcada, sulle alture di Legino, si trova l'abitazione dove si stabilì per diversi anni il grande navigatore genovese.
    • Ponte Filippo Maria Visconti. Situato al confine con i comuni di Vado Ligure e Quiliano, fu innalzato nel 1434. Dopo la recentissima, totale demolizione della parte ovest della struttura (rampa di accesso ed appoggio), il monumento è stato munito di una seconda arcata, in materiale cementizio, innalzata nell'anno 2000.
    • Ponte di San Giacomo. Sull'omonimo colle, fatto costruire da Papa Sisto IV nel 1482 per unire il Monticello al colle del Mangiaguadagno (oggi Colle di San Giacomo).
    • Torre "La Pancalda". Sulla riva destra del Letimbro, vicino al quartiere di Lavagnola. Appartenne al nocchiero di Magellano Leon Pancaldo.


    Monumenti
    • Monumento ai caduti Rintocchi e Memorie. Ogni giorno alle 18:00 in piazza Goffredo Mameli si commemorano i caduti di tutte le guerre con 21 rintocchi della campana, uno per ogni lettera dell'alfabeto italiano, premiato dai cittadini come monumento della pace. Il monumento è stato realizzato dallo scultore sestrese Luigi Venzano.
    • Fontana Lotta tra uomo e lo squalo. Popolarmente conosciuta come fontana Del Pesce e stata realizzata nel 1965 in piazza Marconi, fontana a tre vasche, una circolare e due mezzaluna sottostanti che ricevono una cascata d'acqua da quella sovrastante. al centro della vasca circolare circondata da zampilli d'acqua su un masso di pietra verde di Stella si erge la statua della scultrice savonese Renata Cuneo, "Lotta tra uomo e lo squalo".
    • Monumento a Garibaldi. Si erge in piazza Eroe dei due mondi al centro il grande monumento equestre di Giuseppe Garibaldi dello scultore Leonardo Bistolfi nei giardini del Prolungamento, la statua è stata posizionata in modo che lo sguardo di Garibaldi guardi verso la sua città natale, Nizza. Inaugurato nel 1927 dal nipote del condottiero è stato restaurato nel 2011.
    • Tempietto Boselli. È un tempietto neoclassico di fine Settecento eseguito dal ceramista Giacomo Boselli, salvato dalla distruzione della demolizione della "fabbrica Boselli" nel 1931, fu restaurato e sistemato in nuova sede nel parco pubblico "Dante Alighieri".
    • La Pinacoteca Civica di Savona. È una delle più importanti raccolte d’arte dell'Italia Settentrionale. Comprende dipinti, sculture, fra cui capolavori del Rinascimento, grandi pale seicentesche, maioliche bianco-blu famose in tutto il mondo e ceramiche. Una grande sala ospita la celeberrima "Crocifissione" di Donato de' Bardi (1426). Un'intera sezione è dedicata alle opere della "Fondazione Museo di Arte Contemporanea Milena Milani in memoria di Carlo Cardazzo" che costituisce una felice selezione dei più importanti momenti dell’arte contemporanea internazionale, da Hans Arp a Victor Brauner, Alexander Calder, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Giorgio de Chirico, Paul Delvaux, Filippo de Pisis, Jean Dubuffet, Lucio Fontana, Franco Gentilini, Asger Jorn, René Magritte, George Mathieu, Joan Mirò, Pablo Picasso, Man Ray, Cy Twombly ecc.
    • Museo del Tesoro della Cattedrale di Nostra Signora della Misericordia. Il museo è stato aperto nel 1959 nel palazzetto del Duca di Tursi, adiacente il Santuario, costruito tra il 1536 e il 1540, con l'annesso complesso degli Ospizi di NS di Misericordia. Le collezioni si sono formate grazie ai prestigiosi regali e alle donazioni dal XV al XIX secolo, e alle offerte votive di famiglie aristocratiche savonesi e genovesi. Vi si conservano preziosi paramenti in tessuto operati o ricamati, tra cui spiccano La Pianeta del Duca di Urbino (1623), tessili settecenteschi in stile Revel e Bizzarre, arredi liturgici e preziose argenterie, tra cui Il reliquiario della Croce di produzione romana seicentesca, Il Calice dell'orafo Vincenzo Belli (XVIII secolo), La Corona Aurea detta di Pio VII. Del complesso espositivo fanno parte anche alcune sculture lignee ed eburnee dei secoli XV e XVI. Inoltre vi sono dipinti su tela a supporto cartaceo di soggetto contadino e marinaro, uniti a tipici modellini di imbarcazioni in legno e in lamina d'argento.
    • La quadreria del Seminario Vescovile. Ospita un centinaio di dipinti prevalentemente di scuola ligure. Tra gli artisti più significativi spiccano Gioacchino Assereto, Giovanni Battista Carlone, Giovanni Benedetto Castiglione detto Il Grechetto, Antonio Travi, Carlo Giuseppe Ratti, Paolo Gerolamo Brusco. Molto interessante un crocefisso ligneo quattrocentesco di scuola catalana.
    • Museo Sandro Pertini. Nel Palazzo della Loggia, nel complesso monumentale del Priamar Sandro Pertini volle che le opere d'arte collezionate durante la sua lunga e gloriosa vita furono donate alla sua città d'origine. Ospita opere di Giorgio Morandi, Mario Sironi, Aligi Sassu, Renato Guttuso, Ottone Rosai, Giorgio de Chirico, Emilio Vedova, Francesco Messina, Agenore Fabbri, Giulio Turcato, Luciano Minguzzi.
    • Museo Civico Storico Archeologico di Savona.
    • Museo Renata Cuneo. Nei locali del seicentesco Bastione San Bernardo al Priamar, le opere donate dalla scultrice alla sua città.
    • Il Teatro Gabriello Chiabrera inaugurato nel 1853 è il principale teatro cittadino.
    • Il Teatro Sacco, antico teatro della città inaugurato nel 1785.
    • Il Teatro Don Bosco, teatro con 295 posti a sedere.
    • Il Teatro-Cinema Nuovofilmstudio inaugurato nel 2002


    Eventi
    • la Processione del Venerdì Santo: si svolge il Venerdì Santo ogni due anni, negli anni pari.
    • la Sfilata storica del Libero Comune il 10 aprile.
    • la Posa a mare dei lumini: sera del 14 agosto. Il mare viene illuminato da migliaia di lumini galleggianti.
    • lo Spettacolo pirotecnico estivo: fuochi d'artificio a tempo di musica.
    • il Primo Maggio: 1º maggio, tradizionale corteo dei mezzi e degli operatori portuali per le vie del centro cittadino.
    • il Confuoco (in dialetto savonese U Confeugu) l'ultima domenica prima del Natale. In Piazza Sisto IV si tiene la tradizionale cerimonia dell'accensione del ceppo dal quale si traggono gli auspici per il futuro. L'evento è arricchito da un corteo storico.
    • la Festa patronale di Nostra Signora della Misericordia il 18 marzo; accensione di grandi pire nel letto del torrente Letimbro nella notte della vigilia. Per la città vengono accesi lumini e luminarie. La festa raggiunge il suo apice con la processione sino al Santuario di Savona.
    • la Festa di Santa Rita il 22 maggio. Si svolge nel quartiere di Santa Rita un mercato con tradizionali banchi per la vendita delle rose.
    • la Festa di Santa Lucia il 13 dicembre. Un mercato si svolge nel centro cittadino.
    • Durante il Carnevale, la maschera tipica savonese è Cicciulin. Questa maschera fu creata nel 1953 dal Pittore Romeo Bevilacqua e donata dallo stesso alla Campanassa. È l´unica Maschera Ligure iscritta nell'albo ufficiale delle Maschere Italiane al Pari dei più conosciuti Arlecchino, Pulcinella, Balanzone, è una maschera accolta in tutti i carnevali di Italia con Molta solennità e con vivo apprezzamento ed è accompagnata dalla Sua Corte composta da: A Signua, Le Damigelle, Le Cortigiane Il Mazziere, il Giullare,i Marinai e dai Musici.


    Personalità legate a Savona
    • Enrique Balbontin, comico e cabarettista;
    • Enrica Bonaccorti conduttrice televisiva, attrice;
    • Stefano Carozzo spadista. Vincitore medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Pechino 2008
    • Elenoire Casalegno, modella e conduttrice televisiva;
    • Gabriello Chiabrera, poeta e drammaturgo;
    • Enrico Cucchi calciatore;
    • Federico De Caroli, musicista;
    • Francesco della Rovere (Papa Sisto IV);
    • Giuliano della Rovere (Papa Giulio II);
    • Stephan El Shaarawy, calciatore;
    • Fabio Fazio, conduttore televisivo;
    • Carlo Freccero direttore reti televisive;
    • Nando Gazzolo, attore e doppiatore;
    • Orazio Grassi, matematico e architetto;
    • Michele Marcolini calciatore;
    • Milena Milani, scrittrice e giornalista;
    • Lawrence B. Palladino, gesuita e missionario
    • Leon Pancaldo, navigatore;
    • Christian Panucci, calciatore;
    • Andrea Parodi, cantante, la cui famiglia era originaria di Savona.
    • Sandro Pertini Presidente della Repubblica;
    • Daniela Poggi attrice;
    • Flavio Emilio Scogna, compositore e direttore d'orchestra;
    • Renata Scotto, cantante lirica.
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    - Info -

    Genova (IPA: /ˈʤɛnova/, Zena /ˈzeːna/ in ligure, Genua in latino) è un comune italiano di 594.774 abitanti (al 30/06/2014), capoluogo dell'omonima città metropolitana e della regione Liguria.

    È il sesto comune italiano per popolazione, terzo del Nord Italia, e quinto per movimento economico, e fa parte del triangolo industriale Milano-Torino-Genova. È anche il comune ligure più esteso. La città genovese è una delle 10 città metropolitane italiane, il cui agglomerato urbano conta quasi 870.000 abitanti, mentre la sua area metropolitana, che si estende anche al di fuori dei confini amministrativi della Liguria, conta oltre 1.510.000 abitanti.
    Affacciata sul Mar Ligure, la sua storia è legata alla marineria e al commercio. È nota, tra l'altro, per aver dato i natali a Cristoforo Colombo, a Giuseppe Mazzini e a Goffredo Mameli. Il suo porto è il più importante d'Italia. Simbolo "fisico" della città è il suo faro, situato al confine tra i quartieri di San Teodoro e Sampierdarena, sullo sperone roccioso che chiudeva a mare la scomparsa collina di San Benigno e conosciuto come la Lanterna, mentre viene tradizionalmente rappresentata dalla Croce di San Giorgio, negli stemmi sorretta da due grifoni. Per oltre otto secoli capitale dell'omonima repubblica, Genova è stata citata con gli appellativi di La Superba, La Dominante, La Dominante dei mari e La Repubblica dei Magnifici.

    xUElVAn
    Genova in una pubblicazione del 1864
    È stata sede dell'Expo '92, del controverso summit del G8 del 2001 e nel 2004 è stata Capitale europea della cultura. Nel suo centro storico, numerosi palazzi, nel loro complesso denominati Palazzi dei Rolli, sono stati dichiarati Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. A Genova si trovano alcuni tra i più bei Palazzi d'Europa, autentici tesori, spesso ancora dimore private, da cercare e scoprire sia nel centro storico di Genova che lungo la Riviera. Nel Palazzo San Giorgio risiedeva il Banco di San Giorgio, la più antica banca al mondo. La storia narra che Napoleone Bonaparte saccheggiò più volte questo istituto di credito per fondare, successivamente, la Banca di Francia.
    Oggi, pur mantenendo viva la sua tradizione industriale, è un affermato centro turistico, culturale, scientifico, musicale e universitario. Il capoluogo ligure è inoltre conosciuto anche nei campi della ricerca scientifica e della tecnologia con noti poli di eccellenza, in quelli dell'editoria, delle telecomunicazioni, dello sport (Genova ha dato i natali al Genoa, che è la più antica squadra di calcio italiana ancora esistente, alla Sampdoria ed è un importante sito per la pratica di rugby, hockey, nuoto, pallanuoto, canottaggio e savate, sport di cui la città è il principale polo italiano).


    Geografia fisica

    Territorio

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    Veduta satellitare
    del centro cittadino
    e del porto: a destra si nota
    la Val Bisagno,
    a sinistra
    la Val Polcevera

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    Un'immagine della periferia
    nella zona di Molassana
    A metà strada tra le frazioni di Vesima e Capolungo, rispettivamente confine occidentale ed orientale della città, si apre l'anfiteatro collinare che fa da corona al centro storico, delimitato un tempo a ponente dalla collina di San Benigno (spianata negli anni trenta del Novecento per l'ampliamento delle aree portuali e per migliorare la viabilità tra il centro e i quartieri del ponente e dove ora sorge il complesso del World Trade Center), a levante dal colle di Carignano. I crinali che risalgono da queste colline, sui quali corrono le mura innalzate nel XVII secolo, si congiungono sul monte Peralto, dove sorge il Forte Sperone.
    Il Comune di Genova, con circa 244 km², è il più vasto della Liguria ed è composto da una sottile fascia costiera alle cui spalle si ergono colline e monti anche di notevole altezza (il punto più alto del territorio comunale è la vetta del monte Reixa, posta a 1 183 m s.l.m.). Il territorio comunale, nella sua porzione occidentale, raggiunge ed in alcuni punti oltrepassa lo spartiacque appenninico (in corrispondenza dell'alto corso del torrente Stura), ed arriva a confinare direttamente con la regione geografica del Basso Piemonte (comune di Bosio).
    La fascia costiera della città, che si estende dalla zona di Vesima a quella di Capolungo di Nervi, è lunga poco più di 42 km ed è orientata da O-NO verso E-SE. Ad esclusione delle frazioni di Vesima e Crevari, Genova appartiene geograficamente alla Riviera di Levante (considerando come confine convenzionale la foce del torrente Cerusa, nel quartiere di Voltri, che corrisponde al punto più settentrionale del mar Ligure).
    L'Istat classifica il comune come appartenente alla zona altimetrica montagna litoranea (zona con presenza di rilievi con altitudini superiori ai 600 m).
    All'esterno dei due contrafforti scorrono i due torrenti principali della città: a levante il Bisagno, che termina la sua corsa nel quartiere della Foce; a ponente il Polcevera, che divide Sampierdarena da Cornigliano. Si delineano così cinque zone principali: il centro; la Val Polcevera; la Val Bisagno; il ponente; il levante.


    Clima

    Il clima di Genova è, secondo la classificazione dei climi di Köppen, subtropicale umido (Köppen: Cfa) e clima caldo mediterraneo, ma con fortissimi influssi atlantici, (Köppen: Csa), a seconda delle varie zone in cui si estende la vasta superficie territoriale. Si caratterizza per scarse escursioni termiche giornaliere, in media di circa 6/7 °C in tutte le stagioni, ed escursioni termiche annue abbastanza contenute (16 °C di differenza tra mese più freddo e mese più caldo).
    Gennaio, con una temperatura media di circa 8,3 °C, è il mese più freddo. In generale le notti possono essere abbastanza fredde nei quartieri più interni dell'area urbana, mentre nella fascia costiera la temperatura è più mite e le gelate risultano piuttosto rare (in media poco più 4 giorni di gelo all'anno e non sono inusuali inverni del tutto privi di gelate); la temperatura più bassa di sempre registrata in città è stata di −8,5 °C (gennaio 1891), mentre nel gennaio del 1985 la minima più bassa fu di −6,8 °C (7 gennaio). Nella prima settimana di febbraio 2012 si sono spesso registrate temperature notturne negative grazie al soffiare del gelido vento Burian proveniente dalla Russia con picchi anche di 85 km/h. Il valore più basso registrato nella settimana in questione varia dai −2,1 delle zone cittadine di levante notoriamente più miti, ai −7,3 °C delle zone colinari di Struppa, Molassana, Righi per assestarsi attorno ai −4,9 °C nella zona del centro cittadino. Le nevicate sono abbastanza inusuali ma non eccezionali; talvolta gli accumuli possono essere abbastanza importanti (il 3 marzo 2005 e il 26 e 27 gennaio 2006 si ebbero accumuli definitivi attorno ai 30 cm nell'area costiera urbana) sebbene la persistenza del manto in genere sia limitata. L'inverno genovese risulta essere ventoso, e piovoso nella sua fase iniziale (soprattutto durante la terza decade di dicembre e le prime due di gennaio), tuttavia le precipitazioni tendono ad attenuarsi nella seconda parte della stagione (febbraio è l'unico mese del semestre freddo ad avere una media pluviometrica inferiore ai 100 mm) per riprendere in marzo e aprile in modo consistente (massimo pluviometrico secondario), a partire dal mese di maggio invece si ha una leggera attenuazione della piovosità, riduzione che si accentuerà nel mese di luglio.
    L'estate, a Genova, è solo leggermente meno piovosa rispetto alla primavera e all'inverno; a giugno le precipitazioni tendono a diminuire e a farsi più irregolari (medie pluviometriche quasi ovunque comprese tra i 60 e i 100 mm), ma il mese complessivamente più asciutto è luglio (con una media pluviometrica inferiore ai 60 mm); una notevole ripresa delle precipitazioni si ha invece in agosto (media pluviometrica che sale a 120 mm). Se la prima parte del mese di giugno raramente è interessata da periodi prolungati di calura, questi diventano statisticamente più probabili verso la fine del mese e nel bimestre luglio–agosto; le temperature medie in luglio e agosto sono comunque comprese tra i 20–21 °C della notte e i 27–28 °C del giorno. Le temperature diurne nei mesi centrali dell'estate superano solo saltuariamente i 30 °C, mentre la massima assoluta storica è di 37,8 °C ed è stata registrata il 4 luglio 1952 dalla stazione del Servizio meteorologico dell'Aeronautica Militare (all'epoca ubicata all'idroscalo di Sampierdarena) e il 22 agosto 2011 dalla stazione idrologica dell'ARPAL di Genova Bolzaneto, tuttavia, seppure in genere moderato, il caldo estivo tende a essere abbastanza afoso in ragione degli elevati tassi di umidità relativa, ad attenuare la sensazione di calura concorrono comunque le brezze diurne, tipiche dei climi marittimi.
    Seppure coincida con il periodo meno piovoso dell'anno l'estate genovese si presenta piuttosto dinamica sotto il profilo meteorologico, a luglio infatti non sono eccezionali né forti temporali né intensi e localizzati rovesci, mentre le precipitazioni medie tendono ad aumentare nel mese di agosto per portarsi attorno ai 150 mm già a settembre (tipico mese di transizione tra estate e autunno).
    L'autunno è una stagione molto piovosa, le precipitazioni medie si attestano sui 220 mm a ottobre (mese mediamente più piovoso dell'anno), mantenendosi comunque intorno ai 150 mm anche nei mesi di settembre e novembre. Tra fine agosto e inizio settembre le temperature medie giornaliere cominciano a scendere progressivamente, in autunno il decremento termico si fa consistente (il mese di settembre registra una media giornaliera delle temperature di circa 21 °C, che scende attorno ai 17 °C in ottobre e a circa 12 °C in novembre). Dicembre è già un mese invernale sotto il profilo termico (media giornaliera 1961-1990: +9,2 °C) mentre, per quanto riguarda le configurazioni bariche, presenta aspetti di transizione tra autunno e inverno (prime consistenti avvezioni di aria fredda artico-marittima o continentale, alternate a fasi di tempo più mite dominato da correnti meridionali od occidentali). Genova è una città complessivamente piovosa, che registra accumuli medi annuali che possono variare in maniera consistente anche all'interno dello stesso perimetro urbano (dai 1077 mm/anno dell'Aeroporto C. Colombo di Genova Sestri ai 1800 – 2000 mm della zona di Voltri), la distribuzione delle precipitazioni avviene su un numero notevole di giorni (di norma circa 132 per anno), ma circa 70 sono i giorni con forti precipitazioni, e non sono rari fenomeni particolarmente violenti, soprattutto ad inizio autunno (basti pensare all'alluvione dell'8-9 ottobre 1970 o a quelle del 27 settembre 1992 e 23 settembre 1993) o in primavera, si tratta di nubifragi eccezionalmente violenti per un'area collocata alle medie latitudini, e in cui possono cadere ingentissimi quantitativi di precipitazioni (anche alcune centinaia di millimetri) nell'arco di sole 12 o 24 ore. A determinare questa peculiare pluviometria è infatti la particolare geografia genovese, che vede la città sorgere al centro di un arco montuoso, le cui pendici si insinuano direttamente nel mare e in cui, la completa apertura delle vallate rispetto ai venti meridionali, favorisce la condensazione delle masse d'area provenienti da Sud, masse d'aria già di per sé cariche di umidità, acquisita scorrendo al di sopra delle acque del Mar Mediterraneo.
    Tuttavia è opportuno ricordare che a causa della diversificata morfologia del territorio, il clima varia da quartiere a quartiere. Ad esempio, restando sul litorale, a gennaio la località di Nervi ha temperature medie prossime ai 10 °C, Quinto e Pegli intorno a 9 °C, mentre la delegazione di Voltri (distante da Pegli solo un paio di chilometri) registra valori medi tra 6 °C e 7 °C. I quartieri più all'interno, come Pontedecimo o Prato presentano temperature medie intorno a 4 °C/5 °C.


    Storia

    « Il Meridione ed il Ponente, il Settentrione e l'Oriente sanno su quali enormi bellici fremiti io Genova abbia prevalso. »
    (Iscrizione di Porta Soprana)

    Toponimo

    GL9acUE
    San Giorgio trafigge il drago

    sgVve5I
    San Giorgio che trafigge il drago
    nell'affresco sulla facciata di
    Palazzo San Giorgio
    L'origine del nome Genova viene fatto risalire ad una radice indoeuropea *geneu- ("ginocchio") oppure da *genu- ("mascella, bocca"); genu- sarebbe un'allusione alla foce ("bocca") di uno degli antichi corsi d'acqua del sito o la forma dell'insediamento sul mare; a corroborare questa evidenza è il fatto che la maggioranza dei linguisti considerino Genua e Genaua (Ginevra) varianti dello stesso nome. Il ritrovamento di un villaggio dell'età del Bronzo in piazza Brignole, la palafitta del 5000 a.C. in piazza della Vittoria e la necropoli etrusca all'Acquasola indicano, secondo il soprintendente dei Beni Archeologici della Liguria Gambari, l'origine fluviale di Genova e di conseguenza il possibile termine Genaua, nella lingua celtico-ligure dell'età del ferro come più probabile origine del nome.
    Secondo una recente teoria l'origine del nome potrebbe essere riportata ad una parola etrusca, ritrovata su un coccio di vaso, contenente la scritta Kainua, che in lingua etrusca significherebbe "Città nuova".


    “ ... Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare ... ”
    —Francesco Petrarca, 1358, Itinerarium breve de Ianua ad Ierusalem

    Una ulteriore teoria vorrebbe il termine derivante dal greco Xenos (Ξένος), straniero.

    La leggenda vuole invece che derivi dal nome del dio romano Giano, perché, proprio come il Giano bifronte, Genova ha due facce: una rivolta verso il mare, l'altra oltre i monti che la circondano. La tradizionale fedeltà della popolazione Genuate a Roma, risalente alle guerre puniche, ha reso inevitabile che successivamente, in epoca medievale, la tesi romana venisse presa in maggiore considerazione e che la città assumesse il nome latino di Ianua, derivandolo direttamente da Janus, ovvero Giano.
    Gli antichi romani consideravano Giano come l'iniziatore dell'uso della moneta nella società ed il protettore di tutti i passaggi: della porta di casa, delle Porte di accesso alle città, dei porti e dei valichi (denominati appunto anche porte). Ciò trova un solido riscontro tutt'oggi nel fatto che Genova sia considerata e spesso chiamata "la porta d'Europa sul Mediterraneo".
    La porta ha un'importanza particolare nella cultura architettonica genovese e questo rapporto si palesa sia negli antichi portali, decorati e sullo stipite dei quali è posto un bassorilievo, spesso raffigurante San Giorgio che uccide il drago o altre scene di santi, sia nelle porte che nei vari secoli si sono aperte lungo le mura della città, e nel valore simbolico loro dato. Nella Cattedrale di San Lorenzo esiste una sua immagine con la scritta Ianus Primus Rex Italiae.
    L'immagine ambivalente del Giano bifronte, che guarda al passato e vede il futuro, Genova - città proiettata al futuro ma che sa guardare al proprio passato - la rispecchierà sempre, anche nei suoi simboli, in particolare nel Grifone (con la fierezza del leone e la nobiltà dell'aquila, vicino a Dio e forte in terra), nella propria vocazione di luogo di servizi, nelle sue istituzioni, nelle sue tradizioni.
    Il nome della città in lingua genovese ha subito una contrazione: in passato veniva chiamata Zénoa (pronuncia [ˈtsenwa]), mentre oggi viene chiamata Zêna [ˈzeːna]).


    Genova e la Repubblica

    Repubblica marinara


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    Stampa medioevale raffigurante Genova

    Genova, assieme alle altre Repubbliche marinare, dominò la scena mediterranea ed europea durante il basso Medioevo e il Rinascimento. In quest'epoca Genova era conosciuta anche come "La Dominante dei mari", questo grazie alla posizione di predominanza che raggiunse a livello internazionale, soprattutto in campo economico e commerciale oltre che - nella sua prima fase - in quello militare.
    La storia di Genova è la storia dei suoi abitanti che furono (o furono definiti), al tempo stesso, signori del mare, mercanti e guerrieri capaci, se del caso, di inaudita ferocia. Seppero dare vita, in epoca di dominanze, ad una propria repubblica, la Repubblica di Genova, nata dal libero comune, che si resse in otto secoli su diverse forme di governo: dalla forma consolare a quella dogale a quella, infine, oligarchica. La sua politica si fondò comunque sempre su di un disegno di dominio regionale, studiato e portato avanti sin dagli albori, basata, soprattutto sull'influenza delle potenti famiglie che traevano la propria potenza dalle disponibilità economiche tratte dall'attività mercantile.
    Il dominio sulla riviera ligure e la costruzione di un'imponente flotta, al tempo stesso militare e mercantile fu di vitale importanza per dare impulso alla nascita di uno stato che per oltre quattrocento anni basò la propria esistenza sulla diplomazia e sulla neutralità, oltre che sul commercio.
    Il detto - di autore anonimo - "Genuensis, ergo mercator", ossia "Genovese quindi mercante" - fu mirabile sintesi di quel mercanteggiare così famoso nel mondo sul quale i genovesi basarono un impero coloniale fondato su colonie oltremarine che andava dall'Iraq alle Isole Canarie, dall'Inghilterra alla Palestina (raggiunta fin dalla prima crociata), racchiudendo nel proprio pugno tutto il mar Mediterraneo occidentale e il mar Nero, definito il Lago genovese, e tenendo testa quando non ponendo sotto il proprio controllo tre imperi: quello Svevo, quello Bizantino e quello Asburgico, del quale ultimo i genovesi controllavano l'economia ed il commercio. Caffa, Solcati, Tana, Chio, Focea, Mitilene, Pera non sono che alcune fra le tante Genova che i mercanti della Superba fecero risplendere nei commerci.
    Perso il proprio potere sui mari, ma non sui mercati del mondo, nel 1797 l'onda lunga della rivoluzione francese investì anche la repubblica che pagò la sua condizione di neutralità con insostenibili pressioni esterne che la portarono all'occupazione nel 1805 ed alla successiva annessione all'impero napoleonico.
    Nel 1814, a seguito della capitolazione di Parigi, Genova fu occupata dalla marina inglese che formò un Governo provvisorio, paventando un ritorno allo status quo ante. Nel 1815, invece, le potenze europee, in gran parte debitrici dell'antico Banco di San Giorgio decisero la soppressione della repubblica e l'annessione al Regno di Sardegna, malgrado i disperati tentativi del doge a Vienna per mantenere l'indipendenza.
    Nel 1849 le truppe dei Savoia, agli ordini del generale Alfonso La Marmora, dopo aver represso un'insurrezione causata dal malcontento popolare si resero responsabili di assassinii, rapine, stupri nei confronti della cittadinanza inerme.


    Area di influenza

    L'area di influenza di Genova, pur non essendo istituzionalizzata ufficialmente, si estende, per ragioni storiche, linguistiche, culturali, economiche ed infrastrutturali, oltre che a tutta la città metropolitana di Genova e a parte di quelle liguri limitrofe della Spezia e Savona, alla pianura alessandrina, alle aree dell'Oltregiogo (Novi Ligure), del Basso Piemonte e al circondario di Bobbio (in provincia di Piacenza).

    Monumenti e luoghi d'interesse

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    La Lanterna,
    simbolo cittadino
    « Traversato il ricchissimo e deliziosissimo villaggio di Sampierdarena, scorgemmo Genova dalla parte del mare. Che incantevole e meraviglioso spettacolo! È un anfiteatro semicircolare, che da parte forma il vasto bacino del porto, e dall'altra si alza gradatamente sul pendio della montagna, con immense costruzioni che da lontano sembrano poste le une sopra le altre e terminano con terrazze, con balaustre, o con giardini che fanno da tetto alle varie abitazioni. Davanti a queste file di palazzi, di dimore nobiliari e borghesi, gli uni incrostati di marmi, gli altri decorati di pitture, si vedono i due moli che formano l'imboccatura del porto; opera degna dei romani, perché i genovesi, nonostante la violenza e la profondità del mare, vinsero la natura che si opponeva al loro stabilimento. Scendendo dalla parte della Lanterna per raggiungere la porta di San Tommaso vedemmo l'immenso Palazzo Doria, dove tre principi sovrani furono ospitati contemporaneamente;... »
    (Carlo Goldoni, Memorie)

    Il centro storico di Genova è uno tra i più densamente abitati d'Europa, con una struttura urbanistica, nella parte più antica, articolata com'è in un dedalo di piazzette e stretti caruggi. Esso unisce una dimensione medioevale a successivi interventi cinquecenteschi e barocchi (piazza San Matteo e la vecchia via Aurea, oggi via Garibaldi).
    • Resti delle antiche mura sono visibili tuttora nei pressi della cattedrale di San Lorenzo, luogo di culto per eccellenza dei genovesi.
    • Simboli della città sono la Lanterna (alta 117 m) antico e svettante faro visibile in distanza dal mare (oltre 30 km), e la monumentale fontana di piazza De Ferrari, recentemente restaurata, cuore pulsante e vera e propria agorà cittadina.
    • Meta turistica per eccellenza è anche l'antico borgo marinaro di Boccadasse, con le pittoresche barche multicolori, posto come a sigillo della elegante passeggiata che costeggia il Lido d'Albaro, e rinomato per i suoi famosi gelati.
    • Appena fuori dal centro, ma ancora parte dei trentatré chilometri di costa compresi nel territorio comunale, si trovano Nervi, naturale porta d'accesso alla Riviera di Levante e Pegli, naturale porta d'accesso alla Riviera di Ponente.
    • La nuova Genova ha basato la sua rinascita soprattutto sul recupero delle aree verdi dell'immediato entroterra (fra cui quella del Parco naturale regionale del Beigua) e sulla realizzazione di opere infrastrutturali come l'Acquario al porto antico - il più grande d'Italia ed uno dei maggiori in Europa - e la relativa Marina (il porticciolo turistico in grado di accogliere centinaia di imbarcazioni da diporto). Tutto questo all'interno della ristrutturata Area Expo predisposta per le Celebrazioni colombiane del 1992.
    • Il ritrovato orgoglio ha restituito alla città la consapevolezza di essere una città in grado di guardare al futuro senza scordare il proprio passato: la ripresa di numerose e rigogliose attività artigianali, da tempo assenti dai caruggi del centro storico, ne è una testimonianza diretta.
    • A contribuire a tutto questo sono state anche le opere di restauro compiute fra gli anni ottanta e novanta su numerose chiese e palazzi cittadini, fra cui, sulla collina di Carignano, visibile quasi da ogni parte della città, la rinascimentale Basilica di Santa Maria Assunta.
    • Il totale recupero del Palazzo Ducale - un tempo sede di dogi e senatori e ora luogo di eventi culturali - e del porto antico e la riedificazione del Teatro Carlo Felice, distrutto dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale che risparmiarono solo il pronao neoclassico dell'architetto Carlo Barabino, sono stati altri due punti di forza per la realizzazione di una nuova Genova.
    • Un altro monumento di rilevante importanza riportato a nuovo splendore è il Cimitero monumentale di Staglieno, nel quale riposano le spoglie di molti personaggi noti, fra i quali Giuseppe Mazzini, Fabrizio De André e la moglie di Oscar Wilde. Con la sua caratteristica skyline che ancor oggi per chi proviene dal mare la fa apparire come una insormontabile fortezza, contraddistinta com'è dalla sua fitta rete di fortificazioni collinari su ampie mura che in antiche epoche belliche l'hanno resa inespugnabile sia agli attacchi dal mare quanto da quelli via terra - Genova non poteva rinunciare, specialmente a partire dagli anni sessanta, ad un proprio rinnovamento e ammodernamento, che doveva necessariamente passare, al pari di quanto avvenuto in tante altre metropoli, attraverso la realizzazione di grandi complessi abitativi di tipo popolare, la cui qualità, utilità e funzionalità è stata ed è peraltro ancora oggetto di discussione (e talvolta di contestazione) da parte dei cittadini residenti. A tal proposito, si citano ad esempio i casi rappresentato dal cosiddetto "biscione", complesso edilizio a forma, appunto, di lungo serpentone, situato sulle alture del popoloso quartiere di Marassi, e dal gruppo di case dette "Le lavatrici", nel quartiere di Pra'.
    Per altre soluzioni architettoniche che l'hanno contraddistinta, Genova è peraltro diventata da qualche decennio una sorta di capitale dell'architettura moderna italiana, se non europea. Questo si deve principalmente all'opera all'architetto Renzo Piano che dalla fine degli anni ottanta si è occupato della ristrutturazione di alcune fra le più conosciute città del mondo.
    • Il nome di Piano ha acquisito notorietà a partire soprattutto dal 1992, quando Genova accolse per le Celebrazioni colombiane del 1992 (Colombiadi) i visitatori nel porto antico, il waterfront dell'angiporto completamente restaurato per l'occasione e simboleggiato dal Grande Bigo stilizzato (sorta di marchio di fabbrica dell'attività portuale genovese).


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    Il "Bigo"
    Oltre ad un completo restyling dell'area, l'antica zona portuale situata nei pressi del varco del Mandraccio, a Porta Siberia, è stata arricchita scenograficamente dallo stesso Piano con una grande sfera in metallo e vetro installata nelle acque del porto, non lontano dall'Acquario e inaugurata nel 2001 in occasione del Vertice del G8 tenutosi a Genova. La sfera (chiamata dai genovesi anche "Bolla di Piano' o "la palla"'"), dopo essere stata impiegata per un'esposizione di felci da parte dell'Orto Botanico di Genova, ospita ora al suo interno la ricostruzione di un ambiente tropicale, con numerose piante, piccoli animali e farfalle.

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    Mura di Genova
    Piano ha inoltre progettato per la Superba anche le stazioni della metropolitana e, nella zona collinare della città, progettato e iniziato la costruzione - in collaborazione con l'UNESCO - di Punta Nave, sede del "Renzo Piano Building Workshop".
    Soprattutto per chi transita per il centro di Genova lungo la strada sopraelevata, magari per imbarcarsi al vicino terminal traghetti, è visibile nelle vicinanze del porto antico il cosiddetto Matitone, controverso quanto singolare grattacielo a forma di lapis, che affianca il gruppo di torri del WTC, cuore del complesso edilizio di San Benigno, oggi sede anche di parte dell'amministrazione comunale e di numerose aziende.


    Nuovi progetti edilizi

    Ponte Parodi

    Predetto avviato nel 2002 e inizialmente previsto per il 2005, successivamente procrastinato al 2007, poi al 2010 e infine al 2012, prevede una riqualificazione completa dell'area del Ponte Parodi (23 000 m²), con l'inserimento di impianti sportivi e culturali (auditorium, sale, ecc.).L'investimento per la riqualificazione dell'area è di circa 150 milioni di euro.

    Polo Tecnologico Scientifico

    Il Polo Tecnologico, lungamente progettato, ha trovato infine collocazione sulla collina degli Erzelli.
    Sviluppato in un'area complessiva di circa 220 000 m², al suo interno vi troveranno sede la facoltà di Ingegneria e quella di Matematica dell'Università degli Studi di Genova.


    Torri Faro

    Il complesso residenziale in costruzione nel quartiere di Genova Dinegro prevede l'edificazione di due torri a pianta semicircolare, rispettivamente di 20 e 18 piani, raccordate da un’ampia piazza parzialmente coperta, sopraelevata rispetto alla rete viaria. Le torri sono situate tra il Matitone e la Lanterna.

    Aree naturali

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    Piazza De Ferrari
    Genova è ricca di parchi e giardini fruibili al pubblico, a picco sul mare o sulle alture su cui si arrampica la città, il più grande complesso naturale di Genova, con 876 ettari è il Parco Urbano delle Mura, che ingloba il Parco del Peralto dove troviamo Forte Sperone, il vertice da cui partivano le Mura di Genova che difendevano la città.

    Parchi, ville e giardini
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    Forte Sperone
    I parchi maggiori, oltre al parco delle Mura, sono i Parchi di Nervi, dove tre ville storiche formano con i loro tre parchi collegati l'un l'altro (9 ettari di estensione), un complesso verde di rara bellezza in un ambiente

    Le tre ville sono:
    • Villa Gropallo
    • Villa Serra-Saluzzo
    • Villa Grimaldi-Fassio

    • Nel centro e nel nord della città troviamo numerosi piccoli parchi e giardini storici, come il Parco di Villa Croce, che ospita durante tutto l'anno numerose mostre d'arte contemporanea, Villetta Di Negro, il Parco dell'Acquasola, progettato dall'architetto Nicolò Barabino, i Giardini di Palazzo Bianco e Palazzo Doria-Tursi, Parco del Castello d'Albertis l'antica residenza del Capitano Alberto D’Albertis (1846/1932) navigatore, esploratore e studioso, accoglie il Museo delle Culture del Mondo.
    • Nel ponente cittadino troviamo il Parco di Villa Duchessa di Galliera, panoramico parco di 25 ettari, collegato al Palazzo Brignole-Sale, il Parco di Villa Durazzo-Pallavicini un parco storico conservatosi nel tempo, che include il Museo di Archeologia Ligure e l’Orto Botanico creato nel 1794 da Clelia Durazzo Pallavicini. Le alture del Ponente urbano sono in parte comprese nel Parco naturale regionale del Beigua dove troviamo il più vasto parco regionale della Liguria che si affaccia sul mare, e in parte nel Parco urbano del Monte Penello e Punta Martin.


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    Forte Diamante con la
    mulattiera che porta
    all'ingresso
    A levante oltre i già citati Parchi di Nervi, troviamo altre ville incantevoli, Villa Gambaro, Villa Carrara, che offre un particolare affaccio sul mare, e Villa Guartara. Sulle alture di Quinto al Mare troviamo il Parco Urbano di Monte Fasce e Monte Moro, che ospita le vestigia delle batterie costiere a difesa della città nella Seconda guerra mondiale.

    Forti e architetture militari
    Antichi presidi fortificati, vecchi e nuovi sono posti nei parchi collinari, subito a ridosso della città. Oltre a dare un importante testimonianza della potente storia della "Dominante dei Mari", alcuni di essi vengono oggi utilizzati anche per concerti, feste e ritrovi giovanili, soprattutto per quanto concerne la vita notturna. Viceversa molti altri non sono per nulla valorizzati, soprattutto quando si parla di vestigia dell'ultima guerra, oggi decina di bunker, e batterie sono lasciati incostuditi e al degrado, invece di essere ripristinati e riportati in uno stato decoroso in funzione storico-turistica.

    Elenco
    • Forte Sperone
    • Forte Castellaccio e Torre Specola
    • Forte Begato
    • Forte Tenaglia
    • Torre San Bernardino
    • Forte Puin
    • Forte Fratello Minore
    • Forte Diamante
    • Forte Crocetta
    • Forte Belvedere
    • Forte Richelieu
    • Forte Santa Tecla
    • Forte Quezzi
    • Torre Quezzi
    • Forte Monteratti
    • Forte San Giuliano
    • Forte San Martino
    • Batteria del Vagno
    • Batteria Monte Moro
    • Batteria Mameli
    • Batteria di Punta Chiappa


    Persone legate a Genova

    “ Genova, dove si entra dai tetti delle case e si esce giù per le strade ripide, labirintica come un bosco, è la mia migliore musa. Tutte le volte che esco dall'ascensore del quartiere di Castelletto e guardo fuori mi stupisco, perché vedo sempre qualcosa di nuovo ”
    —Emanuele Luzzati

    “ Per i vichi marini nell'ambigua
    sera cacciava il vento tra i fanali
    preludii dal groviglio delle navi
    i palazzi marini avevan bianchi
    arabeschi nell'ombra illanguidita
    ed andavamo io e la sera ambigua ”

    —Dino Campana, Genova
    Canti Orfici, 1914

    Dante non fu certo benevolo verso questa città, pure tanto ammirata ed amata da molti illustri viaggiatori, tanto che finì per mandare i suoi abitanti all'Inferno. Qui, esattamente, al trentatreesimo canto dell'Inferno della sua Comedia, il sommo poeta lancia un'invettiva che sembra non lasciare scampo:

    « Ahi genovesi, uomini diversi / d'ogne costume e pien d'ogne magagna, / perché non siete voi del mondo spersi? »

    Eppure sono molti i personaggi storici ai quali la città vanta di aver dato i natali o il cui nome è ad essa sono strettamente legato per uno specifico motivo: fra essi sono da ricordare - oltre agli augusti dogi - ammiragli, esploratori e navigatori (su tutti il principe-ammiraglio Andrea Doria e soprattutto Cristoforo Colombo).
    Fra i patrioti il cui nome è legato a Genova per nascita o per storia si ricordano, oltre a Giuseppe Garibaldi, Goffredo Mameli, autore dell'inno nazionale italiano, Giuseppe Mazzini e Giovan Battista Perasso (il balilla icona dell'orgoglio cittadino); mentre fra gli artisti si annoverano i nomi del compositore e violinista Niccolò Paganini, del musicista Alessandro Stradella, ucciso da due sicari nel 1682, dei pittori Luca Cambiaso, iniziatore della scuola genovese, Bernardo Castello, Cesare Viazzi, Rubaldo Merello e il pittore di corte Giovanni Maria delle Piane (dalla famiglia Delle Piane), dell'architetto Renzo Piano, degli attori Vittorio Gassman e Lina Volonghi, dei poeti Camillo Sbarbaro (che nacque a Santa Margherita Ligure), Piero Jahier, Edoardo Sanguineti, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi ed Eugenio Montale, e Fernanda Pivano.
    Genova ha ospitato nel tempo varie personalità del mondo dell'arte e della cultura, come ad esempio gli scrittori Oscar Wilde (la cui moglie, Constance Lloyd, è sepolta nel cimitero monumentale di Staglieno), Paul Valéry (francese di nascita, ma di madre genovese, del quale si conserva una targa in un palazzo di via San Francesco) e il filosofo Nietzsche che dimorò in salita delle Battistine.
    La città ha avuto anche un proprio cantore storico medioevale (sorta di cronista ante litteram) nella persona di Caffaro di Rustico da Caschifellone (o semplicemente Caffaro), con i suoi Annali, memoria storica di un'epoca di grande fulgore per la città.
    Sempre nell'ambito dello spettacolo, sono da ricordare l'attore teatrale Gilberto Govi, che ha portato il repertorio dialettale genovese e la maschera del Baciccia in tutto il mondo, Tullio Solenghi, del famoso trio Lopez-Solenghi-Marchesini, i cantanti Natalino Otto e Joe Sentieri, i cantautori Fabrizio De André, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi, Ivano Fossati, Francesco Baccini, Max Manfredi, Federico Sirianni gruppi musicali New Trolls, Ricchi e Poveri e Matia Bazar, l'attore Paolo Villaggio (uscito, al pari di Enzo Tortora dalle file della Compagnia goliardica Mario Baistrocchi), il regista premio Oscar Pietro Germi, il comico Beppe Grillo, Maurizio Crozza, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Giulia Ottonello, Carlo Pistarino, Alberto Lupo, Moana Pozzi, Carmen Russo, Paolo Calissano.
    A Genova è nato anche il premio Nobel per la fisica Riccardo Giacconi.



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    Scorcio del porto e del centro storico.

  4. .

    Aosta‎

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    - Info -

    « ...la vecchia Aosta di cesaree mura
    ammantellata, che nel varco alpino
    èleva sopra i barbari manieri
    l’arco di Augusto... »
    « Ero così felice di ammirare questi bei paesaggi
    e l'arco di trionfo di Aosta
    che avevo un unico desiderio da esprimere
    che la vita durasse per sempre. »
    (Giosuè Carducci, Piemonte vv 17-20)

    Aosta (pronuncia Aòsta, /a'ɔsta/; Aoste in francese; Aoûta in arpitano sopradialettale; Oûta, o Veulla in patois valdostano standard, Ohta nella variante della bassa valle; Augschtal in walser; Osta o Aosta in piemontese; Osten in tedesco storico; Augusta Prætoria Salassorum in latino) è un comune italiano di 35 031 abitanti, capoluogo della regione autonoma Valle d'Aosta.

    Geografia fisica

    Territorio

    La città di Aosta si trova all'incirca nel mezzo della Regione Valle d'Aosta, nella piana in cui scorre il fiume principale della regione: la Dora Baltea. Su Aosta dominano importanti montagne tra le quali la Becca di Nona, il Monte Emilius, Punta Chaligne e la Becca di Viou. La città è attraversata da Nord a Sud, all'altezza dell'Arco d'Augusto, dal torrente Buthier, uno dei numerosi affluenti della Dora Baltea.Considerando i capoluoghi di provincia, con 583 metri di altezza sul livello del mare è il sesto più alto d'Italia (dopo Lanusei e prima di Caltanissetta).

    Clima

    Aosta si trova in un fondovalle interamente circondato da alte montagne, perciò è soggetta ad un microclima particolare con spiccate caratteristiche di continentalità. In generale le stagioni intermedie sono più brevi che nel resto del Nord Italia, mentre sia l'estate (nonostante l'altitudine) che l'inverno sono precoci: risultano tutt'altro che rari brevi periodi di caldo torrido a fine maggio e forti gelate a novembre.
    Le estati sono mediamente calde e soleggiate, ma più ventilate che nel resto del Nord Italia (grazie alle brezze montane) e soggette a temporali, specie ad agosto: la media del mese più caldo (Luglio) è di +21,25 gradi. Gli inverni sono generalmente freddi (media di gennaio +0,65 gradi) ma piuttosto variabili a seconda delle annate, con periodi nevosi alternati a periodi secchi e molto rigidi. Diversamente dalle montagne circostanti, la piovosità media annua di Aosta è abbastanza scarsa (nell'ordine dei 600 millimetri). Il motivo per cui d'estate ad Aosta fa caldo è lo stesso per cui fa caldo a Bolzano: entrambe sono situate in un fondovalle alpino che ne impedisce il ricambio d'aria.Aosta e la sua valle, al pari delle valli piemontesi, sono soggette a fenomeni di favonio.
    I dati relativi al clima del capoluogo Aostano sono registrati dalla Stazione meteorologica di Aosta. In base a tali dati si può inserire la città nella categoria "Cfb" del sistema climatico di W. Köppen.


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    Lo stemma della città di Aosta
    nel Salone ducale
    dell'Hôtel-de-Ville (municipio).

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    <b>Torre dei signori di Quart,
    costruita sui resti
    di una torre romana.


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    Panorama da nord-est.

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    Segnale stradale bilingue
    al Pont-Suaz (Charvensod),
    all'entrata della città


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    L'inizio di via Édouard Aubert.


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    I binari presso la stazione di Aosta,
    gli stabilimenti dell'acciaieria
    Cogne e, sullo sfondo, la Becca
    di Nona e il monte Emilius.

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    La statua del famoso medico
    valdostano Laurent Cerise
    nel giardino pubblico.

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    La statua di Vittorio Emanuele II,
    detto anche « le roi chasseur »
    (il "re cacciatore"), nel giardino
    pubblico.


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    Statua di Sant'Anselmo d'Aosta,
    in via Xavier de Maistre.
    Sullo sfondo, i campanili della
    cattedrale di Aosta, a destra
    si intravede il seminario maggiore

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    Facciata della chiesa
    di Santa Croce.

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    Arco d'Augusto

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    La cattedrale
    Storia

    La leggenda


    Narra una leggenda che nell'anno 1158 a.C. venne fondata la città di Cordelia da Cordelo, capostipite dei Salassi, discendente di Saturno e compagno di spedizione di Ercole.

    L'epoca pre-romana
    Nel territorio della città era presente già in tempi protostorici una popolazione di cultura megalitica, come testimonia l'importante ritrovamento di una necropoli con tombe megalitiche e di un'area di culto risalenti al III millennio nella zona dell'attuale quartiere di Saint-Martin-de-Corléans. In seguito ci fu l'insediamento della tribù Celto-Ligure dei Salassi.

    La dominazione romana
    Alla fine della Seconda guerra punica, dopo la vittoria di Scipione l'Africano su Annibale nel 202 a.C., Roma rivolse la sua attenzione verso le Alpi, dove i Galli alleati dei Cartaginesi continuavano a costituire una notevole minaccia. La funzione di un accampamento posto in questa valle era principalmente strategica. Era essenziale consolidare il dominio di Roma sulla Pianura Padana e sui territori prealpini, utilizzando le Alpi come baluardo naturale contro le invasioni barbariche. Per questo nacque allo sbocco delle valli alpine un sistema di città fortificate che controllavano gli accessi alle fertili terre della Pianura Padana.Tuttavia dal I secolo a.C. la progressiva conquista della Gallia modificò l'importanza strategica dei valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo ponendo il problema del controllo della valle abitata a quel tempo da una popolazione, i Salassi, ostacolo al passaggio dei soldati e dei mercanti lungo la Via delle Gallie. Dopo una serie di scaramucce e di spedizioni militari e di trattati dall'incerto esito nel 25 a.C. Cesare Augusto inviò contro i Salassi il futuro console Aulo Terenzio Varrone Murena a capo di un esercito consistente. Alla fine, sconfitti, i Salassi vennero probabilmente sterminati o ridotti in schiavitù.

    La fondazione di Augusta Prætoria Salassorum
    Città fortificata, costruita in breve tempo su modello dell'accampamento militare romano, Augusta Prætoria Salassorum nacque all'incrocio delle vie del Grande (Mons Jovis o Summus Pœninus) e Piccolo San Bernardo (Columna Jovis o Alpis Graia) presso la confluenza dei fiumi Dora Baltea e Buthier. Un'imponente cinta muraria proteggeva un territorio di 414.128 m², mentre quattro porte davano accesso alla città costruita sul modello ortogonale cardo-decumanico. La via centrale Decumanus Maximus (l'attuale Via Porta Prætoria, Via Jean-Baptiste de Tillier e Via Édouard Aubert), allora larga nove metri, era la prosecuzione naturale della Via consolare delle Gallie che da Milano arrivava fino al Piccolo San Bernardo. L'accesso alla città era comunque assicurato da un ponte sul Buthier, di cui oggi è visibile solo un'arcata poco distante dal letto del torrente, deviato a causa di un'inondazione. All'interno delle mura sorgevano i quartieri residenziali, il teatro, le terme, il foro e l'anfiteatro, mentre a sud si stendevano i quartieri popolari divisi secondo un modello classico a scacchiera.

    Il popolamento della città in epoca romana
    Ancora molto controverso è il problema sul popolamento della città prima e dopo la conquista romana. Un incerto documento accenna a 3.000 pretoriani, e della convivenza con i Salassi sopravvissuti, in contrasto con un anfiteatro progettato per una città di trenta/quarantamila abitanti. Un'iscrizione risalente al 23 a.C. sembrerebbe smentire le affermazioni degli storici antichi tra cui Strabone, riguardo alle deportazioni in massa dei Salassi e alle loro vendita come schiavi a Ivrea. Inoltre il linguaggio giuridico al tempo dei romani incolae indicava gli abitanti di una colonia in possesso di diritti inferiori a quella dei cives. Tali indizi lasciano supporre che la popolazione salassa si sia integrata con i nuovi conquistatori, così come lasciano supporre numerose iscrizioni funerarie nelle quali appaiono nomi salassi associati ad altri romani, i cui figli nati da matrimoni misti portavano sempre nomi latini. In epoca romana ebbe una grande importanza strategica e militare grazie al controllo esercitato sui due passi del Piccolo e del Gran san Bernardo. Augusta Prætoria iniziò, fin dal I secolo, ad avere connotazioni inequivocabilmente urbane e monumentali, imponendosi come uno dei più ricchi e popolosi centri abitati dell'Italia Settentrionale.

    Il Medioevo
    Dopo il plurisecolare dominio dell'impero e la sua cristianizzazione la città, grazie alle Alpi ed alle mura, riuscì a subire poche invasioni. Secondo una leggenda Augusta Prætoria sarebbe stata distrutta dai Saraceni e dai Barbari; in realtà la città romana subì i danni maggiori dalla ricostruzione tardo medioevale che utilizzò blocchi di pietra delle costruzioni romane per l'edificazione di torri e chiese.
    La città divenne sede vescovile verso la fine del IV secolo, appartenendo prima alla vastissima diocesi di Vercelli, poi alla chiesa metropolita di Milano fino al VIII secolo. All'inizio del VI secolo la città appartenne al regno dei Goti; successivamente venne contesa tra i Franchi e i Longobardi che la cedettero nel 575 a Gontranno, re di Borgogna. I Franchi di Pipino il Breve giunsero da qui per scacciare i Longobardi dall'Italia Settentrionale. L'impero di Carlo Magno diede impulso alla Via Francigena che collegava Roma con Aquisgrana, infine, alla morte di Carlo il Grosso, l'ultimo imperatore carolingio, nell'888, seguì dapprima le sorti del regno d'Italia, poi verso la metà del secolo X quelle del regno di Borgogna fino al 1032. Come conseguenza si consolidarono i rapporti politici, economici e commerciali verso l'altro versante delle Alpi. Le conseguenze furono evidenti sul piano culturale e linguistico: dal latino si svilupparono i dialetti francoprovenzali analoghi a quelli parlati in Savoia, nel Delfinato e nella Svizzera Romanda e poi la lingua francese.La nascita della Contea di Savoia con capitale Chambéry comportò alla città di seguirne le sorti fino all'unità d'Italia.


    Epoca moderna e contemporanea
    Aosta ha la particolarità di essere l'unico capoluogo di regione italiano che non è contemporaneamente capoluogo di provincia, dal momento che la provincia di Aosta fu ridotta a circondario della provincia di Torino con la legge Rattazzi e infine trasformata in regione autonoma con la costituzione repubblicana e la relativa legge costituzionale di attuazione del 1948, che non prevede province nella regione.

    Monumenti e luoghi d'interesse

    Preistoria

    • Area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans
    • Area di studi archeologici situata vicino alla chiesa di Saint-Martin-de-Corléans, di grande interesse per i ritrovamenti di un antico insediamento sul quale nasce la leggenda che lo accomuna alla città di Cordelia.


    Epoca romana
    • Arco d'Augusto
    • Porta Prætoria e le porte romane di Aosta
    • Teatro romano di Aosta
    • Anfiteatro romano di Aosta
    • Cinta muraria e torri
    • Criptoportico forense
    • Ponte romano sul Buthier
    • Villa romana della Consolata
    • Area funeraria fuori Porta Decumana di Aosta


    Epoca medievale
    • Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Giovanni Battista
    • Collegiata di Sant'Orso
    • Ponte acquedotto di Grand Arvou, in località Porossan, secondo l'Abbé Henry "uno dei più bei monumenti che ci abbia conservato il Medioevo".


    Epoca moderna
    • Chiesa di Santa Croce
    • Chiesa di Saint-Étienne
    • Croce di Calvino


    Epoca contemporanea
    • Piazza Émile Chanoux
    • Castello Jocteau
    • Casa Littoria - edificio sito in Piazza della Repubblica, costruito nel 1939 dall'architetto Giuseppe Momo. Originariamente sede del Partito Nazionale Fascista, è uno degli edifici più alti della città. Dopo la guerra fu sede del dismesso Cinema Lux mentre attualmente ospita l'assessorato all'Industria.


    Aree naturali
    • Riserva naturale Tzatelet
    • Arboretum Lo parque d'Euntrebeun


    Musei
    • Museo archeologico regionale della Valle d'Aosta (MAR)
    • Museo del Tesoro della Cattedrale
    • Museo del Tesoro di Sant'Orso
    • Museo Manzetti


    Eventi
    • 30-31 gennaio: Fiera di Sant'Orso - Foire de Saint Ours.
    • Ogni due anni, l'ultima domenica di settembre degli anni pari, è organizzata la Désarpa (dal patois valdostano, la "discesa dagli alpeggi"), cioè la discesa delle mandrie di mucche dagli alpeggi alla fine dell'estate.
    • Bataille de reines, la battaglia finale (Combat final) si svolge ogni anno nell'arena della Croix-Noire, generalmente la penultima domenica di ottobre.
    • La Fête de la Vallée d'Aoste, si svolge il giorno della festa di San Grato, patrono della regione (7 settembre). In questa occasione vengono consegnati i premi di Chevalier de l'autonomie e di Amis de la Vallée d'Aoste. La Fête de la Vallée d’Aoste, istituita con Legge Regionale nel quadro delle disposizioni per valorizzare l'autonomia, è stata soppressa.
    • Da ottobre ad aprile, Aosta ospita la rassegna di teatro per l'infanzia "Enfanthéâtre", nata nel 1983.
    In estate, il Festival des peuples minoritaires, rassegna musicale.
    • Da ottobre a maggio, Aosta è il principale palcoscenico della Saison culturelle, rassegna culturale che abbraccia numerosi ambiti, organizzata dall'assessorato regionale istruzione e cultura della Valle d'Aosta.
    • A novembre, la Foire des Alpes, una fiera-mercato delle razze ovine e caprine locali, organizzata dall'AREV all'arena della Croix-Noire;
    • A fine novembre, il teatro Giuseppe Giacosa è la sede delle rappresentazioni dello Charaban, principale appuntamento per il teatro popolare amatoriale in patois valdostano.
    • Ogni martedì e sabato mercato settimanale in piazza dei Cavalieri di Vittorio Veneto. Nella stessa piazza, mercato coperto (fr. Halles) tutti i giorni.
    • 18 luglio, festa di San Giorgio e Giacomo, organizzata dalla comunità di emigrati calabresi da San Giorgio Morgeto.


    Persone legate ad Aosta
    • Sergio Pellissier (12 aprile 1979), calciatore attualmente militante nel Chievo Verona
    • Anselmo d'Aosta (1033-1109), Arcivescovo di Canterbury e Dottore della Chiesa
    • Xavier de Maistre (1763-1852), scrittore sabaudo autore del Lépreux de la cité d'Aoste
  5. .

    Udine

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    - Info -

    Udine (IPA: [ˈudine], Udin in friulano, Udine in veneto, Videm in sloveno, Weiden in tedesco antico, Bain in timavese) è un comune italiano di 99.528 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Friuli-Venezia Giulia.

    La città è al centro di un'area urbana di circa 176.000 abitanti ed è considerata la capitale storica e capoluogo odierno del Friuli.

    Geografia fisica

    Territorio

    La città è situata al centro della regione friulana. Dista, in linea d'aria, poco più di 20 km dalla Slovenia, e circa 54 km dall'Austria. Ciò la pone in una posizione strategica, presso l'intersezione delle direttrici europee est-ovest (Corridoio 5) e nord-sud (Via Iulia Augusta, ora riconosciuta dall'Unione europea come parte del Corridoio Baltico-Adriatico), sulla via che porta verso l'Austria e verso l'est europeo.
    Sorge in alta pianura, intorno ad un colle isolato (secondo la leggenda edificato da Attila per ammirare l'incendio che lui stesso provocò alla città di Aquileia, ma in realtà è formato da rocce conglomeratiche antiche più di 100.000 anni), in cima al quale è situato il castello, a pochi chilometri dalla fascia collinare, ed è costeggiata dal torrente Cormor a ovest e dal torrente Torre ad est.


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    Vista panoramica dal castello della città di Udine verso l'orizzonte nord occidentale, nord e nord orientale del Friuli

    Clima

    Il clima di Udine è prevalentemente continentale, con temperature abbastanza elevate d'estate e relativamente rigide d'inverno, ma con minor continentalità rispetto alle città della pianura Padana centrale e occidentale. L'inverno è la stagione meno piovosa, mentre d'estate sono frequenti i fenomeni temporaleschi, anche accompagnati da forti grandinate. Risulta essere la terza città capoluogo di provincia più piovosa d'Italia dopo Avellino (1.354 mm medi annui il capoluogo irpino) e Gorizia.
    Udine risulta una delle zone meno nevose delle pianure settentrionali, con circa 10 cm di precipitazioni nevose annuali. La decrescita rispetto ai primi decenni del secolo scorso tuttavia è minore rispetto a molte città del Nord-Ovest italiano (13 cm la media a Udine nel 1910, Torino invece ha perso ben 23 cm di nevosità, passando da 55 a 27). Dopo il decennio 1991-2000, con una bassissima media nevosa (4 cm), il decennio attuale mostra un discreto aumento (media di 12 cm), grazie alle abbondanti nevicate del 2005 e 2010. Le nevicate più abbondanti dal gennaio 1985 (50 cm di accumulo) furono:
    • gennaio 1987 (40 cm)
    • 31 dicembre 1996 (30 cm)
    • 21 febbraio 2005 (20–25 cm)
    • 3 marzo 2005 (15 cm)
    • 29 dicembre 2005 20-25 cm)
    • 17 dicembre 2010 (20–25 cm).
    Spesso sono differenti gli accumuli da nord a sud della città: verso nord infatti c'è meno disturbo eolico e spesso maggior esposizione alle correnti di SW, vere fautrici delle rare nevicate udinesi. La classica configurazione da neve per Udine è la formazione di un minimo depressionario nel golfo ligure e la sua traslazione verso il golfo di Venezia, con la formazione contemporanea di un minimo ad occhiale. Eccezione alla regole fu il gennaio '85, dove resistette ai venti di scirocco (non troppo forti però) un cuscino freddo formatosi con le straordinarie temperature dei giorni passati (record di freddo con -14,8 °C).


    Le origini del nome

    Toponimo preromano, G. Frau ipotizza una formazione dalla radice *oudh- / *udh- ʿmammellaʾ > ʿcolleʾ, seguita da un suffisso «non del tutto chiaro». Attestazioni: Udene (983), Utinum (latz.[non chiaro] da Ud-; attorno al 1000) altri studiosi fanno derivare il nome da il culto per le ninfe undine che venivano venerate in questo luogo in epoca preromana e romana.

    Storia

    Capitale della regione storica del Friuli, abitata dal neolitico, accrebbe presto la sua importanza grazie al declino di Aquileia prima e Cividale poi. Citata in occasione della donazione del castello cittadino da parte dell'Imperatore Ottone II nel 983 con il nome di Udene, dal 1222 divenne una delle residenze dei Patriarchi di Aquileia, grazie al Patriarca Bertoldo di Andechs che si trasferì da Cividale a Udine in seguito ad un terremoto che lesionò la sua residenza (25 dicembre). Per la sua centralità fu sempre più preferita dai Patriarchi, che vi fecero in seguito erigere il palazzo patriarcale. Nel XIV secolo Udine divenne la città più importante della regione per il commercio e i traffici a scapito di Aquileia e Cividale del Friuli. Il 7 giugno 1420, in seguito alla guerra tra Venezia e il Patriarcato di Aquileia, la città venne conquistata dalle truppe veneziane, segnando la caduta e la fine del potere temporale dei Patriarchi. Famiglia nobile friulana di riferimento per conto della serenissima in città quella dei Savorgnan il cui stemma di famiglia diventa, di fatto, quello della città.

    La guerra civile del 1511

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    Pianta prospettica del
    1652 attribuita a
    Joseph Heintz il Giovane,
    è conservata presso i civici
    musei del Castello
    La città di Udine fu interessata, a partire dal 27 febbraio 1511, da una guerra civile passata alla storia con il nome di crudel zoiba grassa che si rivelò sanguinosa e che si estese presto a tutto il Friuli. Ad aggravare le condizioni della popolazione fu, nei giorni immediatamente successivi, un violento terremoto in seguito al quale si svilupparono numerosi incendi ed il crollo del castello cittadino. Buona ultima, giunse poi la peste a far sì che la situazione peggiorasse ulteriormente.Legato alla Zoiba Grassa è l'origine friulana di Romeo e Giulietta, due giovani, Lucina e Luigi, appartenenti alle famiglie rivali dei Savorgnan e dei Da Porto.

    Dal dominio veneziano alla prima guerra mondiale
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    Tina Modotti, attrice fotografa
    e rivoluzionaria, come appare
    nel film del 1920 "Pelle di tigre"
    Sotto il dominio della Repubblica di Venezia dal 1420 al 1797, Udine divenne la quinta città della Repubblica per importanza e popolazione (la prima se si considera il territorio dell'odierno Friuli-Venezia Giulia) e lo fu sino alla fine del XVIII secolo.
    Alla parentesi francese dovuta alle campagne napoleoniche, in seguito alla Restaurazione Udine vide il passaggio al Regno Lombardo-Veneto, stato posto sotto la sovranità dell'allora Impero austriaco.
    Nel 1848 durante la Prima Guerra d'Indipendenza, la città insorse contro gli austriaci insieme col resto del Friuli. Venne creato un Governo Provvisorio a Palmanova sotto la guida del generale Carlo Zucchi. L'esercito asburgico prese Palmanova, incendiò molti paesi vicini, e infine bombardò Udine, che capitolò. Queste vicende vennero appassionatamente raccontate dalla scrittrice Caterina Percoto, testimone oculare dei fatti. Nel 1866, ci fu l'annessione al Regno d'Italia.


    Dalla prima guerra mondiale alla fine del Novecento

    Gaetano Perusini,neuropsichiatra, scopritore insieme ad Alois Alzheimer della malattia di Alzheimer
    Durante la prima guerra mondiale Udine fu, fino alla disfatta di Caporetto, sede dell'alto comando italiano, tanto da ricevere l'appellativo di "capitale della guerra". L'ospedale psichiatrico di Sant'Osvaldo, a pochi chilometri dal comando militare delle operazioni di guerra, era stato trasformato nel 1916 in un ospedale militare. I malati di mente vennero trasferiti in altri ospedali italiani ma l'ospedale ospitava comunque un migliaio di degenti, in parte militari. Proprio nei pressi dell'ospedale si costituì un deposito di munizioni. Il 27 agosto del 1917 alle ore 11.00 il deposito di munizioni esplose, causando un disastro del quale non venne mai riconosciuto il numero esatto delle vittime civili e militari e che causò la completa distruzione delle abitazioni di una vastissima zona, della chiesa di Sant'Osvaldo e dell'asilo di Sant'Osvaldo. Il disastro, causato probabilmente dalla sottovalutazione del pericolo di stoccaggio di munizioni e gas da parte dei militari italiani, passò sotto censura da parte delle autorità militari, peraltro in quei mesi presenti in città per dirigere la guerra, e viene ricordato dalla popolazione udinese con il nome di "scoppio di Sant'Osvaldo" o "la Polveriera di Sant'Osvaldo".Meno di due mesi dopo seguì la Disfatta di Caporetto, il 24 ottobre 1917.
    Nel primo dopoguerra la città divenne capoluogo della Provincia del Friuli, che comprendeva l'allora provincia di Gorizia (fino al 1927), e le attuali province di Pordenone (fino al 1968) e Udine. Dopo l'8 settembre 1943 venne posta sotto la diretta amministrazione militare del III Reich nell'ambito del Zona d'operazioni del Litorale adriatico che cessò con la fine dell'occupazione tedesca nell'aprile 1945.
    Il 6 maggio 1976 la città venne colpita dal disastroso terremoto del Friuli. Sebbene a Udine il numero delle vittime non fu elevato, il Comune e la cittadinanza contribuirono in modo sostanziale alla ricostruzione, organizzando gli aiuti alla popolazione colpita. In seguito al disastroso terremoto, venne nominato dal Governo italiano commissario per la Protezione civile Giuseppe Zamberletti. Proprio in quella occasione nacque una moderna e organizzata Protezione civile italiana.Gli anni di piombo colpirono anche la città. Nel 1978 ne fu vittima il maresciallo Antonio Santoro.


    Monumenti e luoghi d'interesse

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    Vista di Via Mercatovecchio,
    nel cuore della città
    La città di Udine conserva, dal punto di vista urbanistico, la tipica impronta delle città medievali. La città si è sviluppata intorno al colle del castello, al centro, espandendosi a partire dal X secolo (si contarono ben cinque cerchie murarie successive, fino al XV secolo, con relative porte e portoni).
    Tra i monumenti più famosi: il Castello sito su di un colle che domina la città, il Duomo, la Loggia del Lionello, il Palazzo Arcivescovile con gli affreschi del Tiepolo, la piazza Libertà in stile veneziano e piazza San Giacomo, che rappresenta il cuore cittadino assieme a via Mercatovecchio. Per quanto riguarda le opere moderne, da segnalare il Teatro Nuovo Giovanni da Udine, inaugurato nel 1997, il progetto porta la firma dell'ingegner Giuliano Parmegiani e dell'architetto Lorenzo Giacomuzzi Moore.


    Architetture di piazza Libertà e del castello

    Loggia del Lionello

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    Loggia del Lionello
    Affacciata sulla centrale piazza Libertà (in precedenza chiamata Contarena e "Vittorio Emanuele II"), è una loggia pubblica in stile gotico veneziano, i cui lavori iniziarono nel 1448 ad opera di Bartolomeo delle Cisterne su disegno dell'orafo Nicolò Lionello e terminarono nel 1457. Nei secoli a seguire subì varie modifiche e, a seguito del rovinoso incendio che la distrusse nel 1876, fu restaurata da Andrea Scala che tenne fede ai disegni originali. Gran parte delle opere che erano presenti all'interno sono ora conservate nel museo della città. Fra queste ricordiamo il ciclo di tele della Serenissima Repubblica di Venezia e la Madonna con bambino di Giovanni Antonio de' Sacchis, datata 1516.

    Loggia e tempietto di San Giovanni
    Di fronte alla loggia del Lionello si trovano la loggia ed il tempietto di San Giovanni, erette nel 1533 dall'architetto lombardo Bernardino da Morcote. La loro realizzazione comportò numerosi problemi, sia sul piano urbanistico che pratico. L'opera che ne risultò ha un vago sapore brunelleschiano. La chiesa, anticamente dedicata a san Giovanni, ora è adibita a tempietto ai Caduti. Sempre di fronte alla loggia del Lionello, si ergono le statue di Ercole e Caco, attribuite ad Angelo de Putti.

    Loggia di San Giovanni e Torre

    Torre dell'Orologio

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    La loggia di San Giovanni
    con la torre dell'Orologio
    Inglobata nella loggia di San Giovanni, la torre fu costruita nel 1527 su disegno di Giovanni da Udine che si ispirò alla torre veneziana di piazza San Marco. Alla sua sommità sorgono i due mori che battono le ore su una campana, le attuali sculture in rame risalgono al 1852 ed hanno sostituito quelle originali in legno.

    Arco Bollani e chiesa di Santa Maria in Castello
    Da piazza Libertà si prosegue lungo la salita del Castello, dove poi si attraversa l'arco Bollani, del 1556, progettato da Andrea Palladio e sormontato dal leone di San Marco. Si percorre quindi la loggia del Lippomano, datata 1487. Si giunge così alla chiesa di Santa Maria di Castello, la più antica della città. Alla chiesa di Santa Maria è addossata la "casa della Confraternita", edificio medievale restaurato nel 1930. Accanto sorge l'"arco Grimani" eretto nel 1522 in onore del doge omonimo, originariamente situato in via Portanuova e qui ricomposto nel 1902, attraverso l'arco si giunge al piazzale del castello.

    Il castello

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    La facciata posteriore
    del castello e il piazzale
    L'imponente costruzione domina il colle e l'intera città di Udine. Da tempo immemorabile, era presente sul colle un sito fortificato testimoniato dai resti neolitici e romani ritrovati sul colle del castello. Dopo numerosi rimaneggiamenti quest'ultimo fu gravemente danneggiato nel terremoto del 1511. Il 2 ottobre 1517 fu dato avvio alla ricostruzione, che tuttavia si protrasse a lungo nel tempo, per mancanza di fondi, vastità e complessità dei lavori. Questi vennero inizialmente affidati a Giovanni Fontana, che però lasciò la città rinunciando all'incarico nel 1519.

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    La casa della Contadinanza
    L'aspetto romano-cinquecentesco dell'edificio, che lo rende più simile ad una residenza signorile che ad un'infrastruttura militare, è dovuto all'intervento di Giovanni da Udine, che, a partire dal 1547, riprese e portò a termine il cantiere. Altre modifiche interne furono apportate nei secoli successivi per poterlo adibire agli usi più vari: carcere, caserma, sede municipale ecc. Il castello ospita il salone del Parlamento della Patria del Friuli risalente al XII secolo è uno dei più antichi d'Europa.

    Casa della Contadinanza
    Sullo spiazzo erboso alla sommità del colle del castello, sorge la casa della Contadinanza in cui risiedevano i rappresentanti dei contadini friulani, terzo corpo politico della Patria del Friuli. Quella attuale è la copia qui ricomposta nel 1931 di un edificio risalente al XVI secolo che si trovava tra via Vittorio Veneto e via Rauscedo. L'edificio ha in seguito ospitato l'armeria del castello e nei tempi più recenti è stato adibito a locale per la degustazione di prodotti tipici friulani.

    Architetture religiose

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    La facciata del Duomo
    Udine è sede arcivescovile.
    Duomo di Santa Maria Annunziata
    Edificato a partire dal 1236 per volere del patriarca Bertoldo di Andechs-Merania. La costruzione venne ultimata in un centinaio di anni. A fianco del Duomo si trova il campanile con il battistero, sede di un piccolo Museo del Duomo.
    Santuario della Beata Vergine delle Grazie


    Chiesa di Santa Maria di Castello
    Si tratta della più antica chiesa di Udine, risalente al XII secolo e posta sul colle del castello.

    Chiesa dell'Oratorio della Purità
    Posta a destra del Duomo, fu eretta nel 1757 per volere del cardinale Daniele Dolfin, il quale fece acquistare ed abbattere il precedente teatro appartenente alla famiglia Mantica, in modo che vicino alla cattedrale cittadina non fosse presente un luogo di divertimento. Il progetto fu affidato a Luca Andreoli. All'interno affreschi di Giambattista Tiepolo e del figlio Giandomenico.

    Chiesa di Sant'Antonio Abate

    In origine era un edificio in stile gotico risalente al XIV secolo, venne eretta per volere del patriarca Nicolò di Lussemburgo, e poi trasformata nel 1733 con la facciata ad opera di Giorgio Massari, si trova nei pressi di piazza Patriarcato. Oggi sconsacrata, è utilizzata come auditorium ed ospita mostre ed esposizioni.
    Al suo interno si trovano le tombe degli ultimi quattro Patriarchi di Aquileia: Francesco Barbaro, Ermolao Barbaro, Daniele Dolfin e Dionisio Dolfin.

    Chiesa della Beata Vergine del Carmine
    Costruita dai frati Carmelitani nel XVI secolo s'incontra percorrendo via Aquileia, all'interno è custodito il sarcofago del Beato Odorico da Pordenone.
    Chiesa della Madonna della carità
    Situata presso l'Istituto Filippo Renati, risalente al 1762 è oggi sede della parrocchia ortodossa romena
    Chiesa della presentazione di Maria al tempio
    Detta chiesa delle zitelle fa parte dell'antico convitto di via Zanon fondato nel 1595.

    Chiesa del Redentore
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    <b>La chiesa del Redentore


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    Particolare della facciata della
    chiesa di Sant'Antonio Abate
    con stemma della famiglia Dolfin
    Risale al 1733, in stile neoclassico, si trova in via Mantica.
    Chiesa di San Cristoforo, oggi sede della Missione Romena Unita a Roma "San Cristoforo" (dal 2002/2003)
    Qui si può ammirare il bel portale in puro stile rinascimentale scolpito nel 1518 dallo scultore lombardo Bernardino da Bissone.

    Chiesa di San Francesco
    La chiesa fu consacrata nel 1266 e con l'attiguo convento costituisce l'inizio della penetrazione dell'ordine dei frati francescani nel Patriarcato di Aquileia. I frati furono introdotti dal patriarca Bertoldo di Andechs-Merania, amico personale di san Francesco d'Assisi. È ritenuta una delle chiese più belle della città per la sua pura e semplice linea francescana. All'interno, formato da un'unica navata che termina con tre absidi, sono visibili affreschi trecenteschi, molto deperiti; rappresentano i più antichi esempi di pittura in città. Attualmente la chiesa (oggi sconsacrata) è utilizzata per mostre temporanee, mentre il convento è la sede del Tribunale.
    Chiesa di San Giacomo
    Eretta nel 1378 per volere della "Confraternita dei pellicciai", inizialmente come cappella poi ingrandita, è situata nell'antica "piazza delle Erbe", oggi piazza Matteotti, ma più conosciuta come piazza San Giacomo. La facciata attuale risale al 1525 ad opera di Bernardino da Morcote, mentre la cappella laterale fu aggiunta dopo il 1650. Accanto sorge la "Cappella delle anime" realizzata nel 1744 con all'interno una tela di Michelangelo Grigoletti.
    Chiesa di San Giorgio
    Fu eretta a partire dal 1760, aperta al culto nel 1780 e terminata solo nel 1831 in borgo Grazzano. All'interno una pala del 1529 raffigurante San Giorgio che uccide il drago, opera di Sebastiano Florigerio.

    La chiesa di San Pietro Martire

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    Chiesa di San Pietro Martire
    Si trova in via Valvason, faceva parte dell'antico convento duecentesco dei domenicani, fu consacrata nel 1285, l'attuale edificio risale al XIX secolo; Della costruzione primitiva conserva solo il portale lombardesco ed il campanile. L'interno è formato da una sola aula senza navate e a suo tempo era decorato con numerosi dipinti. La chiesa fu saccheggiata nel 1797 dalle truppe francesi, che vi si insediarono per un certo periodo. Sono conservate le tombe di nobili personaggi, un dipinto di Pomponio Amalteo raffigurante il Martirio di san Pietro ed alcuni altorilievi di Giuseppe Torretti, inoltre vi sono affreschi di Andrea Urbani.
    Chiesa del Santo Spirito
    L'edificio originario, situato in via Crispi, risale al 1395, fu poi ricostruito su progetto di Giorgio Massari nel XVIII secolo. Ha pianta ottagonale e conserva due tele del pittore settecentesco Francesco Zugno.
    Chiesa di San Valentino
    Risalente al 1574 si trova in via Pracchiuso, uno degli antichi borghi della città, qui si svolge annualmente la festa dedicata al Santo.
    Chiesa della Santa Maria della Misericordia nell'ospedale civile
    Edificata nel 1959 su progetto di Giacomo Della Mea, all'interno presenta mosaici di Fred Pittino, bronzi di Giulio e Max Piccini e nel pronao graffiti di Ernesto Mitri.
    Chiesa di Santa Chiara
    Si trova presso l'Educandato Uccellis, risalente al XVII secolo, all'interno presenta affreschi di Giulio Quaglio.
    Tempio ossario dei Caduti d'Italia
    Realizzato tra il 1925 ed il 1936 per volere di mons. Cosattini su progetto di Provino Valle, con la sua mole domina l'antistante piazzale XXVI luglio 1866, all'interno sono conservate 25.000 salme di caduti durante la prima guerra mondiale.
    Cappella Manin
    Edificio settecentesco del 1733 a pianta esagonale in stile barocco commissionato a Domenico Rossi dal conte Lodovico Alvise Manin, padre del futuro doge Ludovico Manin. Al suo interno sull'altare si può ammirare una Madonna con Gesù bambino, opera di Giuseppe Torretti. Sempre opera sua sono gli altorilievi presenti alle pareti: Nascita della Vergine, Visitazione, Presentazione di Gesù al tempio e Presentazione di Maria bambina al tempio.
    Cappella di Santa Maria del Monte
    Annessa al palazzo del Monte di Pietà ospita opere di Giulio Quaglio.

    Palazzi

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    Palazzo del Monte di Pietà
    in via Mercatovecchio
    Palazzo Patriarcale
    È uno dei più celebri tra i palazzi della città.
    Palazzo della Provincia
    Il palazzo Antonini-Belgrado dal 1891 è sede della Provincia, si trova ai lati del palazzo Arcivescovile, risale alla seconda metà del XVII secolo, in stile barocco, all'interno è affrescato con scene storiche e mitologiche di particolare pregio ad opera di Giulio Quaglio.
    Palazzo Antonini-Casa Grande
    Ex-sede della filiale della Banca d'Italia.
    Palazzo Antonini-Cernazai
    Fu la prima sede dell'Università degli Studi di Udine, ora sede della facoltà di lettere e filosofia, risale agli inizi del XVII secolo.
    Palazzo Bartolini
    Realizzato nel XVII secolo in piazza Marconi, ospita la Biblioteca civica Vincenzo Joppi

    Palazzo del Comune

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    Palazzo D'Aronco,
    sede municipale
    Tipico esempio d'architettura in stile Liberty del XX secolo è il palazzo del Comune o D'Aronco dal nome dell'architetto friulano Raimondo D'Aronco che lo progettò. Fu costruito a partire dal 1911 sul luogo di un precedente edificio del Cinquecento, fu ultimato nel 1932.
    Palazzo Valvason-Morpurgo
    Situato in via Savorgnana, in stile neoclassico risale al XVIII secolo e nel 1969 è stato donato al Comune di Udine, è dotato di un giardino con annessa loggetta. Dopo il restauro, ospita le "Gallerie del Progetto" che espongono gli archivi di architettura e design di proprietà dei Civici Musei; inoltre, è sede dell'Assessorato al Turismo e alla Cultura e di un punto d'informazioni turistiche.
    Casa Cavazzini
    Storico palazzo, situato tra le vie Cavour e Savorgnana, di fronte alla sede municipale nel pieno centro storico. Oggetto di un lungo restauro, completato nel 2011, su progetto originario di Gae Aulenti, è ora sede del Museo di arte moderna e contemporanea. Il complesso è costituito dal cinquecentesco palazzo Savorgnan della bandiera e dalla contigua casa Cavazzini (donata al Comune dalla famiglia del commerciante e filantropo udinese Dante Cavazzini). I restauri hanno portato alla luce ritrovamenti archeologici visibili al piano terra attraverso il pavimento in vetro: una vasca-cisterna veneziana del XVI secolo e un deposito di vasellame protostorico databile alla prima metà del ferro (seconda metà dell'VIII secolo a.C.), che costituisce il ritrovamento più antico documentato nel sito. Nell'appartamento Cavazzini sono presenti inoltre affreschi di Afro Basaldella, Mirko Basaledella e Corrado Cagli; al primo piano del palazzo Savorgnan della Bandiera sono invece presenti degli affreschi assegnabili alla seconda metà del Trecento, testimonianze pittoriche di soggetto profano e di notevole importanza per lo studio della pittura gotica in area friulana. In una delle due sale dove sono stati ritrovati gli affreschi si sono conservate tracce di una decorazione raffigurante un tendaggio retto da giovinette e giovani a mezza figura secondo schemi ispirati all'iconografia di composizioni sacre. A giudicare dalla decorazione l'ambiente fu forse adibito ad alcova: i giovani infatti sorreggono il tendaggio come a proteggere l'intimità della stanza. Appartenente ad epoca successiva, invece, dovrebbe essere la decorazione della sala adiacente, con le pareti occupate interamente da comparti geometrici e da formelle quadrangolari a finto marmo con figure mostruose e fantastiche derivate dalle tradizioni del bestiario medioevale.
    • Palazzo Chizzola Mantica
    • Villa Veritti
    • Annoverata tra i capolavori dell'architettura del XX secolo, progettata dall'architetto Carlo Scarpa.
    • Casa di Giovanni da Udine
    • Casa natale di Tina Modotti, Via Pracchiuso 89


    Teatri
    Questi sono i principali edifici cittadini che ospitano manifestazioni teatrali e di spettacolo (per quanto riguarda gli enti e le associazioni teatrali si veda la sezione Cultura/Teatro):
    • teatro comunale Palamostre
    • teatro San Giorgio
    • auditorium Menossi di Sant'Osvaldo
    • auditorium A. Zanon
    • auditorium Tomadini


    Altre architetture
    Essendo Udine una ex città industriale oggi convertita al terziario, sono presenti numerosi siti di archeologia industriale, su tutti il sito delle acciaierie SAFAU nella parte sud della città e lo stabilimento dismesso Dormisch - Birra Peroni. Altri importanti siti come quelli delle acciaierie Bertoli nella parte nord della città e lo stabilimento della Birra Moretti a poca distanza dal centro storico sono stati demoliti per la realizzazione di lottizzazioni residenziali, direzionali e commerciali.

    Fontane Le principali fontane di Udine:
    • fontana del bergamasco Giovanni Carrara in piazza Libertà
    • fontana di piazza San Giacomo
    • fontana del monumento alla Resistenza disegnato da Gino Valle


    Piazze

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    Scorcio di piazza Matteotti,
    meglio conosciuta come
    piazza San Giacomo
    oppure piazza delle Erbe,
    con la chiesa
    di San Giacomo
    • Piazza Duomo
    • Piazza Garibaldi, anticamente e fino al 1866 era chiamata piazza dei Barnabiti o Antonini.
    • Piazza Libertà
    • Piazza Matteotti, chiamata in epoca medievale del mercato nuovo, in seguito detta piazza San Giacomo dopo la costruzione dell'omonima chiesa nel 1399 nome che popolarmente mantiene tutt'oggi.
    • Piazza I maggio, detta anche giardin grande, nel 1866 fu chiamata piazza d'armi e nel 1900 fu intitolata, anche se non ufficialmente, a Umberto I in seguito alla sua morte. La data dell'intitolazione odierna fa riferimento all'anno 1945, in cui Udine fu liberata dall'occupazione nazista con l'arrivo in città delle truppe alleate.
    • Piazza Venerio, anticamente detta piazza della ghiacciaia e poi plazze dai lens ovvero piazza delle legna che ivi venivano smerciate. L'attuale piazza era occupata dal palazzo della famiglia nobile dei Savorgnan che nel 1549, su ordine dei veneziani, fu fatto radere al suolo in seguito alla condanna per omicidio di Girolamo Savorgnan, fu quindi popolarmente soprannominata la piazza della rovina.
    • Piazza XX settembre, detta anche piazza dei grani, in precedenza, era occupata da alcuni edifici della famiglia dei della Torre poi fatti demolire nel 1717 dal governo della Repubblica di Venezia, fu detta quindi piazza dei Torriani, nel 1868 fu acquisita dal comune. Dal 2011 è sede del mercato trasferitosi da piazza Matteotti.
    • Piazzale Cella
    • Piazzale Chiavris
    • Piazzale Gabriele D'Annunzio
    • Piazzale Paolo Diacono
    • Piazzale Guglielmo Oberdan
    • Piazzale Osoppo
    • Piazzale XXVI luglio 1866, la data fa riferimento all'arrivo in città delle truppe italiane e alla fine del dominio austriaco.


    Le mura

    Le cerchie murarie di Udine furono in tutto cinque, dotate di porte e portoni, con muraglie merlate, turriti contrafforti, fossati, ponti e ballatoi. Furono costruite nell'arco di quasi cinquecento anni, tra l'XI e il XV secolo.

    Le rogge

    Delle sei rogge che l'attraversano nel Medioevo, sono sopravvissute la roggia del Ledra, la roggia di Udine e la roggia di Palma. Forse di origine romana, sono documentate (per la concessione d'uso ai mulini) al 1217 per la roggia di Udine, e al 1171 per quella di Palma. Proprio lo studio dei salti delle rogge cittadine permisero ad Arturo Malignani di divenire un pioniere nello studio delle centrali idroelettriche. Udine è inoltre lambita, a ovest, dal Canale Ledra-Tagliamento, che è collegato alle due rogge dal Canale di San Gottardo.

    Parchi e giardini

    Parchi

    • Parco del Cormôr: sorge lungo l'omonimo torrente, e si sviluppa anche nei comuni di Martignacco, Campoformido e Pozzuolo del Friuli. Il parco comprende due zone, quella a nord vicino alla fiera ha una superficie di 258.765 m², la zona a sud nei pressi del viale Venezia ha una superficie di 66.759 m².
    • Parco del Torre: sorge lungo l'omonimo torrente, e si sviluppa anche nel comune di Remanzacco, si estende su una superficie di 69.478 m².
    • Parco urbano "Moretti" (già "parco Alfredo Foni"): sorge nell'area un tempo occupata dal demolito stadio Moretti nei pressi del viale Venezia si estende su una superficie di 66.900 m².
    • Parco urbano "Ardito Desio": sorge nei pressi dello Stadio Friuli e occupa una superficie di 28.733 m².


    Giardini storici

    • Parco della Rimembranza: è uno dei giardini storici della città, costeggia per tutta la lunghezza via Diaz, da viale della Vittoria a viale Trieste occupando una superficie di 17.044 m².
    • Giardino Loris Fortuna: piccolo parco di 5.765 m². a fianco della centrale piazza I maggio.
    • Area verde Giardin Grande: occupa la parte centrale di piazza I maggio con una superficie di 19.406 m².
    • Area verde del piazzale del Castello: posto sulla sommità del colle del Castello con una superficie di 4.478 m².
    • Giardini del Torso: sorgono accanto all'omonimo palazzo in via del Sale su una superficie di 1.261 m², sono stati usati in passato per le proiezioni del cinema all'aperto durante l'estate.
    • Giardino Ricasoli: si trova nei pressi di piazza Patriarcato con una superficie di 1.002 m², qui ha trovato posto il monumento equestre dedicato a Vittorio Emanuele II collocato in precedenza in piazza Libertà. È attraversato dalla roggia di Palma.
    • Giardino Giovanni Pascoli: sorge nella zona di via Carducci e via Dante su 992 m².


    Aree verdi

    • Area verde Ilaria Alpi: parco attrezzato con campo da tennis, campo da basket e giochi per i bambini su 7.523 m² in via Melegnano.
    • Area verde Lord Baden Powell: adiacente al centro storico, attrezzato con giochi per bambini su 4.538 m².
    • Area verde Ambrosoli: sorge nei pressi del Liceo Classico su 5.633 m².
    • Area verde McBride: sorge nei pressi del Palamostre su 9.490 m².
    • Area verde Umberto Saba: sorge in via Joppi su 12.102 m².
    • Area verde Marchiol: sorge in zona Baldasseria su 9.700 m².
    • Area verde Salgari: sorge in via Del Bon su 9.000 m².
    • Area verde Marcello D'Olivo: sorge in viale Afro su 9.228 m².
    • Area verde Cesare Scoccimarro: sorge in zona San Gottardo su 10.860 m².
    • Area verde Giacomo Della Mea: sorge in zona viale dello Sport su 10.620 m².
    • Area verde Robin Hood: sorge in zona Paparotti su 5.500 m².
    Altre aree verdi di minori dimensioni sorgono in ogni quartiere cittadino.


    Eventi
    Manifestazioni del ciclo Udine porta a Oriente:
    • Calendidonna (marzo), festival delle lettere, arti e scienze al femminile.
    • Far East Film Festival (aprile), dal 1997 Udine ospita una delle più importanti vetrine mondiali dedicate alla cinematografia asiatica. Organizzato dal Centro Espressioni Cinematografiche, si svolge ogni anno tra aprile e maggio al Teatro Nuovo Giovanni da Udine e nelle sale del cinema Visionario.
    • Vicino/Lontano - Premio Terzani (maggio), manifestazione culturale sul tema delle identità e delle differenze che si svolge dal 2005 dal giovedì alla domenica con dibattiti e conferenze tematiche che vedono la partecipazione di filosofi, scrittori, giornalisti e studiosi. Durante la manifestazione nella serata del sabato al Teatro Giovanni da Udine viene assegnato il Premio letterario internazionale intitolato al giornalista e scrittore Tiziano Terzani. Gli incontri, nelle prime edizioni si sono svolti presso la chiesa sconsacrata di San Francesco e all'ex mercato del pesce, nel 2008 si sono concentrati nella zona di piazza Libertà: nella sala Ajace della loggia e in un tendone appositamente allestito sullo sterrato della piazza.
    • Palio Teatrale Studentesco (aprile) è una rassegna teatrale che vede impegnati ogni anno da oltre 40 anni gli studenti delle scuole superiori di Udine.
    • Maratonina Città di Udine (maggio)
    • Festival internazionale di chitarra (giugno), si svolge nel salone del Parlamento al Castello
    • Free Cormor Rock (giugno), rassegna musicale e sportiva che si tiene presso il parco del Cormor
    • Udine Pedala (giugno), è una pedalata non competitiva che si tiene annualmente ed è aperta a tutti. La manifestazione è particolarmente famosa per essere entrata per ben due volte nel guinness dei primati col record di partecipanti, la prima volta nel 1999 in cui alla partenza si presentarono 33.000 iscritti. L'anno successivo, nel 2000, presero parte alla gara 48.015 persone battendo così il precedente record. Nel 2006 ha cambiato denominazione in UdinBike.
    • Udinestate (giugno-agosto)
    • Udin&Jazz (giugno), rassegna musicale giunta alla diciottesima edizione (2008) cui hanno preso parte artisti quali Archie Shepp, Pat Metheny, Robert Fripp, B. B. King, Equality, Quintorigo, Dionne Warwick.
    • Rally del Friuli e delle alpi orientali (agosto)
    • Friuli doc (settembre), è una rassegna enogastronomica che si tiene dal 1995 nelle principali piazze e vie del centro storico cittadino in cui vengono allestiti stand e punti di ristoro. La manifestazione si svolge nell'arco di quattro giorni, dal giovedì alla domenica ed ha come motto vini, vivande, vicende, vedute. L'edizione che ha sinora avuto più successo (2007) ha visto la presenza di oltre un milione e duecentomila visitatori.


    Eventi musicali
    Udine grazie alla presenza dello Stadio Friuli ospita spesso importanti manifestazioni musicali a livello nazionale ed internazionale, nell'estate 2009 si sono tenuti 3 importanti concerti che hanno visto la presenza di circa 120.000 spettatori.

    Persone legate a Udine
    Arte

    • Giambattista Tiepolo, pittore, nel 1726 esegue affreschi nel Duomo cittadino, al Castello e al Palazzo Patriarcale
    • Afro, Dino e Mirko Basaldella, pittori contemporanei
    • Sebastiano Bombelli, pittore
    • Giancarlo Bonomo, curatore e critico dell'arte
    • Antonio Carneo, pittore
    • Giorgio Celiberti, pittore e scultore contemporaneo
    • Raimondo D'Aronco, architetto liberty
    • Gianna Liani, artista
    • Giovanni da Udine, pittore e architetto rinascimentale
    • Odorico Politi, pittore neoclassico
    • Giorgio Valentinuzzi, pittore, scrittore e divulgatore culturale
    • Gino Valle, architetto
    • Provino Valle, architetto
    • Frizzi Comini Tonazzi celebre gruppo musicale udinese
    • Bruno Sacco, designer automobilistico
    • Marcello D'Olivo, architetto e urbanista


    Cinema e spettacolo
    • Giuseppe Battiston, attore
    • Lorenzo Bianchini, regista
    • Dalila Di Lazzaro, attrice
    • Carlo Duse, attore
    • Tina Modotti, fotografa e attrice
    • Andrea Pellizzari, showman, disc-jockey
    • Francesco Renga, cantautore
    • Omero Antonutti, attore e doppiatore
    • Franco Castellano, attore televisivo
    • Raffaello Balzo, attore televisivo
    • Milly Carlucci presentatrice televisiva


    Cultura
    • Francesco Carnelutti, avvocato, professore universitario, fondatore della Rivista di diritto processuale civile
    • Cristiana Compagno, economista, ex-rettrice dell'Università degli Studi di Udine
    • Giulio Guderzo, storico
    • Furio Honsell, matematico, ex-rettore dell'Università degli Studi di Udine, sindaco di Udine
    • Giorgio Mainerio, compositore
    • Ippolito Nievo, scrittore
    • Pier Paolo Pasolini, scrittore, poeta, regista
    • Caterina Percoto, scrittrice
    • Tarcisio Petracco, insegnante, padre dell'Università degli Studi di Udine
    • Aldo Rizzi, storico dell'arte e direttore dei Civici Musei dal 1958 al 1985
    • Carlo Sgorlon, scrittore
  6. .

    Trieste

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    - Info -

    Trieste (IPA: [triˈɛste], Ascolta, Trieste in dialetto triestino, Trst in sloveno, Triest in tedesco, Trieszt in ungherese) è un comune italiano di 205.595 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Friuli-Venezia Giulia. È il quindicesimo comune italiano per popolazione, nonché il più popoloso e più densamente abitato non solo della regione, ma dell'intero Triveneto.

    Trieste, fulcro della regione storico-geografica della Venezia Giulia, fa da ponte tra Europa occidentale e centro-meridionale, mescolando caratteri mediterranei e mitteleuropei. È un importante snodo ferroviario e marittimo. Il suo porto fu il principale sbocco marittimo dell'Impero Asburgico, che nel 1719 gli riconobbe lo status porto franco. Il porto franco venne mantenuto (con il nome di Porto Libero di Trieste) anche nel Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate del 1947 con il quale veniva istituito il Territorio Libero di Trieste, e più oltre anche nel 1954, quando il Governo Militare Alleato cedette l'amministrazione civile all'Italia in virtù del Memorandum di Londra. Oggi è uno snodo internazionale per i flussi di scambio terra-mare tra i mercati dell'Europa centro-orientale e l'Asia. Nel 2013 Trieste è stato il primo porto in Italia in termini di volume complessivo di merci in transito, con circa 56 milioni di tonnellate.

    Geografia fisica

    Il fiume sotterraneo Timavo

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    Le Grotte di San Canziano

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    Le Risorgive del Timavo

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    Il golfo di Trieste
    Il fiume Timavo scorre nel sottosuolo del Carso triestino.Lo si può vedere scorrere ad oltre 100 m sotto la superficie, visitando le Grotte di San Canziano (15 km ad est di Trieste) e vederlo riaffiorare alle sue risorgive presso Duino (20 km a nord-ovest di Trieste)

    Territorio
    Trieste, affacciata sull'omonimo golfo nella parte più settentrionale dell'Alto Adriatico, si colloca fra la penisola italiana e la penisola istriana, distante qualche chilometro dal confine con la Slovenia. Il territorio cittadino è occupato prevalentemente da un pendio collinare che diventa montagna anche nelle zone limitrofe all'abitato; si trova ai piedi di un'imponente scarpata che dall'altopiano del Carso a 458 metri sul livello del mare, digrada bruscamente verso il mare. Il comune di Trieste è diviso in varie zone climatiche a seconda della distanza dal mare o dell'altitudine.
    Al di sotto delle arterie stradali cittadine scorrono corsi d'acqua che provengono dall'altopiano. Liberi un tempo di scorrere all'aperto, da quando la città si è sviluppata, a partire dalla seconda metà del Settecento, vennero incanalati in apposite condutture ed ancora oggi percorrono i sotterranei delle odierne via Carducci (precedentemente via del Torrente, appunto), via Battisti (ex Corsia Stadion), viale XX Settembre (ex viale dell'Acquedotto), via delle Sette fontane o piazza tra i Rivi.
    A sud della città scorre il Rio Ospo che segna il confine geografico con l'Istria. Inoltre l'attuale zona cittadina compresa tra la stazione ferroviaria, il mare, "via Carducci" e Piazza della Borsa, il Borgo Teresiano, venne edificata nel XVIII secolo dopo l'interramento delle precedenti saline per ordine dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria.


    Clima

    Il clima della città di Trieste secondo la classificazione di Köppen rientra nel tipo mediterraneo. Grazie ad una latitudine intermedia tra il Polo Nord e l'equatore e alla posizione costiera, la città di Trieste gode di un clima piuttosto mite d'inverno e caldo, ma non torrido, d'estate. Relativamente al trentennio ufficiale di riferimento della climatologia mondiale (IPCC/WMO) 1971-2000 la media annuale delle temperature presso la stazione meteorologica di Trieste è stata di 15 °C, le temperature medie del mese più freddo (gennaio) si sono attestate attorno ai 6 °C, mentre quelle del mese più caldo (luglio) leggermente al di sopra dei 24 °C. Nei mesi invernali assai raramente le temperature, almeno sulla costa, scendono al di sotto dello zero; viceversa, nelle frazioni carsiche, spesso si registrano minime notturne negative. Scarse sono anche, lungo la fascia costiera, le giornate con neve, nebbia o grandine. L'umidità media annuale è del 64% mentre l'escursione termica giornaliera è di soli 4,5 °C: entrambe risultano tra le più basse in Italia.
    Data la peculiarità del territorio cittadino si può affermare che mentre il centro di Trieste, sviluppatosi lungo la costa, presenta delle temperature relativamente miti e una discreta insolazione, le frazioni e le località carsiche sviluppatesi sul retrostante altipiano ad un'altezza tra i duecento e i cinquecento metri hanno un clima decisamente più continentale: a Basovizza, situata a circa 370 metri s.l.m., la temperatura media annua si aggira attorno agli 11 °C con una media del mese più freddo (gennaio) di 1,5 °C e di quello più caldo (luglio) di 20,6 °C.


    Bora - Vento da record

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    Gli effetti della Bora sul
    Molo Audace (Febbraio 2011)
    Trieste è teatro della manifestazione di un particolare fenomeno atmosferico rappresentato dalla Bora, un vento caratterizzato da raffiche brevi ma intense che possono superare la velocità di 180 km/h.
    Al generale clima mite fanno eccezione i giorni, qualche anno rari, qualche altro più frequenti, in cui soffia la cosiddetta Bora, vento che si incunea dal retroterra lungo i bassi valichi che si aprono tra i monti alle spalle della città, per scendere su Trieste e il Golfo. Sebbene per compressione adiabatica la temperatura dell'aria scendendo sulla città si riscaldi comunque di tre o quattro gradi, le raffiche aumentano notevolmente la sensazione cutanea di freddo, anche con temperature relativamente miti. Eccezionalmente la Bora soffia per brevissimi periodi anche d'estate, innalzando talvolta le temperature anche al di sopra dei 35 gradi. Le raffiche di aria di origine continentale provenienti da Est-Nord-Est allo sbocco in Adriatico acquistano ulteriore velocità e in casi eccezionali in mare aperto si possono raggiungere i 50 nodi, come registrato nel dicembre 1996. In alcune zone la bora è più forte e frequente che in altre, e solamente la zona della Costiera, da Miramare a Sistiana, è riparata dall'effetto di tale vento.
    Molto interessante per l'andamento del clima è la variazione avvenuta negli ultimi 100 anni nella frequenza della bora e dei venti orientali in genere, diminuiti di 28 giorni annui, mentre lo scirocco ed i venti meridionali nello stesso periodo sono aumentati in frequenza di 26 giorni annui.
    Vista la vicinanza dei rilievi, brevi piogge possono presentarsi durante tutto l'anno (questo è un discrimine rispetto al tipico clima mediterraneo) ma durante i mesi estivi le precipitazioni sono comunque rare e prevalentemente a carattere temporalesco (luglio in genere è il mese più secco). Le precipitazioni raggiungono l'apice della frequenza e dell'intensità a novembre e aprile, quando di norma scende di latitudine il flusso delle correnti perturbate atlantiche.


    Flora urbana

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    Il garofanino di Trieste,
    un endemismo illirico
    presente anche in città
    La città di Trieste è una delle meglio note d'Italia dal punto di vista botanico. La flora urbana, oggetto di studio a partire dalla seconda metà del XIX secolo, è stata oggetto di un censimento approfondito da parte di F. Martini , che ha mappato la distribuzione di ben 1024 tra specie e sottospecie. La grande ricchezza floristica è dovuta a diversi fattori, tra cui i principali sono: 1) La penetrazione nel tessuto urbano di aree con vegetazione naturale, come ad esempio il Bosco del Farneto o il Parco di Villa Giulia, 2) Le caratteristiche transizionali del territorio cittadino dal punto di vista climatico, con un forte gradiente di temperatura e precipitazioni dalla costa verso l'altopiano, 3) La compresenza nel territorio cittadino di substrati sia arenacei sia calcarei, 4) La presenza di importanti aree commerciali, industriali e portuali che favoriscono la presenza di neofite aliene. La flora urbana di Trieste è consultabile attraverso un portale interattivo che permette anche a non-esperti di Botanica di identificarne le specie.

    Storia

    Dalla Preistoria alla colonizzazione romana

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    Resti della basilica forense
    romana presso la
    cattedrale di S. Giusto

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    Slivia, resti dell'antico castelliere

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    Arco di Riccardo

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    Teatro Romano
    Sin dal II millennio a.C. il territorio della provincia di Trieste fu sede di importanti insediamenti protostorici, i castellieri, villaggi arroccati sulle alture e protetti da fortificazioni in pietra, i cui abitanti appartenevano a popolazioni di probabile origine illirica e di stirpe indoeuropea. Fra il X e il IX secolo a.C. la popolazione autoctona entrò in contatto con un'altra etnia indoeuropea, i (Venetici, Heneti o Eneti), da cui venne notevolmente influenzata sotto il profilo culturale. Il nome Tergeste è di origine preromana, con base preindoeuropea: terg = mercato, ed il suffisso –este, tipico dei toponimi venetici[13]. In alternativa, si ritrova proposta l'origine latina del nome "tergestum" (riportata dal geografo di età augustea Strabone), legata al fatto che i legionari romani dovettero combattere tre battaglie per avere ragione delle popolazioni indigene ("Ter-gestum bellum", dal latino "ter" = tre volte e "gerere bellum" = far guerra, cui il participio passato da "gestum bellum").
    Con le conquiste militari dell'Illiria da parte dei Romani, i cui episodi più salienti furono la guerra contro la pirateria degli Istri del 221 a.C., la fondazione di Aquileia nel 181 a.C. e la guerra istrica del 178-177 a.C., ebbe inizio un processo di romanizzazione ed assimilazione delle popolazioni preesistenti. Tergeste fu colonizzata alla metà del I secolo a.C. in epoca cesariana (Regio X Venetia et Histria), ed è probabile che la fortezza principale fosse situata sulle pendici del colle di San Giusto. I Tergestini sono menzionati nel De bello Gallico di Giulio Cesare, a proposito di una precedente invasione forse di Giapidi: "Chiamò T. Labieno e mandò la legione quindicesima (che aveva svernato con lui) nella Gallia Cisalpina, a tutela delle colonie dei cittadini romani, per evitare che incorressero, per incursioni di barbari, in qualche danno simile a quello che nell'estate precedente era toccato ai Tergestini che, inaspettatamente, avevano subito irruzioni e rapine. (CAES. Gall. 8.24). Tergestum fu citata poi da Strabone, geografo attivo in età augustea, che la definì come phrourion (avamposto militare) con funzioni di difesa e di snodo commerciale. Tergeste si sviluppò e prosperò in epoca imperiale, imponendosi come uno dei porti più importanti dell'alto Adriatico sulla via Popilia-Annia. Il nucleo abitativo nel 33 a.C. venne cinto da alte mura (ancora visibile la porta meridionale, il cosiddetto Arco di Riccardo) da Ottaviano Augusto (murum turresque fecit) e venne arricchito da importanti costruzioni quali il Foro ed il Teatro.


    Medioevo

    Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, Trieste (Τεργέστη in greco bizantino) passò sotto il controllo dell'impero bizantino fino al 788, quando venne occupata dai franchi. Nel 1098 risultava già diocesi vescovile con il nome latino di Tergestum.Nel XII secolo divenne un Libero Comune.
    Dopo secoli di battaglie contro la rivale Venezia, nel 1283 la città fu occupata dai Veneziani, ma le truppe Goriziane e quelle Patriarcali la riconquistarono.Successivamente Trieste si pose sotto la protezione (1382) del duca d'Austria conservando però una notevole autonomia fino al XVII secolo.La città di Trieste fu risparmiata dai saccheggi dei turchi, che nel 1470, durante una incursione diretta in Friuli, incendiarono il paese di Prosecco, a soli 8 km da Trieste.

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    Trieste nel XVII secolo,
    si nota la coltura
    alta della vite accoppiata
    ad alberi
    La presenza di numerosi documenti dedicati alla viticoltura nella Trieste medievale testimoniano l'importanza che l'attività vitivinicola aveva nell'economia cittadina, in passato prettamente agricola. Infatti sino allo sviluppo dell'attività mercantile marittima seguito alla proclamazione del Porto franco, buona parte degli abitanti del piccolo borgo fortificato si dedicava alla viticoltura, che era praticata su tutto il territorio comunale, su terreno marnoso-arenaceo, nei punti più soleggiati, anche a ridosso della città. Trieste era quindi un borgo fortificato circondato da viti, caratteristica riprodotta in numerose stampe d'epoca e descritta da viaggiatori stranieri. Il ruolo assolutamente centrale che il vino aveva nell'economia triestina è comprovato dalla presenza, sia in ambito ecclesiastico che civile, di decime e sistemi tributari basati solo ed esclusivamente sul computo della redditività delle vigne, che quasi tutti i cittadini possedevano. Massimo successo di questa attività agricola triestina è senz'altro il Prosecco, vino nato dall'identificazione del castello di Prosecco con il castellum nobile vino Pucinum di memoria classica. La produzione di questo vino ben presto si allargò oltre i confini triestini nel goriziano, in Friuli, Dalmazia e Veneto, dove si sviluppò sino a diventare uno dei vini più famosi al mondo.

    Passaggio all'Austria e porto franco

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    Mappa del 1794

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    Trieste nel 1885
    Nel 1719 divenne porto franco e, in quanto unico sbocco sul mare Adriatico dell'Impero Austriaco, Trieste fu oggetto di investimenti e si sviluppò moltissimo, passando dai 3000 abitanti di inizio Settecento a più di 200.000 ad inizio Novecento e diventando, nel 1867, capoluogo della regione del cosiddetto "Litorale Austriaco" dell'impero (l'österreichisches Küstenland). In questo periodo nacque e prosperò una nuova borghesia mercantile arricchitasi grazie al commercio marittimo. Grazie al suo status privilegiato di unico porto commerciale della Cisleithania e primo porto dell'Austria-Ungheria, Trieste divenne una città fortemente cosmopolita, plurilingue e plurireligiosa, come dimostra il censimento del comune del 31 dicembre 1910: quasi due terzi degli abitanti (64,7%) era italofona (pari al 51,8% della popolazione urbana), a cui si aggiungevano gli italiani immigrati dal Regno d'Italia e pertanto considerati stranieri (12,9%), il 24,8% degli abitanti era di lingua slovena, il 5,2% di lingua tedesca, mentre si contavano molte comunità minori (i serbi, i croati, gli armeni, gli ebrei, i greci, gli ungheresi, gli inglesi e gli svizzeri). Nel XVIII secolo in città il dialetto triestino (idioma settentrionale di tipo veneto) sostituì il tergestino, l'antico dialetto locale di tipo retoromanzo. Il triestino, parlato anche da scrittori e filosofi, continua ad essere tuttora l'idioma più usato in ambito familiare e in molti contesti sociali di natura informale e talvolta anche formale, affiancandosi, in una situazione di diglossia, all'italiano, lingua amministrativa e principale veicolo di comunicazione nei rapporti di carattere pubblico.

    L'Irredentismo e la prima unione all'Italia
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    Mappa austriaca
    di Trieste (1888)
    Trieste fu, con Trento, oggetto e al tempo stesso centro di irredentismo, movimento che, negli ultimi decenni del XIX secolo e agli inizi del XX aspirava ad un'annessione della città all'Italia. Ad alimentare l'irredentismo triestino, minoritario nella popolazione, erano soprattutto le classi borghesi in ascesa (ivi compresa la facoltosa colonia ebraica), le cui potenzialità ed aspirazioni politiche non trovavano pieno soddisfacimento all'interno dell'Impero austro-ungarico. Quest'ultimo veniva visto da molti come un naturale protettore del gruppo etnico slavo (verbali del consiglio dei ministri imperiali asburgici del 1866, dopo la perdita di Venezia, per ridurre dove possibile l'influenza dell'elemento italiano, in favore di quello germanico o slavo quando questi fossero presenti) che viveva sia in città che in quelle zone multietniche che costituivano il suo immediato retroterra (che iniziò ad essere definito in quegli anni con il termine di Venezia Giulia).
    Nella città, durante manifestazioni pro italiane seguenti una petizione firmata da 5.858 cittadini verso l'Inclito Consiglio della città, richiedente il diritto della lingua italiana nelle scuole statali, avvenute tra il 10 e il 12 luglio 1868, scoppiarono scontri e violenze nelle strade principali cittadine con gli sloveni locali arruolati fra i soldati asburgici, che provocarono la morte dello studente Rodolfo Parisi, ucciso con 26 colpi di baionetta e di due operai Francesco Sussa e Niccolo' Zecchia.
    In realtà agli inizi del Novecento il gruppo etnico sloveno era in piena ascesa demografica, sociale ed economica, e, secondo il censimento del 1910, costituiva circa la quarta parte dell'intera popolazione triestina. Ciò spiega come l'irredentismo assunse spesso, nella città giuliana, dei caratteri marcatamente anti-slavi che vennero perfettamente incarnati dalla figura di Ruggero Timeus. La convivenza fra i vari gruppi etnici che aveva da secoli contraddistinto la realtà sociale di Trieste (e di Gorizia) subì, pertanto, un generale deterioramento fin dagli anni che precedettero la prima guerra mondiale.
    Nel 1918 il Regio esercito entrò a Trieste acclamato da quella parte della popolazione che era di sentimenti italiani, dichiarando lo stato di occupazione ed il coprifuoco. La sicura imminente annessione della città e della Venezia Giulia all'Italia, fu però accompagnata da un ulteriore inasprimento dei rapporti tra il gruppo etnico italiano e quello sloveno, traducendosi talvolta anche in scontri armati. A tale proposito furono emblematici, il giorno 13 luglio 1920, i disordini scoppiati a Trieste in seguito ad un attentato contro l'esercito italiano di stanza a Spalato, che aveva causato due vittime fra i militari, secondo ricostruzioni storiche le manifestazioni contro il gruppo etnico sloveno sfociarono in seguito all'assassinio di un manifestante italiano "Giovanni Ninni" nell'assalto da parte di alcuni squadristi guidati da Francesco Giunta all'Hotel Balkan, ove aveva sede il Narodni dom (Casa Nazionale), centro culturale degli sloveni e delle altre nazionalità slave locali, che fu dato alle fiamme e cercarono di ostacolare l'intervento dei pompieri. Lo stesso giorno degli squadristi devastarono anche gli uffici delle "Jadranska banka", la filiale della "Ljubljanska kreditna banka", la tipografia del settimanale "Edinost", la Cassa di Risparmio Croata, la scuola serba e numerosi altri centri di aggregazione delle comunità etniche presenti a Trieste.
    Con la firma del Trattato di Rapallo del novembre 1920, Trieste passò definitivamente all'Italia, inglobando, nel proprio territorio provinciale, zone dell'ex Contea Principesca di Gorizia e Gradisca, dell'Istria e della Carniola.


    Il primo dopoguerra e il periodo interbellico

    Il periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale fu segnato da numerose difficoltà per Trieste. L'economia della città fu colpita infatti dalla perdita del suo secolare entroterra economico; ne soffrì soprattutto l'attività portuale e commerciale, ma anche il settore finanziario. Trieste perse la sua tradizionale autonomia comunale e cambiò anche la propria configurazione linguistica e culturale. Quasi la totalità della comunità germanofona lasciò infatti la città dopo l'annessione all'Italia.
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    Il "Narodni dom" in fiamme
    dopo l'uccisione, da parte slovena,
    di Giovanni Nini
    Con l'avvento del fascismo l'uso pubblico delle lingue slovena e tedesca fu proibito e vennero chiuse le scuole, i circoli culturali e la stampa della comunità slovena. A causa della persecuzione etnica, circa il 10% degli sloveni residenti in città scelse di emigrare nel vicino Regno di Jugoslavia. Dalla fine degli anni venti, si sviluppò l'attività sovversiva dell'organizzazione antifascista e irredentista sloveno-croata TIGR, con alcuni attentati dinamitardi anche nel centro cittadino.
    Nonostante i problemi economici e il teso clima politico, la popolazione della città crebbe negli anni venti del Novecento, grazie soprattutto all'immigrazione da altre zone dell'Italia. La prima metà degli anni trenta furono invece anni di ristagno demografico, con una leggera flessione della popolazione dell'ordine di circa l'1% su base quinquennale (nel 1936 si contarono infatti quasi duemila abitanti in meno che nel 1931). Nello stesso periodo, e successivamente, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, furono portate avanti alcune importanti opere urbanistiche; tra gli edifici più rilevanti vanno ricordati il palazzo dell'Università e il Faro della vittoria.


    L'occupazione tedesca

    Nel periodo che va dall'armistizio (8 settembre 1943) all'immediato dopoguerra, Trieste fu al centro di una serie di vicende che hanno segnato profondamente la storia del capoluogo giuliano e della regione circostante e suscitano tuttora accesi dibattiti.

    Campo di concentramento Risiera di San Sabba a Trieste

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    Luogo dove si trovava
    il forno crematorio
    in cui i nazisti
    incenerivano i corpi
    delle loro vittime
    Nel settembre del 1943 la Germania nazista occupò senza alcuna resistenza la città che venne a costituire, insieme a tutta la Venezia Giulia una zona di operazioni di guerra, l'OZAK (Operationszone Adriatisches Küstenland), alle dirette dipendenze del Gauleiter di Carinzia Friedrich Rainer. Egli tollerò in città la ricostituzione di una sede del PFR, diretta dal federale Bruno Sambo, la presenza di un'esigua forza di militari italiani al comando del generale della GNR Giovanni Esposito e l'insediamento di un reparto della Guardia di Finanza. Si riservò però la nomina del podestà, nella persona di Cesare Pagnini, e del prefetto della provincia di Trieste, Bruno Coceani, entrambi ben accetti ai fascisti locali, alle autorità della RSI e allo stesso Mussolini, che conosceva personalmente Coceani. Durante l'occupazione nazista la Risiera di San Sabba - oggi Monumento Nazionale e museo - venne destinata a campo di prigionia, e di sterminio per detenuti politici, ebrei, partigiani italiani e slavi, con forni crematori che funzionavano a pieno regime. In seguito, nei primi anni cinquanta la Risiera fu usata come campo profughi per gli esuli istriani, fiumani e dalmati in fuga dai territori passati alla sovranità jugoslava.

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    Monumento ai 71
    italiani fucilati a Trieste
    per rappresaglia
    dai nazisti
    il 3 aprile 1944
    Nonostante la dura repressione attuata dalle autorità tedesche e italiane centinaia di abitanti del comune di Trieste si aggregarono alle unità partigiane slovene operanti in Venezia Giulia per contrastare le truppe degli occupatori tedeschi. Molti di essi morirono nelle azioni di guerriglia partigiana o nei lager tedeschi oltre che nella Risiera. I loro nomi risultano scolpiti sui monumenti eretti a loro ricordo in quasi tutte le frazioni della città.
    Le autorità tedesche e italiane commisero nei confronti della popolazione civile numerosi crimini; la maggior parte di questi furono compiuti nella stessa Trieste.
    Il 3 aprile 1944 i nazi-fascisti fucilarono al poligono di Opicina 71 italiani, scelti a caso tra i detenuti delle carceri triestine, per rappresaglia allo scoppio di una bomba ad orologeria, che il giorno precedente, in un cinema di Opicina, aveva provocato la morte di 7 militari germanici. I cadaveri degli italiani vennero utilizzati per collaudare il nuovo forno crematorio costruito in Risiera, che da allora, fino alla data della liberazione, fu adoperato per bruciare i corpi di oltre 3500 prigionieri della Risiera, soppressi direttamente dal personale carcerario ivi operante. La Risiera, oltre ad essere usata come campo di smistamento di oltre 8000 deportati provenienti dalle Provincie orientali destinati agli altri campi di concentramento nazisti, fu adoperata in parte anche come luogo di detenzione, tortura ed eliminazione di prigionieri sospettati di attività sovversiva nei confronti del regime nazista. La presenza del forno crematorio nella Risiera testimonia che non fu utilizzata solo come luogo di smistamento e di detenzione di prigionieri, ma anche come campo di sterminio. Si tratta dell'unico campo di concentramento nazista presente in territorio italiano.
    Il 23 aprile 1944 i nazisti impiccarono altri 50 italiani scelti a caso tra i detenuti del carcere triestino del Coroneo, per rappresaglia in seguito al decesso di 5 tedeschi morti in un attentato partigiano al circolo Soldatenheim nel palazzo Rittmeyer di via Ghega, nello stesso stabile in cui fu compiuto l'attentato.


    L'occupazione jugoslava

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    2 maggio 1945 militari
    jugoslavi a Trieste
    L'insurrezione dei partigiani italiani e jugoslavi a Trieste fu contraddistinta da uno svolgimento anomalo. Il 30 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale del quale era presidente don Edoardo Marzari, composto da tutte le forze politiche antifasciste con l'eccezione dei comunisti, proclamò l'insurrezione generale; al tempo stesso le brigate dei partigiani jugoslavi con l'appoggio del PCI attaccarono dall'altipiano. Gli scontri si registrarono principalmente nelle zone di Opicina (sull'altipiano carsico), del Porto Vecchio, del castello di San Giusto e dentro il Palazzo di Giustizia, in città. Tutto il resto della città fu liberato. Il comando tedesco si arrese solo il 2 maggio alle avanguardie neozelandesi, che precedettero di un giorno l'arrivo del generale Freyberg. Le brigate partigiane jugoslave di Tito erano già giunte a Trieste il 1º maggio e i suoi dirigenti convocarono in breve tempo un'assemblea cittadina composta da cittadini jugoslavi e da due italiani. Questa assemblea proclamò la liberazione di Trieste, così presentando i partigiani di Tito come i veri liberatori della città agli occhi degli alleati spingendo i partigiani non comunisti del CLN a rientrare nella clandestinità.
    Gli jugoslavi esposero sui palazzi la bandiera jugoslava, il Tricolore italiano con la stella rossa al centro e le bandiere rosse con la falce e martello. Le brigate jugoslave, giunte a Trieste a marce forzate per precedere gli anglo-americani nella liberazione della Venezia Giulia, non contenevano nessuna unità partigiana italiana inserita nell'Esercito jugoslavo, mandate invece a operare altrove, benché molti triestini (italiani e sloveni) vi fossero compresi. Gli alleati (nello specifico la Seconda divisione neozelandese, che fu la prima ad arrivare in città), riconobbero che la liberazione era stata compiuta dai partigiani di Tito e in cambio chiesero e ottennero la gestione diretta del porto e delle vie di comunicazione con l'Austria (infatti, non essendo ancora a conoscenza del suicidio di Hitler, gli angloamericani stavano preparando il passo ad un'invasione dell'Austria e quindi della Germania).

    L'esercito jugoslavo assunse i pieni poteri. Nominò un Commissario Politico, Franc Štoka, membro del partito comunista. Il 4 maggio vennero emanati dall'autorità jugoslava a Trieste, il Comando Città di Trieste (Komanda Mesta Trst) gli ordini 1, 2, 3 e 4 che proclamano lo stato di guerra, impongono il coprifuoco (a combattimenti terminati) e uniformano il fuso orario triestino a quello jugoslavo. Limitarono la circolazione dei veicoli e prelevarono dalle proprie case centinaia di cittadini, sospettati di nutrire scarse simpatie nei confronti della ideologia che guidava le brigate jugoslave. Fra questi non vi furono solo fascisti o collaborazionisti, ma anche combattenti della Guerra di Liberazione che vennero deportati massa in campi di concentramento quali quello di Borovnica o di Goli Otok da cui non fecero più ritorno o uccidendoli direttamente gettandoli nelle foibe. A Basovizza, frazione del comune di Trieste, nel maggio del 1945 venne occultato all'interno del pozzo (Foiba di Basovizza) un numero imprecisato di cadaveri di prigionieri, militari e civili trucidati dall'esercito e dai partigiani jugoslavi (il Presidente Oscar Luigi Scalfaro ha dichiarato la Foiba di Basovizza monumento nazionale con decreto del 11 settembre 1992). Un memorandum statunitense dell'8 maggio recitava:

    « A Trieste gli jugoslavi stanno usando tutte le familiari tattiche di terrore. Ogni italiano di una qualche importanza viene arrestato. Gli Jugoslavi hanno assunto un controllo completo e stanno attuando la coscrizione degli italiani per il lavoro forzato, rilevando le banche e altre proprietà di valore e requisendo cereali e altre vettovaglie in grande quantità. »
    (Il memorandum stilato dal Dipartimento di Stato USA in data 8 maggio 1945)

    L'otto maggio proclamarono Trieste città autonoma in seno alla Repubblica Federativa di Jugoslavia. Sugli edifici pubblici fecero sventolare la bandiera Jugoslava affiancata dal Tricolore italiano con la stella rossa al centro. La città visse momenti difficili, di gran timore, con le persone dibattute tra idee profondamente diverse: l'annessione alla Jugoslavia o il ritorno all'Italia. In questo clima si verificarono confische, requisizioni e arresti sommari. Vi furono anche casi di vendette personali, in una popolazione esasperata dagli eventi bellici e dalle contrapposizioni del periodo fascista. Invano i triestini sollecitarono l'intervento degli Alleati. Il comando alleato e quello jugoslavo raggiunsero infine un accordo provvisorio sull'occupazione di Trieste. Il 9 giugno 1945 a Belgrado, Josip Broz Tito, verificato che Stalin non era disposto a sostenerlo, concluse l'accordo con il generale Alexander che portò le truppe jugoslave a ritirarsi dietro la linea Morgan. Gli alleati assunsero allora il controllo della Città e del suo hinterland.

    Dal Governo Militare Alleato ai giorni nostri

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    Territorio Libero di Trieste
    Con il Trattato di Parigi (1947), Trieste divenne una città stato indipendente sotto la protezione delle Nazioni Unite con il nome di Territorio libero di Trieste (TLT). Il territorio fu diviso in due zone amministrative: la Zona A che includeva la città di Trieste veniva temporaneamente amministrata dagli Angloamericani e la Zona B che comprendeva la costa istriana settentrionale, temporaneamente amministrata dall'esercito jugoslavo.
    Con il Memorandum di Londra (1954) l'amministrazione della Zona A fu restituita all'Italia in sostituzione degli eserciti angloamericani. Contestualmente, l'amministrazione militare jugoslava sulla Zona B si trasformava in amministrazione civile, diventando di fatto parte integrante della ex Jugoslavia.
    Con legge costituzionale del 31 gennaio 1963 ed entrata in vigore il 16 febbraio 1963 viene formata la regione Friuli Venezia Giulia di cui Trieste diviene capoluogo.
    Nel 1975, con la sottoscrizione del Trattato di Osimo, l'Italia e la Jugoslavia convennero di dare forma definitiva alla divisione del TLT: dopo alcune minime modifiche, venne così sancita la sovranità italiana e jugoslava sulle zone da esse ricevute in amministrazione civile col memorandum del 1954.
    Nel 2004, assieme ad altri Paesi, la Slovenia entra a far parte dell'Unione europea e solo 3 anni più tardi la vicina Repubblica aderisce al trattato di Schengen, facendo venir meno la figura di Trieste quale città di confine.


    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture civili
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    Piazza Unità d'Italia

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    • Palazzo del Municipio

    • Palazzo delle Poste (1890-1894)
    • Palazzo Leo (1745)
    • Palazzo del Municipio (1875)
    • Ospedale militare (1863)
    • Palazzo Modello (1870)
    • Palazzo Carciotti (1798)
    • Palazzo Marenzi (1650)
    • Palazzo Vivante
    • Palazzo del Tergesteo (1840-1842)
    • Palazzo del Lloyd (1880-1883)
    • Palazzo del Governo (1904)
    • Stazione marittima (1930)
    • Arsenale del Lloyd (1853)
    • Palazzo Aedes
    • Palazzo Gopcevich
    • Casa Bartoli
    • Piazza Unità d'Italia
    • Piazza della Borsa
    • Canal Grande
    • Caffè San Marco, locale storico ritrovo di molti celebri intellettuali europei.
    • Gallerie antiaeree Kleine Berlin
    • Trenovia di Opicina (Tram de Opcina) storica tranvia inaugurata nel 1902.
    • Cimitero austro-ungarico
    • Borgo Teresiano
    • Villa Engelmann
    • Villa Sigmundt


    Fari
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    Castello di Miramare
    • Lanterna (1833)
    • Faro della Vittoria (1927)


    Castelli
    • Castello di Miramare (1856-1860)
    • Castello di San Giusto (dal 1368 al 1630)


    Siti archeologici
    • Basilica Forense (II secolo d.C.)
    • Castelliere - Cattinara
    • Acquedotto romano - Val Rosandra
    • Foro romano - San Giusto
    • Resti templi romani ad Atena e a Giove - San Giusto
    • Teatro romano (I secolo a.C.)
    • Torre difensiva mura romane (adiacenze scalinata S. M. Maggiore)
    • Resti abitazioni romane (comprensorio Cittavecchia)
    • Arco di Riccardo (33 a.C.)
    • Antiquarium di via Donota
    • Antiquarium di Borgo San Sergio
    • Basilica Paleocrist


    Architetture religiose

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    Cattedrale di San Giusto

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    La chiesa di Sant'Antonio
    nel borgo Teresiano
    Cattedrale di San Giusto (1304)
    Chiesa serbo-ortodossa della Santissima Trinità e di San Spiridione (1869)
    Chiesa Beata Vergine del Soccorso (1200)
    Chiesa Beata Vergine del Rosario (1631)
    Chiesa di San Nicolò dei Greci (1787)
    Tempio ebraico - Sinagoga (1912)
    Chiesa di Santa Maria Maggiore (1682)
    Chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo (1842)
    Chiesa di Sant'Apollinare (1857), con gli affreschi del pittore forlivese Pompeo Randi
    Chiesa evangelica luterana di Confessione Augustana 1870
    Basilica di San Silvestro, luogo di culto delle comunità elvetica e valdese (XI secolo)
    Chiesa evangelica Metodista
    Chiesa anglicana di Cristo (1829)
    Tempio a Maria Madre e Regina di Montegrisa (1966)


    Aree naturali
    • Parco della Rimembranza sul colle di San Giusto
    • Riserva naturale marina di Miramare


    Musei

    Musei civici

    Trieste accoglie 32 musei fra i quali troviamo il "Museo Revoltella - Galleria d'arte moderna", i "Civici musei di storia ed arte", una rete ("museo multiplo") di undici istituzioni museali triestine (Museo di storia ed arte e orto lapidario", Museo del Castello e Armeria", Lapidario tergestino, Museo d'arte orientale, Museo teatrale "Carlo Schmidl", Museo di guerra per la pace "Diego de Henriquez" Museo della Risiera di San Sabba, Museo di storia patria, Museo Morpurgo de Nilma, Museo Sartorio, Museo del Risorgimento e Sacrario Oberdan e Museo postale e telegrafico della Mitteleuropa (in collaborazione con le Poste italiane) e i "Civici musei scientifici", costituiti da quattro istituzioni (Museo civico di storia naturale, Acquario marino, Museo del mare e Orto botanico). Altri tre musei fanno parte del "Servizio bibliotecario urbano" (Museo Sveviano, Museo petrarchesco piccolomineo e Museo Joyce Museum), a cui si aggiungono due biblioteche (Biblioteca civica "Attilio Hortis"" e Biblioteca comunale del popolo "Pier Antonio Quarantotti Gambini", l'Archivio diplomatico e l'Archivio storico).
    Lo stadio Nereo Rocco, inaugurato nel 1992, ospita infine una serie di opere d'arte contemporanea, vincitrici di un apposito concorso (Nike, di Paolo Borghi primo classificato, ed opere di Nino Perizi, Marino Cassetti e Franco Chersicola, Livio Schiozzi, Claudio Sivini, Carlo Ciussi, Luciano Del Zotto, Gianni Borta, Enzo Mari e Francesco Scarpabolla. Per il "Polo natatorio" Davide Rivalta ha scolpito l'Ippopotamo in equilibrio sulla sfera.


    Musei artistici

    • Museo Revoltella - Galleria d'arte moderna, fondato nel 1872 con lascito testamentario di Pasquale Revoltella (1795-1869) e ospitato inizialmente nel Palazzo Revoltella (1852-1858, architetto Friedrich Hitzig), fu ampliato nel 1907 con l'acquisto dell'attiguo palazzo Brunner (ristrutturato nel 1968 su progetto di Carlo Scarpa, con interventi fino al 1991). Conserva una pinacoteca con ampia raccolta di opere delle principali correnti pittoriche ottocentesche, in seguito ingrandita con opere novecentesche, nella sede di palazzo Brunner, mentre il palazzo Revoltella è stato allestito con gli arredi originali e la collezione raccolta dal donatore.
    • Civico museo di storia ed arte, nato nel 1843 come orto lapidario attorno al cenotafio di Johann Joachim Winckelmann, mentre il Museo di antichità presso la Biblioteca civica, conservava i materiali di minori dimensioni. Le due sedi furono riunificate nel 1925 sul colle di San Giusto. Raccoglie oggetti archeologici prevalentemente di origine locale.
    • Civico Museo d'arte orientale, inaugurato nel 2001 nel settecentesco "Palazzetto Leo", donato alla città dalla famiglia. Raccoglie materiali riguardanti oggetti provenienti dall'Estremo Oriente.
    • Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl, inaugurato nel 1924 dall'editore musicale Carlo Schmidl (1859-1943), fu inizialmente ospitato nello storico "Teatro Verdi". Nel 1991 fu spostato a Palazzo Morpurgo e quindi nella sede di Palazzo Gopcevic (1850, architetto Giovanni Andrea Berlam). Documenta la vita teatrale e musicale della città a partire dal XVIII secolo.


    Musei storici

    • Civico Museo del Castello e Armeria, dedicato alla storia del Castello di San Giusto e ospitato nei locali dello stesso castello, acquisito dal comune nel 1932 e restaurato nel 1936 l'armeria raccoglie armi tra il XII e il XIX secolo.
    • Civico Museo di storia patria, nato come sezione del Museo di storia ed arte, fu ospitato dal 1925 nella palazzina Basevi. Doveva raccogliere i materiali della vita pubblica e privata della città, ma se ne distaccarono nel 1934 i materiali risorgimentali e nel dopoguerra, in seguito ai danni subiti dalla palazzina e lo spostamento alla sede attuale, la collezione di dipinti fu distaccata presso il Museo Sartorio.
    • Civico Museo del Risorgimento e Sacrario Oberdan, raccoglie cimeli rinascimentali cittadini, precedentemente parte della raccolta del Museo di storia patria, ospitati in un edificio costruito nel 1934 dall'architetto Umberto Nordio sul luogo della scomparsa caserma nella quale era stato giustiziato Guglielmo Oberdan, nella piazza omonima.
    • Civico Museo della Risiera di San Sabba, conserva, in alcune sale del monumento, ristrutturato nel 1965 (architetto Romano Boico), una raccolta di cimeli provenienti dai campi di sterminio tedeschi e oggetti sottratti dai nazisti agli ebrei triestini.
    • Civico Museo di guerra per la pace "Diego de Henriquez", istituito nel 1997, raccoglie cimeli di storia militare riuniti dal collezionista Diego de Henriquez.
    • Lapidario Tergestino, ospitato in uno dei bastioni del Castello, custodisce reperti provenienti dagli edifici della Trieste romana e precedentemente custoditi nell'Orto lapidario.
    • Museo Postale e Telegrafico della Mitteleuropa, nato dalla collaborazione del Comune con le Poste italiane e ospitato nel palazzo delle Poste del 1894, raccoglie cimeli postali della regione e delle zone limitrofe.
    • Museo Etnografico di Servola, sorto nel 1975, per iniziativa di don Dušan Jakomin, con lo scopo di raccogliere, conservare, esporre e mettere a disposizione di studiosi e di quanti siano interessati, documenti e oggetti legati alla storia, alla cultura e al costume del rione di Servola.


    Musei scientifici

    • Science centre immaginario scientifico. Situato nella splendida baia di Grignano, a ridosso del Parco di Miramare di Trieste, il Science Centre Immaginario Scientifico (IS) è un museo della scienza interattivo e multimediale. Il centro adotta originali tecniche espositive e innovative metodologie di animazione didattica che lo inseriscono nella tipologia dei cosiddetti “musei di nuova generazione” – ovvero i “science centre” di scuola anglosassone – che rivoluzionano le modalità tipiche di un museo tradizionale: da luogo deputato alla conservazione ed esposizione di reperti e vecchi strumenti, il museo si trasforma in un luogo vivo, dove il visitatore interagisce con gli oggetti presenti e con gli ambienti museali.

    Il dinosauro “Antonio”

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    Tethyshadros insularis
    In alcuni periodi dell’anno a Duino, presso il sito paleontologico in cui sono stati rinvenuti i suoi resti fossili, viene esposta al pubblico la copia del tetisadro, soprannominato amichevolmente Antonio, i suoi resti fossili originali sono conservati presso il Museo Civico di Storia Naturale a Trieste
    • Civico Museo di storia naturale, inaugurato nel 1846 da un'associazione privata (la "Società di amici della scienza naturale") come "Gabinetto zoologico-zootomico", venne donato alla città nel 1852 e si trasferì nella sede attuale con il nome di "Civico museo Ferdinando Massimiliano". Comprende una sezione botanica, una sezione zoologica, una sezione paleontologica e una mineralogica e svolge attività didattica e di ricerca.
    • Civico Acquario Marino, inaugurato nel 1933 ed ospitato nell'ex "Peschiera Centrale", edificata nel 1913 in stile liberty dall'architetto Giorgio Polli. Ospita esemplari della fauna marina adriatica in un sistema di vasche con acqua prelevata direttamente dal mare.
    • Civico Museo del mare, inaugurato nel 1904 come "Museo della pesca" dalla "Società di pesca e piscicultura marina". A questo si aggiunsero materiali provenienti dall'Istituto nautico "Tomaso di Savoia Duca di Genova" di Trieste, con la trasformazione in "Esposizione marina permanente", affidato alla "Società adriatica di scienze naturali". Nel 1968 divenne il museo attuale con la nuova sede allestita dall'architetto Umberto Nordio. Ospita i materiali sulla storia della marineria triestina.
    • Orto Botanico, fondato nel 1842 dal "Gremio farmaceutico", a cui seguì nel 1861 un giardino per le specie spontanee dell'ambiente carsico. Nel 1903 ricevette il nome attuale.


    Musei letterari
    • Museo Joyce Museum, nato nel 2004 dalla collaborazione tra Comune e Università, come centro di documentazione e studio di James Joyce in Italia.
    • Museo sveviano, ospitato a palazzo Biserini presso la Biblioteca civica, centro di documentazione e di studio su Italo Svevo (pseudonimo dell'industriale triestino Ettore Schmitz).
    • Museo petrarchesco piccolomineo, aperto nel 2003 per l'esposizione delle opere di Francesco Petrarca ed Enea Silvio Piccolomini conservate nella Biblioteca Hortis.


    Dimore storiche

    Civico museo Sartorio, ospitato in una villa settecentesca, ristrutturata nell'Ottocento e appartenente alla famiglia Sartorio. Conserva alcuni ambienti con arredi originali e diverse collezioni donate alla città, il Trittico di Santa Chiara, opera di Paolo e Marco Veneziano del 1328 e disegni di Giambattista Tiepolo.
    Civico Museo Morpurgo de Nilma, ospitato nell'appartamento ottocentesco dei banchieri Morpurgo, con gli arredi originali, donato dalla famiglia al Comune nel 1943.


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    Museo ferroviario
    Altri musei
    • Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata
    • Museo della Bora
    • Museo della comunità ebraica
    • Museo della Fondazione Giuseppe Scaramangà di Altomonte
    • Galleria Nazionale d'Arte Antica
    • Museo Nazionale dell'Antartide
    • Museo ferroviario
    • Museo etnografico di Servola
    • Museo speleologico "Speleovivarium"
    • Museo della Farmacia "Picciola"
    • Museo Commerciale
    • Antiquarium di Borgo San Sergio
    • Donazione Sambo


    Teatro
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    Politeama Rossetti

    Questi sono i principali teatri di Trieste:
    • Teatro Rossetti - Stabile del Friuli Venezia Giulia
    • Teatro Comunale Giuseppe Verdi
    • Teatro Sala Tripcovich
    • Teatro Orazio Bobbio (ex Contrada)
    • Teatro Miela Reina
    • Teatro dei Fabbri
    • Teatro Franco e Franca Basaglia
    • Teatro la Barcaccia
    • Teatro Silvio Pellico
    • Teatro Stabile Sloveno - Slovensko Stalno Gledališče
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    Pordenone

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    - Info -

    Pordenone (IPA: [pordeˈnone], Pordenon in dialetto pordenonese della lingua veneta, in friulano standard ed in friulano occidentale) è un comune italiano di 52.008 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia nel Friuli-Venezia Giulia, è la principale città del Friuli occidentale o Destra Tagliamento.

    Geografia fisica

    La città si trova presso la confluenza del Noncello nel Meduna (quest'ultimo principale affluente del Livenza).

    Storia

    In epoca romana il nucleo urbano si situava nell'alto corso del fiume Noncello, pressappoco nel luogo dove oggi sorge la frazione di Torre, come dimostrato dal ritrovamento dei resti di una villa romana (chiamata così tradizionalmente ed erroneamente, poiché dalle ultime indagini archeologiche pare fosse un sito di lavorazione e stoccaggio di prodotti agricoli e merci). Il luogo venne scelto probabilmente per la presenza più a nord di un ampio guado fluviale, raggiungibile facilmente a piedi dalla "villa", presso la quale probabilmente esisteva anche un piccolo porto fluviale.

    Con l'inizio del periodo alto-medievale (dal VI secolo) le vie fluviali assunsero maggiore importanza e il nucleo della città si spostò, di conseguenza, verso valle, in una posizione che permettesse l'approdo di barche di stazza maggiore. La città si sviluppò quindi sulla sponda destra del fiume Noncello, presso una insenatura che approfittava di una motta (collinetta, terrapieno) circondata ad ovest dalla roggia Codafora e a nord-est da quella dei Molini. La sua vocazione portuale si evidenziava anche nel nome Portus Naonis (in latino "porto del [fiume] Naone [Noncello]")
    Tutto il periodo che va dall'epoca romana fino a circa il X secolo è, comunque, poco documentato. Recenti ritrovamenti nell'area del duomo di San Marco, e in particolare nell'area antistante il municipio e sotto il Palazzo Ricchieri, mostrano che Pordenone era abitata, all'incirca sotto il regno di Berengario, da popolazioni provenienti dalla Carinzia, che all'epoca era di cultura slava (Carantani).
    Successivamente durante l'XI e il XII secolo, la curtis (corte) fu nelle mani dei duchi e marchesi di Austria, Carinzia e Stiria. Juan Carlos I di Spagna si fregia tutt'oggi del titolo di signore di Pordenone, duca di Carinzia e Stiria. Il castello di Torre ed il piccolo territorio circostante, dopo le incursioni di Gregorio da Montelongo, erano invece divenuti proprietà dei patriarchi di Aquileia, che successivamente li avrebbero concessi in feudo ai nobili di Prata e poi permutati con i signori di Ragogna. Il villaggio di Vallenoncello apparteneva al vescovo di Salisburgo.
    Tra il XIII e XIV secolo la frammentazione politica della zona si accentuò ulteriormente perché Corva (attuale frazione di Azzano Decimo) venne data ai di Prata che acquisiranno anche alcune parti di Fiume Veneto.
    Nel 1282 Pordenone divenne patrimonio personale dei Casa d'Austria, rappresentando de facto un'enclave dell'Arciducato d'Austria nel territorio del Patriarcato di Aquileia.Il 23 agosto 1318 un furioso incendio distrusse le case di legno della città. Nel 1347 fu inaugurato il campanile, edificato accanto al duomo di San Marco. La città subì - come quasi tutte le città del tempo - anche molte pestilenze ed epidemie (nel 1444, 1485, 1527, 1556 e 1576), la peggiore delle quali avvenne nel 1630, quando morì quasi la metà della popolazione. Nel XIV secolo l'insediamento di Pordenone si ingrandì notevolmente grazie ai fiorenti traffici commerciali fluviali e nel 1314 le venne conferito lo status di città.
    Il 20 aprile 1508 il capitano Bartolomeo d'Alviano entrava in Pordenone, togliendola agli Asburgo per conto della Repubblica di Venezia. Venezia mantenne la città solo per un biennio poiché nel 1509 perse nuovamente Pordenone. Tuttavia nel 1514 lo stesso Bartolomeo d'Alviano la riportò definitivamente sotto il controllo della Serenissima. Venezia non governò direttamente la città, preferendo darla in feudo a Bartolomeo d'Alviano, che la resse a signoria. Alla sua morte, avvenuta nel 1515, gli succedette la consorte Pantasilea Baglioni, e quindi il figlio Livio (notevole il suo presunto ritratto ad opera del Pordenone nel duomo della città), morto in battaglia nel 1537.
    In quell'anno Pordenone e i territori limitrofi passarono sotto il diretto controllo della Repubblica di Venezia e vi rimasero per più di due secoli e mezzo. La Serenissima mantenne gli statuti della città e ne riconobbe i privilegi già acquisiti durante la signoria degli Asburgo; provvide inoltre a riattivare l'economia pordenonese realizzando un nuovo porto e potenziando le attività manifatturiere.
    Equidistante da Trieste e Venezia (posizione che gli conferisce un ruolo di un certo risalto in ambito economico e culturale), Pordenone nel secolo 1700-1800 trovò un perfetto equilibrio fra una cultura conservatrice tradizionale di impianto veneto ed un soffio innovatore arrivato dal mondo francese e da quello austro-ungarico: il fronte dei conservatori, pur ammiccando al progresso di altre Nazioni, manteneva uno stretto rapporto sociale e culturale con Venezia ed il mondo della tradizione tramandato, mentre dal lato opposto i progressisti cercavano di staccarsi dal passato per abbracciare le nuove idee arrivate in particolare con la campagna napoleonica del 1797.
    Con la caduta di Venezia Pordenone subì un primo ritorno all'Austria, seguito dalla parentesi napoleonica. Con la caduta di Bonaparte e il Congresso di Vienna, fu aggregata con il resto del Friuli e del Veneto al Regno Lombardo-Veneto. Con la realizzazione della strada Pontebbana e della linea ferroviaria (1855) decadde il ruolo del porto e del percorso fluviale, ma iniziò ad affermarsi con decisione l'industria. A partire dagli anni 1840 erano sorti numerosi cotonifici che affiancarono le già numerose cartiere e la fabbrica della Ceramica Galvani. Dopo l'annessione al Regno d'Italia, avvenuta nel 1866, l'introduzione dell'energia elettrica nel 1888 consentì la modernizzazione degli impianti e un incremento nella produzione industriale.
    Le distruzioni arrecate dalla Prima guerra mondiale e la crisi del 1929 trascinarono il settore cotoniero in un lento declino da cui non si sarebbe più ripreso. Dopo la Seconda guerra mondiale la Rex, ora facente parte della multinazionale svedese Electrolux, che sino ad allora era una piccola azienda di produzione di cucine economiche con alimentazione a legna o gas, divenne un colosso europeo nel campo degli elettrodomestici, arrivando a occupare molti degli abitanti della città.
    Nel 1968 Pordenone diventò capoluogo di provincia. Sino ad allora il territorio della cosiddetta destra Tagliamento faceva parte della provincia di Udine. Dal 1974 è anche sede vescovile della diocesi di Concordia-Pordenone. Già dal 1919 a Pordenone era ubicato il seminario vescovile, con la scuola di teologia. Recentemente la città è divenuta sede di un consorzio universitario che ospita corsi universitari organizzati dall'Università di Udine, dall'Università di Trieste e dall'ISIA di Roma. Inoltre dal 2002 è attivo il polo tecnologico per promuovere la cultura dell'innovazione nelle imprese del territorio.


    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture religiose

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    Il campanile del Duomo
    • Duomo concattedrale di S. Marco, edificato a partire dal XIII secolo in stile romanico-gotico e rimaneggiato successivamente nel XVI e XVIII secolo. Contiene la pala d'altare denominata Madonna della Misericordia di Giovanni Antonio de' Sacchis detto "il Pordenone" e dello stesso l'affresco di San Rocco, oltre a numerose altre opere che ne impreziosiscono l'interno.
    • Campanile del Duomo, terminato nel 1374, successivamente, durante il XVII secolo, vi fu aggiunta una cuspide che lo portò a raggiungere un'altezza di circa 79 metri.
    • Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta del Cristo. Fu edificata nel 1309. Più volte restaurata, conserva all'interno un pregevole ciclo di affreschi trecenteschi, una Santa Barbara di Gianfrancesco da Tolmezzo (XV secolo) e un portale in marmo del Pilacorte (1510).
    • Chiesa della Santissima Trinità, lungo il fiume Noncello, di forma ottagonale contiene affreschi cinquecenteschi di Giovanni Maria Calderari, allievo del Pordenone.
    • Chiesa parrocchiale di San Giorgio. Chiesa neoclassica, dal caratteristico campanile ottocentesco, colonna di stile dorico dell'architetto Giovanni Battista Bassi. Sopra la chiesa l'imponente statua raffigurante San Giorgio restaurata dallo scultore pordenonese Pierino Sam.
    • Santuario della Beata Vergine delle Grazie. Chiesa di stile neogotico, edificata in sostituzione di altra preesistente del XVII secolo, costruita tra il 1899 e il 1921.
    • Chiesa parrocchiale dei Santi Ilario e Taziano, nella frazione di Torre, conserva una Madonna con Bambino e Santi di Giovanni Antonio de' Sacchis detto il Pordenone, del 1521. Donato Casella nel 1532 scolpì un'acquasantiera. Sul sagrato antistante è posto il busto in bronzo di don Lozer, eseguito dallo scultore pordenonese Pierino Sam.
    • La chiesa parrocchiale di Vallenoncello è dedicata a S. Ruperto, un santo tedesco pressoché sconosciuto fra noi, vissuto al tempo del re dei Franchi Ildeberto, evangelizzatore della Baviera e dell'Illirico. Risale al XIV secolo, in essa si conserva una pala de Il Pordenone e un’opera del Calderari. All'esterno è visibile la pregiata opera scultorea in bronzo di Pierino Sam dedicata agli alpini che si sorreggono in reciproco soccorso e partecipazione emotiva.
    • Chiesa della " Sacra Famiglia", viale Cossetti, XX. secolo, in stile architettonico moderno con le vetrate eseguite su progetto dello scultore pordenonese Pierino Sam (1921-2010), dello stesso autore il crocifisso in bronzo sul portale di ingresso.
    • Chiesa di San Leonardo in Silvis, risalente al XV secolo, si erge su un breve spiazzo erboso nella Valle del Romito della frazione di Vallenoncello.
    • Chiesetta del Corpus Domini, risalente al XIV secolo, in essa si conservano affreschi ritenuti opere del Brunello e dal Furlan attribuiti al Pordenone (Giovanni Antonio de' Sacchis detto il Pordenone).
    • Chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire, nella frazione di Roraigrande, conserva il fonte battesimale frutto della collaborazione dello scultore rinascimentale Donato Casella col figlio Alvise.
    Chiesa parrocchiale del Beato Odorico, costruita su progetto dell'architetto Mario Botta nel 1990-1992.
    • Chiesa di S. Ulderico, situata a Villanova Vecchia. Contiene affreschi di Giovanni Antonio de' Sacchis e l'acquasantiera e il battistero sono di Giovanni Antonio Pilacorte.Sul sagrato antistante è posta la statua in bronzo raffigurante il Beato Odorico da Pordenone,il frate francescano Mattiuzzi originario di Villanova, opera scultorea di Pierino Sam.
    • Seminario, qui è conservata la statua di San Nicolò dello scultore rinascimentale Donato Casella di Carona già sull'altare della chiesa parrocchiale di Castelnovo del Friuli.


    Architetture civili

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    Palazzo comunale

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    Palazzo Ricchieri
    • Palazzo Comunale, costruito in stile gotico tra il 1291 e il 1395, i pinnacoli e la torre dell'orologio furono aggiunti nel XVI secolo su progetto del pittore Pomponio Amalteo.
    • Palazzo Ricchieri, originariamente una casa-torre a difesa del nucleo cittadino edificata nel XIII secolo fu adattata durante il periodo veneziano in palazzo dalla famiglia Ricchieri. È ora sede del Museo Civico d'Arte.
    • Ex Convento dei domenicani, edificio neoclassicheggiante ultimato nel 1722 dopo 31 anni di lavori. Un tempo era addossato alla chiesa del Rosario, oggi scomparsa. L'edificio fu in seguito acquistato dalle monache agostiniane e ha subito numerose altre destinazioni. Dal 2010 è sede della Biblioteca Civica Multimediale.
    • Ex Convento e chiesa di san Francesco, acquistato in epoca recente dal Comune, l'edificio è stato restaurato e adibito a usi artistico-culturali. Fondato nel 1419, il convento con chiesa di san Francesco fu soppresso nel 1774. L'interno conserva tracce di affreschi quattrocenteschi e un chiostro dipinto. Accanto all'ingresso l'immagine scolpita del Santo Francesco che in umile posa indica le colombe, opera dello scultore pordenonese Pierino Sam.
    • Castello di Torre, sorto alla fine del XII secolo, residenza della famiglia dei signori di Ragogna, dopo l'assalto del 1402 da parte del capitano austriaco a Pordenone Mordax fu ricostruito e in parte trasformato in dimora signorile. È sede del Museo Archeologico del Friuli Occidentale.
    • Villa romana di Torre, non lontana dal Castello di Torre, fu scoperta negli anni cinquanta dal conte Giuseppe di Ragogna; i reperti e gli affreschi rinvenuti sono ospitati nel museo nel Castello. Inizialmente si pensò fossero i resti di una ricca residenza di campagna (da cui la denominazione "villa"); in seguito ad altre indagini (che comunque non escludono la possibilità che fungesse anche da residenza) si è più propensi a concludere che la villa fosse in realtà un sito, posto vicino al primo, piccolo, porto fluviale sul Noncello, per la lavorazione e lo stoccaggio di merci e prodotti agricoli che poi tramite vie fluviali e di terra sarebbero andate rispettivamente verso il mare e verso l'entroterra, a nord-est.
    • Piazzetta Calderari, situata dietro il municipio, luogo di interessanti incontri culturali, circondata da alcuni pregevoli edifici moderni, da altri antichi ristrutturati e da una zona verde digradante verso il canale con l'antico enorme albero, accanto a questo la statua in bronzo del cavallino rampante eseguito da Pierino Sam, l'arco d'ingresso a uffici comunali e all'istituto magistrale Vendramini.


    Musei

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    Corso Vittorio Emanuele II

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    Piazza XX Settembre
    Museo diocesano d'arte sacra - Diocesi di Concordia-Pordenone
    Situato nel Centro Attività Pastorali, progettato dall'architetto Othmar Barth (1988), conserva dal 1991 un notevole patrimonio artistico proveniente da chiese ed edifici religiosi della Diocesi Concordia-Pordenone. Di particolare interesse le opere di Gianfrancesco da Tolmezzo, Alvise Casella, Pomponio Amalteo e Giovanni Martini.

    Museo Civico d'Arte
    Il museo ha sede nell'antico Palazzo Ricchieri ed è luogo importante per la conoscenza della produzione artistica veneto friulana. In esso sono custodite opere di vari pittori, quali Pordenone, P. Amalteo, Varotari, P. della Vecchia, O. Politi e M. Grigoletti.

    Museo Civico di Storia naturale Silvia Zenari
    Intitolato alla naturalista Silvia Zenari ospita, nelle stanze del cinquecentesco Palazzo Amalteo, la più importante raccolta di minerali dell'Alpe Adria e collezioni di vertebrati, insetti e altre.

    Museo Archeologico del Friuli occidentale
    Il museo, allestito dal 2006 nell'antico castello di Torre, ultima residenza del conte Giuseppe di Ragogna, illustra il patrimonio archeologico della provincia di Pordenone. Di particolare rilevanza sono i reperti provenienti dalle Grotte di Pradis e dal sito palafitticolo Palù di Livenza. Pregevoli i lacerti di affreschi della Villa romana di Torre.

    Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea "Armando Pizzinato"
    La struttura museale ha sede nel Parco cittadino , un tempo proprietà dell'industriale Galvani. Nelle sue sale ospita dipinti di Mario Sironi, Renato Guttuso, Corrado Cagli, Alberto Savinio, Filippo de Pisis, G. Zigaina, A. Pizzinato e numerosi altri. Il museo, inaugurato il 13 novembre del 2010, "si impone come una delle strutture culturali di riferimento per tutto il Nordest"

    Science Centre Immaginario Scientifico
    Sede distaccata del Science centre immaginario scientifico di Trieste.

    Galleria d'arte Sagittaria - Centro Culturale Casa Antonio Zanussi
    Fondata nel 1965 custodisce oper di importanti artisti della produzione veneto friulana del Novecento, nonché opere di artisti di fama internazionale come Carlo Carrà e Dino e Mirko Basaldella.

    Eventi
    A Pordenone si susseguono nel corso dell'anno numerosi eventi. Qui sotto i più rilevanti :
    • Falò di Epifania
    • Dedica Festival: si tratta di un festival letterario internazionale monografico. Ogni anno infatti è ospite della manifestazione un unico scrittore al quale vengono per l'appunto "dedicate" due settimane all'interno delle quali le sue opere vengono presentate, discusse con il pubblico, rappresentate attraverso letture sceniche, mostre, film e concerti. Ospiti di Dedica Festival sono stati tra gli altri: Javier Cercas, Wole Soyinka (premio Nobel per la letteratura nel 1986), Paul Auster, Nadine Gordimer (premio Nobel per la letteratura nel 1991), Amos Oz, Anita Desai, Paco Ignacio Taibo II, Claudio Magris, Dacia Maraini. Il Festival si svolge normalmente nel mese di marzo ed è organizzato dall'associazione culturale Thesis.
    • Processo e rogo della vecia, nel giovedì di mezza Quaresima il fantoccio della vecchia, simbolo di tutti i mali dell'anno passato,, viene portato in processione ed infine processato e bruciato.
    Festival dei Giardini, giunto nel 2015 alla quarta edizione, è "l'evento più atteso" della manifestazione fieristica chiamata "Ortogiardino".
    • Festival dell'Inchiesta - LE VOCI DELL'INCHIESTA, promosso dall'associazione culturale Cinemazero e dall'Università degli Studi di Udine.
    • Pordenone Guitar Festival, il Festival Chitarristico Internazionale del Friuli Venezia Giulia, organizzato dall'associazione culturale Farandola.
    • Rally della Stampa Evento turistico-culturale-sportivo alla scoperta delle località, dei monumenti e degli avvenimenti caratteristici della provincia di Pordenone. Ideato e attuato per la prima volta nel 1967 dal Circolo della Stampa di Pordenone. Cadenza annuale in data 1° maggio.
    • Naoniscon, evento al quale partecipa Pordenone Comics, manifestazione che si tiene annualmente dal 2004, nel mese di maggio, nella fiera della città. Qui "giochi di ruolo, di simulazione, di società e di carte"
    intrattengono e divertono i visitatori.
    • PordenonePensa "rassegna di idee e di eventi", che si svolge nella città ed in altre località vicine.
    • Festival Internazionale Musica Sacra (fine ottobre - aprile), giunto nel 2015 alla ventitreesima edizione, porta in città "musicisti, artisti e critici d'arte, studiosi di storia della chiesa e della musica".
    • Festival Arlecchino Errante.
    • FMK International Short Film Festival, rassegna internazionale di cortometraggi.
    • SICAM Pordenone: si svolge dal 2009 nel mese di ottobre, (meglio conosciuto come Salone Internazionale dei Componenti ed Accessori per l'Industria del Mobile), la manifestazione leader in Italia per il settore dei componenti e dei semilavorati per il mobile, nel cuore di un distretto nel quale viene prodotto oltre il 40 per cento del mobile italiano. Ogni anno circa 20.000 visitatori professionali provenienti da circa 90 paesi visitano questa manifestazione.
    • Giornate del Cinema Muto: dal 1981 al 1998, nel mese di ottobre, si svolge il Pordenone Silent Film Festival (meglio conosciuto come Le Giornate del Cinema Muto), una rassegna cinematografica specialistica dedicata al cinema muto che acquisisce nel tempo una rilevanza mondiale in questo settore. Dal 1999 al 2006 il festival è stato trasferito a Sacile, a causa della ricostruzione (completata nel maggio 2005) del teatro Verdi, il teatro cittadino del capoluogo pordenonese. Nel 2007 è ritornato nella sede storica, ora rinnovata.
    • Pordenonelegge.it: dal 2000, nel mese di settembre, si svolge il festival letterario Pordenonelegge.it, una rassegna letteraria che ha acquisito nel tempo una rilevanza internazionale. All'edizione 2006 tra gli altri vi hanno partecipato: Margherita Hack (astrofisica), Mauro Corona (scrittore, alpinista, scultore), John Maxwell Coetzee (nobel per la letteratura), Alessandro Bergonzoni (attore, scrittore), Marco Paolini (attore), Magdi Allam (giornalista, scrittore). All'edizione 2007 tra gli altri vi hanno partecipato: Stefano Zecchi (filosofo e scrittore), Alberto Arbasino (scrittore), Aldo Busi (attore e scrittore), Milo De Angelis (poeta), Marco Travaglio (giornalista), Toni Capuozzo (giornalista), Joe Lansdale (scrittore), Dario Vergassola (comico), Zygmunt Bauman (sociologo e filosofo).
    • Festival Libreria Editrice Vaticana.
    • Maratonina Internazionale dei Borghi.
    • Premio "Bruno Cavallini", istituito nel 1996 dallo storico dell'arte italiano Vittorio Sgarbi.
    • Concorso giornalistico "Premio Simona Cigana". Nazionale, Annuale, Multimediale, Multilingue (italiano, friulano, sloveno, tedesco). Partecipanti: giornalisti pubblicisti e professionisti iscritti all'Ordine nazionale della Stampa. Soggetto: Friuli Venezia Giulia. Sezioni: Giornalismo d'inchiesta e Giornalismo sportivo. Promotore e organizzatore: Circolo della Stampa di Pordenone.
    • Pordenone Blues Festival, evento che combina la musica blues ad altre forme di espressione artistica. Si tiene tutti gli anni nell'ultima settimana di agosto.


    Persone legate a Pordenone
    • Gregorio da Montelongo (Ferentino, ca. 1200 – Cividale del Friuli, 1269), patriarca di Aquileia
    • Maria Teresa Albani, attrice
    • Tullio Avoledo (Valvasone 1957), scrittore
    • Pomponio Amalteo, pittore, intagliatore, architetto
    • Donato Casella, scultore rinascimentale di Carona
    • Giovanni Battista Cossetti, musicista, compositore
    • Giovanni Battista Bassi (Pordenone 1792 - Santa Margherita del Gruagno 1879), insegnante, matematico, architetto. Progettò, tra l'altro, il campanile di San Giorgio e il teatro Concordia a Pordenone, la casa Micoli-Toscano di Mione.
    • Francesco Boni De Nobili, scrittore e araldista
    • Giovanni Maria Zaffoni detto il Calderari (Pordenone circa 1500 - dopo il 1570), pittore. Allievo del Pordenone. Suoi lavori si trovano nelle chiese di San Marco (duomo) e della Santissima Trinità a Pordenone, a Montereale Valcellina e altrove.
    • Celso Benigno Luigi Costantini, cardinale
    • Carlo Domenico Cristofori, noto come Marco d'Aviano, presbitero, religioso e predicatore
    • Luigi De Paoli (Cordenons 1857 - Pordenone 1947), scultore, pittore, architetto. Sue opere in parecchie chiese del Friuli e nei musei di Londra, Pordenone e Udine. Fu presente all'Esposizione mondiale di Chicago (World Columbian Exposition) del 1893.
    • Michelangelo Grigoletti, pittore, litografo, insegnante
    • Stefano Lombardi, calciatore
    • Gasparo Narvesa (o Nervesa) (Pordenone 1558 - Spilimbergo 1639), pittore
    • Mal, cantante
    • Navarro (gruppo musicale)
    • Beato Odorico da Pordenone, frate francescano
    • I Papu, duo comico
    • Piero Pisenti, politico
    • Giovanni Antonio de' Sacchis, detto Il Pordenone, pittore
    • Prozac+ punk rock band nata nel 1995
    • Massimiliano Santarossa (Pordenone 1974), scrittore
    • Davide Toffolo, autore di fumetti e cantante del gruppo rock Tre Allegri Ragazzi Morti
    • Tre allegri ragazzi morti rock band nata nel 1994
    • Alessia Trost, saltatrice in alto nata nel 1993 campionessa mondiale under 18 di atletica leggera
    • Gian Mario Villalta (Visinale di Pasiano 1959), poeta, scrittore e organizzatore della manifestazione Pordenonelegge.it.
    • Giulio Locatelli, imprenditore
    • Pierantonio Locatelli, imprenditore
    • Luciano Savio, imprenditore
    • Lino Zanussi, imprenditore
    • Luciano Padovese, teologo morale
    • Teresina Degan, scrittrice
    • Guido Porro, insegnante
    • Silvia Zenari, naturalista
    • Napoleone Aprilis, ingegnere
    • Giacomo Ceconi, imprenditore
    • Aldo Modolo, insegnante
    • Sergio Zatti, poeta
    • Marco Cusin, cestista
    • Emanuele Barison, fumettista
    • Giulio De Vita, autore di fumetti
    • Leonardo Cominotto, pittore
    • Daniele Molmenti, canoista, campione del mondo K-1 2010 e medaglia d'oro ai Giochi Olimpici di Londra 2012
    • Giorgio Bordini, autore di fumetti
    • Mauro Corona scrittore, alpinista, scultore
    • Teho Teardo, compositore e musicista
    • Remo Anzovino, compositore e musicista
    • Luigi Molinis, designer e architetto
    • Reggie Jackson, cestista
    • Cesare Sciocchetti nuotatore
    • Francesca Salvalajo nuotatrice
    • Pierino Sam, scultore designer affreschista
    • Paolo Cossi, fumettista
    • Vincenzo Pinali, medico e insegnante italiano
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    Gorizia

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    - Info -

    Gorizia (IPA: [ɡoˈritʦja], pronuncia[?·info], Gurize in friulano standard, Guriza in friulano goriziano, Gorica in sloveno, Görz in tedesco) è un comune italiano di 35.803 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia nel Friuli Venezia Giulia.

    La città è punto focale di congiunzione fra il mondo latino, slavo e germanico. La componente italiana si articola in massima parte in due grandi realtà linguistiche e culturali, quella friulana, originaria della città, e quella giuliana, dovuta al passato asburgico di Gorizia e ad un'antica immigrazione, risalente agli albori dell'età moderna e protrattasi fino al secondo dopoguerra.

    Geografia fisica

    Alla confluenza delle due naturali vie di comunicazione tra oriente e occidente, le Valli dell'Isonzo e del Vipacco, importante luogo di transito già in tempi remoti, Gorizia è bagnata dal fiume Isonzo. La città si affaccia sulla pianura isontina circondata dalle colline del Collio note per la coltivazione della vite e la produzione di vini di qualità.

    Clima

    Gorizia è riparata a nord dai monti e non risente dei freddi venti settentrionali ma, trovandosi quasi allo sbocco dei valichi prealpini e carsici, è soggetta alla bora che soffia da est. Tale vento, che generalmente è secco, talvolta può portare abbondanti nevicate. La bora, però, che soffia dalla valle del Vipacco attraversandola molto violentemente, incontra prima di Gorizia l'ostacolo delle colline a est della città, che ne mitigano sensibilmente la furia. Il clima di Gorizia, relativamente temperato, è tuttavia influenzato dai venti freschi e umidi provenienti da sud-ovest, che penetrano nella pianura isontina verso cui si apre la città. In estate sono abbastanza frequenti i fenomeni temporaleschi e grandinate: non è raro lo scirocco, cui fanno seguito, di norma, abbondanti precipitazioni.

    Storia

    Età antica e medievale


    « MEDIETATEM UNIUS CASTELLI DICTI SYLICANI ET VILLAE QUAE SCLAVONICA LINGUA VOCATUR GORIZA. »

    Più o meno nell'area dove attualmente si trova la città di Gorizia sorgevano, fin dal I secolo a.C., due centri abitati romani di modesta entità, Castrum Silicanum da cui trasse origine il villaggio di Salcano, oggi Solkan, un sobborgo di Nova Gorica (Slovenia); e Pons Aesontii o (Pons Sontii), attuale località Mainizza, come indicato sulla Tabula Peuntingeriana, dove sorgeva una mansio sulla via Gemina, nel punto in cui attraversava il fiume Isonzo e che collegava l'Italia alla provincia norica. Una teoria degli studiosi è che nella zona era situata, 3400 anni fa, Noreia, capitale del Norico.

    Le origini del nome

    Il nome italiano Gorizia deriva dal sostantivo slavo gorica (leggi gorìza), diminutivo di gora (monte), e significa collina. Toponimi di origine slava sono comuni anche ad altre località sud-orientali della Bassa Friulana - es.: Goricizza (frazione di Codroipo, UD), Gorizzo (frazione di Camino al Tagliamento, UD), ecc. - e stanno ad indicare il ripopolamento della zona ad opera di genti slave dopo le devastanti incursioni degli Ungari (IX secolo).
    Il nome di Gorizia compare tuttavia per la prima volta nell'anno 1001, in una donazione imperiale che Ottone III fece redigere a Ravenna, mediante la quale egli cedeva in parti eguali il castello di Salcano e la villa denominata Goriza (medietatem predii Solikano et Gorza nuncupatum), a Giovanni, patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte del Friuli. La località è ricordata successivamente nel 1015 (medietatem unius villae que sclavonica lingua vocatur Goriza). Gli Eppenstein ressero Gorizia fino al 1090 e, a partire da tale data, la città fu governata prima dai Mosburg, poi dai Lurngau, una famiglia originaria della Val Pusteria imparentata con i conti palatini di Baviera. Con costoro si accrebbe la popolazione della città, costituita in massima parte da friulani (artigiani e mercanti), tedeschi (impiegati nell'Amministrazione) e sloveni (agricoltori), questi ultimi insediati generalmente nelle zone periferiche e nei centri rurali limitrofi. La bellicosità dei Conti di Gorizia, unitamente a una saggia politica matrimoniale, permise alla contea, nel suo periodo di massimo splendore (seconda metà del XIII e primi decenni del XIV secolo) di estendersi su gran parte del nord est italiano (comprese per un breve periodo anche le città di Treviso e Padova in Veneto), sulla parte occidentale dell'odierna Slovenia, sull'Istria cosiddetta "interna" (Contea di Pisino) e su alcune zone dell'attuale territorio austriaco (come Tirolo e Carinzia). I conti avevano fissato la propria residenza abituale nella città austriaca di Lienz, mentre a Merano si trovava la principale zecca dello Stato.
    Durante il regno di Enrico II (1304-1323) l'abitato, che ormai aveva acquisito delle connotazioni tipicamente urbane, ottenne il rango di città. Nei primi decenni del secolo successivo, l'assorbimento dello Stato patriarcale di Aquileia da parte della Repubblica veneta, indusse i conti di Gorizia a richiedere al doge l'investitura feudale (1424). Con tale atto essi si riconobbero vassalli della Serenissima, Stato successore del Patriarcato. Nel 1455 vennero incorporati a Gorizia, mediante l'estensione dei privilegi cittadini, anche i quartieri non murati della zona meridionale (la cosiddetta Città bassa), abitati in parte da sloveni.


    Età moderna

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    Mappa del 1794
    Nel 1500 l'ultimo conte, Leonardo, morì senza discendenti nella città di Lienz, e lasciò in eredità la contea a Massimiliano I d'Asburgo. L'atto, ritenuto non valido secondo il diritto internazionale del tempo, dal momento che la Contea di Gorizia era unita alla Repubblica veneta da vincoli di vassallaggio, spinse la Serenissima a denunciare attraverso i canali diplomatici, tale violazione. Ogni tentativo veneziano di riappropriarsi della città, anche mediante la forza, risulterà tuttavia vano. Fra l'aprile del 1508 e l'agosto del 1509 Gorizia fu occupata militarmente da Venezia, allora in guerra anche contro Luigi XII di Francia. Pochi mesi dopo la disastrosa sconfitta di Agnadello, ad opera delle armi francesi, la guarnigione veneta fu costretta ad abbandonare la città.
    Gorizia farà da allora parte dei domini asburgici, prima come capitale dell'omonima contea, e, successivamente, come capoluogo della Principesca Contea di Gorizia e Gradisca che, dalla metà dell'Ottocento entrò a far parte del Litorale Austriaco. Suoi conti saranno gli stessi imperatori asburgici fino al 1918, salvo una breve interruzione: l'occupazione francese del 1809-1813 con l'inclusione della città nelle Province Illiriche, create da Napoleone nell'ambito del suo Impero.
    Il web-film La Bella Transalpina è ambientato a Gorizia nel 1910, e presenta immagini e personaggi originali di quei tempi.


    Primo e secondo conflitto mondiale
    « ... O, Gorizia, tu sei maledetta
    per ogni cuore che sente coscienza;
    dolorosa ci fu la partenza
    e il ritorno per molti non fu... »

    (ritornello di una canzone popolare cantata durante la Grande guerra dai militi italiani)

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    Il fiume Isonzo e sullo sfondo
    il ponte ferroviario
    dei primi del Novecento
    La prima guerra mondiale per Gorizia è iniziata nell'estate 1914, mentre il Regno d'Italia è entrato in guerra nel maggio 1915. La prima vittima goriziana del conflitto fu la contessa Lucy Christalnigg, uccisa da guardie armate mentre era in missione per conto della Croce Rossa nell'agosto 1914.
    Nel corso della prima guerra mondiale, a prezzo di enormi sacrifici umani, le truppe italiane entrarono una prima volta a Gorizia nell'agosto 1916.
    Persa a seguito della rotta di Caporetto (ottobre 1917), la città venne definitivamente ripresa dall'esercito italiano il 7 novembre 1918.All'interno del Commissariato generale della Venezia Giulia, gli italiani preferirono inizialmente non stravolgere un tessuto amministrativo pluricentenario ed efficiente. La Contea cambiò nome in Provincia subito dopo l'unione ufficiale al Regno d'Italia (10 settembre 1919).
    Con l'avvento del fascismo Gorizia fu assegnata inizialmente alla provincia del Friuli (1923), ma già nel 1927, con il riordinamento delle circoscrizioni provinciali, divenne capoluogo della nuova provincia di Gorizia; contemporaneamente furono aggregati i comuni limitrofi di Lucinico, Piedimonte del Calvario, Salcano, San Pietro di Gorizia e Sant'Andrea di Gorizia, e l'anno successivo il comune di Vertoiba in Campi Santi.
    La giurisdizione della nuova provincia comprendeva l'intero Friuli orientale, ad eccezione della Bisiacaria e di Grado, unite alla Provincia di Trieste, e del distretto di Cervignano, facente parte della Provincia del Friuli.
    L'opera di ricostruzione fu effettuata soprattutto durante il ventennio fascista. In quegli anni furono promossi interventi di risanamento, aperte nuove strade e sviluppata una modesta area industriale. Vennero edificati un nuovo cimitero, tra Sant'Andrea e Merna, e le prime strutture funzionanti dell'aeroporto, da cui nel luglio del 1935 decollò la 41.a squadriglia per la conquista dell'Etiopia.
    A sud-est del centro cittadino spuntò una cittadella sanitaria, comprendente anche l'ospedale da cui, negli anni sessanta, il medico Franco Basaglia avrebbe dato avvio alla controversa riforma dell'istituzione psichiatrica italiana.
    Tuttavia, come ha messo in evidenza Elio Apih, riferendosi all'intera Venezia Giulia, «...questi investimenti non solo soddisfacevano solo in parte modesta le esigenze della popolazione, ma erano anche assai poco organicamente distribuiti, per lo più secondo la logica di interessi cittadini e industriali o comunque politici.»
    Per quanto riguarda i rapporti interetnici, fin dalla metà degli anni venti il regime fascista aveva iniziato ad applicare anche a Gorizia, come nel resto della Venezia Giulia, la politica di snazionalizzazione degli Sloveni presenti sul territorio. Si diede prima l'avvio all'italianizzazione dei toponimi, poi, dal 1927, si procedette anche a quella dei cognomi e, nel 1929, l'insegnamento in sloveno venne definitivamente bandito da tutte le scuole pubbliche cittadine di ogni ordine e grado. In città la lingua slovena fu ancora utilizzata per alcuni anni negli Istituti religiosi diocesani, grazie alla protezione e al prestigio personale dell'arcivescovo di Gorizia Francesco Borgia Sedej, fautore del dialogo interetnico e massimo punto di riferimento dei cattolici goriziani. Nel 1931, subito dopo le dimissioni e la morte di Sedej, lo sloveno fu estromesso, come idioma veicolare, anche dalle scuole diocesane.
    Tale politica vessatoria, accompagnata da violenze e sopraffazioni (fra cui l'assassinio del compositore sloveno Lojze Bratuž in una frazione di Gorizia), ebbe pesanti ripercussioni nei già deteriorati rapporti fra le nazionalità e suscitò una reazione brutale da parte delle organizzazioni terroriste slovene come il TIGR. Nel 1928 vennero assassinati a Gorizia, da alcuni militanti di quest'ultima organizzazione, lo studente Antonio Coghelli e il soldato Giuseppe Ventin che era intervenuto per impedirne l'omicidio. A partire dal 1941, scoppiata la guerra contro la Jugoslavia, le autorità fasciste procedettero all'internamento in campi di concentramento (Campo di concentramento di Arbe, Campo di concentramento di Gonars, Visco, Poggio Terza Armata), di un certo numero di "allogeni" (o "alloglotti") residenti sia in città che nella sua provincia, molti dei quali non fecero più ritorno, decimati dalle malattie e dall'inedia.
    Nel corso della seconda guerra mondiale, subito dopo la resa italiana dell'8 settembre 1943, il Goriziano fu teatro di un'eroica resistenza all'invasione nazista che dalla città capoluogo prese nome (battaglia di Gorizia). Per un breve periodo (1943-1945) fu posta sotto l'amministrazione militare tedesca (di fatto un'annessione) e inclusa nell'Adriatisches Küstenland (Litorale Adriatico), un Governatorato che a sua volta venne posto sotto il diretto controllo di Friedrich Rainer, Gauleiter della Carinzia.
    Con l'arrivo dei partigiani jugoslavi a Gorizia nel maggio del 1945 iniziarono le repressioni che toccarono l'apice fra il 2 e il 20 maggio nei confronti degli oppositori, o possibili oppositori, al regime (italiani soprattutto, ma anche slavi). Si contarono un numero imprecisato di civili scomparsi (fra i 202 e i 665) e fra i militari presenti nel goriziano (635 vittime, secondo un'autorevole testata italiana).
    Secondo le ricerche dello storico Marco Pirina gli italiani furono deportati a Lubiana all'interno di un ex manicomio riadattato a campo di concentramento.
    Sulla base delle suddette ricerche storiografiche la responsabilità dell'accaduto viene attribuita da Pirina a Francesco Pregelj, commissario del popolo del IX Corpus. Tuttavia, nel 2010 la Corte di Cassazione ha smentito che le ricerche di Pirina tese a colpevolizzare Pregelj ed altri abbiano reale fondamento storico, condannando lo storico a risarcire per diffamazione i partigiani accusati ed i loro eredi.
    Al termine del conflitto, con il trattato di pace, il comune dovette cedere i tre quinti circa del proprio territorio alla Jugoslavia con il 15% della popolazione residente. Il centro storico e la massima parte dell'area urbana della città restarono però in territorio italiano.


    Dopoguerra e ripresa

    In territorio jugoslavo restò tuttavia parte della periferia situata a settentrione e ad oriente (le frazioni di Salcano, San Pietro e Vertoiba) come anche gran parte della provincia. Il confine attraversava una zona semicentrale della città lasciando nella parte non italiana, oltre alle frazioni summenzionate, anche molti edifici e strutture di pubblica utilità. Tra queste ultime la stazione ferroviaria di Gorizia Montesanto che si trovava sulla linea ferroviaria Transalpina collegante la "Nizza austriaca", come veniva chiamata la città, all'Europa Centrale. La piazza antistante la stazione, suddivisa tra le due nazioni, fin dal 2004 è stata resa visitabile liberamente su entrambi i lati dopo l'abbattimento di parte della rete confinaria avvenuto con l'entrata della Slovenia nell'Unione europea. Al centro di essa sorgono un mosaico ed una piastra metallica commemorativa che segna il tracciato del confine di stato.
    In territorio sloveno si trova anche la moderna città di Nova Gorica, eretta negli anni cinquanta per volontà della dirigenza politica jugoslava in quanto i territori della Provincia di Gorizia annessi alla Jugoslavia, chiusa la frontiera con l'Occidente considerato nemico, erano rimasti senza un centro amministrativo ed economico verso il quale potessero gravitare.
    Paragonata a Berlino , tagliata in due dal confine protetto da torri armate di mitragliatrici, Gorizia ha rappresentato, nella seconda metà degli anni quaranta e negli anni cinquanta, un valico clandestino per molti cittadini jugoslavi e dei paesi del patto di Varsavia ed un rifugio sicuro per tanti esuli giuliani, soprattutto istriani, integratisi perfettamente nel tessuto economico e sociale della città. In realtà, dopo la rottura di Tito con i paesi del blocco sovietico nel 1948, Gorizia, pur vivendo diversi momenti di tensione (nel 1953 Tito minacciò di voler prendere Gorizia e Trieste con le armi, radunando centinaia di migliaia di reduci a Okroglica, meno di 10 km via dalla città), vide i rapporti normalizzarsi progressivamente, soprattutto grazie agli accordi di Udine con cui venne introdotto il "lasciapassare" che semplificava le procedure per varcare la frontiera. Nel corso degli anni sessanta, Gorizia ha avviato un rapporto di buon vicinato con la consorella slovena (all'epoca jugoslava), sorta nel decennio immediatamente successivo alla definizione del confine del 1947: infatti, incontri culturali e sportivi hanno spesso messo in contatto e unito le due città. La presenza di una comunità slovena a Gorizia ha giocoforza catalizzato la collaborazione. Gli accordi di Osimo, sancendo definitivamente lo status quo confinario, contribuirono molto alla rappacificazione definitiva con la Jugoslavia, e poi con la successiva Repubblica di Slovenia. A tutt'oggi permangono deboli attriti tra le due città, in particolare su temi quali l'inquinamento che Nova Gorica riversa su Gorizia, le rivendicazioni degli esuli giuliani per un equo risarcimento per i beni loro sottratti, lo sfruttamento idroelettrico del fiume Isonzo. Da alcuni ambienti sloveni a distanza di 70 anni viene demagogicamente ancora rinfacciato all'Italia il ventennio fascista. Una barriera è rappresentata dalla lingua: pochi giovani goriziani non appartenenti alla minoranza slovena conoscono lo sloveno, pertanto, benché molti sloveni conoscano l'italiano, potrebbe esserci un problema di incomunicabilità per il futuro.


    Gorizia europea

    Il 21 dicembre del 2007 la Slovenia è entrata a tutti gli effetti nel trattato di Schengen e le città di Gorizia e Nova Gorica sono oggi finalmente senza interposti confini. Il legame sempre più forte che le unisce ha permesso alle due città di avviare un processo di formazione di un polo di sviluppo unico che riveste e rivestirà sempre più una notevole importanza ai fini della cooperazione e collaborazione fra l'Italia e la Slovenia. A tale proposito sono stati messi a punto recentemente progetti di mutuo interesse e una serie di incontri bilaterali o multilaterali che interessano non solo i due municipi ma anche altri centri limitrofi. Fra questi ultimi segnaliamo, a titolo indicativo, gli incontri che si tengono periodicamente fra le giunte municipali di Gorizia, Nova Gorica e San Pietro-Vertoiba per mettere a punto strategie comuni e creare nuove sinergie per lo sviluppo economico della regione. Gorizia negli ultimi anni sta conoscendo una lenta ma costante rinascita sia a livello infrastrutturale che sociale.

    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture religiose

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    La facciata del Duomo di Gorizia.
    • Duomo, dedicato a Sant'Ilario di Aquileia e a San Taziano ed elevato al rango di cattedrale nel 1752,il Duomo è il principale edificio ecclesiastico di Gorizia. Deriva da una chiesetta, anch'essa intitolata ai due santi, eretta probabilmente a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo e successivamente incorporata alla vicina cappella di Sant'Acazio.

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    Chiesa di Sant'Ignazio, iniziata
    su impulso dei Gesuiti a metà
    del XVII secolo e conclusa
    appena nel 1723.
    • Chiesa di Sant'Ignazio, è un edificio barocco eretto fra il 1654 e il 1723-1724, che fu consacrato solo nel 1767. Mentre la facciata è una sintesi di elementi austriaci e romani l'interno è di derivazione schiettamente romana e contiene tele e affreschi pregevoli.

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    La sinagoga di Gorizia,
    costruita nel XVIII secolo.
    • Sinagoga di Gorizia, si trova nell’area del vecchio ghetto. Costruita nel 1756, sostituì un oratorio eretto provvisoriamente nel 1699 come luogo di preghiera comunitaria.
    • Chiesa di San Rocco, eretta alla fine del XV secolo per servire una piccola comunità agricola sorta poco lontano dalla città antica di Gorizia, se ne hanno notizie già nel 1497, l'altare maggiore della piccola chiesa fu consacrata l'ultima domenica di agosto del 1500 da Pietro Carlo Vescovo di Caorle. L'edificio di culto mantenne le dimensioni di semplice cappella fino ai primi del XVII secolo quando, passata la terribile pestilenza del 1623, i borghigiani decisero di ampliarla ed abbellirla. Chiamarono per lo scopo Palma il Giovane, del quale è possibile ammirare la pala posta nell'abside della chiesa, dove si notano i Ss. Sebastiano e Agostino rispettivamente alla destra e alla sinistra di San Rocco, osservati benignamente dalla Madonna. La chiesa e l'altare maggiore vennero consacrati dal Vescovo di Trieste Pompeo Coronini il 23 agosto del 1637 e da quella data si fa risalire la prima sagra di San Rocco che ancora oggi suscita grande interesse in città e Regione (già nell'agosto del 1500, dopo la consacrazione della cappella, ci fu una festa da ballo). Altri interventi furono una via Crucis di Antonio Paroli del 1750, e la facciata neoclassica attuale che si deve a Giovanni Brisco, del 1898. Il contesto è impreziosito da altri due monumenti: il Seminario Teologico Centrale, progettato dal benedettino Padre Anselmo Werner e oggi sede del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell'Università degli Studi di Trieste, e la fontana con l'obelisco (inaugurata il 25 aprile del 1909) prospiciente la chiesa, dono di un famoso borghigiano, l'architetto Antonio Lasciac Bey, che fu per molta parte della sua vita architetto ai palazzi khediviali in Egitto.
    • Chiesa di Santo Spirito, eretta su commissione dei Rabatta, famiglia nobile di origini toscane, nel Borgo antico, in prossimità del Castello. L'edificio, costruito in stile gotico fra il 1398 e il 1414, custodisce una bella croce lignea del Seicento (in copia, dal momento che l'originale si può ammirare nei musei provinciali) e un'Assunta, attribuita a Fulvio Griffoni
    • Chiesa dell'Immacolata, pregevole edificio di gusto barocco edificato nel XVII secolo nei pressi dell'odierno Municipio.


    Architetture civili

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    In palazzo Strassoldo, sito nella
    zona del Duomo,
    visse la famiglia Borbone
    in esilio dalla Francia.
    Vi soggiornò anche il famoso
    matematico Cauchy.
    Teatro "Verdi", il Teatro di Società fu costruito nel 1740 su iniziativa di Giacomo Bandeu, appaltatore dei dazi per la Contea di Gorizia, i cui metodi avevano fatto esplodere la cruenta rivolta dei Tolminotti. L'edificio andò a fuoco per un incendio il 26 marzo 1779 (è ironia della sorte, o forse anche coincidenza non casuale, che sempre il 26 marzo ma del 1713, fosse scoppiata la detta rivolta). L'attuale teatro, riedificato a cura del figlio di Bandeu, Filippo, che affidò il progetto all'udinese Ulderico Moro e l'affrescatura al cividalese Francesco Chiarottini, risale al 1782. La struttura conobbe diverse difficoltà di ordine finanziario: chiuse già nel 1797, per riaprire nel 1799, finché nel 1810 fu ceduto a una società di nobili che negli anni seguenti lo modificarono profondamente: nel 1856, furono ridipinti gli interni, nel 1861 rifatta la facciata. Fu luogo di numerose azioni irredentiste, tra cui quella per il carenevale del 1867 che costò 6 anni di carcere duro a Carlo Favetti. Alla fine dell'Ottocento fu dedicato a Giuseppe Verdi. Dopo recenti restauri, è tornato il principale edificio culturale della città, cui si sono affiancati nel corso del secondo dopoguerra l'Auditorium della Cultura Friulana e i due centri cultuali della comunità slovena, il Kulturni Dom (casa della cultura) ed il Kulturni Center Lojze Bratuž (Centro culturale Lojze Bratuž).

    Architetture militari

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    Il castello di Gorizia
    Castello di Gorizia, forse il più noto monumento della città, sorge sul punto più alto di un ripido colle. Il maniero accoglie i visitatori con un leone veneziano, che però non è quello che fu apposto dalla Repubblica Veneta durante la breve occupazione della città (1508-1509) bensì dal governo fascista, al termine di un radicale restauro, conclusosi nel 1937. Con tale restauro, resosi necessario a seguito dei gravi danni subiti dall'edificio durante la Grande Guerra, non venne però ripristinato il palazzo rinascimentale precedente, intonacato di bianco, bensì le sembianze che aveva probabilmente il Castello nel Trecento, al tempo del massimo splendore dei Conti, con la pietra a vista. Ad occidente del castello sorge il centro storico della città con la Cappella del Santo Spirito e il borgo medievale

    Archeologia industriale del quartiere Straccis

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    Gorizia vecchia
    A partire dal Settecento, su impulso di Maria Teresa, il Goriziano conobbe l'industria. Ciò si deve soprattutto allo spirito imprenditoriale della famiglia Ritter de Zahony, che in seguito a fortunate speculazioni si arricchì e poté investire, aprendo a Gorizia nel 1819 uno stabilimento per la raffinazione dello zucchero di canna, nel 1839 un mulino moderno, nel 1854 uno stabilimento per la lavorazione della seta, nel 1861 una cartiera, nel 1868 una tintoria e nel 1880 una fabbrica di cellulosa. Non molto è visibile ormai, ad eccezione del villaggio operaio del 1871, conservatosi pressoché intatto, benché si tratti di case private, tuttora abitate e vissute. In tale villaggio ancora si riconoscono due tipi di abitazione, quelle per 1-2 famiglie, e quelle per così dire con scopi sociali, ospitanti lavanderie comuni, una scuola, sale riunioni. Un altro edificio degno di nota è villa Ritter, appartenuta alla stessa famiglia, oggi in corso di ristrutturazione.

    Altri edifici e luoghi di interesse
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    Costruito nel 1938 su progetto
    di Ghino Venturi,morti
    nelle battaglie di Gorizia.
    • il Sacrario militare di Oslavia custodisce
    • le spoglie di 57.740 soldati,
    • Museo di storia e arte
    • Museo della Grande Guerra
    • Piazza della Transalpina
    • Palazzo Attems Santa Croce
    • Palazzo Attems Petzenstein
    • Palazzo Coronini Cronberg
    • Palazzo Lantieri
    • Sacrario Militare di Oslavia
    • Palazzo Alvarez, sede dell'Università di Udine a Gorizia
    • Seminario Minore, attuale sede dell'Università di Trieste a Gorizia
    • Villa Ritter


    Aree naturali

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    Il parco del Comune di Gorizia.
    « Un ornamento particolare della città sono i numerosi giardini, in parte assai estesi, che nell'interno circondano i palazzi e le case. Qui soprattutto si notano chiaramente gli effetti del mite clima goriziano. »
    (Carl von Czoernig-Czernhausen)
    Gorizia, già definita la Nizza austriaca, colpisce per l'abbondante quantità di verde che non solo la circonda, ma la compenetra.
    Vi sono numerosi parchi e giardini pubblici all'interno della città, oltre quelli che circondano le molte ville ottocentesche. Vi sono poi spazi verdi restati allo stato naturale, quali il Parco del Castello e la Valletta del Corno, che si estende tra il rione di Straccis ed il centro cittadino, lungo il corso del torrente Corno, dove sono presenti anche appezzamenti di terreno a destinazione agricola.
    Lungo il corso del fiume Isonzo si snodano alcuni parchi di notevole valore paesaggistico, fra cui quello di Piuma-Isonzo, costituito da una parte fluviale e una collinare boscosa, e quello della Campagnuzza, che presenta un ambiente di bosco golenale. Tra le superfici non protette, è particolarmente suggestivo il primo tratto del fiume Isonzo in territorio comunale, incassato in una gola dalle cui pareti sgorgano acque sorgive, con copertura vegetale estremamente varia, e l'ultimo tratto tra le frazioni di Sant'Andrea e Lucinico, contraddistinto da una vasta distesa di pioppi e salici.
    Altro complesso boschivo è quello del monte Calvario, che saldandosi a quello del monte di Piuma del già citato Parco Piuma-Isonzo forma un corpo unico di svariate centinaia di ettari e, infine, la zona del monte Sabotino, rilievo prealpino di natura carsica.
    Appena oltre confine l'"assedio" dei boschi continua, con l'esuberante vegetazione del Monte Mark (San Marco) e della Kostanjevica-Panovec (Castagnevizza-Panovizza). Inoltre, la grande Selva di Tarnova (Trnovski gozd, diverse migliaia di ettari) dista da Gorizia meno di quindici chilometri. Da citare inoltre il Parco dell'Isonzo, Campagnuzza, i Giardini Pubblici di Gorizia e le Rovine di Villa Frommer con il parco.



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    Vista panoramica della zona nord-est della città.

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    Vista panoramica della zona ovest della città.

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    Sassari

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    - Fonte -

    « Sassari non ha bisogno di formarsi un giardino pubblico, se le sue circostanze formano un giardino così vario, ameno e vago, che non potrebbe l’arte far di meglio »
    (Vittorio Angius, Dizionario Angius-Casalis, 1851-1856)

    Sassari ([sàs-sa-ri], Sassari in sassarese, Tàtari in sardo, Sàsser in catalano) è una città italiana di 130.665 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Sardegna. Sede universitaria, arcivescovile e di corte d'appello, primo comune per estensione e secondo centro dell'isola per popolazione Sassari costituisce il centro di un'area vasta di circa 275.000 abitanti.

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    Territorio

    La città di Sassari è il polo urbano storico del Capo di sopra dell'isola. Con i suoi 546,08 km², è il comune più esteso della regione e il più esteso d'Italia dopo Roma, Ravenna, Cerignola e Noto. Essa sorge su un tavolato calcareo declinante a nord-ovest verso il Golfo dell'Asinara e la pianura della Nurra, mentre a sud-est il terreno è prevalentemente collinare. Il territorio urbano e suburbano è caratterizzato da valli e gole che incidono profondamente l'altopiano su cui è adagiata la città. Coltivazioni ortive, oliveti e boschi circondano il centro urbano e costituiscono l'aspetto paesaggistico peculiare di tutto il settore orientale del territorio comunale.

    Clima
    Sassari gode di un clima temperato caldo di tipo mediterraneo. Gli inverni sono miti e umidi, le estati calde e secche. Le precipitazioni si concentrano soprattutto nei mesi invernali e primaverili. Le nevicate sono eventi rari ma non eccezionali.

    Le origini del toponimo Sassari

    L'origine resta ignota e oggetto di speculazioni accademiche. L'odierno toponimo ricorre dalla metà del XII secolo in diverse forme, fra quali Sassaris, Sassaro, Sasser, Sacer alternato con Thathari, Thathar, Táttari, essendo non raro il passaggio ss-th in sardo. Secondo Massimo Pittau troverebbe riscontro in altre località (sássari, sátzari, sátzeri, perda'e sássari, perda'e sassu, sássinu-a), tradotto come "ciottoli di fiume" dal sardiano, antecedente al latino saxum. Questo confermerebbe l'origine non medioevale, bensì nuragica e forse prenuragica, dell'insediamento nelle valli sassaresi, ricche di sorgenti e corsi d'acqua. Secondo Salvatore Dedola, la radice originaria sarebbe Thar- (come per Thar-ros), il cui raddoppio è derivato dal sumerico e accadico per indicarne le pertinenze territoriali, e persisterebbe in altri esempi come Buddi-Buddi. Circa l'origine del secondo toponimo Sàssari esistono le opzioni di ša-šērru (utero, bimba, sorella), ša-ašari (dello stesso posto), šāššaru-m (dente, simbolo del Dio Sole Šamaš).

    Storia
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    La proclamazione della Repubblica sassarese (Il Consiglio della Repubblica sassarese),
    di Giuseppe Sciuti, circa 1880. Palazzo della Provincia in Piazza d'Italia.



    Le origini e il Libero Comune

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    Gli Statuti Sassaresi nella versione
    in sardo logudorese (XIII-XIV secolo)
    È solo nel 1131 che la città compare per la prima volta nelle carte geografiche col nome di Jordi de Sassaro. Numerose informazioni circa la città sono contenute nel Condaghe di San Pietro in Silki, codice medievale scritto in sardo, custodito nella Biblioteca dell'Università degli Studi di Sassari - Sala Manoscritti -, compilato dal 1150 al 1180. Fu l'ultima capitale del Giudicato di Torres, nel 1294 diviene Libero Comune, confederato a Genova, a seguito della promulgazione degli Statuti Sassaresi, che erano un corpus di leggi redatto sia in latino che in sardo logudorese, che regolava tutte le attività cittadine: dall'urbanistica, alle attività economiche, alla giustizia. Gli statuti sassaresi sono uno dei documenti identitari più importanti non solo per la città di Sassari ma per l'intera isola. È in questo periodo che, contesa fra le repubbliche marinare, Sassari si dotò delle prime mura.

    Sassari aragonese e spagnola

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    Veduta dalla Valle di Rosello, 1849, John Warre Tyndale

    Alla notizia dell'intervento aragonese, la borghesia cittadina si avvicinò ai reali d'Aragona, presentando nel 1323 una propria delegazione alla corte dell'infante Alfonso e offrendosi di essere parte del nascente Regno di Sardegna, ottenendo nel 1331 l'elevazione di Sassari allo status di Città Regia. Ciononostante i sassaresi mal tollerarono la sudditanza e scarsa autonomia, così, sotto la spinta della Repubblica di Genova e dei Doria, la città si ribellò ai catalano-aragonesi, dando inizio ad un periodo di rivolte popolari, che videro la città divenire l'ultima capitale del Giudicato di Arborea dal 1410 al 1420, cessando solo con la vendita dei diritti di quest'ultimo e l'avvento di Alfonso V il Magnanimo. Gli aragonesi costruirono il castello di Sassari, con lo scopo principale di difendersi dalle rivolte degli stessi sassaresi, che venne demolito nel 1877 per decisione del Consiglio comunale come simbolo dell'oppressione straniera e dell'oscurantismo religioso, essendo stato sede dell'Inquisizione spagnola. I resti del castello, comprendenti le fondazioni e due corridoi dell'antemurale cinquecentesco che ospitava le artiglierie, sono stati recentemente riportati alla luce e sono visitabili nell'omonima piazza. Tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo Sassari visse un periodo di grave crisi economica e sociale. Nel 1527-28 venne ripetutamente invasa e saccheggiata dai francesi, le continue incursioni piratesche nel Mediterraneo impoverirono l'economia cittadina basata sul commercio e diverse epidemie uccisero molti dei suoi abitanti.

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    La facciata barocca della
    Cattedrale di San Nicola
    Nella seconda metà del XVI secolo la città si risollevò dopo anni di crisi, rinacque culturalmente, rifiorirono le arti, grazie all'introduzione della stampa, si diffuse il pensiero umanistico, grazie anche all'opera di Giovanni Francesco Fara, e del vescovo Salvatore Alepus. Tra i pittori che svolsero la loro attività in città, a quel tempo, sono da menzionare Giovanni Muru, il Maestro di Ozieri (Giovanni del Giglio), Andrea Lusso, il fiorentino Baccio Gorini, e vari artisti di scuola fiamminga. Nel 1562 venne istituito uno studio generale aperto dai Gesuiti che, nel 1617, portò alla fondazione della prima università della Sardegna cui contribuirono, fra gli altri, Alessio Fontana, funzionario della cancelleria di Carlo V, che, nel 1558, nel proprio testamento lasciò i suoi beni alla municipalità per l'istituzione dell'Ateneo, e l'arcivescovo Antonio Canopolo che nel 1619 fondò un collegio di educazione, ancora oggi in attività col nome Istituto Nazionale Canopoleno. La cosiddetta lotta per il primato acuì la rivalità con la città di Cagliari; la competizione tra le capitali del Capo di sopra e del Capo di sotto, porterà i sassaresi ad applicare persino un diverso calendario, a rivendicare il diritto ad avere un Parlamento nella propria città, e la sede del Sant'Uffizio dell'Inquisizione. Nel 1582 la città viene colpita da una grave epidemia di peste, e con la decimazione della popolazione a seguito di questa ed altre epidemie Sassari cessò di essere il maggior centro dell'isola. L'ultima fase della colonizzazione spagnola sono anni di decadenza per Sassari, e per tutta la Sardegna, visto il minor interesse da parte degli iberici all'isola, dopo che l'Impero spagnolo iniziò la sua espansione sul Nuovo Mondo.

    Sassari sabauda

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    La fontana di Rosello
    simbolo di Sassari

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    Piazza Tola
    Col Trattato di Utrecht nel 1713, inizia la breve dominazione austriaca. Pochi anni dopo nel 1720, la Sardegna compresa la città, passa ai Savoia. Sul finire del XVIII secolo, si vive un'intensa stagione politica, e in città approfittando dei sommovimenti locali, come la rivolta cagliaritana del 28 aprile 1794, e dei sentimenti generati dalla rivoluzione francese, la nobilità e i feudatari sassaresi sfruttarono l'occasione per chiedere al Re l'autonomia da Cagliari. Questo provocò la reazione dei cagliaritani, che cercarono l'appoggio dei vassalli locali, e degli abitanti di tutto il Logudoro per manifestare in città il 28 dicembre 1795 cantando il famoso inno Su patriottu sardu a sos feudatarios. Il ViceRé Filippo Vivalda, preoccupato di una possibile degenerazione in rivolta inviò a Sassari Giommaria Angioy, funzionario e giudice della Reale Udienza, con la carica di alternòs, ovvero rappresentante del Governo con delega dei poteri viceregi, dove fu accolto come un liberatore trionfante. Angioy cercò per tre mesi di riconciliare feudatari e vassalli, ma resosi conto del diminuito interesse e sostegno governativo e cagliaritano, lavorò ad un piano eversivo con emissari francesi, durante invasione napoleonica dell'Italia. Tuttavia venendo meno ogni possibile appoggio esterno con l'armistizio di Cherasco e la Pace di Parigi, decise di effettuare una marcia antifeudale su Cagliari ma dal Viceré gli vennero revocati i poteri, e dovette arrestare la marcia dopo esser stato abbandonato da molti sostenitori all'accoglimento reale della cinque richieste degli Stamenti Sardi, fuggendo a Parigi. Ristabilito il controllo, i Savoia sedarono il dissenso senza tuttavia far cessare del tutto le rivolte e dissidi che continuarono sporadici fino alla metà dell'Ottocento, come nel 1833 quando il patriota sassarese Efisio Tola venne fucilato a Chambery perché accusato di essere vicino agli ideali della Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Fra la fine del XVIII e tutto il XIX secolo, si vive un'era di rinascita culturale e urbanistica, l'Università viene riaperta, la città dopo cinque secoli si espande oltre il tracciato delle Mura di Sassari, fortificazioni pisane trecentesche, (quando in concomitanza di un'epidemia di colera venne dato il permesso di abbatterle in grande parte, dando così sfogo ad un abitato che era divenuto estremamente compatto e denso), si costruiscono nuovi quartieri, prendendo come modello la nuova capitale del regno, cioè Torino, con strade a maglia ortogonale, viene realizzato il nuovo ospedale, le carceri, il teatro civico, scuole e piazze, la rete ferroviaria e fognaria, l'illuminazione a olio, e più avanti, a gas, il vicino Porto di Torres, viene ristrutturato, si attivano i primi collegamenti navali di linea tra il porto sardo e Genova, con l'impiego di navi a vapore, come il Gulnara, prima imbarcazione che utilizzava questo tipo di propulsione, in Italia. La città si apre ad importanti attività imprenditoriali, l'industriale sassarese Giovanni Antonio Sanna, acquisisce la miniera di Montevecchio, si crea un'area industriale a ridosso della nascente ferrovia, diventa la seconda città italiana per la produzione del cuoio. La nuova espansione urbanistica seguì uno sviluppo geometrico regolare, costretto a fertili compromessi con la realtà del territorio e gli eventi storici. L'asse centrale, il corso Vittorio Emanuele, venne prolungato dando vita a via Roma, strada principale del quartiere umbertino.

    Sassari contemporanea

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    Stemma di Sassari nella tarda
    età spagnola
    Nel Novecento, i successivi piani regolatori ampliarono la griglia inserendo nuovi assi generatori verso le principali emergenze architettoniche dei dintorni, estendendo l'abitato oltre i limiti delle valli e procedendo con diverse zonizzazioni a carattere residenziale e commerciale. Passando indenne la seconda guerra mondiale e scampando a tre bombardamenti programmati (che fecero cadere una sola bomba nei pressi della stazione causando una vittima), la città crebbe principalmente per la migrazione interna, grazie al costante afflusso dai paesi del nord Sardegna, esercitando una forte influenza nella vita pubblica italiana, sia in campo militare grazie alla Brigata Sassari, sia nelle vicende politiche (vedansi i Presidenti della Repubblica Italiana Antonio Segni e Francesco Cossiga, nonché Enrico Berlinguer), molti dei quali legati all'episodio dei cosiddetti giovani turchi. Fino alle creazione della provincia di Olbia-Tempio, Sassari era capoluogo della più grande provincia d'Italia, e nonostante il distacco della ex-frazione di Stintino è ancora il quinto comune italiano per estensione territoriale con una superficie di 546 km². Raggiungendo una popolazione di 130.000 abitanti, in leggera ma costante crescita, Sassari resta la seconda città dell'isola e il centro di riferimento del Capo di sopra.

    Monumenti e luoghi d'interesse

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    Vista di Piazza d'Italia da via Roma

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    Chiesa di Santa Caterina (XVI secolo)
    Architetture religiose
    • Chiesa rupestre di Funtana Gutierrez, VII-IX secolo.
    • Chiesa di San Pietro di Silki, XI-XVII secolo, monastero dove fu compilato l'omonimo condaghe.
    • Cattedrale di San Nicola, XII-XVIII secolo.
    • Chiesa di Santa Maria di Betlem, XII-XIX secolo.
    • San Michele di Plaiano, XII secolo.
    • Santa Barbara di Innoviu, XIII secolo.
    • Nostra Signora di Latte Dolce, XIII secolo.
    • San Donato, XIII-XVII secolo.
    • San Giacomo di Taniga, XIV secolo.
    • Cappella dell'Annunziata e Cappella dell'Ospedale di Santa Croce, XV secolo.
    • Sant'Agostino, XVI-XVII secolo.
    • San Giacomo, XVI-XVII secolo.
    • Santa Caterina, XVI secolo
    • Madonna del Rosario, XVII secolo
    • Sant'Andrea, XVII secolo.
    • Episcopio, XVII secolo.
    • Chiesa e convento del Carmelo, XVII-XVIII secolo
    • Chiesa e convento delle Cappuccine, 1673-1695
    • Sant'Antonio Abate, 1700-1707
    • Basilica del Sacro Cuore, 1936-1952


    Architetture civili

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    Palazzo della Presidenza
    del Banco di Sardegna

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    "Grattacielo nuovo"

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    Sede centrale dell'Università
    • Casa aragonese, XV-XVI secolo.
    • Case gotiche catalane, corso Vittorio Emanuele, XV secolo.
    • Canopoleno-Casa professa gesuitica, XVI secolo, architetto Fernando Ponce de Leon
    • Palazzo d'Usini in piazza Tola, dal nome del Barone d'Usini, sede della Biblioteca Comunale, XVI secolo.
    • Università e Estanco del tabacco, XVI-XVII secolo.
    • Palazzo Moros y Molinos, XVII secolo.
    • Fontana di Rosello, 1585-1606
    • Palazzo della Frumentaria, XVI-XVII secolo, antico deposito pubblico del grano
    • Palazzi di San Saturnino e San Sebastano, inizi XIX secolo.
    • Palazzo Ducale, dal Duca dell'Asinara, sede del Comune di Sassari, 1775-1804, architetto Carlo Valino
    • Palazzo e Teatro Civico, 1826-1830
    • Palazzo Sciuti in piazza d'Italia, sede della Provincia di Sassari, 1873
    • Palazzo Giordano, piazza d'Italia, sede del Sanpaolo IMI, 1878
    • Palazzo Cugurra in Via Roma, sede di uffici della Regione Sardegna
    • Villa Mimosa già Villa Sant'Elia, sede della Confindustria locale
    • Ponte Rosello, 1934
    • Padiglione per l'Artigianato "Eugenio Tavolara" per l'esposizione dell'ISOLA, 1956
    • Borghi minerari dell'Argentiera e di Canaglia


    Siti archeologici

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    Altare di Monte d'Accoddi
    • Complesso prenuragico di Monte d'Accoddi, piramide a gradoni di origine prenuragica, IV millennio a.C.
    • Giacimento fossile di Fiume Santo, dove è stato rinvenuto lo scheletro di un Oreopithecus bambolii, primate antropomorfo vissuto 8-9 milioni di anni fa
    • Necropoli di Montalè, presso Li Punti
    • Necropoli di Ponte Secco, persso Ottava
    • Necropoli di Li Curuneddi
    • Nuraghi Giagamanna, Li Luzzani, Gio


    Architetture militari
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    Mura medievali con
    gli stemmi di Sassari,
    Genova e del podestà
    • Mura di Sassari, costruite nel XIII secolo, cingevano la città intervallate da 36 torri di cui ne rimangono solo 6, tra le quali l'unica torre tonda detta anche Turondola accessibile da piazza Università. Le mura sono visibili lungo il perimetro della città medioevale, ed in particolare in Corso Vico, Corso Trinità e via Torre Tonda.
    • Castello di Sassari, costruita nel 1330. Costruito dagli Aragonesi, fu demolito nel 1877 e nell'area, dove esso sorgeva, fu costruita la Caserma La Marmora, sede della Brigata Sassari e ricavata l'omonima piazza. Gli scavi archeologichi nella piazza hanno portato alla luce le fondazioni dell'antica struttura ora in fase in valorizzazione.


    Aree naturali

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    Parco di Monserrato

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    Spiaggia di Porto Palmas
    In città sono presenti vari giardini e parchi, fra i quali i Giardini pubblici (situati al centro della città fra viale Pasquale Stanislao Mancini e corso Margherita di Savoia), i Giardini di via Venezia, i Giardini di Monte Rosello, Giardini di via Di Vittorio nel quartiere Luna e Sole, i Giardini di Li Punti, il Parco di Monserrato recentemente restaurato e situato tra la SS 131 e l'asse viario di via Budapest, il Parco di Baddimanna, grande pineta nel quartiere Monte Rosello, e il Parco di Bunnari, che recentemente riqualificato, offre un centro polifunzionale, una piscina, la ricostruzione di un villaggio nuragico e i due laghi artificiali del Bunnari, ora in secca.
    • Parco di Monserrato, XVII-XIX secolo.
    • Parco di Baddimanna
    • Giardini pubblici Emiciclo Garibaldi.
    • Foresta della Valle dei Ciclamini o Badde Olia, accesso alla Grotta dell'Inferno
    • Valli del Rosello, Riu Mascari, Fosso della Noce, Logulentu, Bunnari
    • La Rotonda, pineta, ginepreto e stagno di Platamona
    • Lago di Baratz
    • Spiagge di Ezzi Mannu, Porto Ferro e Porto Palmas
    • Area naturale di Lu cantaru a Monte Forte
    • Riserva faunistica di Bonassai


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    Museo Archeologico Nazionale
    G.A. Sanna
    Musei
    • Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico "G. A. Sanna"
    • Museo della Brigata Sassari
    • Museo Universitario Geomineralogico "Aurelio Serra"
    • Museo Etnografico Francesco Bande
    • Collezione Sironi
    • Museo Diocesano
    • Museo del Tesoro del Duomo
    • Museo d' Arte Contemporanea (MASEDU)
    • Pinacoteca nazionale MUS'A, ex Collegio Gesuitico Canopoleno
    • Museo Della Scienza e della Tecnica, Collezione Anatomica Luigi Rolando
    • Museo Della Scienza e della Tecnica, Collezione Entomologica
    • Museo Della Scienza e della Tecnica, Collezione di Botanica Farmaceutica
    • Museo Della Scienza e della Tecnica, Collezione Zoologica
    • Museo Della Scienza e della Tecnica, Collezione di Fisica
    • Museo di Storia dell'Agricoltura e Collezione Agronomica
    • Museo storico della città di Sassari
    • Museo dei Gremi e dei Candelieri
    • Galleria "Giuseppe Biasi"


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    Teatro civico
    Teatro
    Sono attualmente presenti cinque teatri principali: il Teatro Verdi, il Teatro Ferroviario, il Teatro Civico, il Teatro Smeraldo e il nuovo Teatro Auditorium Comunale. Esiste una grande tradizione di recitazione in vernacolo sassarese, con decine di spettacoli in cartellone ogni anno e diverse compagnie attive, fra cui "Paco Mustela", "La Quinta" e "Teatro Sassari". Altre compagnie attive in città sono la "Compagine Teatrale Ouroboros", i "Meridiano Zero", "Theatre En Vol" e "S'Arza", oltre a un Teatro Stabile d'innovazione per l'infanzia e la gioventù (ex teatro ragazzi) della compagnia "La botte e il cilindro" e dal 2007 un teatro di prosa in lingua italiana, la "Compagnia delle Arti".

    Musica
    Fra i principali cantautori in sassarese troviamo Ginetto Ruzzetta, Tony Del Drò, Giovannino Giordo, Franco Russu, Trio Latte Dolce e i gruppi Trio Folk "Sassari in carthurina" e La cumpagnia. In città si sono sviluppati gruppi di musica leggera di fama nazionale, come i Bertas e i Tazenda, che hanno partecipato al Festival di Sanremo, più altri gruppi come il Coro degli Angeli. La città offre inoltre un panorama di associazioni che hanno ricevuto importanti riconoscimenti a livello internazionale, come il Corpo Bandistico Luigi Canepa, la più antica formazione bandistica sassarese, fondato alla metà del 1800 come banda civica dallo stesso illustre compositore, l'Associazione Corale Luigi Canepa, il più antico gruppo corale in Sardegna, l'Associazione Polifonica Santa Cecilia e il Coro dell'Associazione Musicale "Gioacchino Rossini". Il conservatorio cittadino è intitolato al musicista e compositore Luigi Canepa. Dal 1942, l'Ente Concerti Marialisa De Carolis è responsabile per la tradizionale stagione lirica che fino al 2011 era ospitata nello storico Teatro Verdi. Per la 69ª stagione lirica, l'opera Roméo et Juliette di Charles Gounod ha inaugurato nell'ottobre 2012 il più grande e tecnologicamente avanzato teatro auditorium comunale di piazza Cappuccini, spazio che dominerà la nuova cultura musicale di Sassari. Il panorama jazzistico offre vari interpreti rilevanti, essendo la città sede dell'Orchestra Jazz della Sardegna la quale organizza Scrivere in Jazz, importante concorso di composizione jazzistica, e vari eventi come Time in Sassari, legato al festival Time in Jazz di Paolo Fresu.

    Lingue e dialetti

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    In arancio la zona di diffusione
    del sassarese
    Oltre all'italiano nell'intero territorio di Sassari, come nei tre Comuni confinanti verso nord, si parla la lingua Sassarese, parlata locale di vocazione mercantile nata nel periodo medievale dalla fusione di elementi corso-toscani e genovesi, influenzata poi da contributi catalani e spagnoli, e in misura più rilevante dal logudorese nel lessico e nella pronuncia, e in parte nella sintassi. Più studiosi rintracciano la componente primaria nel dialetto pisano, come lo storico sassarese Enrico Costa, che scrive «Ai Pisani dobbiamo anche il nostro dialetto, che per la maggior parte è quasi lo stesso che vi si parla oggi - una specie di toscano del secolo XIII - corrotto più tardi da un po' di corso e da molto spagnuolo» e come lo studioso Mario Pompeo Coradduzza «il sassarese deriva dalla lingua italiana e, più precisamente, dal toscano antico, poi trasformatosi lentamente in dialetto popolare fin dal secolo XII, quando ancora i borghesi e i nobili parlavano in sardo logudorese. Durante l'età del Libero Comune (1294 - 1323), il dialetto sassarese non era altro che un pisano contaminato, al quale si aggiungevano espressioni sarde, corse e spagnole; non è quindi un dialetto autoctono, ma continentale e, meglio determinandolo, un sotto - dialetto toscano misto, con caratteri propri, diverso dal gallurese di importazione corsa», dove entrambi non sembrano propendere per un'influenza più rilevante del sardo rispetto ad altri apporti linguistici. La lingua che nacque con Sassari divenne patrimonio della popolazione e della classe mercantile, e viene oggi considerata un idioma a sé stante. Le città di Porto Torres, Stintino e Sorso trovano un'affinità fra loro e con Sassari, in quanto condividono la parlata sassarese, detta anche turritano, dal nome del Giudicato di Torres. Per Sorso è una grande peculiarità, data la brevissima distanza da Sennori, dove si parla sardo logudorese, seppure con la curiosa caratteristica di avere al plurale solo sostantivi di genere maschile, fatto unico in Sardegna. L'uso della lingua si estende nella restante fascia costiera fino alla foce del Coghinas, nella sua variante castellanese di transizione verso il Gallurese, nei comuni di Castelsardo, Tergu e Sedini. Nella città di Sassari infine, per via dell'immigrazione dai paesi sardofoni, è diffuso anche il logudorese.

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    Costume di Sassari
    Tradizioni e folclore
    Nel 2002 è stato ricostruito un costume "tradizionale", quello rosso degli ortolani di Sassari, sulla base della documentazione iconografica esistente, per quanto frammentaria e lacunosa, e facendo riferimento all'immigrazione popolare dal Logudoro, specie dai centri prossimi alla città.

    Cucina
    La cucina tipica sassarese è ricca e variegata, composta da molte pietanze fortemente legate alla tradizione contadina della città ma diffusa e legata anche alle tradizioni dei centri vicini. Le verdure sono infatti regine nella maggior parte delle pietanze locali, assieme alle parti meno pregiate degli animali da macello, in particolare agnello e maiale. Gli ortaggi più conosciuti ed utilizzati della cucina sassarese sono la melanzana (mirinzana), la cipolla (ziodda) e le fave (faba).
    • Tra i primi piatti troviamo la mineshtra e fasgiori o mineshtra e patati, una zuppa preparata con fagioli, patate, lardo, finocchietto selvatico e pomodori secchi. La classica fabadda viene tradizionalmente preparata nel periodo di carnevale: è una zuppa molto densa a base di fave secche, cavolo, finocchi, cotenna e carne di maiale. In genere è consumata in occasioni conviviali, con larga presenza di parenti o amici. Tra i primi a base di pasta ricordiamo i giggioni, ossia gli gnocchi conditi con sugo di salsiccia. Altri piatti a base di verdure sono le fave cotte a ribisari, cioè lessate e condite con aglio e prezzemolo; e i carciofi, preparati tradizionalmente con le patate (ischazzofa e patati).
    • Tra i secondi piatti, principalmente a base di carne, troviamo la cordula con piselli, un piatto preparato con le interiora dell'agnello avvolte nell'intestino e cotte con piselli, cipolle e salsa di pomodoro; la trippa cotta nel sugo di pomodoro da mangiare spolverata di abbondante pecorino grattugiato; i pedi d'agnoni, ovvero i piedini dell'agnello cotti in salsa di pomodoro oppure con solo aglio e prezzemolo. Un posto importantissimo occupano le chiocciole (spesso chiamate lumache) nelle loro varie pezzature: dalle lumachine "Theba pisana"(ciogga minudda) lessate con delle patate, alle lumache "Eobania vermuculata" (ciogga grossa) preparate con un sugo piccante o con aglio a prezzemolo- ai lumaconi "Helix aspersa" (coccoi) che vengono serviti ripieni di un impasto di formaggio, uova, prezzemolo saporitta e pangrattato. Non mancano le monzette, cotte in padella con aglio, olio, prezzemolo e pangrattato.
    • Il piatto tipico più conosciuto è invece lo ziminu, zimino, cotto in grabiglia, cioè le interiora del vitello come diaframma (parasangu), intestino (cannaculu), cuore, fegato e milza, cotte in graticola sulla brace. Attualmente le norme emanate dalla Comunità Europea in materia di encefalopatia spongiforme bovina impediscono la commercializzazione e il consumo della specialità. Alla brace vengono preparate anche le sardine, anche queste molto apprezzate dai sassaresi.
    • Tra i dolci, oltre a quelli tipici della Sardegna settentrionale come papassini, tiricche e seadas, sono proprie della città e dei dintorni le frittelle lunghe (li frisgiori longhi o "sas frigjolas"): preparate principalmente durante il carnevale, sono fatte di un impasto di farina, acqua, zucchero, anice e scorza d'arancia grattugiata, fritto in forma di lunghi cordoni. Piatto tipico "adottato" è la fainé genovese. È ottenuta da un impasto molto semplice di farina di ceci, olio, acqua e sale (spesso arricchita da più ingredienti a piacere come le cipolle o le salsicce), cotta in teglia ad alta temperatura e servita già tagliata, spesso con pepe nero tritato. Viene preparata in alcuni locali tipici (dove è l'unico piatto servito) ma anche in molte pizzerie e paninoteche.


    Personalità legate a Sassari
    • Giuseppe Abozzi, politico
    • Cristoforo Alasia, matematico
    • Salvatore Alepus, arcivescovo del Concilio di Trento, teologo e poeta
    • Edina Altara, artista
    • Giovanni Maria Angioy, funzionario e politico
    • Vittorio Angius, presbitero, scrittore, giornalista, storico e politico
    • Efisio Arru scienziato parassitologo
    • Domenico Alberto Azuni, giurista
    • Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano
    • Mario Berlinguer, politico
    • Giuseppe Biasi, pittore
    • Daniel Bovet, biochimico Premio Nobel
    • Giacomo Camilla, scultore
    • Antonio Cano, arcivescovo
    • Antonio Canopolo, arcivescovo, fondò l'istituto Canopoleno
    • Annunzio Cervi, poeta e due volte medaglia d'argento al valor militare
    • Francesco Cetti, religioso gesuita, zoologo e matematico
    • Fernando Clemente, architetto
    • Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica Italiana
    • Enrico Costa, scrittore e saggista
    • Stanis Dessy, pittore, incisore e scultore
    • Giovanni del Giglio pittore, noto come Maestro di Ozieri
    • Santi Licheri, magistrato e personaggio televisivo
    • Vico Mossa, architetto
    • Costantino Nivola, scultore
    • Oreste Pieroni, Sindaco del dopoguerra e del miracolo economico
    • Antonio Pigliaru, filosofo del diritto e intellettuale
    • Luigi Rolando, fisiologo
    • Palmiro Togliatti, politico
    • Efisio Tola, patriota
    • Pasquale Tola, giurista e storico
    • Giovanni Antonio Sanna, imprenditore, politico e mecenate
    • Aligi Sassu, pittore e scultore
    • Antonio Segni, Presidente della Repubblica Italiana
    • Mario Sironi, pittore e fra i fondatori del gruppo Novecento
    • Giovanni Spano, linguista, scrittore e archeologo
    • Eugenio Tavolara, artista, incisore e scultore
    • Michele Zanche, politico, citato da Dante nella Divina Commedia
    • Gavino Angius, politico
    • Rosanna Baiardo, pallavolista con 119 presenze in nazionale
    • Gian Paolo Bazzoni, scrittore
    • Marco Bazzoni, cabarettista
    • Bianca Berlinguer, giornalista direttrice del TG3 RAI
    • Giovanni Berlinguer, politico
    • Luigi Berlinguer, ex-ministro dell'Istruzione, membro del CSM
    • Sergio Berlinguer, politico, ambasciatore e ministro pluripotenziario
    • Gianvittorio Campus, ex-Sindaco e politico
    • Elisabetta Canalis, attrice e showgirl
    • Massimo Chessa, cestista
    • Bruno Dettori, sottosegretario all'Ambiente del Governo Prodi II
    • Gianfranco Ganau, attuale Sindaco
    • Antonello Grimaldi, regista
    • Pier Francesco Loche, attore, comico e musicista
    • Luigi Manconi, già segretario dei Verdi e sottosegretario nel Governo Prodi II
    • Salvatore Mannuzzu, scrittore
    • Astrid Meloni, attrice
    • Angelo Mundula, poeta
    • Adolfo Orrù, pittore, incisore e scultore
    • Arturo Parisi, politico ex-ministro della Difesa
    • Pino & gli anticorpi, compagnia di comici
    • Gianluca Piredda, scrittore e sceneggiatore
    • Giuseppe Pisanu, ex-ministro dell'Interno e Presidente della Commissione Antimafia
    • Bruno Pistidda, scrittore, poeta e pugile
    • Bianca Pitzorno, scrittrice
    • Giovanni Puggioni, velocista campione italiano nei 100 e 200 metri
    • Luigi Ruggiu, filosofo
    • Mariotto Segni, politico ed ex-europarlamentare
    • Tazenda, gruppo musicale
    • Tressardi, compagnia di comici
    • Giommaria Uggias, europarlamentare ex-Sindaco di Olbia


    Edited by PatriziaTeresa - 22/10/2016, 12:37
  11. .

    Ogliastra

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    - Fonte -

    L'Ogliastra è una regione storico-geografica situata nella Sardegna centro orientale (conosciuta in passato anche come Barbagia Trigònia).

    Storia

    Le origini dell'Ogliastra vanno ricercate nelle tracce dei primi insediamenti umani che risalgono probabilmente al Neolitico. All'epoca, erano principalmente le coste ad essere abitate fino a quando le incursioni piratesche, sempre più frequenti, costrinsero i primi abitanti a spostarsi verso l'entroterra e a dare, così, origine ai primi paesi montani, dove si iniziò a praticare l'agricoltura e la pastorizia. Il culto pagano dei popoli prenuragici è testimoniato dai vari reperti megalitici come i Menhir e le Domus de Janas che sono stati rinvenuti nella zona. Il territorio inoltre presenta più di 200 monumenti risalenti alla civiltà nuragica a testimonianza di una notevole concentrazione di popolazioni nella regione. Il nuragico medio è caratterizzato, oltre che dalla ricca documentazione materiale, dalla diffusa presenza di monumenti di varia funzione: nuraghi a tholos semplici o complessi, tombe dei giganti, pozzi e fonti sacre. La scelta dei luoghi per la loro costruzione è indicativa di un'attenta analisi, che ha privilegiato luoghi dominanti su rilievi vulcanici o sedimentari, affacciati sulle depressioni principali, che costituivano importanti vie di transito, o le aree di pianura più prossime alle principali sorgenti. Inoltre alcune scoperte archeologiche nel territorio mostrano come gli antichi abitanti ogliastrini fossero un popolo orientato ai contatti culturali. Successivamente durante il VII secolo a.C. la zona venne occupata dai Fenici, dai Punici e, in seguito, nel III secolo a.C. dai Romani, popolo che riuscì a potenziare i pochi approdi ma che non riuscì a colonizzare le zone dell'interno data la resistenza dei sardi e le asperità del territorio. Nel basso Medioevo la situazione è poco chiara date le tante e diverse vicende politiche che travagliarono la regione già prima del 455, anno in cui la Sardegna venne occupata dai Vandali e quindi, bruscamente separata dall'Impero Romano. A questo avvenimento seguì la lontana e difficoltosa amministrazione bizantina, che dal X secolo, portò all'istituzione dei Giudicati Sardi, piccoli regni autonomi. Il Giudicato dell'Ogliastra prese forma nella regione, chiamata storicamente anche Agugliastra, ma ebbe vita breve perché venne assorbito dal Giudicato di Cagliari. Successivamente la regione entrò a far parte del Giudicato di Gallura; questo fu un periodo di sviluppo economico, che continuò anche quando i pisani all'inizio del XIV secolo imposero il loro dominio: durante la dominazione Pisana per breve tempo venne ripristinato anche il Giudicato. Nel 1323 i pisani dovettero arrendersi alle truppe aragonesi e ufficialmente nel 1326 Pisa, firmando il trattato di pace, cedette i suoi domini a Giacomo II d'Aragona. L'amministrazione feudale venne affidata alla casata dei Carroz, prima con il titolo di Conte e poi con quello di Marchese. Fra il XIV secolo e il principio del XVIII secolo, passa sotto la dominazione spagnola, in questo periodo degne di nota sono le numerose scorribande dei Saraceni, che a bordo di velocissime navi portavano i loro attacchi saccheggiando i centri costieri e l'immediato entroterra. Dopo una breve dominazione austriaca, arrivarono i duchi di Savoia che dal 1720 al 1861 restarono al governo del Regno di Sardegna e durante questo periodo le millenarie foreste furono rase al suolo nel giro di alcuni decenni per produrre carbone e traversine per ferrovie e miniere. Nel 1821, Lanusei diviene capoluogo dell'omonima provincia che cominciava dalle pendici orientali del Gennargentu e giungeva a quelli dei Sette Fratelli, arrivando, in tal modo, a poca distanza da Cagliari. Confinava, quindi, con le province di Nuoro, di Busachi, di Isili e di Cagliari. Si componeva dei tre dipartimenti denominati Agugliastra, Cirra e Sàrrabus, con superficie complessiva di 2270 km². Il capoluogo apparteneva alla regione Agugliastra, denominazione, passata poi in Ogliastra, tuttora conservata. Dal 1927 il territorio ogliastrino viene inglobato nella provincia di Nuoro; nel 2001 viene istituita la nuova provincia dell'Ogliastra.

    La provincia

    La provincia dell'Ogliastra (provìntzia de s'Ogiastra o provìncia de Olliastra in sardo) è una provincia della Sardegna. I capoluoghi sono Lanusei e Tortolì. È situata nell'omonima regione storico-geografica dell'Ogliastra, situata nella zona centro-orientale della Sardegna e affacciata a sud e ad est sul Mar Tirreno; confina:
    • a nord-ovest con la Provincia di Nuoro,
    • a sud-ovest con la Provincia di Cagliari.


    Territorio

    • Fanno parte del territorio provinciale i due Laghi del Flumendosa
    • Parte del massiccio del Gennargentu con la punta più alta di "La Marmora" 1834 m in territorio di Arzana,
    • A nord est il Supramonte di Urzulei e Baunei,
    • Ad ovest gli altopiani carsici detti "Tonneri" di Seui,
    • Il famoso Tacco di Osini, Ulassai e Jerzu;
    • La pianura di Pelau di Jerzu e Cardedu,
    • A sud ovest l'altopiano di "su pranu" di Perdasdefogu,
    • A sud est il massiccio di Monte ferru di Tertenia e Gairo,
    • A est le stupende coste di Baunei, Lotzorai, Tortolì, Barisardo, Cardedu, Gairo e Tertenia.


    Le premesse storiche all'istituzione della nuova provincia

    L'origine della Provincia risale al Regio Editto del 4 maggio 1807 con il quale la Sardegna è stata divisa in quindici prefetture tra cui quella comprendente la regione storico-geografica dell'Ogliastra con sede a Tortolì. Nel 1821, Carlo Alberto riduce il numero delle province a dieci e sposta il capoluogo di quella di Ogliastra a Lanusei, che con Editto del 27 giugno 1837 diviene anche sede di uno dei sette Tribunali di Prefettura dell'isola. La Provincia di Lanusei, già soggetta alla vice-intendenza di Cagliari, viene confermata anche con la riforma operata dopo la "fusione perfetta" della Sardegna al Piemonte, con la Legge n. 807 del 12 agosto 1848 in base alla quale (unitamente alle province di Nuoro, Oristano e Cuglieri) rientra nella neoistituita "divisione" di Nuoro. Con l'unità d'Italia e la Legge Rattazzi n.3702 del 23 ottobre 1859 la Sardegna viene suddivisa in sole due province e il circondario di Lanusei (sede di sottoprefettura) compreso nella Provincia di Cagliari. Nel 1927 sono stati soppressi i Circondari e le sottoprefetture e contestualmente istituita la Provincia di Nuoro, in cui l'Ogliastra è stata inclusa. Lanusei è rimasta nel corso degli anni sede di Tribunale ed altri uffici pubblici statali e regionali (ASL, Comitato Regionale di Controllo). Nel 2001 la Regione Autonoma della Sardegna ha istituito la provincia Ogliastra che è divenuta operativa nel maggio del 2005 staccandosi da quella di Nuoro.

    Istituzione delle nuove province sarde

    In seguito alla legge regionale n. 9 del 2001 e successive integrazioni, è stata effettuata una nuova ripartizione del territorio della Regione Autonoma della Sardegna, che ha portato il numero delle province da quattro a otto. Le nuove Province sono attualmente solo amministrative, vale a dire che i territori usufruiranno di una migliore ripartizione dei fondi, ma non hanno (e potrebbero non avere) - ad esempio – né Prefettura né altri uffici statali su scala provinciale (Questura, Banca d'Italia ecc.). Le modifiche hanno assunto piena operatività a partire dal maggio 2005, quando si sono svolte le elezioni per rinnovare tutti i Consigli provinciali.

    La Provincia dell'Ogliastra è una nuova provincia, costituita da:
    • 23 comuni provenienti dalla Provincia di Nuoro. - In attesa della formalizzazione della scelta del capoluogo, la Giunta Provinciale e gli uffici avevano sede a Lanusei, mentre il Consiglio Provinciale aveva sede a Tortolì. Dopo una lunga serie di dibattiti tra i sostenitori della conferma del modello del doppio capoluogo (con disponibilità a garantire la sede legale a Tortolì con atto deliberativo o nel preambolo dello Statuto ma non riportata al suo interno al fine di garantire la parità istituzionale tra i due centri) e i sostenitori (in testa il Comune di Tortolì) del capoluogo unico a Tortolì (o in seconda istanza della sede legale garantita dalla modifica dell'articolo 2 dello Statuto), sfociati nel tentativo di approvazione del 16 maggio 2006 e nell'occupazione dell'aula provinciale di Tortolì, era stata successivamente attivata la raccolta di firme per la richiesta di un referendum sul capoluogo unico. Il 14 giugno 2006, a seguito di un accordo, il Consiglio Provinciale ha approvato all'unanimità (e quindi con la maggioranza qualificata superiore ai 2/3 prevista dalla legge istitutiva) lo Statuto dell'Ente, che al Titolo 1 attribuisce la qualifica di capoluogo ai comuni di Lanusei (sede della Giunta Provinciale, sede del Presidente), e di Tortolì (sede legale, sede del Consiglio Provinciale, sede del Presidente) e ferma restando la distribuzione degli uffici già presenti nei due comuni e la ripartizione degli uffici di nuova istituzione. Il Dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell'Economia, con Circolare Prot. 2006/189860 del dicembre 2006, ha comunicato di aver definito la sigla di identificazione della Provincia in OG (acronimo di Ogliastra), anche ai fini dell'immatricolazione automobilistica, confermando la sigla provvisoria già precedentemente assunta in diversi documenti e tabelle ufficiali emessi dallo Stato (Ministero degli Interni, Agenzia delle Dogane, CIPE etc.). Questo codice non era stato fatto rientrare nel DPR n.133/2006 del 15 febbraio 2006 con cui erano state definite le sigle per le nuove province di Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani mentre la sigla postale OG è invece stata recepita nell'ambito della revisione generale dei CAP operativa dal 20 settembre 2006, pur mantenendo provvisoriamente invariati i codici postali sia dei capoluoghi che del territorio della nuova provincia.

    Cultura

    La cultura ogliastrina è pressoché agropastorale sia nei paesi di montagna che in quelli del mare, ad eccezione di Tortoli che conserva meglio la tradizione della pesca. La cultura è pressoché agropastorale ed il territorio ha subito un isolamento plurisecolare più di quello barbaricino essendo, sino alla fine dell'Ottocento, privo di strade e collegamenti ferroviari.

    Carnevale ogliastrino

    Nell'Ogliastra settentrionale il carnevale viene definito su Maimone, mentre nei due centri interni dell'Ogliastra centrale, cioè della Valle del Pardu, (Ulassai, Gairo) il carnevale viene denominato Su Maimulu. Le maschere tipiche, però al giorno d'oggi si trovano solo ad Ulassai. La maschera principale ha lo stesso nome della manifestazione cioè su Maimulu, costituita da una grossa pelle e diversi campanacci sulla schiena è seguita dalle altre maschere quali: sa Ingrastula, sa Martinicca, il fantoccio "su Martisberri", s'ursu e un numeroso gruppo di Assogadoris. Termina il giorno di martedì grasso "Martisberri" con la condanna del fantoccio e la sua aspersione nel grande fuoco "Da studi di Damiano Rossi". Nel paese di Seui il giorno dei fuochi in onore di Sant'Antonio, esce la maschera tipica de sa "Mamulada", tale maschera è costituita da un abbigliamento particolare, mastrucche e pelli di montone, con numerosi campanacci nella schiena, scorrazza per le vie del paese suonando con una particolare conchiglia, accompagnata da un numeroso gruppo di maschere della stessa foggia, il carnevale seuese termina il martedì Grasso "Martis de erri". Anche nel paese di Ussassai nel periodo di carnevale "Santu Musconi" escono a questuare per le vie del paese diversi giovani mascherati, con se portano un asinello dove depositare i doni ricevuti. Le stesse dinamiche carnevalesche erano in voga anticamente anche nei paesi di Gairo e Tertenia, ora però da diverso tempo non sono state più praticate. Gli altri carnevali ogliastrini non conservano le maschere antiche ma altrettanto conservano un grande spirito carnevalesco. I carnevali maggiori con carri allegorici di tipo moderno sono presenti a Lanusei, Cardedu, Tortoli e Jerzu.


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    La gola di Gorroppu

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    La Guglia di Goloritzè

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    Tomba dei giganti

    Monumenti naturali
    • Gola di San Giorgio Osini
    • Il Golgo "su Sterru" Baunei
    • Punta Goloritze Baunei
    • Perda Liana Gairo
    • Perda longa Baunei
    • Gola del Gorroppu Urzulei


    Grotte
    • Grotta su Marmuri di Ulassai
    • Grotta del fico di Baunei
    • Grotta di Taccu Isara Gairo Sant'Elena


    Musei e collezioni pubbliche
    • Fondazione Stazione dell'arte Museo Arte Contemporanea Ulassai
    • Collezione fotografica di Virgilio Lai di Ulassai
    • Museo Albino Manca Tertenia
    • Museo Diocesano Lanusei
    • Museo Civico Lanusei
    • Museo Galleria Civica Seui
    • Museo sa Domu e s'Olia Loceri
    • Museo Storico Etnografico Baunei


    Banditismo ogliastrino
    • Attilio Cubeddu nativo di Arzana
    • Raffaele Arzu nativo di Talana
    • Samuele Stocchino nativo di Arzana
    • Pasquale Stocchino nativo di Arzana
    • Francesco Usai nativo di Ulassai
    • Antonio Mesina nativo di Urzulei
    • Giovanni Mulas nativo di Urzulei
    • Francesco Murru nativo di Lanusei


    Personalità d'Ogliastra
    • Maria Lai nativo di Ulassai
    • Giovanni De Murtas nativo di Ulassai
    • Stanis Dessy nativo di Arzana
    • Anselmo Contu nativo di Arzana
    • Albino Manca nativo di Tertenia
    • Michele Mulas nativo di Barisardo
    • Romano Cannas nativo di Ulassai
    • Cristoforo Mameli nativo di Lanusei
    • Giorgio Mameli padre di Goffredo Mameli creatore dell'inno italiano
    • Antonio Scorcu nativo di Tortolì
    • Rina Brundu nativa di Villagrande Strisaili
  12. .

    Medio Campidano

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    - Fonte -

    La Provincia del Medio Campidano (Provìncia de su Campidanu de Mesu in sardo) è una provincia italiana della Sardegna.


    Affacciata a ovest sul mar di Sardegna, confina:
    • a nord con la Provincia di Oristano
    • a est con la Provincia di Cagliari
    • a sud con la Provincia di Carbonia-Iglesias e con la Provincia di Cagliari


    Dati

    La provincia conta 28 comuni, 102.435 abitanti (il 6,11% della popolazione sarda) e si estende per 1.516 km² (il 6,29% del territorio sardo). La sigla della provincia è VS, dai nomi dei due capoluoghi, Villacidro e Sanluri.

    Storia

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    L'origine della provincia risale al Regio Editto del 4 maggio 1807, con il quale la Sardegna fu divisa in quindici prefetture, tra cui quella comprendente la regione storico-geografica del Medio Campidano, con sede a Villacidro. Nel 1821 Carlo Alberto riduce il numero delle province a dieci e aggrega la prefettura di Villacidro alla Provincia di Iglesias, soggetta al tribunale di prefettura di Cagliari e alla vice-intendenza di Cagliari. Anche dopo la riforma operata a seguito della "fusione perfetta" della Sardegna al Piemonte, con la legge n. 807 del 12 agosto 1848 il Medio Campidano rimane compreso nella Provincia d'Iglesias, nella "divisione" di Cagliari (unitamente alle province di Cagliari e Isili). Con l'unità d'Italia e la legge Rattazzi n. 3702 del 23 ottobre 1859 la Sardegna fu suddivisa in sole due province, e il circondario di Iglesias (sede di sottoprefettura), di cui il Medio Campidano faceva parte, fu compreso nella Provincia di Cagliari. Nel 1927 sono stati soppressi i circondari. Negli anni '90, con l'accantonamento dell'istituzione dell'Area Metropolitana di Cagliari (che avrebbe comportato l'automatico distacco della restante parte della Provincia di Cagliari) e la riorganizzazione di alcuni enti regionali, vengono creati, con sede a Sanluri, dei servizi decentrati per la parte settentrionale della provincia (tra cui l'ASL), che si aggiungono a quelli esistenti nelle "aree-programma" storiche che già da diversi anni rivendicavano l'autonomia provinciale (Olbia-Tempio, l'Ogliastra e Carbonia-Iglesias). Si comincia così a delineare la prospettiva dell'istituzione di un ulteriore ambito di decentramento in questa regione, pur in assenza di un centro urbano di riferimento territoriale. Nel 2001 la Regione Autonoma della Sardegna ha istituito la provincia del Medio Campidano, che è divenuta operativa nel maggio del 2005, staccandosi da quella di Cagliari.

    Istituzione delle nuove province sarde

    In seguito alla legge regionale n. 9 del 2001 e successive integrazioni, è stata effettuata una nuova ripartizione del territorio della Regione Autonoma della Sardegna, che ha portato il numero delle province da quattro a otto. Le modifiche hanno assunto piena operatività a partire dal maggio 2005, quando si sono svolte le elezioni per rinnovare tutti i consigli provinciali. La Provincia del Medio Campidano è costituita da 28 comuni, tutti provenienti dalla Provincia di Cagliari.Il 18 gennaio 2006 il consiglio provinciale, con la maggioranza dei 2/3, ha formalmente deciso che la provincia avrà un doppio capoluogo: Sanluri (già attualmente sede provvisoria) sarà la sede della presidenza, della giunta e sede legale, mentre Villacidro (il comune più popoloso della provincia) ospiterà il consiglio provinciale e le relative commissioni. Il Medio Campidano è stato la seconda nuova provincia sarda a formalizzare la scelta dei capoluoghi, dopo quella di Carbonia-Iglesias (la scelta era stata appunto demandata, con legge regionale, ai consigli provinciali). Nella situazione attuale tutte le quattro nuove province sarde hanno quindi un doppio capoluogo. Il Dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell'Economia, con circolare prot. 2006/189860, hanno comunicato di aver definito la sigla identificativa della provincia in VS (acronimo di Villacidro-Sanluri), modificando la sigla provvisoria (MD) originariamente assunta anche dalle Poste e dall'Agenzia delle Dogane.

    Comuni

    I comuni assegnati a questa provincia dalla legge regionale n° 9 del 12 luglio 2001 sono: Arbus, Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, Gonnosfanadiga, Guspini, Las Plassas, Lunamatrona, Pabillonis, Pauli Arbarei, Samassi, San Gavino Monreale, Sanluri, Sardara, Segariu, Serramanna, Serrenti, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villacidro, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca, tutti compresi in precedenza nella Provincia di Cagliari. Lo scorporo da quest'ultima è avvenuto con le elezioni del 2005, quando la nuova provincia è diventata operativa.
  13. .
    Votato
  14. .

    Cagliari

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    - Fonte -

    Cagliari ascolta[?·info] (Castéddu in sardo /ka'steɖːu/) è un comune italiano di 156.560 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Sardegna. È una delle 15 città metropolitane italiane, la cui area metropolitana (comprendente i comuni conurbati di Cagliari, Monserrato, Selargius, Quartucciu, Quartu Sant'Elena, Capoterra, Elmas, Assemini e Sestu) supera i 370.000 abitanti, che divengono 486.000 con l'agglomerato urbano diffuso. La città di Cagliari è sede universitaria e arcivescovile. Città dalla storia plurimillenaria, è il centro amministrativo storico dell'isola essendo stata, sotto la denominazione di Caralis, capoluogo della provincia di Sardinia et Corsica durante il periodo romano e successivamente capitale del Regno di Sardegna, dal 1324 al 1861. Il suo porto è classificato "internazionale" per via della sua importanza nel panorama nazionale e internazionale; svolge funzioni commerciali, industriali, turistiche e di servizio per passeggeri.

    Territorio

    La città di Cagliari è situata nella zona meridionale della Sardegna. Si trova al centro del Golfo degli Angeli e si sviluppa intorno alla Sella del Diavolo, confina a est con la catena dei Sette Fratelli, a ovest con i monti di Capoterra e a nord con la pianura del Campidano. Ha in comune con Roma, Lisbona e Istanbul il fatto di essere stata costruita su 7 colli che identificano altrettanti quartieri cittadini: Castello, Tuvu Mannu, Tuvixeddu, Monte Claro, Monte Urpinu, Colle di Bonaria, Colle di San Michele.

    Clima

    Il clima della città è tipicamente mediterraneo, con inverni miti ed estati calde e siccitose. I valori estremi estivi talora superano di poco i 40 °C (a volte con tassi di umidità contenuti), mentre quelli invernali, solo in condizioni particolari e rare, scendono leggermente sotto lo zero. Leggermente più continentale il clima della pianura del Campidano come evidenziato dalle rilevazioni della Stazione meteorologica di Decimomannu.

    Storia antica

    La zona dove sorge l'odierna città fu abitata fin dall'età del bronzo da popolazioni sardo-nuragiche e alcuni ritrovamenti archeologici, come ad esempio le ceramiche ritrovate nel nuraghe Antigori presso Sarroch, fanno ipotizzare che le popolazioni nuragiche stanziate nell'odierno cagliaritano intrattennero intensi rapporti commerciali e culturali con i Micenei; vi sono inoltre non pochi ritrovamenti che presentano una datazione anteriore al VI millennio a.C., il che prova che i suoi porti godevano già allora di vita e di frequentazione. I Fenici, che frequentarono i porti di Cagliari e di altre zone della Sardegna sin dall'VIII secolo a.C., o in periodo comunque antecedente alla fondazione di Roma, si stanziarono all'imboccatura dello stagno di Santa Gilla. Passata ai Cartaginesi nel V secolo a.C., la città conobbe un rapido sviluppo, testimoniato tra l'altro dalle necropoli di Tuvixeddu, ritenuta la più vasta necropoli fenicia del Mediterraneo, e di Bonaria: questi furono gli estremi dell'espansione urbana di quei secoli, che vide l'abbandono degli insediamenti nuragici sui colli ed il concentrarsi lungo la costa dell'abitato, che assunse un carattere decisamente mediterraneo. Il centro cittadino fortificato, situato nell'area oggi occupata dal quartiere della Marina, era affiancato dall'area sacra che sorgeva nell'attuale zona di Stampace, ed era chiuso tra i due quartieri portuali delle zone di Sant'Avendrace e di Bonaria.Divenuta il centro principale dell'isola, ormai completamente punicizzata, passò ai Romani con tutta la Sardegna e la Corsica, nel 238 a.C., all'indomani della I guerra punica. L'aspetto dell'abitato non sembra essere cambiato molto durante la lunga dominazione romana, di cui sono notevoli resti l'anfiteatro e le ville suburbane come la Villa di Tigellio. Nei secoli successivi la Karalis romana mantenne il suo ruolo di metropoli sarda e nel 48 a.C. Cesare la premiò per averlo sostenuto nello scontro con Pompeo concedendole lo stato giuridico di municipio. Alla morte di Cesare i cittadini gli rimasero fedeli e si schierarono dalla parte del figlio adottivo Ottaviano Augusto, prima contro Sesto Pompeo, poi contro Antonio. Dopo la vittoria di Ottaviano ci fu un lungo periodo di tranquillità politica e di grande sviluppo economico, prima di cadere sotto l'occupazione dei Vandali d'Africa, comandati da Genserico, nella metà del V secolo. Caralis rimase parte del regno dei Vandali per circa ottant'anni, divenendo per un breve lasso di tempo capitale di un regno sardo indipendente proclamato dal funzionario germanico ribelle Goda. Fu conquistata da Giustiniano nel 534 d.C. ed entrò nel sistema amministrativo bizantino come sede del preside, funzionario imperiale a capo di tutta la Sardegna, e sottoposto all'esarcato d'Africa. Durante la guerra gotica, che imperversava nella penisola, contingenti di Goti occuparono per un breve periodo la città che passo poi nuovamente in mano bizantina. Nel 599 d.C. la flotta longobarda di Agilulfo compì un'incursione di saccheggio nelle coste cagliaritane ma venne respinta dalle milizie locali.

    Storia medievale

    Con la divisione dell'isola in quattro giudicati, la città, da secoli in fortissima recessione demografica e ormai ridotta al borgo di Santa Igia o Santa Gilla, rimase a capo del giudicato che ne prese il nome. Intanto aveva subìto secoli di incursioni saracene, contrastate dal principio dell'XI secolo con l'aiuto delle potenze navali di Pisa e Genova. È nota la progressiva ingerenza che le due città marinare esercitarono da allora sulla Sardegna. Il Giudicato cagliaritano, fin dalle sue più antiche attestazioni, rientrò nell'orbita dei Pisani e dei Genovesi; furono i primi che finirono con l'impadronirsene. Nel 1215, di fronte alla possibilità di un'alleanza tra la nuova giudicessa Benedetta e Genova, il pisano Lamberto Visconti ottenne con la minaccia delle armi la cessione del colle che sarebbe stato detto di Castello: infatti, quasi a guardia della capitale giudicale, vi venne presto costruita una città fortificata interamente pisana: il Castellum Castri de Kallari (1216/17).
    Nel 1257 il neo-giudice filoligure Guglielmo III-Salusio VI scacciò i pisani da Castel di Castro (il cui colle sul quale sorgeva, era stato ceduto l'anno precedente al comune di Genova dal predecessore Giovanni Torchitorio V). Ciò accese l'ira degli altri pisani di Sardegna e di Pisa che immediatamente costituirono una alleanza comprendente i tre giudicati sardi filopisani e lo stesso comune di Pisa e attaccarono quindi Guglielmo. Il 20 luglio 1258, dopo un anno di guerra, Santa Igia venne distrutta dalla coalizione e sulle sue rovine venne sparso il sale; Guglielmo riuscì a fuggire a Genova dove morì nello stesso anno. Ebbe cosi fine il giudicato di Cagliari che venne smembrato in quattro parti: la parte settentrionale venne annessa dal giudicato di Arborea, la parte orientale dal giudicato di Gallura, l'area occidentale fu assegnata alla famiglia dei Della Gherardesca, mentre il comune di Pisa mantenne il governo di Castel di Castro, considerato "la chiave del Mediterraneo". Da allora il Castellum Castri fu identificato con la stessa Cagliari, come mostra ancora l'attuale nome sardo della città, Casteddu. Nondimeno attorno ad esso si formarono i sobborghi di Bagnaia –oggi detta Marina–, zona portuale regolata dal Breve del porto di Cagliari; della fortificata Stampace (toponimo che si riscontra anche a Pisa); e infine di Villanova; in queste appendici trovarono asilo i sardi, esclusi dal Castello che aveva invece un ordinamento comunale, regolato dal Breue Castelli Castri de Kallari, dipendente direttamente da Pisa.

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    Cupola della Cattedrale nel quartiere di Castello


    Non passarono cent'anni e un'altra dominazione sopraggiunse. Questa volta furono gli Aragonesi che, nella loro guerra di conquista della Sardegna, assediando Cagliari, edificarono una loro roccaforte su un altro colle, ancora più meridionale: quello di Bonaria. Essi tuttavia non distrussero la città nemica, come avevano fatto i Pisani con Santa Gilla; ma anzi, ottenuta la vittoria nella battaglia di Lucocisterna, lasciarono il Castello infeudato a Pisa. I toscani però non sopportavano la concorrenza del nuovo borgo aragonese di Bonaria, col suo fiorente porto: l'anno seguente ripresero le armi ma vennero nuovamente sconfitti dall'esercito catalano-aragonese in una battaglia navale svoltasi nel golfo degli Angeli tra il 26 e il 29 dicembre 1325 e quindi dovettero abbandonare per sempre la città mentre le loro abitazioni furono riassegnate a sudditi della corona d'Aragona. Sotto la dominazione iberica Caller (Cagliari), città reale non sottomessa e sede del viceré , venne dotata di un codice municipale modellato sulla base di quello di Barcellona e divenne la capitale del nuovo regno. Alcune famiglie di origine iberica che si insediarono a Cagliari in quell'epoca sono tuttora presenti in città; tra le varie si possono ricordare gli Aymerich, gli Amat, i Manca, i Canelles e i Sanjust.

    Storia rinascimentale, seicentesca e settecentesca

    Conquistata la Sardegna pisana e inglobati i possedimenti dei Malaspina, il regno dovette fronteggiare prima i Doria e poi Mariano IV d'Arborea il quale a partire dal 1353 scatenò la rivolta contro gli aragonesi cosicché il territorio regio si ridusse alle sole città di Cagliari e Alghero mentre la parte restante divenne parte del giudicato di Arborea, l'unica entità statale isolana rimasta indipendente. Questa situazione si protrasse a fasi alterne fino al 1409 quando una nuova spedizione militare aragonese, guidata da Martino il Giovane, sconfisse definitivamente i sardi nella battaglia di Sanluri, facendo si che a partire dal 1420, a seguito dell'estinzione del giudicato arborense, il territorio del regno di Sardegna, con capitale Caller, coincidesse per la prima volta con quello dell'intera isola.



    A Cagliari il Castello continuò ad essere interdetto a chiunque non fosse nobile, ma fu fortificata anche Bagnaria, dagli Aragonesi chiamata Llapola (pola significa 'marina' in latino medievale; la lappula o leppula portus Bagnarie dei documenti medievali sembra essere stato un luogo o un oggetto posto nel porto di Cagliari, il cui nome fu esteso al quartiere). La vita intellettuale fu relativamente vivace e nel XVII secolo venne fondata l'Università. Tuttavia pian piano la città, pur fortemente ispanizzata, cominciò a provare una certa insofferenza per la dominazione iberica: sentimento che culminò nell'assassinio del viceré Camarassa (1666). Così nel 1708, durante la Guerra di successione spagnola, i cagliaritani non opposero resistenza all'assedio anglo-olandese, che pose fine all'età spagnola. A seguito del trattato di Utrecht si assistette allo smembramento dei territori europei dell'impero spagnolo e il regno di Sardegna venne assegnato prima all'Austria dal 1713, e successivamente, dopo l'effimera occupazione del cardinale Giulio Alberoni che cercava di riconquistare la Sardegna agli spagnoli (1717), Cagliari, come deciso al trattato di Londra del 1718, passò con tutto il regno sotto il dominio sabaudo (8 agosto 1720). L'età di riforme che seguì in tutta Europa vide un relativo rilancio della città, con la riorganizzazione dell'Università e dell'ospedale, la creazione dell'Archivio di Stato e della Biblioteca universitaria, di una scuola di Chirurgia e della Stamperia reale. Anche i piemontesi furono tuttavia non ben tollerati e quando, dopo che Cagliari aveva stavolta resistito con vigore all'assedio navale dei francesi rivoluzionari (1793), i sardi videro rifiutare la loro richiesta di una maggiore autonomia e del rispetto degli antichi privilegi, la città insorse (27 aprile 1794) e cacciò temporaneamente i piemontesi; ma la rivolta, pur propagatasi subito al resto dell'isola, dove prese una piega anti-feudale, fu alla fine soffocata.

    Storia ottocentesca
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    Interno del palazzo regio di Cagliari. Fu dimora dei Vicerè e per brevi periodi dei Re di Sardegna fra il 1337 e il 1847

    Cagliari, rioccupata, divenne dal 1798 al 1815, oltre che capitale, centro politico-amministrativo del Regno di Sardegna e ospitò nel Palazzo reale (oggi detto spesso Viceregio) la corte sabauda, cacciata da Torino dai francesi, i quali avevano costituito la Repubblica Piemontese, mentre non avevano potuto conquistare la Sardegna. Nella prima metà dell'Ottocento, l'età d'oro della cultura sarda, si registrò il declino dell'aristocrazia feudale a favore di un'aristocrazia culturale che, con l'abolizione del feudalesimo e la concessione dello Statuto Albertino (1848), divenne la classe dirigente. Con le nuove tecniche belliche a Cagliari, privata del ruolo di piazzaforte all'indomani dell'Unità d'Italia, furono abbattute le mura e si posero le basi per la grande espansione dell'ultimo secolo.Attirati dalle tante potenzialità inespresse, si stabiliscono in questo periodo a Cagliari numerosi imprenditori (soprattutto liguri, piemontesi, svizzeri e francesi) che favoriranno la modernizzazione cittadina importando le prime forme di industrializzazione; avviene cosi il passaggio da una società d'Ancien Régime ad una società di tipo capitalista. Gli architetti sardi (e non), tra cui Gaetano Cima e Dionigi Scano, ridisegnano il centro urbano secondo i gusti dell'epoca; si diffonde lo stile neoclassico e neogotico, sorgono i caratteristici palazzi liberty.

    Storia novecentesca e contemporanea

    Nel primi decenni del novecento la città continua a crescere e a fine anni venti, in periodo fascista, con l'annessione dei comuni di Pirri, Selargius, Quartucciu e Monserrato raggiungerà i 100.000 abitanti cosi da poter essere annoverata fra le grandi città d'Italia. Durante la seconda guerra mondiale, Cagliari subì numerosi bombardamenti (l'80% della città venne raso al suolo, tanto che Cagliari fu dichiarata Città Martire e ricevette una medaglia d'oro al valore militare) dei quali possiamo ancora vedere i segni in alcune zone del centro storico. Nel 1948 diventa ufficialmente capoluogo della Sardegna secondo l'articolo 2 dello Statuto della Regione autonoma della Sardegna. Dal secondo dopoguerra in poi la popolazione di Cagliari crebbe ulteriolmente fino a raggiungere un massimo di 220.000 abitanti circa nel 1981 per poi calare drasticamente a seguito dei referendum svoltisi fra metà anni ottanta e inizio anni novanta che sancirono l'autonomia dei vari comuni circostanti, oggi inglobati nell'area metropolitana cagliaritana. Nel corso del XX secolo il centro urbano si è esteso fino al litorale del Poetto e alla zona di Monte Urpinu facendo sorgere i quartieri di San Benedetto, Bonaria, La Vega, Tuvumannu e San Michele.

    Etimologia
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    Palazzo Civico "Ottone Bacaredda" di Cagliari

    In passato Cagliari era chiamata Krly dai fenicio-punici mentre in latino era Càralis (Cărălis) o al plurale Calares o Karales. Intorno al XVI secolo Roderigo Hunno Baeza, un umanista sardo, affermò che Karalis derivasse dal greco κάρα che significa testa, poiché Cagliari era il principale centro dell'Isola. Il semitista Guglielmo Gesenius fece derivare il toponimo da Kar Baalis, che in fenicio significa "città di Dio". Questa derivazione venne, seppur con qualche differenza, accettata da Giovanni Spano; egli, infatti, sostenne che Cagliari derivi dal nome fenicio Kar-El, che significa anch'esso "città di Dio". Max Leopold Wagner fece risalire il termine Karalis al protosardo, trovando riscontro con i toponimi Carale di Austis, Carallai di Sorradile, Karhalis o Karhallis della Panfilia e Karhalleia della Pisfidia. Inoltre il toponimo Karalis è da collegare con gli appellativi cacarallai, criallei, crielle, chirelle, ghirelle (crisantemo selvatico e macerone) e garuleu, galureu, galileu (polline depositato nel miele, che è di colore giallo oro), che hanno affinità con l'etrusco garouleou (crisantemo selvatico).


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    In primo piano: Sant'Anna (barocco piemontese) In secondo piano: San Michele (barocco spagnolo) Campanile in fondo: Chiesa del carmine (architettura moderna)

    Francesco Artizzu notò che la radice "kar" nel linguaggio dei popoli mediterranei significava "pietra/roccia" e il suffisso "al/ar" dava valore collettivo, e si sarebbe formato così Karali, che significherebbe "luogo di comunità sulla roccia" o semplicemente "località rocciosa". Quanto poi al plurale Kalares, Artizzu lo spiega col fatto che, da un nucleo iniziale, si sarebbero uniti altri nuclei vicini, aumentando così l'estensione della città. In conclusione, molto probabilmente in origine Karalis/Caralis aveva il significato di «luogo di comunità sulla roccia/rocca gialla o bianca». Durante l'epoca Giudicale il centro della città divenne quello che oggi è il quartiere Santa Gilla e in sardo medioevale veniva pertanto chiamata "Santa Igia". Con l'arrivo dei Pisani venne identificata nei documenti pisani come Kastrum Karalis e successivamente dagli aragonesi come Castel de Càller in catalano antico. Successivamente all'affermarsi del castigliano durante il dominio spagnolo il nome divenne Callari e infine nel periodo sabaudo il nome venne semplicemente translitterato in italiano ottenendo l'attuale Cagliari. In lingua sarda il nome attuale Casteddu viene dall'identificazione della città con il quartiere fortificato di Castello edificato durante la dominazione pisana.
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    Esempi di architettura stile liberty
    (Palazzata di via Roma,
    Palazzo Balletto, Palazzo Valdès)

    Progetti per il futuro
    Negli ultimi anni Cagliari ha iniziato un processo di sviluppo urbanistico con l'obiettivo di diventare una città turistica di rilevanza internazionale, dando vita a numerosi progetti. È stato inaugurato nel 2008 il primo tratto della metrotranvia, da piazza Repubblica a Monserrato, uno dei sobborghi della città che sarà collegato alla cittadella universitaria nei prossimi anni. Esistono dei progetti per nuove linee della MetroCagliari ma per ora i lavori non hanno preso inizio. Sul lungomare è stato realizzato un terminal crociere adatto a ricevere qualsiasi tipo di nave (ha recentemente accolto la Independence of The Seas, la nave da crociera più grande del mondo), il porto commerciale e quello passeggeri saranno spostati verso la zona del porto canale, lasciando in Via Roma solo il Terminal Crociere e facendo dell'ex porto commerciale un porto turistico per imbarcazioni da diporto di grossa stazza denominato "Portus Karalis - Città di Cagliari". Entro il 2011 saranno completati i lavori di rifacimento del water front tra la Stazione Marittima e la Darsena. Nel 2011 dovrebbero iniziare i lavori per la realizzazione del nuovo stadio del Cagliari calcio, la Caralis arena. Tuttavia ci sono delle possibilità che il nuovo impianto possa sorgere nel comune di Elmas, facente parte dell'hinterland, nella zona della chiesetta di Santa Caterina dalla quale prenderà il nome. Sempre per quanto riguarda le infrastrutture sportive, dovrebbe sorgere in zona Via San Paolo un nuovo palazzetto dello sport che potrà ospitare alcune gare del mondiale di volley in programma in Italia nel 2014; i lavori dovrebbero iniziare entro il 2011 e terminare entro il 2013. Altri progetti che cambieranno il volto del capoluogo sardo sono il nuovo quartiere fieristico, il parco archeologico di Tuvixeddu e il nuovo campus universitario di Viale la Playa (dove sorgeva la S.E.M. Semoleria Italiana) progettato dall'architetto brasiliano Paulo Mendes da Rocha: all'interno dovrebbero sorgere teatri, biblioteche, campi sportivi e altro, ma il comune non ne permette la costruzione perché supererebbe la cubatura consentita, mentre invece preferirebbe un progetto da loro approvato dove però il Campus sarebbe solo un dormitorio; è prevista la riqualificazione del vecchio ospedale marino (in stato di abbandono) sulla spiaggia del Poetto che verrà riconvertito in un moderno centro benessere, un nuovo porticciolo per la piccola pesca costituirà invece il primo passo verso la riqualificazione del quartiere Sant'Elia. Entro la primavera del 2011 sarà ultimato il "Parco della musica", situato tra l'esclusivo T Hotel e il Teatro Lirico di Cagliari. In via di ultimazione anche la nuova area residenziale di Via Santa Gilla, che al suo interno ospiterà inoltre un cinema multisala, un planetario, bar, ristoranti, supermercati e uffici.

    Monumenti e luoghi di interesse

    Oltre al museo archeologico nazionale, che ospita al suo interno una ricca collezione di reperti risalenti alle varie epoche preistoriche e storiche, si segnalano l'Anfiteatro romano, del II secolo, modificato in epoca recente con l'installazione di una struttura in legno e ferro, inizialmente dichiarata amovibile, ma di fatto diventata permanente, con grave ed irreversibile danno dovuto ai fori operati per l'ancoraggio delle gradinate al monumento; la Basilica di San Saturnino la più antica chiesa della Sardegna di cui si abbia notizia, fondata nel V secolo e rimaneggiata in età romanica, oggi ristrutturata e riconsacrata di recente; il quartiere fortificato di Castello, che fino alla seconda guerra mondiale, fu la residenza dei nobili. Da visitare sono anche i quartieri di Stampace, Marina e Villanova. Il primo era il quartiere dei borghesi e dei mercanti, il secondo era il quartiere dei pescatori e marinai, il terzo quello dei pastori e dei contadini.

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    L'Anfiteatro Romano il cui profilo è stato drasticamente modificato negli ultimi anni per poter ampliare la struttura da adibire a teatro all'aperto per concerti ed altre manifestazioni con ampia copertura metallico-lignea apposta dalle ultime amministrazioni

    Il Bastione di Saint Remy

    Il Bastione di Saint Remy venne costruito alla fine del XIX secolo sulle mura antiche della città, risalenti agli inizi del XIV secolo, collegando fra loro i tre bastioni meridionali della Zecca, di Santa Caterina e dello Sperone, per unire il quartiere Castello con quelli sottostanti di Villanova e Marina.

    L'Orto Botanico

    Il sito, che secoli dopo diventerà l'orto botanico, era già esistente in età romana e faceva parte della rete di raccolta delle acque della Cagliari antica. Al suo interno si possono ammirare, oltre che le numerose specie di piante, cisterne, pozzi e cave di epoca romana. Nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, l'orto botanico venne usato come rifugio antiaereo grazie alle gallerie e cisterne che fungevano da protezione per i cagliaritani.

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    Necropoli punica di Tuvixeddu

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    Basilica di San Saturnino

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    Cattedrale di Cagliari

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    Santuario Nostra Signora di Bonaria

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    Orto Botanico di Cagliari

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    Palazzo Boyl nel quartiere di Castello

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    Quartiere Marina

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    Fonsarda, uno dei quartieri di Cagliari
    in piena espansione
    Altri monumenti

    Di età fenicio punica e romana
    • Necropoli punica di Tuvixeddu
    • Sepolcro romano di Aptilia Pomptilla ("Grotta della Vipera")
    • Villa romana di Tigellio
    • Fullonica
    • Tempio di Via Malta
    • Area archeologica di Santa Eulalia
    • Necropoli di San Paolo


    Di età bizantina e giudicale
    • Basilica di San Saturnino
    • Castello di San Michele
    • Chiesa di San Lorenzo
    • Chiesa di San Pietro dei Pescatori


    Di età pisana
    • Cattedrale di Santa Maria
    • Chiesa di Sant'Alenixedda
    • Chiostro di San Domenico
    • Mura e torri pisane (Torre dell'Elefante, Torre di San Pancrazio, Torre dello Sperone, Torre dell'Aquila)


    Di età aragonese e spagnola
    • Santuario di Nostra Signora di Bonaria
    • Palazzo reale (o viceregio)
    • Ex Palazzo di Città
    • Chiesa della Purissima
    • Chiesa di San Sepolcro
    • Chiesa di San Michele
    • Chiesa di Santa Rosalia
    • Chiesa di Santa Restituta
    • Chiesa di San Lucifero
    • Chiesa di San Francesco di Paola
    • Chiesa di Sant'Agostino
    • Chiesa dei Santi Giorgio e Caterina


    Di età sabauda
    • Palazzo dell'Università
    • Chiesa di Sant'Efisio
    • Collegiata di Sant'Anna
    • Palazzo Boyl
    • Villa Pollini
    • Cimitero monumentale di Bonaria
    • Piazza Yenne


    Di età italiana e contemporanea
    • Palazzine liberty
    • Orto botanico
    • Monumento ai caduti delle guerre d'indipendenza
    • Città del sale
    • Monumento a Carlo Felice
    • Piazza del Carmine
    • Palazzo civico "Ottone Bacaredda"
    • La Scala di Ferro
    • Parco delle Rimembranze
    • Legione dei Carabinieri
    • Padiglione della Cassa per il Mezzogiorno all'interno del quartiere fieristico
    • Scalinata di Bonaria
    • Palazzo del Consiglio regionale della Sardegna
    • Palazzo ENEL
    • Sede del CIS
    • Terminal Crociere
    • Campus Tiscali-Sa Illetta


    Parchi
    • Parco di Monte Urpinu (247.000 mq)
    • Parco del colle di San Michele (253.000 mq)
    • Parco di Terramaini (127.000 mq)
    • Parco di Monte Claro (250.000 mq)
    • Orto Botanico (50.000 mq)
    • Parco della ex-vetreria Pirri (25.000 mq)
    • Giardini pubblici (17.000 mq)
    • Parco naturale Molentargius-Saline (16.000.000 mq)
    • Laguna di Santa Gilla (13.500.000 mq)


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    Polo museale di Cagliari
    "Cittadella dei musei"

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    Galleria comunale d'arte
    Musei e gallerie
    • Collezione sarda "Luigi Piloni"
    • ExMà
    • Galleria comunale d'arte
    • Museo archeologico nazionale di Cagliari
    • Museo dell'Arciconfraternita dei Genovesi
    • Museo civico d'arte siamese Stefano Cardu
    • Museo di Bonaria
    • Museo delle cere anatomiche Clemente Susini
    • Museo del Duomo
    • Museo di fisica di Sardegna
    • Museo di mineralogia "Leonardo de Prunner"
    • Museo sardo di antropologia ed etnografia
    • Museo sardo di geologia e paleontologia "D. Lovisato"
    • Museo del tesoro di Sant'Eulalia
    • Orto botanico di Cagliari
    • Pinacoteca nazionale


    Teatri
    • Teatro Lirico
    • Teatro Massimo
    • Teatro Civico
    • Auditorium Comunale
    • Teatro Alfieri
    • Teatro delle Saline
    • Auditorium del Coservatorio
    • TeatroClub


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    le limpide acque fra la Sella
    e Capo Sant'Elia
    Spiagge
    Il Poetto (in sardo Su Poettu) è la principale spiaggia di Cagliari che si estende per circa otto chilometri, dalla Sella del Diavolo sino al litorale di Quartu Sant'Elena. Altra spiaggia degna di nota è la piccola spiaggia di Calamosca situata nel tratto di mare tra la zona di Capo Sant' Elia e il Poetto.

    Nei comuni facenti parte dell'area metropolitana di Cagliari si trovano inoltre le spiagge di: Quartu Sant'Elena
    • Cala Regina
    • Capitana
    • Is Mortorius
    • Kal'e Moru
    • Mari Pintau
    • Sant'Andrea
    • Stella di Mare


    Capoterra
    • Frutti d'Oro
    • La Maddalena
    • Torre degli Ulivi


    Lingua

    La lingua autoctona di Cagliari è il sardo (sardu), e per la precisione il campidanese (campidanesu) nella sua variante cagliaritana (casteddaiu). Tale idioma è parlato sempre meno dalle nuove generazioni del luogo, che utilizzano l'italiano, in quanto, oltre ad essere l'unica lingua di cultura largamente diffusa nell'isola, tramite l'istruzione e i mezzi di comunicazione di massa, è diventata ormai anche la lingua predominante nei rapporti sociali, formali ma anche informali, specie nelle città maggiori, e particolarmente nel cagliaritano, relegando sempre più il sardo al ruolo sociologico di dialetto; spesso i giovani hanno solo la competenza passiva del sardo, dovuta al rapporto con i parenti anziani che ancora lo parlano, mentre con i genitori (per scelta di questi ultimi in merito alla loro educazione) hanno sempre parlato in italiano. La variante cagliaritana del sardo nei suoi registri alti ha tradizionalmente rappresentato il modello linguistico di referenza per tutta l'area meridionale dell'isola, variante diastratica alta utilizzata dal ceto borghese in tutto il dominio campidanese, nonché modello letterario di riferimento per scrittori e poeti.

    Religione

    La grande maggioranza dei cagliaritani è di religione cattolica ma sono presenti in città anche delle minoranze appartenenti ad altri fedi religiose, principalmente ortodossi e musulmani. La città è sede dell'Arcidiocesi di Cagliari, che ha origini antichissime, seppure non documentata si ha notizia del primo vescovo sant'Avendrace già intorno al 70 d.C.; nel territorio di sua competenza si trovano 133 parrocchie. Altre Chiese presenti sono la chiesa evangelica, la chiesa evangelica battista, la chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni e i Testimoni di Geova.

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    Vista di alcune zone di Cagliari e parte dell'area metropolitana. Sullo sfondo, lo stagno di Molentargius, il Poetto e la catena dei "Sette fratelli"



    Edited by PatriziaTeresa - 19/10/2016, 12:28
  15. .

    Carbonia-Iglesias

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    - Fonte -

    La Provincia di Carbonia-Iglesias (Provìncia de Carbònia-Igrèsias in sardo; Provinsa de Carbònia-Igréxi in tabarchino) è una provincia di 129.840 abitanti della Sardegna, avente come capoluoghi le città di Carbonia e Iglesias. Istituita nel 2001 e attiva dal 2005, comprende 23 comuni delle regioni del Sulcis e dell'Iglesiente, ed è la più piccola provincia per estensione della Sardegna.Confina con la Provincia del Medio Campidano a nord e con la Provincia di Cagliari a est e a sud, mentre a ovest le sue coste sono bagnate dal mare di Sardegna, in cui si trovano anche le isole di Sant'Antioco e San Pietro (oltre ad altre minori), anch'esse parte del territorio provinciale. Con un PIL pro capite nominale pari a 14 346 € nel 2009 è risultata essere la provincia più povera d'Italia.

    Geografia

    La provincia è situata nell'estrema parte sud-occidentale della Sardegna, comprendendo buona parte del territorio del Sulcis-Iglesiente. Territorialmente si estende per 1.494 km² (il 6,2% del territorio sardo), ed è la meno estesa delle province sarde. La parte settentrionale del territorio provinciale, confinante con la Provincia del Medio Campidano a nord e con quella di Cagliari a est, è costituita dalla subregione dell'Iglesiente, mentre a sud della valle del Cixerri è presente quella del Sulcis, confinante a sud e a est con la Provincia di Cagliari. A ovest il confine naturale della provincia è dato dal litorale che va dalle coste di Fluminimaggiore e Buggerru sino alla parte nord del arenile di Porto Pino, compresa nel Comune di Sant'Anna Arresi: per tutta la sua estensione questa parte di costa, bagnata dal mare di Sardegna, alterna spiagge e calette a costoni rocciosi, in buona parte di origine vulcanica. Il territorio provinciale comprende anche alcune isole minori della Sardegna, di cui due popolate: l'isola di San Pietro e l'isola di Sant'Antioco (legata al territorio da un istmo artificiale e quarta per estensione in Italia). Una terza isola, l'isola Piana, è invece una proprietà privata e ospita un residence turistico. Queste isole ed altre minori (prive di insediamenti umani) formano l'arcipelago del Sulcis.

    Orografia

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    Il lago artificiale di Monte Pranu,
    tra Tratalias e Villaperuccio,
    formatosi in seguito alla costruzione
    di una diga sul rio Palmas
    nel secondo dopoguerra.

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    La cima del monte Is Caravius,
    la più alta vetta della provincia
    Dal punto di vista altimetrico il territorio provinciale presenta due principali aree montuose: la prima è il massiccio del Monte Linas, al confine con la Provincia del Medio Campidano, i cui rilievi più elevati all'interno del territorio provinciale raggiungono quota 1000 m s.l.m, con il rilievo più alto della catena, sempre tra quelli entro i confini amministrativi dell'ente, rappresentato dal monte Lisone (1094 m). Nell'area sud-orientale della provincia è presente invece la catena dei monti del Sulcis (in parte nella vicina Provincia di Cagliari): tra queste vette da citare il monte Is Caravius, che coi suoi 1116 metri costituisce il punto più alto della provincia. Tra i due sistemi montuosi si presenta una vasta pianura attraversata dal rio Cixerri e da altri corsi d'acqua minori.

    Idrografia
    Vari sono i corsi d'acqua che scorrono nel territorio, sebbene di modesta entità: tra di essi il principale è il Cixerri, che nasce sul monte Croccoriga per poi proseguire verso est e andare a sfociare, dopo 40 km, nello stagno di Cagliari. Gli altri corsi d'acqua sono a carattere per lo più torrentizio e di lunghezza modesta: tra questi da citare il rio Palmas, le cui acque alimentano nei pressi di Tratalias il lago di Monte Pranu, il maggiore degli invasi, tutti artificiali, della provincia. Un altro bacino di questo tipo si trova a nord di Iglesias, si tratta del lago Corsi (o di Punta Gennarta), inoltre anche una parte del lago di Bau Pressiu, situato al confine con la Provincia di Cagliari, ricade nel territorio della provincia, nel comune di Nuxis. Tra San Giovanni Suergiu e Sant'Antioco si trova inoltre lo stagno di Santa Caterina, a est dell'istmo che collega l'isola di Sant'Antioco con la Sardegna. Altri specchi d'acqua di questo tipo si trovano a Porto Botte, a Porto Pino, e sull'isola di San Pietro.

    Storia

    Le prime origini di una moderna suddivisione amministrativa intermedia del sud-ovest sardo risalgono al regio editto del 4 maggio 1807, con il quale la Sardegna era stata divisa in quindici prefetture, tra cui quella di Iglesias, comprendente la sub-regione storico-geografica del Sulcis-Iglesiente. Nel 1807 con tale regio editto furono istituite le Regie Prefetture e il territorio del Sardegna venne suddiviso in 15 province, 8 nel Capo di Cagliari (tra cui quella di Iglesias) e 7 in quello di Sassari. Nel 1821 Carlo Alberto ridusse il numero delle province a dieci e la provincia di Iglesias comprendeva anche il territorio della soppressa prefettura di Villacidro ma restava soggetta al Tribunale di Prefettura di Cagliari. Profonde trasformazioni così furono sancite dal regio editto del 19 luglio 1825, sulla base del quale, furono portate a 10 le circoscrizioni prefettizie. Nel 1838, con regio editto del 27 luglio, furono disciplinate definitivamente le Regie Prefetture con l'istituzione di 6 tribunali da cui dipendevano 85 mandamenti presieduti da giudici ordinari. Dal Tribunale di prefettura di Cagliari dipendevano 21 mandamenti, tra cui quelli di Iglesias, Carloforte, S. Antioco e Villamassargia. La Provincia di Iglesias, già soggetta alla vice-intendenza di Cagliari, venne confermata anche con la riforma operata dopo la "fusione perfetta" della Sardegna al Piemonte, con la Legge n. 807 del 12 agosto 1848 in base alla quale (unitamente alle province di Cagliari, Isili e Lanusei) rientrava nella "divisione" di Cagliari. In questo modo, durante il Regno di Sardegna, con D.L. 12 agosto 1848 n. 245, la Sardegna fu ripartita in 3 Divisioni (Cagliari, Nuoro e Sassari) guidate da un Governatore; in 11 Province (tra cui Iglesias) guidate da un Vice-Governatore; in 84 mandamenti (sedi di pretura e di collegi elettorali) e 363 comuni. Sempre durante il regno sardo-piemontese e con l'unità d'Italia, tramite il successivo R.D. 23 ottobre 1859 n. 3702, il cosiddetto Decreto Rattazzi o Legge Rattazzi, la Sardegna fu suddivisa in due Province (Cagliari e Sassari), che divennero sede prima di Governatorato e poi di Prefettura; in 9 Circondari (tra cui quello iglesiente), che furono sede prima di Vice-Governatorato e poi di Sotto-Prefettura; in 91 mandamenti e 371 comuni. Ogni provincia era guidata da un Governatore (poi rinominato con il Regio Decreto n. 250 del 1860, Prefetto), nominato dal Re, coadiuvato da un vice-governatore, diretti dipendenti del Ministro dell'Interno, con un consiglio provinciale eletto dal governo, che fungeva da giudice amministrativo. In questo periodo il circondario di Iglesias (sede di sottoprefettura), compreso nella Provincia di Cagliari, si mantenne fino al 1927 quando furono eliminati tutti i Circondari in Italia (così stabilì il Regio Decreto n. 1 del 02 gennaio 1927). Nel 2001, la Regione Autonoma della Sardegna ha istituito la provincia di Carbonia-Iglesias che è divenuta operativa nel maggio del 2005 staccandosi da quella di Cagliari.

    Aree naturali

    La provincia, oltre che possedere le coste rocciose sulla fascia occidentale, ha anche un entroterra di grande interesse paesaggistico. Queste aree interne della provincia sono infatti rimaste intatte per la loro fauna e flora ricca e rigogliosa.L'ambiente dunque incontaminato e selvaggio ha dato la riconoscenza di alcune aree di "zona tutelata". Nel territorio provinciale ricade infatti parte del Parco del Sulcis, in parte proprietà dell'Ente Foreste della Sardegna, che occupa grandi aree di aspro paesaggio quasi del tutto spopolate.

    Altre sono poi le aree di rilevante interesse turistico ed escursionistico, e con un'alta qualità naturalistica e paesaggistica, ma non riconosciute come aree protette:
    • Monte Linas, un vasto sistema montuoso che tocca la sua massima altezza con l'omonimo monte (situato però fuori dai confini provinciali), si trova nei confini nord-est della provincia. Il turismo della zona comprende soprattutto escursioni naturalistiche e soste in agriturismo.
    • Monte Is Caravius, che tocca un'altezza di circa 1116 m, è una cima di rilevanza ed è situata ai confini con la Provincia di Cagliari. Nascono sulle sue cime vari corsi d'acqua a carattere torrentizio della provincia, e dell'intera Sardegna meridionale.


    Le risorse minerarie

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    Le due torri degli ascensori della miniera di Serbariu, che conducevano rispettivamente nel pozzo 1 e 2, simbolo della città di Carbonia

    Senza alcun dubbio la Sardegna vanta uno dei più ricchi sottosuoli per estrazioni minerarie d'Italia. Tra i tanti minerali in provincia si è trovata fin dal 1800 molta rilevanza nel carbone. Tra le più grandi miniere vi era quella di Serbariu (oggi riconvertita a museo del carbone), una delle principali per importanza di estrazione, ed è simbolo del popolamento della città di Carbonia. In poco meno di 100 anni miniere e centri di lavorazione sorsero quasi ovunque e la provincia divenne grande centro per il settore minerario ed industriale. La provincia è riconoscente al carbone, fu grazie ad esso che nasce la città più popolosa della provincia: Carbonia, che prende appunto nome da carbone. Nasce come centro di alloggi per i tanti minatori venuti a lavorare nelle cavità, e ben presto sugli inizi del 1900 si ritrova per essere una dinamica e vivace città dal 2005 Capoluogo di provincia, con moderni edifici ed infrastrutture. La miniera di Serbariu ,ed in generale le altre miniere vennero chiuse ufficialmente nel 1971. Da allora gli impianti furono soggetti ad un rapido deterioramento e spoliazioni che condussero alla rovina edifici e macchinari. I fabbricati abbandonati divennero sede di attività artigianali irregolari e discariche abusive. Oggi il sito minerario è stato recuperato e riconvertito in Museo del carbone inaugurato il 3 novembre 2006; sono visitabili le principali strutture minerarie, quali la lampisteria, la sala argani e una galleria sotterranea, che mostrano il ragalo di benessere economico che il carbone regalò in tutto il 900 a questa provincia e alle sue città.

    Porti

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    Il porto turistico/peschereccio
    di Sant'Antioco
    Nella provincia di Carbonia-Iglesias i principali scali portuali sono quelli di Calasetta, Carloforte, Portovesme (comune di Portoscuso) e Sant'Antioco. I primi tre ospitano gli approdi delle due linee di traghetti che collegano l'isola di San Pietro col resto della Sardegna (va ricordato che l'isola di Sant'Antioco è collegata da un istmo artificiale e da un ponte all'isola madre). Tali relazioni sono esercitate dalla Saremar sia per i collegamenti Portovesme-Carloforte che per quelli Calasetta-Carloforte, quest'ultima è esercitata anche dalla Delcomar. I porti di Portovesme e Sant'Antioco sono attrezzati per il traffico merci industriale, legato in gran parte all'attività delle fabbriche del territorio. Vari gli approdi turistici o pescherecci nel territorio: porti di queste tipologie sono presenti a Buggerru, Portoscuso, Porto Pino (comune di Sant'Anna Arresi), Sant'Antioco, Calasetta, Carloforte e sull'isola Piana (quest'ultimo privato).
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