Posts written by PatriziaTeresa

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    San Severino Lucano

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    - Info -

    San Severino Lucano è un comune italiano di 1.739 abitanti della provincia di Potenza, nel Parco nazionale del Pollino.

    Geografia

    Questo comune, insieme alle sue frazioni, segna l'ingresso al cuore del Massiccio del Pollino sul versante nord-est, in una posizione particolarmente felice per la presenza di numerosi corsi d'acqua, il principale dei quali è il torrente Frido, dalle cui sorgenti, nella omonima valle sormontata dalla rupe su cui sorge il Santuario della Madonna del Pollino, prende origine l'acquedotto che porta lo stesso nome. A valle delle sorgenti il fiume si arricchisce nuovamente di acque, grazie all'apporto dei numerosi rivoli ad esso affluenti, fino all'intersezione, pochi chilometri a valle del paese, con il Torrente Peschiera che attraversa il Bosco Magnano, zona ricca di vegetazione e di acque cristalline, dove pare sia tuttora presente la lontra.

    Storia

    Il territorio appartenne al feudo dei San Severino da cui prese il nome. Il primo nucleo abitato sorse intorno al XV secolo, ed è da mettere in relazione all'espansione della colonizzazione agricola promossa dall'Abbazia del Sagittario. Nel 1806 San Severino, che fino a quel momento apparteneva al territorio di Chiaromonte, a seguito del nuovo ordinamento napoleonico, s'istituì in Comune e nel 1820 si aggiunse la specificazione di Lucano. Dopo l'Unità d'Italia (1860) il brigantaggio fu molto attivo nel territorio comunale; era favorito, come d'altronde nell'intero comprensorio del Pollino, da montagne impervie, mancanza di infrastrutture e strade. Molti i toponimi che ci ricordano tale fenomeno (come il Fosso del Brigante), ma soprattutto è ricordata la figura del Capitano Iannarelli che compì stragi ed esecuzioni anche di civili. Di lui si conservano numerose memorie: la casa che abitò in paese e il mulino segheria in località Mezzana.

    Luoghi di culto

    Nel centro del paese sono presenti due Chiese principali oltre a due piccole cappelle. La Chiesa Madre, nella piazza Marconi, è dedicata a Maria SS degli Angeli e probabilmente risale al primo nucleo abitato. Attualmente mantiene l'impianto settecentesco.Nella parte alta del paese, sorge la chiesa di San Vincenzo. L'edificio sacro conserva la struttura originaria, soprattutto nella facciata. All'interno è presente un crocifisso ligneo del 1500. Le due cappelle minori, non aperte al culto, testimoniano della enorme devozione degli abitanti sanseverinesi.

    • A Cropani, troviamo la chiesa di recente costruzione, dedicata a San Francesco da Paola.
    • A Mezzana la Cappella della Madonna dell'Abbondanza.
    • A Villaneto la Cappella della Madonna del Carmine.
    • A quota 1537 m s.l.m. si erge il santuario della Madonna del Pollino, restaurato di recente e dotato, inoltre, di una Casa del pellegrino per accogliere i fedeli in visita, con gruppi organizzati, in occasione delle principali celebrazioni religiose.Verso l'estremità della rupe che guarda verso la valle del Frido in direzione di Mezzana è stata recentemente posizionata una biancheggiante statua del Cristo a braccia aperte, che ricorda quella più famosa e antica che sovrasta la costa a picco di Maratea, visibile in lontananza da molti punti della vallata sottostante.

    Di grande pregio naturalistico è il grande acero dal tronco semicavo, che si dice di età millenaria, si staglia a pochi metri della facciata del santuario, sulla sinistra entrando nella chiesa, simbolo, tra l'altro, della perenne devozione della popolazione del posto.


    Musei

    • Museo della civiltà contadina, realizzato dal prof. Tommaso Dattoli. Si trova all'ingresso del paese nel corso Garibaldi. Con molta cura e dedizione, il prof. Dattoli, ha conservato nel tempo antichi oggetti provenienti dalla civiltà contadina ed oggi li mostra ai numerosissimi ospiti che possono osservare e capire l'uso degli oggetti stessi. Aperto tutto l'anno.
    • Museo della civiltà artigiana a Mezzana.
    • Nel mese di agosto si possono ammirare le Botteghe Artigiane a Mezzana, un vero e proprio museo che si snoda nel bellissimo borgo, e che mette in mostra strumenti, attrezzi da lavoro, materiali, tipici di un artigianato locale che oggi non esiste più.


    Persone legate a San Severino Lucano
    • Novello da San Lucano - architetto e compositore
    • Gregorio Strozzi - compositore
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    San Paolo Albanese

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    - Info -

    San Paolo Albanese (Shën Pali Arbëreshë in arbëreshë) è un comune arbëreshë di 328 abitanti della provincia di Potenza.

    Descrizione e geografia

    Piccola comunità (è il comune più piccolo della Basilicata) di montagna, di origini relativamente recenti e con un’economia di tipo agricolo. I sampaolesi, che presentano un indice di vecchiaia eccezionalmente elevato, sono concentrati per la maggior parte nel capoluogo comunale; il resto della popolazione è distribuito tra numerose case sparse. Il territorio disegna un profilo geometrico vario e irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, e offre un panorama di indiscutibile fascino, con pendii ricchi di pascoli e vigneti e alture coperte di vegetazione boschiva. L’abitato, interessato da una forte espansione edilizia, ha un andamento plano-altimetrico tipico montano. Sullo sfondo azzurro dello stemma comunale, concesso con Decreto del Presidente della Repubblica, si raffigura San Paolo Apostolo, in maestà, vestito con una toga rossa, nell’atto di trattenere, con una mano, una spada d’argento. Il santo, posto su una verde pianura, è sovrastato dalla scritta, in lettere maiuscole dorate, UNIVERSITA’ DI CASALNOVO.
    Si estende a sud-est della provincia, a confine con quella calabrese di Cosenza, tra Cersosimo, Noepoli, San Costantino Albanese, Terranova di Pollino e Alessandria del Carreto (CS). Situata a 63 km dal casello di Lauria Nord dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, è facilmente raggiungibile anche percorrendo la strada statale n. 481 della Valle del Ferro, che si snoda ad appena 4 km dall’abitato. La stazione ferroviaria di riferimento, lungo la linea Taranto-Reggio di Calabria, si trova a 45 km. I collegamenti con la rete di traffico aereo sono assicurati dall’aerostazione più vicina, posta a 166 km (quella di Napoli/Capodichino dista 258 km), mentre il porto mercantile è situato a 115 km e quello turistico di Maratea è a 97 km. Fa parte del Parco Nazionale del Pollino e della Comunità montana “Val Sarmento”. Inserita nei circuiti turistici che gravitano intorno al Pollino, fa capo a Chiaromonte, Lagonegro e Lauria per il lavoro, il commercio, i servizi e le strutture burocratico-amministrative non disponibili sul posto.


    Storia

    Fu fondata nella prima metà del XVI secolo, insieme alla vicina San Costantino Albanese, da una colonia di profughi albanesi, provenienti dalla città di Corone e di cui si conservano ancora oggi lingua, tradizioni e rito greco. Originariamente denominata Casalnuovo, assunse la denominazione attuale nel 1863, ma dal 1936 al 1962 si è chiamata Casalnuovo Lucano. Costituita nei territori del demanio regio dello stato di Noia (oggi Noepoli), mantenne sempre una certa autonomia e ai suoi coloni furono concessi trattamenti privilegiati nei contratti stipulati direttamente con la corona. Seguendo le vicende politiche e militari della regione, entrò a far parte dell’Italia unita, partecipando poi agli avvenimenti nazionali e internazionali della seconda metà dell’Ottocento e della prima del Novecento e risentendo dei problemi tipici di tutto il Mezzogiorno, tra i quali il brigantaggio e l’emigrazione.


    Monumenti e luoghi di interesse
    • Chiesa parrocchiale
    • Palazzo Smilari, della prima metà del Seicento


    Persone legate a San Paolo Albanese
    • Salvatore Mazzaracchio, politico e giornalista
    • Annibale Formica, ingegnere, Presidente del Museo della Cultura Arbëreshë, direttore del Parco Nazionale del Pollino
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    San Costantino Albanese

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    - Info -

    San Costantino Albanese (Shën Kostandini Arbëreshë in arbëreshë) è un comune di 805 abitanti della provincia di Potenza, in Basilicata. Fondato dai greco-albanesi (Arbëreshë) provenienti dall'Albania meridionale e dalla Morea, durante la diaspora albanese del XV secolo in seguito all’occupazione turco ottomana musulmana, conserva le funzioni religiose in rito bizantino-greco, i costumi, e la lingua arbëreshë, l'antico idioma albanese che la popolazione del luogo usa quotidianamente come lingua madre al posto dell'italiano.

    Geografia

    Il paese si trova in Val Sarmento, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino e posto a circa 650 metri sul mare. È circondato da due torrenti nella parte verso il Sarmento. Il nucleo abitativo antico è diviso in parte alta (katundi alartaz), il cui abitante veniva chiamato lastu lasht, e parte bassa (katundi ahimaz) che si estende longitudinalmente.

    Storia

    San Costantino Albanese è stato fondato da popolazioni albanesi provenienti dall'Albania e dalla Morea nel 1534, in seguito all'invasione ottomana dell'Impero Bizantino. Il re di Napoli li accolse, e Lazzaro Mattes destinò uno di questi gruppi presso “Noja” (l’attuale Noepoli). Sorge così il casale di Shën Kostandini basato su un’economia agricola con coltivazioni di castagno, olivo, lino, ginestra e cotone. Il paese fu premiato con dei privilegi regali, infatti fino al 1671 i suoi abitanti erano esenti dalle tasse e dai pesi fiscali poiché i regnanti spagnoli li premiarono per l’aiuto dato in passato nelle battaglie contro i Turchi. Venduto ai Pignatelli Principi di Noja seguì le sorti degli altri Casali facenti parte dei loro domini, anche se nel XVIII secolo la sua giurisdizione era ormai stata concessa in usufrutto alla famiglia Pace. Peculiarità dei suoi abitanti come elementi di distinzione dai latini sono la lingua arbereshe, il costume tradizionale e il rito bizantino.

    Monumenti e luoghi di interesse
    • Chiesa dei Santi Costantino ed Elena
    • Chiesetta della Madonna delle Grazie
    • Santuario della Madonna della Stella


    Eventi
    • Festa patronale di San Costantino, 21 maggio

    Personalità legate a San Costantino Albanese
    • Tommaso Pace, letterato e storico
    • Donato Scutari, politico.
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    San Chirico Raparo

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    - Info -

    San Chirico Raparo è un comune di 1.190 abitanti della provincia di Potenza.

    Cenni Storici

    Sulla sua origine sono state formulate due ipotesi: una è quella che fa ricondurre la nascita di San Chirico Raparo all'antica città di Polisandra, in località Noceto. La seconda fa risalire la nascita del centro alla fondazione dell'abbazia basiliana di Sant'Angelo sulle pendici del monte Raparo. Ciò è dimostrato anche dal nome del paese, il quale sembra sia derivato da San Quirico di Konya, molto venerato dai monaci orientali e martorizzato ai tempi delle persecuzioni di Diocleziano. Fu un'antica curia del Re Ruggero, e in seguito, feudo dei Balvano, dei Chiaromonte e dei Sanseverino. Alla metà del Settecento San Chirico era uno sviluppato centro per le manifatture tessili, infatti nel paese esisteva un laboratorio per la tessitura del cotone e della ginestra. Nell'Ottocento San Chirico fu mandamento nella circoscrizione di Lagonegro e appartenente alla diocesi di Anglona e Tursi. Nel 1848 fu sede di un circolo costituzionale in cui si raccolsero le forze carbonare, e di un comitato insurrezionale che sancì un decennio di fermenti.

    Luoghi d'interesse
    • Chiesa di San Nicola di Bari
    • Chiesa di San Giovanni Battista
    • Chiesa della Madonna del Carmine
    • Resti del castello medievale



    Eventi
    • 15-18 luglio: Festa Patronale in onore di San Chirico M. Madonna del Carmine e Santa Sinforosa M.
    • 15 agosto: Festa della Madonna dell'Assunta e tradizionale gioco delle pignatte.
    • Terza domenica di settembre: Festa autunnale della Madonna del Carmine.
    • 8 settembre: festa della Madonna della Natività ("madonna della zingara")
    • 13 giugno: festa di Sant'Antonio
    • 15 giugno-14 luglio: mese di preparazione alla festa patronale con le novene dal 6 luglio
    • 22 luglio: pellegrinaggio alla cappella di Santa Maria Maddalena
    • 31 maggio e 15 settembre: festa dell'Addolorata ("madonnina")


    Persone legate a San Chirico Raparo
    • Vincenzo D'Errico - avvocato e patriota
    • Francesco De Sarlo - filosofo
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    Rivello

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    - Info -

    « s' Riviell' foss' n'chiano, foss' meglio di Milano, ma siccom'e e'tutto shkale......è peggio dò Rotale.....!!! »
    (filastrocca popolare)

    Rivello è un comune di 2.869 abitanti della provincia di Potenza.


    Geografia

    Centro collinare a 479 m s.l.m., con località a m. 250 s.l.m. (C.da Fiumicello) e altre a m. 1.000 s.l.m. (loc. Fontana di S. Antonio); si estende per una superficie di 68 km2. Confina a nord con Casaletto Spartano (SA) e Lagonegro, ad est col comune di Nemoli, a sud con i territori di Maratea e Trecchina, mentre ad ovest con i comuni di Sapri (SA) e Tortorella (SA).

    Clima

    La stazione meteorologica più vicina è quella di Maratea. Secondo i dati medi del trentennio 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +8,7 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, è di +23,4 °C.

    Storia

    Le origini della città si fanno risalire all'alto medioevo; tuttavia, i numerosi reperti archeologici (rinvenuti nella contrada detta, appunto, "Città") fanno supporre che Rivello sia l'erede della città lucana - esistente già dal periodo preromano - di Sirinos.Notoria è la divisione, a partire dal medioevo, della città in due distinti quartieri, quello superiore, i cui abitanti, detti bardav'ti, erano legati uno alla chiesa di rito latino (San Nicola di Bari) e quello inferiore, i cui abitanti, bardasci, erano fautori della parrocchia di rito greco (Santa Maria del Poggio).Resistono ancora nella toponomastica ("Fonte dei Lombardi", "Piazza dei Greci"), riferimenti alle due etnie contrapposte, che hanno dato vita alla città: longobardi, sicuramente stanziatisi a seguito delle invasioni barbariche, e greci, probabilmente provenienti, a seguito del suo abbandono, dalla non lontana Velia da cui si dice derivi il nome moderno (Rivello ovvero Re-Velia).Difatti, il motto del comune recita ancor oggi "Iterum Velia renovata Revellum" (Una volta Velia, rinnovata in Rivello).Feudo dei Sanseverino, dei Ravaschiero e dei Pinelli, Rivello si riscattò, nel corso del XVIII secolo, divenendo città libera. L'ultimo feudatario, Oronzo Pinelli, sul rogito di cessione del Comune stipulato nel 1719 (Restituta libertas), oltre a 55.000 ducati, da pagarsi a rate coi relativi interessi, pattuì che ogni anno avrebbero dovuto dare a lui e poi ai suoi eredi, una certa quantità di salami artigianali e precisamente: "Cantare quattro di salami di ogni bontà, così' come si fanno in detta terra di Rivello.......(omissis)", a conferma della bontà dei salumi che ancora oggi si confezionano in paese. Il popolo dal canto suo, per timore che arrivasse un altro signorotto, distrusse il castello, del quale oggi si distinguono alcuni spezzoni di mura, costruendovi sopra la cappella della Madonna Addolorata e ampliando la Chiesa madre di San Nicola.Cantara(1)unità di misura di peso in uso nel Regno Delle Due Sicilie pari a Kg. 89 circa; il termine deriva dal Greco "Kantari" (quintale). Le notevoli testimonianze architettoniche e le numerose opere artistiche testimoniano il ricco passato di Rivello; le attività più fiorenti erano quelle dell'artigianato orafo e del rame, esportate in giro per il mondo. A testimonianza dello sviluppo dell'attività di lavorazione del rame, basta citare che intorno al 1820, in pieno sviluppo dei moti Carbonari a Rivello si era costituita la "setta dei Calderai", composta ovviamente da artigiani che lavoravano il rame soprattutto per produrre calderoni, pentolame e accessori vari. Il XVIII secolo fu quello più fiorente, tanto che vi fu una forte immigrazione che portò ad un notevole incremento demografico, come tesimoniano gli archivi ecclesiastici. Purtroppo l'arrivo dei Francesi causò un declino, dovuto all'incertezza del momento storico. In seguito al Congresso di Vienna ed alla reastaurazione del regime Borbonico, vi furono segnali di ripresa; ma il destino era ormai segnato: con l'arrivo dei Piemontesi, dopo l'impresa dei Mille e quindi la costituzione del Regno d'Italia, le scelte politiche dei primi governi, il fenomeno del brigantaggio, la miseria e la mancanza di lavoro, costrinsero centinaia di Rivellesi, così come in tutto il centro - sud, ad emigrare per le Americhe, in cerca di miglior fortuna. Basta consultare il sito: www.ellisisland.org/search/passSearch.asp, fare una ricerca per cognome, e vengono fuori interi nuclei familiari emigrati per gli Stati Uniti e poi per il Brasile, l'Argentina, la Colombia, l'Uruguai, il Messico, Il Costarica, ecc. Dopo le due grandi guerre del xx secolo, ripartì l'emigrazione, questa volta in direzione del Nord Italia, in particolare verso la Lombardia; questo fenomeno fu molto marcato tra la fine degli anni '50 e la metà degli anni '70.

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    Il convento di Sant'Antonio

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    Affresco convento di S. Antonio
    raffigurante la metafora
    di S. Francesco che decapita il Vescovo,
    rappresentante della Chiesa
    corrotta a quel tempo

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    Affresco raffigurante
    "L'ultima cena" del 1557

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    Affresco raffigurante il Martirio
    di 23 frati Francescani del Giappone,
    avvenuto nel 1597

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    La navata centrale della
    chiesa di San Nicola

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    Cripta di San Nicola

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    Facciata principale
    della Chiesa di San Nicola

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    La Chiesa di S. Maria del Poggio
    vista da sotto il portico
    della Madonna del Popolo
    Monumenti
    • Il convento di Sant'Antonio
    • La chiesa di San Nicola
    • La Chiesa di Santa Maria del Poggio


    Per questo motivo il paese è ricco di Cappelle e Chiesette, di seguito elencate:
    • La Chiesa di Santa Barbara, che conserva affreschi di epoca tardo-cinquecentesca, è probabilmente la più antica.
    • La Cappella dell'Annunziata, che conserva affreschi di epoca bizantina.
    • La Cappella di Santa Lucia.
    • La Cappella di San Rocco.
    • La Chiesa di San Michele, attualmente adibita a teatro.
    • La Cappella di S. Anna.
    • La Cappella della SS.Trinità.
    • La Cappella del Purgatorio.
    • La Chiesa dell'Assunta.
    • La Cappella della Pietà.
    • La Chiesetta della Madonna Addolorata, posta sulla sommità della collina del centro storico, detta appunto della Motta.
    • La Chiesetta di S. Margherita, ubicata nell'omonima contrada.
    • La Chiesa della Madonna del Popolo, posta a valle della collina del centro storico, nei pressi del fiume Noce.
    • Il Santuario della Madonna di Sovereto eretto nell'800 e nel quale è venerato il simulacro della Madonna nera ritrovata a Terlizzi (BA)
    • La Cappella della Madonna del Carmine in contrada Cammartino.
    • La Cappella della Madonna Delle Grazie, ubicata in contrada Colla, poco distante dal centro abitato.
    • La Chiesa di S. Giuseppe nella frazione S. Costantino.
    • Chiesa Madre di San Nicola dei Greci


    Rione
    • Rotale

    Le principali contrade
    • Cammartino
    • Capo d'Elci
    • Fiumicello
    • Molingiuolo
    • Prato
    • Vignale - S.Margherita
    • Mascalcia
    • Sovereto - Sorba
    • Sirino
    • Colla


    Personalità legate a Rivello
    • Mauro Masi - famoso pittore, scomparso di recente
    • Giorgio Bassani illustre scrittore che frequentava Rivello verso la fine degli anni '60
    • Vittorio Soriani celebre poeta
    • Italo Moretti illustre giornalista della Rai
    • Ulderico Pesce - attore e regista teatrale.
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    Pignola

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    - Info -

    Pignola è un comune di 6.563 abitanti della provincia di Potenza.

    Descrizione e geografia

    Centro di montagna, di origini medievali, con un’economia di tipo agricolo e industriale e una buona presenza di servizi. I pignolesi, che hanno un indice di vecchiaia inferiore alla media, sono distribuiti soprattutto tra il capoluogo comunale, che fa registrare la maggiore concentrazione demografica, numerosissime case sparse e la località di Madonna del Pantano. Il territorio, comprendente anche i nuclei abitati di Masseria Coviello, Masseria Faraldo, Masserie Fornarino, Masseria Telesca, Petrucco, Rifreddo, Sciffra, Tintera e Tora, disegna un profilo geometrico vario e irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, e offre un panorama alto-collinare di indiscutibile fascino, con i rilievi coperti di vegetazione boschiva. L’abitato, interessato da una forte espansione edilizia, ha un andamento plano-altimetrico tipico montano.
    Con la riserva regionale Lago Pantano di Pignola si estende nella parte centrale della provincia, nell’alta valle del fiume Basento, tra Potenza, Anzi, Abriola e Tito. Situata ad appena 7 chilometri dal casello di Potenza sul raccordo per l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, è facilmente raggiungibile anche con la strada statale n. 92 dell’Appennino meridionale, che si snoda ugualmente a soli 7 km dall’abitato. Agevole si presenta pure il collegamento con la rete ferroviaria: la stazione di riferimento, lungo le linee Potenza-Foggia e Battipaglia-Metaponto, si trova infatti a 10 km. Il collegamento con la rete di traffico aereo è garantito dall’aerostazione più vicina, posta a 162 km (quella di Bari/Palese dista 176). Per i traffici marittimi ci si serve del porto mercantile situato a 109 km; il porto turistico di Maratea dista 135 km. Fa parte della Comunità montana “Alto Basento”. Al centro di un significativo movimento turistico, fa capo prevalentemente a Potenza per il commercio, i servizi e le strutture burocratico-amministrative non disponibili sul posto.


    Storia

    Denominata nel Medioevo Vineola e Vignola, dal latino VINEA, che significa ‘piccola vigna’, durante la dominazione angioina fece parte della contea di Potenza e fu in seguito annessa a quella di Tricarico e ai possedimenti dei Sanseverino. Proprietà demaniale nel Quattrocento, fu donata dalla regina Giovanna II alla Santa Casa dell’Annunziata e in seguito venduta a più nobili famiglie, tra cui quella degli Imperiale. Nella seconda metà del XVI secolo tornò alla regia corte e, posta da questa nuovamente in vendita, riuscì a riscattarsi dal dominio feudale dietro il pagamento di una somma di denaro. Dopo l’annessione al Regno d’Italia seguì le vicende politiche e militari dei territori circostanti e, aggregata nel 1928 al comune di Potenza, recuperò l’autonomia amministrativa nel 1935. Tra i monumenti spiccano la quattrocentesca chiesa di Santa Maria Maggiore, ricostruita nel Settecento e nel cui interno è possibile ammirare pregevoli dipinti, e alcuni palazzi del XVII e XVIII secolo, con portali in pietra.

    Monumenti e luoghi d'interesse
    • Chiesa Matrice di Santa Maria Maggiore - la prima struttura risale al XIII secolo
    • Chiesa e Convento di San Rocco - la chiesa è datata 1777 ed era inserita in un Convento risalente alla fine del 1500 ed abbattuto negli anni quaranta del XX secolo
    • Chiesa di San Donato - risale al 1700
    • Chiesa rurale di Santa Lucia
    • Chiesa di Sant'Antonio Abate - è del 1600, ma dell'epoca conserva solo le strutture murarie ed il portale perché completamente trasformata in stile moderno nel 1973
    • Chiesa della Madonna delle Grazie - fu costruita verso il 1500 ed inizialmente era dedicata a San Giacomo
    • Chiesa rurale di San Michele Arcangelo
    • Il muro del pianto costruito dalla comunità ebrea locale nel 1966 per commemorare le vittime della Shoah


    Aree naturali
    • Riserva regionale Lago Pantano di Pignola

    Feste religiose e tradizioni popolari
    • 16 gennaio: falò in onore di Sant'Antonio Abate.
    • 17 gennaio: festa di Sant'Antonio Abate (Corsa di asini, muli e cavalli).
    • 19 marzo: festa in onore di San Giuseppe nella frazione Pantano.
    • Venerdi Santo: Via Crucis vivente.
    • 8 maggio: ricorrenza dell'apparizione di San Michele Arcangelo nel Gargano.
    • Dal terzo sabato alla quarta domenica di maggio: festeggiamenti in onore della patrona protettrice Maria Santissima degli Angeli (tra i quali vi è anche la tradizionale e caratteristica Uglia).
    • Domenica successiva alla S.S. Trinità: festa in onore del Corpus Domini.
    • 27 giugno: anniversario dell'Incoronazione di Maria Santissima degli Angeli.
    • 2 luglio: festa in onore della Madonna delle Grazie.
    • Prima domenica di agosto: festa in onore di San Domenico nella frazione Rifreddo.
    • 7 agosto: festa in onore di San Donato.
    • 15 agosto: fiaccolata in onore della Vergine Maria Assunta in Cielo.
    • 16 agosto: festa in onore di San Rocco.
    • Terza domenica di settembre: festa in onore della protettrice Maria Santissima degli Angeli nella frazione Pantano.
    • 29 settembre: festa in onore di San Michele arcangelo.
    • 13 dicembre: festa in onore di Santa Lucia Vergine e Martire.


    La Festa di Sant'Antonio Abate
    La festa in onore di Sant'Antonio Abate è una delle feste più sentite e vissute dal popolo pignolese, anche perché le origini sono secolari (XV sec). I festeggiamenti iniziano verso le ore 15 del giorno 16 gennaio quando un gruppo di ragazzi inizia a girare per le vie del paese per raccogliere della legna che poi verrà portata in piazza Vittorio Emanuele dove un gruppo di organizzatori e di anziani iniziano a costruire U Catuozz (uno schieramento particolare del legname che dall'alto può essere visto con la forma #; questo sarà fondamentale per l'accensione perché nella cavità che si è formata all'interno du Catuozz verrà inserita una fonte di calore e grazie all' ossigenazione presente, la pila di legne prenderà subito fuoco). Nel frattempo in piazza iniziano ad arrivare alcuni mulattieri devoti, che portano i propri muli bardati a festa e carichi di legna, che in seguito andrà a coprire U Catuozz dando una forma circolare alla Fanoja di Sant'Antonio. Alle ore 18 si procede con l'accensione della pila di legne e inizia anche la Santa Messa; successivamente segue un processione per le vie di Pignola con l'effige di Sant'Antonio Abate. La processione termina in piazza Vittorio Emanuele con la benedizione del fuoco e la serata prosegue con animazione musicale e degustazione di piatti tipici come Stascënad cu a muddië e vino locale. Al termine della serata è usanza portare a casa un pezzo di carbone in segno di benedizione. La mattina del 17 gennaio intorno alle ore 10 iniziano ad arrivare in piazza i primi fantini con i propri animali asini, muli e cavalli, contemporaneamente il tracciato viene transennato e viene cosparso del materiale antiscivolo nelle zone più pericolose. Alle ore 11 iniziano le iscrizioni alla corsa (per iscriversi bisogna presentare i documenti dell'animale, inoltre si può correre solo a pelo e l'animale non deve avere alcun tipo di calzature) e i giri di prova del percorso che terminano con un giro in onore del Santo, eseguito da tutti i fantini, che a cavallo del proprio animale portano un candela, la quale verrà portata davanti alla statua di Sant'Antonio Abate in chiesa. Alle ore 12.30 inizia la caratteristica Corsa di Sant'Antonio Abate, i primi a correre sono gli asini, che compiono solo un giro (alcuni anni anche due) intorno alla chiesa (partenza davanti alla chiesa di Sant'Antonio Abate, rettilineo di Via Garibaldi, Via Fontana, Fontana Vacchia, Via Umberto Primo e arrivo davanti al sagrato della chiesa omonima). I secondi a correre sono i muli, che svolgono tre giri; la corsa dei muli è la più emozionante perché originariamente si svolgeva solo questa. Gli ultimi a correre sono i cavalli, che svolgono anch'essi tre giri. Al termine di ogni gara il vincitore della categoria svolge un giro d'onore con un mazzo di fiori in mano. La manifestazione si conclude con la premiazione dei vincitori e con Z Grard Fott (maschera tipica pignolese), che mangia i bucatin ind u pisciatur sul balcone del palazzo Gaeta, dando inizio al Carnevale pignolese.

    Personalità legate a Pignola
    • Giovanni De Gregorio, detto il Pietrafesa (Pietrafesa, 1579 o 1580 – Pignola, 1656), pittore seicentesco nato a Pietrafesa. Visse in parte a Pignola con la sua famiglia dove morì.
    • Arisa (pseudonimo di Rosalba Pippa), (Genova, 1982), cantante, vincitrice delle categoria Nuove Proposte con la canzone Sincerità al Festival di Sanremo 2009.
    • Antonio Mancino (Pignola, 1972), attore che interpreta il commissario Nicola Lanza nella soap Un posto al sole.
    • Bruna Dradi (Alfonsine, 1927 – Pignola, 2010), partigiana italiana. Visse e morì a Pignola.
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    Rionero in Vulture

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    - Info -

    Rionero in Vulture, chiamato generalmente Rionero (Arnìur in dialetto locale), è un comune italiano di 13.500 abitanti della provincia di Potenza. È stato insignito della Medaglia d’argento al merito civile per atti di abnegazione durante il secondo conflitto mondiale. La città di Rionero è conosciuta in Italia anche per la sua ricchezza di acque Minerali. Qui opera l'azienda "Fonti del Vulture", che produce la famosa "Acqua Lilia" ed è luogo di estrazione dell'acqua Gaudianello, azienda con sede a Melfi. Inoltre è un rinomato centro produttivo di vini, come l'Aglianico del Vulture, il Moscato bianco e di olio come l'Olio DOP del Vulture. Rionero ospita il CROB, uno dei più importanti centri sulla ricerca oncologica a livello nazionale.

    Geografia

    Si trova su due colline a sud-est del Vulture, vicino al confine con la Campania e la Puglia, a 645 metri sul livello del mare. Il suo territorio si estende per 53,1 km² ed i suoi abitanti sono divisi tra il centro abitato e le frazioni di Monticchio Bagni e Monticchio Sgarroni.

    Clima

    Il clima è rigido d'inverno e caldo temperato d'estate. Secondo i dati medi del trentennio 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +4,4 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, è di +23,0 °C.

    Le origini del nome

    Le origini del nome di questa cittadina non sono del tutto chiare. Secondo alcuni, la sua etimologia deriva da "Rivo Nigro" (ruscello nero) , sorgente affiorante dal tufo vulcanico (pozzolanico) di colore nero che attraversa il paese dividendolo in due parti (fonte ora conglobata nella fontana detta "Grande" o della "Baronessa").

    Storia

    Antichità

    Il territorio era abitato nel IV secolo a.C., come provano le tombe rinvenute nelle località "San Francesco", "Cappella del Priore" e "Padulo". Resti di un acquedotto di epoca romana sono visibili sulla fiumara di Ripacandida, nei pressi dell'attuale abitato.Scavi archeologici in corrispondenza della "Torre degli Embrici" hanno riportato alla luce nel 2004 un insediamento agricolo-termale, risalente agli ultimi secoli avanti Cristo e proseguito fino al tardo Medioevo. Una bolla di papa Eugenio III datata 1152 diede vita a "Santa Maria di Rivonigro", casale del feudo di Atella, a sua volta appartenente al vescovo di Rapolla.

    Medioevo

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    Federico II con un falco

    Con la caduta dell'impero romano e l'avvento delle invasioni barbariche, il circondario di Rionero vide l'arrivo dei normanni, che si stanziarono soprattutto nella frazione di Monticchio, facendo del castello locale la loro roccaforte, il quale fu probabilmente costruito prima del loro arrivo. La zona divenne in seguito luogo di rifugio per i monaci Basiliani, giunti dalla penisola balcanica per evitare le persecuzioni iconoclastiche. Anche l'ordine religioso si stanziò a Monticchio, ove costruirono anche un'abbazzia.In epoca sveva, si ritiene da alcuni storici che la zona di Rionero fu residenza di caccia di Federico II, ove il sovrano, che trascorreva gran parte del suo tempo libero a Melfi, si recava nei boschi del monte Vulture per esercitare la sua grande passione. Nel 1316, in seguito ad un bando di Giovanni D'Angiò che accordava esenzioni e immunità per popolare l'allora neonata Atella, Rionero fu quasi del tutto abbandonata per circa un secolo.

    Età moderna

    Il casale di Rionero fu ripopolato nel 1456, quando Atella fu distrutta da un violento terremoto e gran parte degli abitanti furono costretti a ricostruire e ripopolare il vicino casale. In questo periodo giunse anche una comunità di contadini discendenti degli albanesi emigrati a Melfi. Durante la dominazione spagnola, la città ebbe un periodo di pace e di prosperità.In data 1 aprile 1502, Rionero ospitò nella chiesa di Sant'Antonio Ludovico d'Armagnac, duca di Nemours e Consalvo Fernandez di Cordova, rispettivamente comandanti degli eserciti francese e spagnolo, i quali si incontrarono per stipulare accordi sulla spartizione del Regno di Napoli.Gravemente colpita dal terremoto del 1694, la sua popolazione in quel periodo non superava settecento persone. In seguito la nobile famiglia Caracciolo, ai quali spettava il feudo, concessero il disboscamento, il dissodamento e la coltivazione dei terreni occupati dai boschi della località "Gaudo".In seguito allo sviluppo economico conseguente la popolazione subì un forte incremento: nel 1735 gli abitanti erano giunti a circa 3000, nel 1752 a circa 9000. Durante la Repubblica Napoletana del 1799, il rionerese Michele Granata si distinse come portarore di ideali repubblicani sulla scia della rivoluzione francese, una caratteristica che gli costò la vita nel dicembre dello stesso anno. Nel 1811, Rionero avevano superato gli 11000 abitanti e divenne Comune autonomo con decreto di Gioacchino Murat il 1º maggio dello stesso anno.

    Regno delle Due Sicilie e brigantaggio

    Durante il Regno delle Due Sicilie, Rionero diede i natali a diversi esponenti di quell'epoca. Tra questi Giustino Fortunato senior, ex murattiano che ricoprì importanti incarichi politici nel decennio francese, fu primo ministro del regno dal 1849 al 1852.Con la caduta del reame e la successiva annessione al regno dei Savoia, Rionero divenne uno dei maggiori centri del brigantaggio postunitario. La città diede i natali al famoso brigante Carmine Crocco detto "Donatelli", un bracciante dai trascorsi garibaldini che, dopo la delusione ricevuta per la mancata clemenza per il suo passato da disertore, si arruolò nelle file borboniche per combattere i sabaudi.Crocco riuscì ad organizzare una banda di 2000 uomini, e, pur in vigenza della famigerata "legge Pica", a soggiogare gran parte della Basilicata, parte dell'Irpinia e compiendo depredazioni fino alle zone di Bari e Lecce. Le sue azioni furono in grado di mettere in crisi il nuovo governo di Vittorio Emanuele II, che dovette inviare massicci rinforzi per poter frenare il suo esercito, affidando il compito al generale Emilio Pallavicini.La città è stata anche luogo di nascita del politico e scrittore Giustino Fortunato, pronipote di Giustino Fortunato senior, uno dei più importanti meridionalisti che si impegnarono per la risoluzione della cosiddetta questione meridionale. Il 21 settembre 1897, grazie all'impegno politico di Fortunato, venne inaugurata la stazione ferroviaria di "Rionero-Atella-Ripacandida".

    Dall'eccidio nazista ad oggi

    Nel settembre 1943, si registrò a Rionero una delle più tristi tragedie della sua storia, ove 18 rioneresi furono trucidati da alcune truppe naziste. Già dal 16 settembre la popolazione rionerese, per paura della distruzione da parte tedesca dei magazzini dei viveri, assalta gli stessi magazzini del Rione Sant'Antonio, portando via sacchi di farina, di riso e altri generi alimentari.I nazisti spararono sulla folla uccidendo un diciassettene, Antonio Cardillicchio, e diedero fuoco ai magazzini, ove perì una donna, Elisa Giordano Carrieri. Il 24 settembre, il contadino Pasquale Sibilia, svegliato dalle grida della figlia, esce di casa con un fucile e, vedendo un sergente dei paracadutisti, che sembrava rubargli una gallina, lo spara ferendolo di striscio e il militare risponde al fuoco colpendo Sibilia all'inguine.A causa del gesto del contadino, il capitano dei paracadutisti, su ordine di un ufficiale tedesco, fece catturare 16 persone che, insieme a Sibilia vengono barbaramente uccisi a colpi di mitragliatrice. Uno soltanto, Stefano Di Mattia, creduto morto perché svenuto, sfugge al massacro giacendo sotto i corpi dei compagni. Una stele eretta sul luogo dell’eccidio ne ricorda la tragedia per la quale la città di Rionero ha ottenuto la Medaglia d’Argento al Merito Civile. I successivi e periodici flussi emigratori fecero diminuire la popolazione sino agli attuali 14.000 abitanti.

    Monumenti e luoghi d' interesse


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    Chiesa di San Marco

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    Chiesa del SS. Sacramento

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    Palazzo Fortunato

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    Orologio del Rione Costa

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    Resti della Villa Patrizia
    Architetture religiose
    • Chiesa di San Marco Evangelista
    • Chiesa del SS. Sacramento
    • Chiesa della SS. Annunziata
    • Chiesa della Misericordia
    • Chiesa di Sant'Antonio Abate
    • Chiesa di San Nicola


    Architetture civili

    Palazzi

    • Palazzo Fortunato
    • Palazzo Pierro


    Altri Palazzi
    • Palazzo Giannattasio - XVII secolo
    • Palazzo Catena - XVII secolo
    • Palazzo Ciasca - casa natale del senatore Raffaele Ciasca e inagibile a causa del terremoto del 1980
    • Palazzo Rotondo - attuale sede del Municipio.


    Altri
    • Orologio del "Rione Costa"
    • Monumento ai Caduti della prima guerra mondiale
    • Stele ai Trucidati della seconda guerra mondiale


    Siti archeologici
    • Complesso Archeologico Romano

    Personalità legate a Rionero
    • Giustino Fortunato senior - politico, primo ministro del Regno delle Due Sicilie
    • Giustino Fortunato - scrittore, politico e meridionalista
    • Carmine Crocco - brigante
    • Raffaele Ciasca - storico e politico
    • Michele Granata - studioso e patriota, aderente alla Repubblica Napoletana del 1799
    • Vincenzo Maria Granata - prete e poeta dialettale
    • Nicola Russo - generale
    • Gianna Schelotto - psicologa e scrittrice
    • Beniamino Placido - giornalista e critico televisivo
    • Michele Zarrillo - cantautore
    • Michele Placido - attore e regista
    • Gerardo Amato - attore, nonché fratello di Michele Placido
    • Roberto Placido - politico
    • Nino Calice - scrittore e politico, membro del Comitato di Gestione dell'Agenzia per il Mezzogiorno
    • Roberto Cammarelle - pugile
    • Pasquale Plastino - regista teatrale e sceneggiatore, collaboratore di Carlo Verdone
    • Gigi Vigliani - cabarettista e imitatore, apparso in programmi come Domenica In e Maurizio Costanzo Show.
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    Avellino

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    - Info -

    Avellino è un comune italiano di 56.236 abitanti, capoluogo della provincia omonima in Campania.

    Territorio

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    Tipico paesaggio irpino
    Il comune di Avellino all'interno dell'omonima provincia.La città è situata nel cuore di una grande conca dell'Appennino Campano dominata dai massicci montuosi dei Picentini e del Partenio ed è circondata a sud-ovest dal monte Faliesi e a nord-est dal Montevergine, il più importante e famoso monte del Partenio, meta di pellegrinaggio per venerare la Madonna di Montevergine nel Santuario benedettino del XII secolo, posto sul monte a 1272 m. La città è attraversata da alcuni corsi d'acqua: il Rigatore, il San Francesco ed il Fenestrelle, affluenti del fiume Sabato, oggi molto impoveriti ed in parte interrati.I dintorni del centro urbano sono rigogliosi di vegetazione: prevale la coltura della nocciola, le pregiate "nocciole avellane".

    Clima

    Caratterizzato dal clima più rigido e piovoso della regione, l'avellinese è un territorio costituito sostanzialmente da colline e montagne boscose. La piovosità è la sua caratteristica predominante viste le abbondanti medie annue che superano quasi ovunque i 1200 mm. Solo nella zona confinante con la Puglia si registrano valori medi molto più bassi di circa 500 mm. Anche dal punto di vista termico la provincia risulta essere una delle più fredde in inverno e più fresche d'estate grazie anche ai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che ne sfavoriscono il surriscaldamento. Boschi di faggio e di castagno sono predominanti su altre forme vegetali arboree. Precipitazioni nevose spesso cadono a quote superiori ai 1000mt su tutti i monti della provincia. Frequenti anche i temporali estivi durante le ore più calde della giornata. Nebbie nelle conche sono molto frequenti praticamente in tutte le stagioni, soprattutto in estate.

    Storia

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    Scavi di Abellinum
    nei pressi di Atripalda
    Il nucleo originario della città, Abellinum, si formò in prossimità dell'odierna Atripalda a circa 4 km dal centro di Avellino. Fu conquistata dai Romani nel 293 a.C., che la sottrassero al dominio dei Sanniti nella sanguinosa battaglia di Aquilonia, durante le Guerre sannitiche che si verificarono tra il 343 a.C. e il 292 a.C. Sotto il dominio di Roma la città cambiò più volte denominazione (nell'ordine: Veneria, Livia, Augusta, Alexandriana e Abellinatium).La posizione geografica ha agevolato la nascita dei primi insediamenti: sin dall'antichità la valle del Sabato ha costituito una via naturale tra l'Irpinia e il Sannio.Nell'89 a.C. Silla occupò Pompei, Ercolano, Stabia, Eclano, Abella e Abellinum. Abellinum non costituiva ancora un vero e proprio centro urbano. Furono le truppe di Silla ad avviare l'edificazione di una vera città. Il Cardo e il Decumano, tipici elementi urbanistici romani, la suddividevano in quattro quadrati, ognuno dei quali conduceva alle quattro porte esterne.Dopo la sua distruzione da parte dei Longobardi, gli abitanti fondarono la nuova città di Avellino su uno sperone di tufo. Lo sviluppo demografico e urbanistico fu piuttosto lento a causa di alcuni violenti terremoti e delle invasioni degli Aragonesi e dei Normanni. L'arrivo dei Normanni pose Avellino al centro di importanti avvenimenti: nel 1137 Innocenzo II e Lotario III nominarono Duca di Puglia Rainulfo di Alife, il conte di Avellino, per il contributo dato per fermare i primi tentativi di conquista del neoeletto (1130) Re di Sicilia Ruggero II. Due anni dopo, però, in seguito all'improvvisa morte di Rainulfo, con la città rimasta senza l'appoggio di Papa e Imperatore, Ruggero II riunificò il Regno di Sicilia, annettendovi il Ducato di Puglia e il Principato di Capua. Nei decenni successivi, la città passò al conte Riccardo dell'Aquila, dunque ai Paris, ai Sanseverino, a Simone di Montfort, ai Balzo, ai Filangieri de Candida, fino a diventare feudo dei Caracciolo, negli anni dal 1581 al 1806.Durante la signoria dei Caracciolo la città conosce una lunga stagione di crescita demografica, di espansione urbanistica e di progresso economico. In questo periodo, si afferma la produzione della lana: i pregiati panni di Avellino dal tipico colore azzurro carico. Il commercio troverà una sede monumentale nella Dogana dei grani. Durante il primo secolo della loro Signoria, i Caracciolo ampliarono il Castello fino a farne diventare un punto di riferimento per poeti e viaggiatori. La peste del 1656 costituirà nulla più che una battuta d'arresto. Nel '700, infatti, la città comincia ad assumere l'odierna conformazione urbana: i principi Caracciolo abbandonano il Castello, si trasferiscono in una nuova residenza, il Palazzo Caracciolo, attuale sede dell'amministrazione provinciale, e avviano i lavori per la creazione del corso principale della città.Nel 1806 la città di Avellino è nominata capoluogo di provincia del Principato Ultra al posto della vicina Montefusco. Avellino fu sede dei moti del 1820-1821. La diffusione, nel marzo 1820, anche nel Regno di Napoli, della conquista in Spagna del regime costituzionale contribuì notevolmente ad esaltare gli ambienti carbonari e massonici. A Napoli, la cospirazione (la quale non si pose mai l'intento di rovesciare il re, ma solo di chiedere la costituzione) prese subito vigore e coinvolse anche alcuni ufficiali superiori, come i fratelli Florestano e Guglielmo Pepe, Michele Morelli, capo della sezione della carboneria di Nola cui si affiancarono Giuseppe Silvati, sottotenente, e Luigi Minichini, prete nolano dalle idee anarcoidi. La notte tra il 1 e il 2 luglio 1820, la notte di San Teobaldo, patrono dei carbonari, Morelli e Silvati diedero il via alla cospirazione disertando con circa 130 uomini e 20 ufficiali. Il giovane ufficiale Michele Morelli, sostenuto dalle proprie truppe, procedeva verso Avellino dove lo attendeva il generale Guglielmo Pepe. Il 2 luglio, a Monteforte, fu accolto trionfalmente. Il giorno seguente, Morelli, Silvati e Minichini fecero il loro ingresso ad Avellino. Accolti dalle autorità cittadine, rassicurate del fatto che la loro azione non aveva intenzione di rovesciare la monarchia, proclamarono la costituzione sul modello spagnolo. Dopodiché gli insorti passarono i poteri nelle mani del colonnello De Concilij, capo di stato maggiore del generale Pepe. Questo gesto di sottomissione alla gerarchia militare, provocò il disappunto di Minichini che tornò a Nola per incitare una rivolta popolare. Mentre la rivolta si espandeva a Napoli, dove il generale Guglielmo Pepe aveva raccolto molte unità militari, il 6 luglio, il re Ferdinando I si vide costretto a concedere la costituzione.Dopo pochi mesi, le potenze della Santa Alleanza, riunite in congresso a Lubiana, decisero l'intervento armato contro i rivoluzionari che nel Regno delle Due Sicilie avevano proclamato la costituzione. Si cercò di resistere, ma il 7 marzo 1821 i costituzionalisti di Napoli comandati da Guglielmo Pepe, sebbene forti di 40.000 uomini, furono sconfitti a Rieti dalle truppe austriache. Il 24 marzo gli austriaci entrarono a Napoli senza incontrare resistenza e chiusero il neonato parlamento. Dopo l'Unificazione della Penisola tagliò fuori la città dalle principali vie di comunicazione, impedendone lo sviluppo.Il 14 settembre 1943 intorno alle 11:10 del mattino la città fu pesantemente bombardata dagli Alleati nel tentativo di bloccare la ritirata delle truppe naziste nei pressi dello strategico ponte della Ferriera. Durante l'attacco anglo-americano persero la vita più di 3.000 persone, circa un cittadino avellinese su otto, e furono duramente colpite piazza del Mercato, il palazzo vescovile e alcuni edifici religiosi e abitativi.Il 23 novembre del 1980, Avellino, ed in particolare molti comuni interni alla provincia, furono colpiti dal Terremoto dell'Irpinia.

    La città medievale

    Dopo che i Longobardi determinarono la fuga di parte (tesi minoritaria) o di tutti (tesi prevalente) gli abitanti di Abellinum, questi si dispersero sul territorio circostante. Parte di essi cominciò ad aggregarsi sulla collina Selleczanum, oggi nota come Terra, originando la nuova città di Avellino su uno sperone di tufo. Per secoli "intra civitatem" ed "intra moenia" coincisero, visto che la città di Avellino, all'epoca un piccolo borgo, era ricompresa entro il ristretto spazio in cima alla collina tufacea. Ciò perché invasioni, terremoti e pestilenze frenarono notevolmente la crescita demografica. Avellino è stata fino all' 849 parte del Principato di Benevento, per diventare dopo la spartizione parte del Principato di Salerno, pur restando legata a Benevento sotto il profilo ecclesiastico, essendo la diocesi di Avellino tuttora suffraganea dell'arcidiocesi di Benevento. L'arrivo dei Normanni pose Avellino al centro di importanti avvenimenti: nel 1137 Innocenzo II e Lotario III nominarono Duca di Puglia Rainulfo di Alife, il conte di Avellino, per il contributo dato per fermare i primi tentativi di conquista del neoeletto (1130) Re di Sicilia Ruggero II. Due anni dopo, però, in seguito all'improvvisa morte di Rainulfo, con la città rimasta senza l'appoggio di Papa e Imperatore, Ruggero II riunificò il Regno di Sicilia, annettendovi il Ducato di Puglia e il Principato di Capua. Nei decenni successivi, la città passò al conte Riccardo dell'Aquila, dunque ai Paris, ai Sanseverino, a Simone di Montfort, ai del Balzo, ai Filangieri de Candida. Dal 1287 al 1581 fu capoluogo del Principatus ultra serras Montorii.

    La prima metà del XVI secolo e la signoria di Maria de Cardona

    Nel 1512 divenne contessa di Avellino Maria de Cardona, che è la più grande figura femminile nella storia della città. Sotto la sua guida Avellino divenne uno dei poli culturali più importanti del regno e riuscì a trarre quanti più vantaggi possibili dalla strategica posizione della città nei collegamenti tra la Puglia e Napoli e tra Benevento e Salerno, riuscendo a far tornare Avellino un crocevia dei commerci fiorente da dopo la caduta della città romana. Per far sviluppare l'economia cittadina ed i propri commerci, la contessa, con l'aiuto di suo marito Francesco d'Este e con il bene placito di sua maestà Carlo V, istituì il giorno di mercato franco, ottenne il permesso di realizzare una fiera annuale, costruì due ferriere nella contea e fece avviare un programma di riordino edilizio ed amministrativo, infatti venne formato nel 1548 un precursore di un consiglio comunale (detto ordine dei deputati) e comparì per la prima volta la carica di sindaco; queste riforme prepararono l'avvento poi della dinastia dei Caracciolo verso la fine del secolo. Il risultato più evidente della guida lungimirante della contessa de Cardona è il boom demografico cui la città andò incontro, che passò dai 1000 abitanti nel 1532 ai 1600 abitanti nel 1561, due anni prima della sua morte.

    Feudo dei Caracciolo

    Negli anni dal 1581 al 1806 divenne feudo dei Caracciolo ed in tale periodo la città conobbe una lunga stagione di crescita demografica, di espansione urbanistica e di progresso economico. In questo periodo, si affermò la produzione della lana: i pregiati panni di Avellino dal tipico colore azzurro carico. Il commercio trovò una sede monumentale nella Dogana dei grani. Durante il primo secolo della loro Signoria, i Caracciolo ampliarono il Castello fino a farne diventare un punto di riferimento per poeti e viaggiatori. La peste del 1656 costituì nulla più che una battuta d'arresto. Nel Settecento, infatti, la città comincò ad assumere l'odierna conformazione urbana: i principi Caracciolo abbandonarono il Castello, si trasferirono in una nuova residenza, il Palazzo Caracciolo, attuale sede dell'amministrazione provinciale, e avviarono i lavori per la creazione del corso principale della città.

    La città ottocentesca

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    Torre dell'Orologio e statua
    di Carlo II d'Asburgo
    bambino, detto "il reuccio"
    Con l'abolizione del feudalesimo, nel 1806 il capoluogo di provincia del Principato viene riportato dalla vicina Montefusco ad Avellino. La città fu una delle sedi dei moti del 1820-1821. La diffusione, nel marzo 1820, anche nel Regno di Napoli, della conquista in Spagna del regime costituzionale contribuì notevolmente ad esaltare gli ambienti carbonari e massonici. A Napoli, la cospirazione (la quale non si pose mai l'intento di rovesciare il re, ma solo di chiedere la costituzione) prese subito vigore e coinvolse anche alcuni ufficiali superiori, come i fratelli Florestano e Guglielmo Pepe, Michele Morelli, capo della sezione della carboneria di Nola cui si affiancarono Giuseppe Silvati, sottotenente, e Luigi Minichini, prete nolano dalle idee anarcoidi. La notte tra il 1º e il 2 luglio 1820, la notte di San Teobaldo, patrono dei carbonari, Morelli e Silvati diedero il via alla cospirazione disertando con circa 130 uomini e 20 ufficiali. Il giovane ufficiale Michele Morelli, sostenuto dalle proprie truppe, procedeva verso Avellino dove lo attendeva il generale Guglielmo Pepe.
    Il 2 luglio, a Monteforte, fu accolto trionfalmente. Il giorno seguente, Morelli, Silvati e Minichini fecero il loro ingresso ad Avellino. Accolti dalle autorità cittadine, rassicurate del fatto che la loro azione non aveva intenzione di rovesciare la monarchia, proclamarono la costituzione sul modello spagnolo. Dopodiché gli insorti passarono i poteri nelle mani del colonnello De Concilij, capo di stato maggiore del generale Pepe. Questo gesto di sottomissione alla gerarchia militare, provocò il disappunto di Minichini che tornò a Nola per incitare una rivolta popolare. Mentre la rivolta si espandeva a Napoli, dove il generale Guglielmo Pepe aveva raccolto molte unità militari, il 6 luglio, il re Ferdinando I si vide costretto a concedere la costituzione. Dopo pochi mesi, le potenze della Santa Alleanza, riunite in congresso a Lubiana, decisero l'intervento armato contro i rivoluzionari che nel Regno delle Due Sicilie avevano proclamato la costituzione. Si cercò di resistere, ma il 7 marzo 1821 i costituzionalisti di Napoli comandati da Guglielmo Pepe, sebbene forti di 40.000 uomini, furono sconfitti a Rieti dalle truppe austriache. Il 24 marzo gli austriaci entrarono a Napoli senza incontrare resistenza e chiusero il neonato parlamento. Dopo l'Unificazione della Penisola lo Stato italiano tagliò fuori la città dalle principali vie di comunicazione, impedendone lo sviluppo.


    I bombardamenti del 1943

    Il 14 settembre 1943 intorno alle 11:10 del mattino la città fu pesantemente bombardata dagli Alleati nel tentativo di bloccare la ritirata delle truppe naziste nei pressi dello strategico ponte della Ferriera. Durante l'attacco anglo-americano persero la vita più di 3.000 persone, circa un cittadino avellinese su otto, e furono duramente colpite piazza del Mercato, il palazzo vescovile e alcuni edifici religiosi e abitativi.

    Il terremoto del 1980

    Il 23 novembre del 1980 un sisma di magnitudo 6,9 devastò il territorio della Campania centrale e della Basilicata centro-settentrionale. Parecchi comuni della provincia furono colpiti ed in particolare il comune di Avellino contò 82 vittime e notevoli danni.

    Monumenti e luoghi d'interesse

    Nella città di Avellino vi sono molte chiese e conventi. Fino alla fine degli anni trenta, c'erano, nel Largo dei Tribunali (ora Piazza della Libertà), la chiesa di San Francesco d'Assisi ed il convento dei Frati Minori Conventuali, fondato dallo stesso santo, e la chiesa dell'Annunziata, con il convento dei padri Domenicani, ora sede della prefettura. Il podestà fascista di allora, ritenne opportuno demolire le due chiese, con il convento francescano, cancellando per sempre due importanti luoghi storici ed artistici.

    Duomo

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    Duomo di Santa Maria
    Assunta e di San Modestino
    L'attuale cattedrale della diocesi di Avellino sorge approssimativamente dove insisteva l'antichissima Chiesa di Santa Maria. In particolare, i blocchi in pietra alla base del campanile sono quanto resta dell'originaria costruzione di epoca longobarda/normanna.


    Chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori (Cripta del Duomo)

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    La cripta romanica del Duomo
    È in stile romanico, ed è composta da tre navate con eleganti colonne di spoglio dai capitelli di ordine diverso. In essa sono sepolti alcuni vescovi di Avellino. La databilità della cripta del Duomo è da identificarsi con lo stesso periodo di costruzione della Cattedrale stessa.

    Chiesa di Santa Maria del Rifugio (detta di Sant'Anna)
    È situata nella centrale Piazza del Popolo, per secoli luogo di scambi commerciali e mercati ortofrutticoli. La chiesa fu edificata nel 1712, ed è conosciuta per il culto particolare verso Sant'Anna. Il 26 luglio, giorno in cui cade la festa della santa, la chiesa è meta di pellegrinaggio in modo particolare da parte delle gestanti, e delle neo-mamme.

    Chiesa e convento di Santa Maria delle Grazie
    In cima alla collina dei Cappuccini si trova la Chiesa-Santuario di S. Maria delle Grazie, affiancata dal Convento dei Cappuccini in un corpo unico, entrambi del 1580.

    Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli

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    La chiesa di Santa Maria
    di Costantinopoli
    La chiesa è documentata fin dal XVI secolo, ed era abbellita da un soffitto dipinto da Francesco Guarini, andato distrutto durante il terremoto del 1688. La chiesa, restaurata nel 1732, si presenta così come è da allora. Inoltre è dotata di una doppia scalinata, con al centro l'accesso verso l'ipogeo. Presso questa chiesa fu istituito dall'Arciconfraternita di Santa Maria di Costantinopoli nel 1583, il Monte di Pietà, rimasto attivo fino al 1966.

    Chiesa e Convento di San Generoso
    Il complesso apparteneva all'Ordine Agostiniano, ed è situato sull'antica via Regia delle Puglie. La chiesa fu completata nel 1751 e contiene le reliquie di San Generoso Martire. Ora il convento è sede della Polizia Municipale, mentre la chiesa è ancora officiata la domenica.

    Chiesa della Santissima Trinità
    Di piccole dimensioni, ma con arredi ed opere d'arte di un certo valore, come un'acquasantiera barocca del 1640, il soffitto dipinto da Michele Ricciardi, ed una tela di Angelo Solimena firmata dallo stesso, e datata 1672. Dopo il terremoto del 1980, cadde in disuso. Ora la chiesa è adibita a sala conferenze dell'Istituto di Scienze Religiose di Avellino.

    Chiesa di San Francesco Saverio (detta di Santa Rita)

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    Complesso della Chiesa
    e del Convento
    di S.Alfonso Maria
    de Liguori (Chiesa e
    Collegio dei Liguorini)
    Fu costruita nel 1752 e dedicata al Santissimo Nome di Maria e a San Francesco Saverio. La chiesa è anche conosciuta sotto il nome di Santa Rita da Cascia, cui il popolo avellinese nutre una particolare devozione, ed è meta di imponenti pellegrinaggi durante il periodo della novena e della festa in suo onore.

    Chiesa e Conservatorio delle Oblate

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    Chiesa del Santissimo Rosario
    È situata nei pressi della centralissima Piazza della Libertà. La costruzione del complesso monastico delle Oblate Sacramentine avvenne nel Settecento. La chiesa è dedicata a Gesù Sacramentato, ed è a navata unica, con due altari laterali. Il soffitto fu dipinto ne 1729 da Michele Ricciardi.

    Chiesa e Collegio dei Liguorini
    Il complesso della chiesa e del convento dei Redentoristi, detti anche Liguorini, fu iniziato nella seconda metà del Settecento, dopo una missione predicata ad Avellino da Sant'Alfonso Maria de Liguori fondatore della suddetta congregazione. Dopo la morte del santo, i padri redentoristi gli hanno dedicato la bellissima chiesa, che negli anni cinquanta del ventesimo secolo è divenuta parrocchia. Il convento è dotato di una vasta raccolta di libri. Le esigenze di spazio, a causa della crescenda popolazione del rione San Tommaso, hanno fatto sì che i padri Redentoristi costruissero una nuova e ben più ampia chiesa. Il vecchio complesso fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1980, rimanendo chiuso per parecchi anni. Ora la chiesa ed il collegio dei Liguorini sono stati ristrutturati. Si aspetta solo il giorno dell'apertura ufficiale.

    Chiesa e Monastero di Santa Maria di Monserrato

    Il complesso è del Cinquecento, ed è situato su quella che un tempo era la via Regia delle Puglie (oggi via Francesco Tedesco). La chiesa è dedicata a San Giovanni Battista, e il monastero a Santa Maria di Monserrato. Un tempo appartenevano ai monaci di Montevergine, ora il monastero è retto dalle suore Stimmatine.

    Chiesa del Santissimo Rosario

    Fu costruita nel 1942, e dedicata alla Madonna del Rosario. La chiesa è in stile gotico, e si affaccia sul Corso Vittorio Emanuele II, ed è retta dei padri Domenicani, che risiedono nell'attiguo convento.

    Architetture civili

    Torre dell'Orologio

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    La torre dell'Orologio di notte
    La torre dell'Orologio è alta 36 metri ed è il simbolo della città di Avellino. Voluta per volontà del principe Francesco Marino Caracciolo, fu progettata dall'architetto Cosimo Fanzago a metà del XVII secolo. La struttura domina la sottostante piazza della dogana ed è visibile dalla fine di via Francesco Tedesco e di Corso Vittorio Emanuele II.

    Carcere Borbonico

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    Prospetto principale
    del Carcere borbonico
    Venne iniziato nel 1819. Nel 1826 fu approvato il progetto del carcere di Giuliano de Falco. I lavori vennero iniziati nel 1827, i primi due padiglioni ultimati entro gli anni trenta dell'Ottocento. Il carcere è stato attivo fino al 1987, per poi essere sottoposto a lunghe attività di restauro e riqualificazione, non senza polemiche, fino alla sua funzione attuale di principale polo museale della provincia.
    Oggi i suoi padiglioni sono sede del Museo Provinciale Irpino, in particolare del Museo del Risorgimento (nuova sezione inaugurata il 17 marzo 2011), della Pinacoteca Provinciale (attualmente in riallestimento) e del Lapidario Provinciale (nel cortile aperto). È da anni in programma lo spostamento al suo interno della prestigiosa Sezione archeologica del Museo irpino, attualmente ospitata nel complesso culturale di Corso Europa ma chiusa al pubblico.
    La struttura ospita sale dedicate a mostre e attività didattiche e un auditorium di circa 100 posti. Molti gli spazi spazi concessi periodicamente ad associazioni ed enti privati per attività culturali. È sede degli uffici della Soprintendenza di Avellino, dell'Archivio di Stato e di alcuni uffici della Provincia di Avellino.


    Casino del Principe

    Residenza nobiliare in stile rinascimentale commissionata da uno dei Principi della dinastia Caracciolo, Camillo, nel 1591. In seguito al restauro è stata adibita a centro espositivo. Tra le mostre presentate vi sono quelle dedicate a Caravaggio, Leonardo Da Vinci, Andrea Pazienza e Picasso.

    Fontana di Bellerofonte

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    Fontana di Bellerofonte
    La Fontana di Bellerofonte (secolo XVII) è un'opera dello scultore bergamasco Cosimo Fanzago, sita nel centro storico nella parte alta di corso Umberto I, già via di Costantinopoli.

    Palazzo de Concilii

    Opera dell'architetto Maria Luigi de Conciliis nel corso del Settecento, ha accolto il giovane Victor Hugo in occasione del ricongiungimento col padre (il colonnello Joseph Léopold Sigisbert Hugo) ad Avellino, ivi trasferitosi in seguito alla nomina a Governatore militare della provincia, in sostituzione del Digonet, avvenuta agli inizi del 1808.

    Casa della Gioventù Italiana del Littorio

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    La Casa della Gioventù Italiana
    del Littorio durante
    il ventennio fascista
    Inaugurata da Renato Ricci nel pomeriggio del 10 aprile 1937, la Casa della GIL è stata realizzata su progetto del noto architetto Enrico Del Debbio, già autore degli edifici del Foro Italico di Roma. Il palazzo, dopo essere stato abbandonato nel dopoguerra, fu riconvertito in una sala cinematografica ("Cinema Risorgimento"); sopravvissuto al terremoto del 1980, è stato ristrutturato negli anni novanta per ospitare una nuova sala cinematografica, il Cinema Eliseo. Il 2 gennaio 2013 la struttura, inutilizzata da anni, ha subìto gravi danni in seguito a un incendio doloso.

    Architetture militari

    Castello

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    Scorcio dei ruderi
    del Castello
    Longobardo
    Di fronte al teatro Gesualdo, sorge il castello della città. La prima parte del castello è stata realizzata sotto la dominazione dei Longobardi nel VI secolo d.C.,cioè quando iniziò la rinascita del borgo di Avellino. Il castello è circondato dai fiumi Fenestrelle e Rio San Francesco, quest'ultimo oggi interrato,su 3 lati e dalla collina della Terra a ovest, ma contrariamente a molti dei castelli irpini, sorge nel punto più basso della città. Il castello ha subito diversi assedi nel corso della sua storia, il più importante quello portato avanti dalle truppe di Alfonso d'Aragona nel 1436. Dimora di tutte le famiglie feudatarie di Avellino, ha ospitato anche gli imperatori del Sacro Romano Impero Lotario I ed Enrico VI e diversi sovrani di casa d'Angiò e d'Aragona. Fu qui che il 27 settembre 1130 l'antipapa Anacleto II consegnò a Ruggero II la bolla che lo fece re di Sicilia, avviando quindi la storia del regno dei Normanni in Sicilia e di casa Altavilla. Quando nel XVI secolo divenne contessa di Avellino Maria de Cardona, il castello divenne meta di poeti e viaggiatori che vennero da tutt'Italia per ammirare la bellezza della contessa, come Bernardo Tasso, Giovanni Andrea Gesualdo e Beldando; avviò la creazione della foresteria dove prima sorgeva il casotto di caccia (oggi la Casina del Principe) e iniziò la creazione del parco del castello.
    Fu però sotto i Caracciolo che il Castello visse il suo momento di massimo splendore.Tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVIII secolo i principi di Avellino completarono la costruzione del parco, dotandolo di un lago artificiale e di una nuova casina di caccia,abbatterono le torri ed i merli e trasformarono il castello in una reggia stupenda che continuò ad attirare letterati e colti da tutta la penisola, accrescendo l'importanza culturale della città. La reggia dei Caracciolo divenne una dimora principesca di uno splendore paragonabile alle corti napoletane ed uno dei gioielli del mezzogiorno d'Italia. Nel XVII un grande mecenate avellinese, Marino II Caracciolo, instituì nel castello l'Accademia dei Dogliosi. Il castello però, dopo aver raggiunto il suo apice, subì gravi danneggiamenti durante la rivolta di Masaniello, i Caracciolo dunque abbandonarono la reggia e si trasferirono nell'omonimo palazzo al centro della città. Dal settecento ad oggi il castello è restato nell'incuria più totale, alcune zone sono persino state abbattute per far posto a costruzioni moderne, come il conservatorio Domenico Cimarosa della città. Solo di recente il comune di Avellino ha avviato un progetto per restaurare il castello e restituirlo alla cittadinanza, i lavori sono però fermi dal 2011 a causa della scoperta di una discarica di materiali di costruzioni, fra cui diverse quantità di piombo, nella piazza di fronte al castello.


    Altro

    Corso Vittorio Emanuele II

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    Scorcio di Corso
    Vittorio Emanuele II
    Il corso, lungo quasi 800 metri, è il punto principale di ritrovo degli avellinesi. La strada ha subìto, tra il 2007 e l'inizio del 2009, ingenti lavori di riqualificazione con una nuova pavimentazione in pietra lavica, la posa in opera di nuovi arredi urbani e la totale pedonalizzazione.

    Ville Comunali

    Vi sono nella città due Ville Comunali, la più grande sita in adiacenza al Corso Vittorio Emanuele II, mentre un'altra, inaugurata nel 2006, si trova nei pressi dell'edificio del distretto militare.

    Aree naturali

    Parco "Antonio Manganelli"

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    La Villa Comunale

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    Parco urbano di Santo Spirito
    Inaugurato il 23 luglio 2010, il Parco urbano di Santo Spirito è il polmone verde di Avellino. Con i suoi 120.000 m², infatti, costeggia e copre buona parte del percorso del torrente Fenestrelle, andando così a rivalutare una zona di Avellino ancora sottoutilizzata. Il parco comprende vaste aree verdi, piste ciclabili, un anfiteatro all'aperto, uno spazio giochi per bambini, una pista da jogging, campi da tennis, calcetto, rugby, pallavolo, pallacanestro e bocce, ed un edificio adibito ai servizi. Alcuni progetti, come l'idea di un maneggio o di punti ristoro, non hanno mai visto la luce. Nel giugno 2012 il parco è stato chiuso a causa dello stato di degrado e di abbandono in cui versava a soli due anni dall'inaugurazione. A seguito di lavori di ristrutturazione a cui sono state sottoposte le strutture del parco, il 18 maggio 2013 è stato riaperto al pubblico. Contestualmente è avvenuta la cerimonia di intitolazione ad Antonio Manganelli.

    Musei

    Galleria nazionale dei Selachoidei


    La Galleria nazionale dei Selachoidei è un museo dedicato esclusivamente agli squali.

    Museo d'arte

    Il Museo d'arte, fondato nel 1995 presenta una collezione di opere dell'Ottocento e del Novecento, di autori fra i quali si ricordano:Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Ernesto Treccani, Vincenzo Irolli, Raffaele Tafuri, Pietro Bouvier, ed altri.

    Museo Archeologico Provinciale Irpino

    Il Museo Archeologico Provinciale Irpino nasce dal "Museo privato Zigarelli", sorto sul finire dell'Ottocento, poi lasciato al Comune di Avellino nel 1889 ed infine passato alla Provincia. Dal 1965 è collocato al primo piano del Palazzo Provinciale della Cultura con un'eposizione degli anni '50, dato che il progetto dall'architetto Francesco Fariello è del 1951. Il museo, situato in corso Europa, espone reperti archeologici ritrovati nella provincia di Avellino. Presso il carcere Borbonico, invece, sono ospitati la Pinacoteca Provinciale, il Museo Irpino del Risorgimento, l'esposizione di strumenti scientifici dell'800.

    Museo Zoologico degli Invertebrati "Carbone Lauretana"

    Il Museo Zoologico degli invertebrati è dedicato alla malacologa irpina Lauretana Carbone. È situato in Corso Umberto I, è uno dei maggiori musei dedicati agli invertebrati in Italia, aperto nel luglio del 2002. L'esposizione del museo è suddivisa in tre sezioni, che rappresentano le classi zoologiche degli animali a cui è dedicato: nella prima sezione si espone al pubblico la specie dei celenterati e dei poriferi; nella seconda: gli artropodi, i tentacolati, gli anellidi, gli echinodermi, gli aschelminiti, i rizopodi, i sipinculidi e i tunicati. La terza area del museo è completamente dedicata ai molluschi.
    Il museo custodisce collezioni comparative di molluschi ascritti ai generi: Acavus, Allonautilus, Aporrhais, Argonauta, Harpa, Nautilus, di livello internazionale, con tutte le specie viventi ed attualmente descritte. Di rilievo la collezione di Tentacolati, l'unica presente sul territorio campano.
    Fra le specie ormai estinte si segnalano alcune chiocciole arboricole del Madagascar del genere Tropidophora, delle Isole Maurizie del genere Gibbus, dell'isola di Madera del genere Geomitra, dell'isola di Kauali (Hawaii) del genere Camelia, dell'Isola di Raiatea (Polinesia Francese) del genere Partula. Oltre al gasteropode d'acqua dolce planorbide carinato del Nord America (Neoplanorbis carinatus) proveniente dall'Alabama (USA) ed all'igromiide di Picard (Trochoidea picardi) da Tel Aviv (Israele).


    Pinacoteca Provinciale Irpina

    La Pinacoteca Provinciale Irpina è situata all'interno del "Carcere Borbonico", in un intero braccio, nei pressi del Corso Vittorio Emanuele. Propone dipinti e ceramiche, principalmente di autori locali e di interesse provinciale. Degna di nota è la sezione di dipinti napoletani dell'Ottocento con Domenico Morelli, Lord Mancini, Vincenzo Caprile, Federico Maldarelli.

    Altri musei
    • Lapidario Provinciale, Carcere Borbonico
    • Esposizione di reperti della Soprintendenza Archeologica, Carcere Borbonico (Via Dalmazia)
    • Esposizione Provinciale di attrezzature scientifiche del XIX secolo, presso il Museo Provinciale del Risorgimento, Carcere Borbonico
    • Museo e Lapidario Diocesano
    • Museo Provinciale del Risorgimento, Carcere Borbonico
    • MateMuseum (Museo della Matematica)



    Curiosità

    • Nella serie televisiva i Soprano è spessisimo menzionata Avellino come città di origine della famiglia Soprano. In una puntata in cui Maria Grazia Cucinotta racconta di Avellino, viene narrata una falsa leggenda, secondo la quale ad ogni rintocco delle campane della Torre dell'Orologio in città venisse concepito un bambino.
    • Durante il periodo appena precedente alla fine della Prima Repubblica, la classe dirigente del paese era conosciuta come "la casta degli avellinesi": infatti presidente del consiglio, segretario DC, ministri e svariati parlamentari e senatori erano irpini.
    • "Montevergine col cappello, Avellino con l'ombrello" è un proverbio molto diffuso e conosciuto in città, che permette di far fare ai cittadini di Avellino una sorta di previsione del tempo casalinga, difatti ogni qualvolta le nubi sovrastano la cima del monte Partenio, in città è molto probabile che piova.
    • San Modestino e la sua proclamazione come santo padrono della città hanno visto un singolare episodio. Le spoglie del martire cristano erano contese da Avellino e la contigua Mercogliano; si dice che per risolvere il "contenzioso" si pensò bene di metterle su di un carro trainato da un bue in una strada di confine tra le due cittadine, quella in cui il bue si sarebbe diretto, avrebbe tenuto le sante reliquie. Ebbene il bue andò verso Avellino, ma secondo molti attirato da ortaggi ben nascosti.


    Tradizioni e folclore

    Carnevale

    Il carnevale in Irpinia ha una tradizione antichissima. Il periodo, storicamente, prende il via il 17 gennaio, giorno in cui il calendario romano ricorda la figura di Sant'Antonio Abate. Le rappresentazioni del Carnevale in Irpinia hanno una loro connotazione strettamente legata al territorio, momenti di folklore che richiamano antichi riti della civiltà contadina, usi e costumi che, nel tempo, si sono tramandati di generazione in generazione.
    Il clou della festa si svolge, normalmente, nel mese di febbraio allorquando, seguendo la tradizione, in quasi tutti i paesi si svolgono manifestazioni ad hoc, alle quali si registra ampia partecipazione della popolazione allo svolgimento delle rappresentazioni.


    Zeza

    La Zeza è una scenetta carnevalesca, cantata al suono del trombone e della grancassa. Vide probabilmente la luce nella seconda metà del Seicento. Da Napoli si diffuse presto nelle campagne adiacenti, con caratteri sempre più diversificati nelle altre regioni del Regno. Almeno fino alla metà dell'Ottocento la Zeza veniva rappresentata nei cortili dei palazzi, nelle strade, nelle osterie e nelle piazze. Le parti femminili erano interpretate da soli uomini perché le donne non potevano essere esposte alla pubblica rappresentazione (tradizione che si conserva ancora oggi). La sua sparizione dalle piazze e dalle strade di Napoli, dove aveva preso vita, era stata determinata dai divieti ufficiali emanati nella seconda metà dell'Ottocento, infatti essa era stata proibita dalla polizia “per le mordaci allusioni e per i detti troppo licenziosi ed osceni”.
    A causa di questi divieti, la canzone di Zeza si spostò più nell'entroterra, dove è sopravvissuta fino ad oggi. Questo spettacolo è ancora più o meno vivo in alcune province irpine, grazie all'impegno di tante persone, che ogni anno fanno rivivere questa tradizione. Oggi la Zeza può essere considerata un pezzo di teatro popolare prettamente campano. Famose sono quelle rappresentate dalla frazione di Bellizzi Irpino e dai comuni di Cervinara, Capriglia Irpina, Mercogliano, Monteforte Irpino e Solofra.

    Venerdì Santo

    Il Venerdì Santo si svolge la processione del simulacro dell'Addolorata e del Cristo morto per le principali strade cittadine, con sosta all'ospedale San Giuseppe Moscati. La processione parte dalla cattedrale dopo l'adorazione della Croce, presieduta dal vescovo.

    La processione di Santa Rita da Cascia

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    Uscita della statua di Santa Rita
    da Cascia dalla chiesa
    di San Francesco Saverio
    Il 22 maggio la statua della santa viene portata in processione dalla chiesa di San Francesco Saverio, detta anche di Santa Rita (che si trova nel centro storico della città, nei pressi del Duomo). La statua della santa viene condotta nel piazzale dell'ospedale "San Giuseppe Moscati", dove i malati, affacciatisi alle finestre, lanciano coriandoli e fiori, mentre assistono al volo delle colombe. Molte delle donne che seguono la processione attraversano le strade di Avellino completamente scalze.

    Ferragosto

    Simulacro dell'Assunta compatrona di Avellino (legno di tiglio cotto nell'olio opera di Nicolò Fumo da Baronissi 1718)
    Nel mese di agosto la città festeggia l'Assunzione di Maria Santissima con feste, eventi teatrali, di strada e con la partecipazione di artisti di musica leggera. Le celebrazioni iniziano il giorno 26 di luglio in cui viene issato il Pannetto dell'Assunta e terminano il 16 di agosto. Il giorno 14 la città rende un simbolico omaggio floreale alla Madonna. Il giorno 15 c'è un solenne pontificale tenuto dal vescovo e, nel pomeriggio, si svolge la tradizionale processione dell'Assunta;
    La processione dell'Assunta per le strade di Avellino parte dal duomo, percorre le vie principali e sosta davanti all'ospedale san Giuseppe Moscati, dove i dipendenti ed i pazienti possono lanciare fiori. Spettacolo pirotecnico a mezzanote davanti allo stadio Partenio.


    Feste religiose
    Avellino vanta di numerose feste religiose, alcune delle quali vedono anche lo svolgimento di programmi civili e ricreativi:
    • Festa religiosa di San Ciro 31 gennaio
    • Festa religiosa di San Biagio (Compatrono della città) 3 febbraio
    • Festa di religiosa San Modestino (Patrono principale della città) 14 febbraio
    • Venerdì Santo
    • Festa religiosa e civile di San Michele Arcangelo Contrada Bosco dei Preti 8 maggio
    • Festa religiosa di Santa Rita da Cascia 22 maggio
    • Festa religiosa e civile di Sant'Antonio di Padova Rione Corea 13 giugno
    • Festa religiosa e civile della Madonna di La Salette Rione Parco ultima domenica di giugno
    • Festa religiosa e civile della Madonna delle Grazie Tuoro cappuccini 2 luglio
    • Festa religiosa della Madonna del Carmine 16 luglio
    • Festa religiosa di Sant'Anna 26 luglio (alzata del Pannetto dell'Assunta ed inizio del Ferragosto Avellinese)
    • Festa religiosa e civile di Sant'Alfonso Maria de Liguori Rione San Tommaso 1º agosto
    • Festa religiosa e civile del Santissimo Salvatore frazione Picarelli 6 agosto
    • Festa religiosa e civile della Madonna Assunta (Compatrona della città) 15 agosto
    • Festa religiosa e civile della Madonna di Montevergine Rione Mazzini prima domenica di settembre
    • Festa religiosa e civile della Madonna di Costantinopoli frazione Bellizzi prima domenica di settembre
    • Festa religiosa e civile della Madonna Assunta frazione Valle-Ponticelli prima domenica di settembre
    • Festa religiosa di San Pio da Pietrelcina 23 settembre
    • Festa religiosa e civile di San Francesco d'Assisi Borgo Ferrovia 4 ottobre
    • Festa religiosa di San Gerardo Maiella frazione Pianodardine 16 ottobre

    Fino ad alcuni anni si svolgevano anche altre feste religiose, che purtroppo attualmente sono cadute in disuso:
    • Festa religiosa di Sant'Antonio Abate (con benedizione degli animali) 17 gennaio
    • Festa religiosa di San Giuseppe
    • Festa religiosa e civile di San Vincenzo Ferreri 5 aprile
    • Festa religiosa e civile della Madonna di Costantinopoli (Centro storico) 17 maggio
    • Festa religiosa dei Santi Cosma e Damiano 26 settembre
    • Festa religiosa di Santa Lucia 13 dicembre



    Eventi

    Palio della Botte


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    Scorcio di Corso Umberto I
    Ad agosto si svolge in città il Palio della Botte, una competizione di stampo medievale che si svolge tra le sette contrade (che coincidono con le sette circoscrizioni) della città di Avellino. La sfida consiste nel far rotolare con una spranga ricurva una botte di circa due quintali, spingendola in salita lungo tutto Corso Umberto I. La vittoria viene assegnata al rione che riesce a raggiungere nel minor tempo possibile la Fontana di Bellerofonte.

    Persone legate ad Avellino
    • Gaio Ponzio (Abellinum, ... - ...), condottiero sannita.
    • Scipione Bellabona (Avellino, 1603 – XVII secolo), religioso e storico.
    • Joseph Léopold Sigisbert Hugo (Nancy, 1773 – Parigi, 1828), generale francese.
    • Federico Cassitto (Bonito, 1776 – Bonito, 1853), scrittore, politico ed economista.
    • Lorenzo De Conciliis, (Avellino, 1776 - 1866( - patriota e senatore del Regno d'Italia
    • Francesco de Sanctis (Morra Irpina, 1817 – Napoli, 1883) scrittore, critico letterario, politico e filosofo.
    • Cesare Uva (Avellino, 1824 – Napoli, 1886), pittore.
    • Luigi Amabile (Avellino, 1828 – Napoli, 1892), storico.
    • Francesco Tedesco (Andretta, 1853 – Roma, 1921), politico.
    • Federico Amodeo (Avellino, 1859 – Napoli, 1946), matematico.
    • Enrico Cocchia (Avellino, 1859 – Napoli, 1930), latinista e filologo classico.
    • Alfonso Rubilli (Avellino, 1873 – Avellino, 1960), politico.
    • Guido Dorso (Avellino, 1892 – Avellino 1947), politico.
    • Augusto Guerriero (Avellino, 1893 – Roma, 1981), giornalista.
    • Adolfo Tino (Avellino, 1900 – Milano, 1977), giornalista, politico e banchiere.
    • Oscar D'Agostino (Avellino, 1901 – Roma, 1975), chimico.
    • Costantino Preziosi (Avellino, 1905 – Roma, 1977), politico.
    • Carlo Muscetta (Avellino, 1912 – Aci Trezza, 2004) critico letterario.
    • Giuseppe Santaniello (Avellino, 1920), giurista.
    • Aldo Masullo (Avellino, 1923), filosofo.
    • Antonio Maccanico (Avellino, 1924 – Roma, 2013), politico.
    • Camillo Marino (Salerno, 1925 – Avellino, 1999), critico cinematografico.
    • Luciano Cafagna (Avellino, 1926 – Roma, 2012), storico e politico.
    • Salverino De Vito (Avellino, 1926 – Avellino 2010), politico.
    • Ettore de Conciliis (Avellino, 1941), pittore e scultore.
    • Giorgio Freda (Padova, 1941), terrorista ed editore.
    • Giulio Labruna (Avellino, 1947), incisore.
    • Carlo Palermo (Avellino, 1947), magistrato.
    • Francesco Pionati (Avellino, 1947), politico.
    • Enrico Preziosi (Avellino, 1948), imprenditore.
    • Antonio Manganelli (Avellino, 1950 – Roma, 2013), capo della Polizia di Stato.
    • Enrico Fierro (Avellino, 1951), giornalista e scrittore.
    • Pierpaolo Marino (Avellino, 1954), dirigente sportivo.
    • Gigi Marzullo (Avellino, 1954), conduttore televisivo.
    • Arturo Iannaccone (Avellino, 1956), politico.
    • Gianfranco Rotondi (Avellino, 1960), politico.
    • Antonello Matarazzo (Avellino, 1962), video artista.
    • Leonardo Surro (Avellino, 1962), calciatore.
    • Giorgio Tino (Avellino, 1962), funzionario dello Stato.
    • Milly D'Abbraccio (Avellino, 1964), pornostar.
    • Fernando De Napoli (Avellino, 1964), calciatore.
    • Marco Pugliese (Avellino, 1971), imprenditore.
    • Luca Abete (Avellino, 1973), giornalista.
    • Carmine Russo (Avellino, 1976), arbitro di calcio.
    • Sonia Aquino (Avellino, 1977), attrice.
    • Roberto Casalino (Avellino, 1979), cantautore.
    • Ghemon (Avellino, 1982), rapper.
    • Vittorio Iannuzzo (Avellino, 1982), un pilota motociclistico.
    • Maurizio Lanzaro (Avellino, 1982), calciatore.
    • Gaetano Masucci (Avellino, 1984), calciatore.
    • Luca Napolitano (Avellino, 1986), cantautore.
    • Luigi Di Maio (Avellino, 1986), politico.
    • Valentina Tirozzi (Avellino, 1986), pallavolista.
    • Francesca Fusco (Avellino, 1993), nuotatrice.
  9. .

    Napoli

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    - Info -

    « Della posizione della città e delle sue meraviglie tanto spesso descritte e decantate, non farò motto. "Vedi Napoli e poi muori!" dicono qui »
    (Goethe citando un detto popolare nella lettera del 2 marzo 1787 in Viaggio in Italia)

    Napoli è un comune italiano di 957.012 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Campania. Situata in posizione pressoché centrale nell'omonimo golfo, tra il Vesuvio e l'area vulcanica dei Campi Flegrei, è il terzo comune italiano per popolazione dopo Roma e Milano, nonché cuore di una delle aree metropolitane più popolose d'Europa. Fondata alla metà dell'VIII secolo a.C., fu tra le città egemoni della Magna Graecia grazie al rapporto privilegiato con Atene, ed esercitò una notevole influenza commerciale, culturale e religiosa sia sulle popolazioni italiche circostanti, che sulla stessa Roma. Punto focale della filosofia epicurea, fu infatti luogo di formazione per Virgilio, che vi compose la maggior parte delle proprie opere, e residenza degli imperatori Claudio, Tiberio e Nerone. Luogo di approdo dell'apostolo Pietro in Italia, fu inoltre uno dei primi luoghi del Cristianesimo in Occidente. Dopo il crollo dell'Impero romano, nel VII secolo la città formò un ducato autonomo, indipendente dall'Impero bizantino; in seguito, dal XIII secolo e per circa seicento anni fu capitale del Regno di Napoli. Da qui, agli inizi del XV secolo, sotto Ladislao I di Durazzo, partì il primo tentativo di riunificazione d'Italia. Successivamente Napoli divenne il centro politico dell'Impero aragonese, e nel XVI secolo fu la città più popolosa d'Occidente. Divenuta capitale del Regno delle Due Sicilie sotto i Borbone di Napoli, conobbe un lungo periodo di sviluppo socioeconomico, culminato in una serie di primati civili e tecnologici, tra cui la costruzione della prima ferrovia in Italia. Dopo l'annessione al Regno d'Italia soffrì di un sensibile declino, esteso anche a tutto il sud Italia. Per motivi storici, artistici, politici ed ambientali è, dal basso medioevo fino ad oggi, tra i principali centri di riferimento culturale d'Europa. Sede della Federico II, la più antica università statale d'Europa, ospita altresì l'Orientale, la più antica università di studi sinologici ed orientalistici del continente e la Nunziatella, una delle più antiche accademie militari al mondo, eletta Patrimonio Storico e Culturale dei Paesi del Mediterraneo da parte dell'Assemblea Parlamentare del Mediterraneo. Luogo d'origine della lingua napoletana, ha esercitato ed esercita un forte ruolo in numerosi campi del sapere, della cultura e dell'immaginario collettivo a livello mondiale. Centro della filosofia naturalistica del Rinascimento, culla dell'Illuminismo in Italia, è stata lungamente un punto di riferimento globale per la musica classica, attraverso la Scuola musicale napoletana, la quale ha il primato di aver generato l'opera comica, prodromo della futura opera buffa. Città dall'imponente tradizione nel campo delle arti figurative, la quale affonda le proprie radici nella pittura pompeiana, ha dato luogo a movimenti architettonici e pittorici originali, quali il Barocco napoletano, il Caravaggismo e la Scuola di Posillipo. È all'origine di una forma distintiva di teatro, di una canzone di fama mondiale e perfino di una peculiare tradizione culinaria, che comprende alimenti che assumono il ruolo di icone globali, come la pizza napoletana. Nel 1995 il centro storico di Napoli, il più vasto d'Europa, è riconosciuto dall'Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità. Nel 1997 l'apparato vulcanico Somma-Vesuvio è stato eletto dalla stessa agenzia internazionale (con il vicino Miglio d'Oro, in cui ricadono anche i quartieri napoletani di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli) tra le riserve mondiali della biosfera.

    Geografia

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    « Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine campagne, i castelli, le passeggiate… Io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi! »
    (Johann Wolfgang von Goethe, Italienische Reise)

    Napoli sorge quasi al centro dell'omonimo golfo, dominato dal massiccio vulcanico del Vesuvio; e delimitato ad est dalla penisola sorrentina con Punta Campanella, ad ovest dal golfo di Pozzuoli con Capo Miseno, a settentrione dalle appendici dell'Appennino Campano. La città storica è andata sviluppandosi preminentemente sulla costa, in origine abitata dall'antico popolo degli Opici, nome che indica la presenza sul posto di numerose cavità naturali, tuttora visibili, tra cui sono notevoli la grotta di Seiano, quella del Chiatamone e quella di San Giovanni a Carbonara. Il primo nucleo abitativo fu costituito dall'isolotto di Megaride, ove coloni greci diedero avvio al primo emporio commerciale che comportò lo sviluppo della città odierna. Il territorio di Napoli è composto prevalentemente da colline (molti di questi rilievi superano i 150 metri d'altezza per giungere fino ai 452 m della collina dei Camaldoli), ma anche da isole, insenature e penisole a strapiombo sul Mar Tirreno. Il territorio urbano, limitato a occidente dal complesso vulcanico a crateri multipli dei Campi Flegrei, ed a oriente dal Somma-Vesuvio, ha una storia geologicamente complessa. Il substrato su cui poggia la città ha origine eminentemente vulcanica, ed è il prodotto di una serie di eruzioni dei due complessi. Per quanto riguarda il gruppo dei Campi Flegrei, avvenute nel tardo Pliocene o inizio Quaternario. I diversi autori distinguono tre periodi di attività, denominati Archiflegreo, ciclo antico (che portò alla formazione del caratteristico tufo giallo napoletano) e ciclo recente dei Campi Flegrei. I materiali vulcanici costituiscono l'unica fonte litogenetica dell'area, dato che anche i depositi alluvionali, o quelli provenienti da ambiente di spiaggia, non sono altro che il risultato del rimaneggiamento delle rocce eruttive. Da un punto di vista strettamente petrografico, i materiali possono essere classificati nei tre macrogruppi: lave, materiali piroclastici lapidei e materiali piroclastici sciolti. Le lave possono essere grossolanamente suddivise in lave di origine flegrea e lave di origine vesuviana; i piroclasti lapidei comprendono tufo grigio campano, piperno, tufo giallo stratificato e tufo giallo caotico; i piroclasti sciolti comprendono invece una serie di elementi di varia origine, che al di là delle distinzioni litogenetiche possono essere classificati in rimaneggiati e non rimaneggiati.

    Origine del nome

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    Pur essendo certa l'origine etimologica del nome «Napoli», qui istoriato nella forma aggettivata "Neopoliton" su uno statere con Nike e Toro androprosopo del 275 a.C., derivi dal termine greco Neapolis (Νεάπολις) che significa «città nuova». Meno chiara, tuttavia, è la radice del nome Neapolis, tradizionalmente individuata nella contrapposizione all'antica Palepolis («città vecchia»), che sorgeva nell'attuale località di Pizzofalcone.

    Storia

    Preistoria e protostoria


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    Particolare del calco
    di arature di età
    neolitica rinvenuto
    in via Diaz.
    A Napoli, allo stato attuale delle conoscenze, le più antiche tracce di frequentazione sono quelle del Neolitico Medio tipo Serra d'Alto trovate a piazza S. Maria degli Angeli (cioè tra l'acropoli e la necropoli di Partenope, la parte interna - opposta al mare - della collina di Pizzofalcone), ove è noto anche un interessante livello dell'Eneolitico Antico e un altro del Bronzo Antico\Medio; l'Eneolitico Medio, tipo Gaudo, è noto più all'interno di quest'ultima dai vecchi rinvenimenti di Materdei, mentre il Bronzo Antico o meglio Medio Iniziale è presente fuori dal primo nucleo urbano della città di Napoli, a piazzale Tecchio, che si può considerare l'inizio dell'area flegrea (e anche in altri siti minori); infine il Bronzo Finale è noto da rinvenimenti nell'area costiera del porto di Napoli.

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    Età antica

    Il mito della fondazione


    La fondazione della città di Napoli è strettamente legata al mito della sirena Partenope.Le sirene erano creature mitologiche proprie della tradizione greca, esseri per metà donna e metà uccelli (e non pesci, come da errata tradizione medievale). Celebre era il loro canto ammaliatore che conduceva equipaggi e navi alla deriva.
    Una versione del mito narra che la sirena Partenope, vanamente innamorata dell'eroe Ulisse, si suicidò gettandosi in mare da una rupe. Il suo corpo fu trasportato dalle onde sui lidi napoletani, dove sarebbe sorta in suo onore la città di Parthenope.
    Altre versioni narrano invece della fuga sull'isolotto di Megaride della sirena con un mortale greco, e della fondazione della città da parte della coppia.
    Da tale mito proviene la definizione di partenopei che ancora oggi identifica i napoletani.


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    Castel dell'Ovo, in figura,
    sorge sull'isolotto di Megaride,
    luogo dove fu fondato
    il primo nucleo
    urbano della città, Partenope


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    Una colonna del Tempio
    dei Dioscuri di Napoli,
    incorporata nella facciata
    della Basilica di
    San Paolo Maggiore
    Partenope nacque sulla collina di Pizzofalcone e nell'isolotto di Megaride per mano cumana, nell'VIII secolo a.C., secondo la logica di una creazione di approdi e capisaldi nel golfo (epineion).Con l'avvento dell'aristocrazia cumana espulsa dal tiranno Aristodemo di Cuma dopo la vittoria di Aricia nel 507 a.C., la città rinacque come Neapolis (città nuova).La "Città Nuova" seppe in breve tempo sia sostituirsi a Cuma nei commerci marittimi sia assumere il controllo sul golfo.Grazie all'influenza ateniese diventò tra i più importanti porti del Mediterraneo.Dopo aver aperto le porte alla popolazione osca dell'entroterra campano, nel 326 a.C. la città venne conquistata dai Romani, conservando tuttavia la lingua greca almeno fino al II secolo d.C. In questo periodo la città costituì il punto focale della filosofia epicurea ed il luogo e residenza del ricco patriziato romano che trascorreva qui le pause di governo.Nel 2 d.C. Augusto la scelse come sede dei giochi Isolimpici, sul modello di Olimpia, poiché era la città più "greca d'Italia".
    Con il termine dell'età antica e l'incalzare delle invasioni barbariche, la città si chiuse nelle sue mura. Le zone un tempo meta dell'aristocrazia romana caddero preda delle razzie e dell'incuria. Nel 476 l'ultimo imperatore romano d'occidente Romolo Augusto fu imprigionato nel Castel dell'Ovo, al tempo villa romana fortificata.


    Età medievale

    Il Ducato di Napoli


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    Il ducato autonomo di Napoli,
    provincia bizantina
    sopravvissuta fino al 1139
    Nel 536 Napoli fu conquistata dai bizantini durante la guerra gotica e rimase saldamente in mano all'impero anche durante la susseguente invasione longobarda, divenendo in seguito ducato autonomo. Il primo duca, secondo la tradizione, sarebbe stato Basilio, nominato nel 660-61 dall'Imperatore bizantino Costante II, anche se è probabile che egli fosse stato preceduto da altre persone con stesse mansioni, le quali erano comunque espressione delle cosiddette "famiglie magnatizie" cittadine. La vita del ducato fu caratterizzata da continue guerre, principalmente difensive, contro i potenti principati longobardi vicini e i corsari musulmani (genericamente definiti Saraceni), provenienti per lo più dal Nordafrica o dalla Sicilia, che era stata conquistata dagli Aghlabidi a partire dall'827.
    In realtà l'avversione tra cristianesimo e islam trovò nel meridione italico ampi spazi di convergenza in nome della politica e dei comuni interessi commerciali. Questi ultimi determinarono di fatto una sostanziale amicizia tra Napoli ed il mondo musulmano, tanto che si verificò il disinvolto impiego da parte napoletana (ma campana in genere, dovendosi comprendere in questo discorso anche Amalfi) di mercenari, per lo più assoldati nell'insediamento del Traetto (in arabo ribāṭ). Prolungato artefice di questa politica fu il vescovo di Napoli e duca Attanasio II, a dispetto della scomunica comminatagli da papa Giovanni VIII.
    Il X secolo fu caratterizzato da una politica di neutralità, che mirò a tener fuori Napoli dai giochi che si svolgevano intorno a lei. Da ciò trassero giovamento sia l'economia, che la cultura, consentendo da un lato lo sviluppo delle industrie tessili e della lavorazione del ferro; dall'altro, un proficuo scambio di materiale letterario e storico - sia religioso sia profano, sia greco sia latino - tra la città e Costantinopoli, da cui provenne ad esempio il greco Romanzo di Alessandro.
    Lo sviluppo del movimento iconoclasta da parte di Leone III l'Isaurico, e la conseguente disputa teologica tra quest'ultimo e Papa Gregorio II, ebbe come conseguenza il passaggio formale delle diocesi dell'Italia bizantina sotto l'autorità del patriarcato di Costantinopoli. Nei fatti, tuttavia, la disposizione di Leone III rimase inapplicata, e Napoli rimase fedele all'autorità del Papa. Come ricompensa per la posizione assunta nella disputa, la città fu elevata al rango di provincia ecclesiastica intorno al 990, e Sergio II ne fu il primo arcivescovo.


    Il periodo normanno-svevo

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    Statua marmorea di Federico II di Svevia, posta all'ingresso del palazzo Reale di Napoli

    Nel 1139 i normanni di Ruggero II d'Altavilla conquistarono la città, ponendo fine al ducato: Napoli entrò così a far parte del territorio del Principato di Capua, nel neonato Regno di Sicilia, con capitale Palermo; ciononostante la città conservò la sede dell'arcidiocesi e acquisì grande importanza grazie al porto, che le permise di essere l'unica città italiana facente parte della lega anseatica.
    Passato il Regno di Sicilia in mano sveva sotto gli Hohenstaufen, Napoli fu compresa nel giustizierato di Terra di Lavoro, continuando ad accrescere la propria importanza come centro culturale dell'area. Tale processo culminò con la fondazione, avvenuta il 5 giugno 1224 ad opera di Federico II, dell'Università di Napoli. Si tratta del più antico istituto europeo del suo genere, vi si insegnarono fin dal principio diritto, arti liberali, teologia e medicina. Essa fu concepita come scuola indipendente dal potere papale, avendo fin dall'inizio lo scopo di formare i funzionari dello Stato ed in particolare giureconsulti esperti che servissero l'imperatore nelle dispute dinastiche.


    Il periodo angioino

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    San Ludovico di Tolosa
    che incorona il fratello
    Roberto d'Angiò
    (dipinto di
    Simone Martini)
    Napoli divenne parte del regno angioino in seguito alle vittorie di Carlo I d'Angiò su Manfredi di Svevia nel 1266 a Benevento; e su Corradino di Svevia a Tagliacozzo nel 1268. Sotto il regno di Carlo II d'Angiò, furono istituiti formalmente i Sedili, organi amministrativi ripartiti per aree della città. Essi traevano la propria origine dalla fratrie dell'epoca greca e dalla Magna cura Regis e sarebbero rimasti in piedi fino al XIX secolo.
    In seguito alla rivolta scoppiata in Sicilia nel 1282 (Vespri siciliani, causati anche dallo spostamento della capitale da Palermo a Napoli) e il passaggio dell'isola al dominio aragonese, Napoli, divenne la capitale del Regno di Napoli e uno dei più importanti centri di potere della penisola italiana. Succede a Carlo d'Angiò il figlio Carlo II ed in seguito il nipote, Roberto d'Angiò, detto "il Saggio", che fa di Napoli un centro culturale fra i più vivaci dell'Europa e del Mediterraneo. A questo periodo risalgono i soggiorni in città di Francesco Petrarca, Simone Martini, Giotto (che vi fonderà una scuola pittorica giottesca fra le più importanti d'Italia) e di Boccaccio, che nella basilica di San Lorenzo Maggiore conoscerà Fiammetta, ovvero Maria d'Aquino ed in seguito rimpiangerà i piacevoli anni trascorsi alla corte napoletana. Succederà al re Roberto, la nipote Giovanna I di Napoli nel 1343 e poi sarà il momento dei d'Angiò di Durazzo nel 1382 con Carlo di Durazzo, Ladislao I di Napoli e Giovanna II di Napoli.
    L'ultima grande impresa degli angioini napoletani fu la spedizione militare di Ladislao I di Napoli, il primo tentativo di riunificazione politica d'Italia, agli inizi del XV secolo.


    Età moderna

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    Alfonso il Magnanimo
    Nel 1442 anche Napoli cambiò di mano, diventando una delle città più influenti del dominio aragonese. Sotto il regno di e Alfonso il Magnanimo (1442-1458), la città divenne una delle più importanti della Corona d'Aragona. Nonostante alcuni episodi di insofferenza come la Congiura dei Baroni, il regno di Alfonso fu caratterizzato dall'ampliamento della città, la cui popolazione crebbe notevolmente fino a renderla la città più popolosa d'Occidente. In questo periodo furono anche costruiti importanti monumenti cittadini, come l'Arco del Maschio Angioino (iniziativa che diede origine al cosiddetto Clima dell'Arco), Palazzo Filomarino, Porta Capuana, Palazzo Como.
    Anche il clima culturale conobbe un notevole incremento, grazie al grande impulso dato da Alfonso alla biblioteca cittadina ed alla fondazione dell'Accademia Pontaniana. Le grandi somme profuse nella promozione della cultura diedero impulso ad un fiorire di attività, che resero Napoli protagonista dell'Umanesimo e del Rinascimento.


    Il Viceregno spagnolo

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    Pedro Álvarez de Toledo
    A partire dal 1501, in conseguenza delle Guerre d'Italia, Napoli perse la sua indipendenza. Dopo essere stata brevemente in mano francese fino al 1504, passò sotto la dominazione spagnola, e per oltre due secoli il regno fu governato da un viceré per conto di Madrid. Il lungo dominio spagnolo viene generalmente considerato dalla storiografia, specie di stampo crociano, un periodo oscuro e di regresso. In effetti, esso lasciò tracce profonde sia nella lingua napoletana, che soprattutto nell'assetto urbanistico della città. Fu ad esempio sotto il viceré Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga che fu aperto il famoso asse viario omonimo, e furono costruiti i Quartieri Spagnoli.
    Nel 1647 la città vide la famosa rivolta di Masaniello, partita da quella stessa Piazza Mercato in cui era stata tagliata la testa a Corradino di Svevia, e nata a causa del malgoverno spagnolo. Sei mesi dopo vi fu la nascita di un'effimera repubblica indipendente sotto la guida di Gennaro Annese e del nobile francese Enrico II di Guisa. La città fu messa sotto assedio e riconquistata dagli spagnoli, e successivi tentativi francesi di riconquistarla non ebbero buon esito.
    Fu in questo periodo storico che Napoli e il suo territorio dovettero subire (oltre alla terribile eruzione del Vesuvio del 1631 e alla suddetta rivolta di Masaniello del 1647) anche la gravissima epidemia della peste che si diffuse nel 1656 e durò fino all'anno successivo. Nella sola città di Napoli per il contagio ci furono circa 240.000 morti.
    Nel corso della guerra di successione spagnola l'Austria conquistò Napoli (1707), ma la tenne per pochi anni, fino al 1734, anno in cui il regno fu occupato da Carlo di Borbone, che vi ricostituì uno Stato indipendente che comprendeva tutto il sud Italia e la Sicilia.



    I primati della Napoli borbonica

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    Il lungo regno dei Borbone di Napoli, e l'attenzione verso le innovazioni mostrate dai diversi sovrani di questa dinastia, hanno consentito a Napoli di conseguire una serie di primati.
    Nel 1735 vi fu fondata la prima cattedra di astronomia d'Italia, e nel 1754 la prima di economia politica al mondo.
    Nel 1782 fu effettuato a Napoli il primo intervento di profilassi anti-tubercolare in Italia, nel 1792 vi fu realizzato il primo Atlante marittimo del mondo. Nel 1801 vi fu fondato il primo museo mineralogico del mondo.
    Il 24 giugno 1818 fu varata a Napoli nei cantieri Filosa, nei pressi del Forte di Vigliena, la Ferdinando I, prima nave a vapore del Mediterraneo.
    Altro notissimo primato cittadino è quello dell'inaugurazione del primo tratto ferroviario in Italia, la ferrovia Napoli-Portici, a partire dalla Stazione di Napoli (Bayard), il 3 ottobre 1839. Napoli fu inoltre la prima città italiana, e la terza in Europa dopo Londra e Parigi, a dotarsi di un sistema di illuminazione pubblica a gas (1839).


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    Ferdinando II delle
    Due Sicilie, metà del
    XIX secolo
    Sotto la dinastia dei Borbone di Napoli, la città rafforzò il suo ruolo divenendo, insieme a Parigi e Londra, una tra le principali capitali europee. Con la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, Napoli vide prima la nascita di una repubblica giacobina e poi la conseguente restaurazione borbonica. Nel 1806 fu nuovamente conquistata dalle truppe francesi condotte da Napoleone Bonaparte che affidò il regno a suo fratello Giuseppe e quindi, in seguito, a Gioacchino Murat. Nel 1815 con la definitiva sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna Napoli ritornò nuovamente ai Borbone.
    Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie fu oggetto della spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi e successivamente invaso dal regno di Sardegna. Napoli fu abbandonata da Francesco II di Borbone per "garantirla dalle rovine e dalla guerra ... risparmiare a questa Patria carissima gli orrori dei disordini interni e i disastri della guerra civile", e fu tentata una prima difesa con la battaglia del Volturno e quindi con l'assedio di Gaeta. A seguito della sconfitta delle truppe borboniche, Napoli fu annessa al regno d'Italia e perse il proprio status di capitale. Come conseguenza, le strutture di governo statale presenti in città furono smantellate. Con l'unità anche le attività industriali andarono in rovina, furono trasferite o fortemente ridimensionate (come nel caso delle officine di Pietrarsa), innescando una profonda crisi socioeconomica. Si riporta, a tal proposito, un giudizio di Gaetano Salvemini:


    « Se dall'unità il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata: ha perduto la capitale, ha finito di essere il mercato del Mezzogiorno, è caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone. »
    (Gaetano Salvemini, Scritti sulla questione meridionale, 1896-1955)

    Il tesoro del Regno delle Due Sicilie, per la maggior parte custodito nel Banco omonimo, fu utilizzato per rinsanguare i bilanci del regno di Sardegna, che era vicino al fallimento, e degli altri territori annessi, del pari indebitati. Il sistema fiscale piemontese fece aumentare vertiginosamente le tasse a carico dei napoletani; questo aumentò la crisi sociale ed industriale napoletana, mentre l'industria ed il commercio piemontese ebbero la possibilità di essere incrementati.

    Età contemporanea

    « Insomma, fascisti, a Napoli piove, che ci state a fare? »
    (Michele Bianchi, segnale convenuto per la Marcia su Roma)

    La povertà dei quartieri popolari, iconicamente descritti da Matilde Serao in Il ventre di Napoli, fu all'origine, a fine secolo XIX, di una profonda trasformazione urbanistica. A seguito dello scoppio di una grave epidemia di colera nel 1884, fu promulgata la legge per il Risanamento di Napoli. Essa diede attuazione ai numerosi ma inattuati progetti di risistemazione urbanistica della città concepiti durante il periodo borbonico. In questo periodo furono demoliti numerosi palazzi popolari, costruiti nuovi edifici borghesi detti umbertini ed aperte le arterie di via Duomo e del Rettifilo.

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    24 ottobre 1922, adunata
    delle camicie nere di Napoli,
    Mussolini sul palco delle autorità
    Nei primi anni venti del XX secolo, Napoli fu sede di uno dei più importanti Fasci di Combattimento italiani, ad opera in particolare di Aurelio Padovani, Raffaele Tarantini, Domenico Miranda, Luigi Ricci, Alberto Navarra, e Nicola Sansanelli. Il 24 ottobre 1922 La città fu teatro della grande adunanza di camicie Nere che fu l'atto preparatorio della Marcia su Roma. I dettagli della Marcia furono discussi e decisi dal Consiglio del partito Nazionale Fascista all'Hotel Vesuvio di via Partenope.Nel 1926 il territorio comunale venne ampliato con l'aggregazione dei comuni limitrofi di Chiaiano ed Uniti, Pianura, Secondigliano e Soccavo.

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    Uno «scugnizzo» armato
    durante le
    Quattro Giornate
    di Napoli
    Data la sua natura di porto strategico per le attività navali nel Mediterraneo, Napoli fu, durante la seconda guerra mondiale, la città italiana che subì il numero maggiore di bombardamenti, con circa 200 raid aerei (tra ricognizioni e bombardamenti) dal 1940 al 1944, principalmente da parte alleata, di cui ben 181 soltanto nel 1943 e con un numero di morti stimato tra le 20 e le 25 000 persone, in gran parte tra la popolazione civile.
    Dopo la resa del regno d'Italia agli Alleati, avvenuta l'8 settembre 1943, Napoli fu teatro di una storica insurrezione popolare denominata successivamente le quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943). Tale movimento, guidato dalla popolazione civile, con l'apporto di militari fedeli al cosiddetto regno del Sud, riuscì a liberare la città partenopea dall'occupazione delle forze armate tedesche.
    L'avvenimento, che valse alla città il conferimento della medaglia d'oro al valor militare, consentì alle forze alleate di trovare al loro arrivo, il 1º ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere con successo contro l'occupazione nazista.
    La Napoli contemporanea è tra le più grandi e popolose metropoli italiane e mediterranee, conservando ancora la sua storica vocazione di centro culturale, scientifico ed universitario di livello internazionale, oltre che di grande città d'arte e primario polo turistico.


    Monumenti e luoghi d'interesse

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    Il centro storico visto da
    castel Sant'Elmo.
    In evidenza, il monastero
    di Santa Chiara,
    Spaccanapoli e
    il centro direzionale
    Napoli è una delle città a maggior densità di risorse culturali e monumenti nel mondo, che ne testimoniano l'evoluzione storico-artistica. Il centro storico, nel 1995, è stato inserito dall'UNESCO tra i patrimoni dell'umanità con la seguente motivazione:

    « Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e al di là dei confini di questa. »

    Esso è il risultato di sovrapposizioni di stili architettonici racchiusi in circa 2 800 anni di storia, testimoniando così le varie civiltà che vi hanno soggiornato. Tutti fattori questi che gli hanno donato un valore universale senza eguali. Su un territorio relativamente poco esteso sono presenti, tra gli altri, un grande numero di castelli, residenze reali, palazzi monumentali, chiese storiche e resti dell'età classica. L'eredità di questa storia millenaria si può comunque ammirare anche in tutta la città e nei suoi dintorni, che rendono la città di Napoli un museo a cielo aperto a tutti gli effetti.
    L'area interessata dalla tutela comprende 14 quartieri. Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, Chiaia, San Ferdinando, Stella, San Carlo all'Arena, San Lorenzo e Vicaria e parte delle colline del Vomero e Posillipo. I quartieri San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, San Lorenzo e Vicarìa, nello specifico, costituiscono il nucleo antico, corrispondente in buona parte all'area dei decumani.
    Tuttavia, la scarsa valorizzazione e la mancanza di fondi per eventuali restauri, fa sì che parte di tale patrimonio, in particolare quello corrispondente al centro antico, ovvero all'area dei decumani, versi in rovina o in stato di degrado (sono circa duecento le chiese che solo nel centro storico hanno gravi problemi strutturali, altrettanti i palazzi; ma anche fontane, obelischi, architetture antiche, ecc.). Per superare questo problema, un accordo siglato tra regione Campania, comune e Ministero dei Beni Culturali, ha fatto sì che venissero stanziati nel giugno 2012 dall'Unione europea 100 milioni di euro per eseguire anche lavori di restauro dei monumenti del centro storico più a rischio.


    Architetture religiose

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    Duomo di Santa Maria Assunta,
    una delle principali
    chiese napoletane
    Le catacombe cristiane che sorsero fuori le mura rappresentano le prime testimonianze di arte, storia e architettura della Napoli cristiana e che per secoli caratterizzarono la vita socio-religiosa della città.
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    Chiesa di San Domenico Maggiore,
    voluta da Carlo II d'Angiò,
    è tra le chiese napoletane
    più interessanti dal punto
    di vista storico-artistico-culturale
    Le varie dominazioni straniere che hanno caratterizzato la storia di Napoli, influenzarono notevolmente anche la religiosità della città, come nel caso dei regnanti angioini ed aragonesi; nei secoli successivi la città fu saldamente legata alla controriforma, sotto il dominio degli Asburgo di Spagna. Le chiese di Napoli, con i relativi chiostri, sono testimonianze artistiche, storiche ed architettoniche formatesi nell'arco di diciassette secoli; ad esse, seppur in maniera indiretta, sono legate per lo più le vicende storiche della città, quindi i suoi repentini cambiamenti.
    Data la cospicua presenza sul territorio e dato il prestigio degli artisti che vi hanno lavorato al loro interno, gli edifici religiosi costituiscono una parte fondamentale del patrimonio monumentale cittadino. La cattedrale è quella di Santa Maria Assunta, una delle più grandi e più importanti della città, sia dal punto di vista storico-artistico che di mero folclore locale (avviene qui infatti il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro).


    « La cosa che ci è sembrata più straordinaria, a Napoli, è il numero e la magnificenza delle sue chiese: posso dirvi, senza esagerare, che ciò oltrepassa l'immaginabile »
    (Maximilien Misson)

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    Chiesa del Gesù Nuovo,
    domina la piazza omonima
    ed è una basilica napoletana
    simbolo del barocco


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    Chiesa dei Girolamini,
    uno dei complessi ecclesiastici
    più importanti della città
    Nel XVII secolo a Napoli vi erano un centinaio di conventi e monasteri, mentre circa 500 chiese nel XVIII secolo, tanto che le valse il soprannome di città dalle 500 cupole.
    In epoca più moderna, il periodo del risanamento, i terremoti e soprattutto i 181 bombardamenti della seconda guerra mondiale, hanno sottratto alla città partenopea più di sessanta chiese monumentali. Molte chiese proibite, dalle porte sbarrate da secoli o abbandonate senza custode, invece, continuano a possedere opere di alto valore artistico, come ad esempio la chiesa di Santa Maria della Sapienza su via Costantinopoli, quella dei Santi Severo e Sossio in largo San Marcellino o come quella dei Santi Marcellino e Festo, solo occasionalmente accessibile.
    Napoli continua a possedere un numero spropositato di chiese e conventi, valore che si aggira intorno al migliaio di unità, il che la pone tra le città con il più alto numero di edifici di culto al mondo. Se si considerano solo le chiese storiche, il numero è particolarmente elevato; esse arrivano a superare infatti le 200 unità nel solo centro antico e le 350 nell'intero centro storico.
    Oltre le cinquecento unità, invece, sono le edicole sacre di Napoli, mentre un centinaio sono i chiostri monumentali, un vero e proprio elemento distintivo della città. Alcuni di questi oggi ospitano dipartimenti universitari, scolastici, ricreativi, oppure musei o addirittura istituti ospedalieri. Si pensi ai chiostri di San Pietro a Majella che ospitano l'omonimo conservatorio, oppure a due dei quattro chiostri di San Domenico Maggiore, che ospitano una palestra comunale e l'istituto scolastico Alfonso della Valle di Casanova, o ancora, il chiostro dei Santi Marcellino e Festo, nel quale hanno sede dipartimenti distaccati dell'Università Federico II ed il museo di Paleontologia.
    La città possiede inoltre numerose aree cimiteriali monumentali. Il cimitero più vasto e quello storicamente ed artisticamente di maggior rilievo è il cimitero di Poggioreale, uno dei maggiori d'Europa che vede tra i punti di maggiore interesse il cosiddetto "quadrato degli uomini illustri", dove riposano alcune delle personalità che hanno dato lustro alla città. Un'altra parte importante da segnalare è quella della chiesa di Santa Maria del Pianto dalla quale si può giungere alle cappelle private di Totò, Eduardo Scarpetta ed Enrico Caruso.
    Di particolar pregio è anche il cimitero delle Fontanelle (sebbene sia considerato dall'opinione comune, più una sorta di catacomba legata a rituali pagani che un normale cimitero). Realizzato in una cavità ubicata all'interno del rione Sanità, all'interno vi sono depositati migliaia di resti di ossa umane delle persone decedute a causa dell'epidemia di colera che investì Napoli nel XVII secolo.


    Architetture civili

    Nel corso della sua storia, per la sua felice posizione e il suo clima mite, Napoli è stata più volte scelta anche come luogo di villeggiatura da cui derivarono le prime costruzioni civili, rappresentate da ville imperiali.Secondo gli esami storici, i primi a scoprirla sotto questo punto di vista furono i romani (anche se alcune ricerche archeologiche hanno fatto intuire che vari luoghi della città furono individuati come "zone di ozio" anche dai greci); successivamente, anche tutte le altre dominazioni straniere videro in Napoli un luogo di vacanza, incrementando l'edificazione di sontuose ville entro e fuori le mura.

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    Palazzo Reale su piazza Plebiscito
    L'edilizia civile in epoca medievale risentì ampiamente delle numerose guerre e dell'incertezza politica del periodo, molto più dell'architettura religiosa; di fatto poco o nulla resta in città dei palazzi edificati nel periodo ducale e vescovile. Successivamente, la classe di feudatari che si andò costituendo con l'instaurarsi della monarchia e che andò a trasferirsi progressivamente in città dopo l'avvento della dinastia angioina, iniziò ad edificare dimore e palazzi nobiliari anche con l'intento di prender parte alla vita di corte.

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    Galleria Umberto I, creata
    alla fine dell'Ottocento
    durante il grande
    intervento urbanistico
    definito dalla storiografia
    attuale "risanamento"
    Nel periodo dell'Umanesimo numerose furono le testimonianze di palazzi lasciate in città, in particolare da artisti catalani e, a partire dal XV secolo, più marcata fu invece l'impronta toscana caratteristica dell'edilizia civile rinascimentale, seppur riletta in chiave partenopea. Furono gli anni in cui la città con Pedro Álvarez de Toledo y Zuñiga allargò i propri confini oltre le mura ed in cui si ebbe la fioritura più cospicua di palazzi nobiliari. Grazie all'espansione a ovest, che portò alla nascita dell'odierna via Toledo, fu attirata così l'attenzione di molti nobili stranieri nell'accaparramento di uno spazio lungo la nuova arteria cittadina.
    La fioritura più cospicua di edifici si ebbe tuttavia nel periodo del barocco, tra il XVII e XVIII secolo, con l'edificazione di nuovi palazzi o con i rifacimenti delle facciate di quelli preesistenti. A questo periodo risalgono infatti le due residenze reali di Napoli. Ancora, sempre nel corso della metà del XVIII secolo, nell'ambito del programma di rinnovamento edilizio del nuovo re Carlo di Borbone, fu costruito uno dei più grandi edifici d'Europa, il real Albergo dei Poveri.
    Dopo l'unità d'Italia, sul finire del XIX secolo, si avviò il grande progetto del risanamento di Napoli, che prevedeva l'abbattimento di un cospicuo numero di palazzi fatiscenti e l'edificazione di nuovi edifici con l'intento di riqualificare l'intera area. In questo piano furono interessate tutte le strutture presenti su corso Umberto I, il rione Amedeo, il borgo Santa Lucia e la zona di Santa Brigida, dove verrà costruita la galleria Umberto I. A questo periodo, ma già nel corso del Settecento, risalgono anche le edificazioni di numerose ville in stile neoclassico negli spazi non ancora congestionati della città, come a Chiaia, al Vomero oppure a Posillipo.
    Nel periodo del razionalismo italiano, con la presenza di architetti venuti da fuori, si progettarono importanti edifici come il palazzo del Banco di Napoli, il nuovo palazzo delle Poste (quest'ultimo edificio si presentò come un vero e proprio manifesto dell'architettura funzionalista e razionalista della città) e diversi altri ancora.


    Architetture militari

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    Port'Alba è un'antica
    porta della città
    di Napoli, situata
    sul lato sinistro
    dell'emiciclo di
    piazza Dante
    Sin dall'epoca greca le mura cittadine si estendevano su un tracciato quadrangolare delimitato a nord sull'odierna via Foria, a sud dal corso Umberto I, ad ovest su via San Sebastiano e ad est su via Carbonara. Queste saranno poi riprese anche in epoca romana, costituendo quindi il centro antico della città.Delle sostanziali modifiche furono compiute per accogliere i profughi dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e nel 440 per offrire rifugio alle popolazioni scampate dalle invasioni barbariche.

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    Castel Sant'Elmo, con
    la caratteristica forma di stella
    a sei punte, è posto sulla
    collina del Vomero dalla quale
    domina l'intera città


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    Lo scenografico Maschio Angioino,
    l'antico Castrum napoletano,
    è uno dei monumenti-simbolo
    più rappresentativi della
    città di Napoli e tra i più
    famosi castelli d'Italia
    Napoli è una città che nel corso della sua storia ha visto l'avvicendarsi di diverse dominazioni straniere. A queste successioni sono dunque legati i diversi, numerosi assedi che dovette subire, soprattutto nel periodo del ducato autonomo. In questo periodo la città si ritrovò infatti in una continua e quasi ininterrotta sequenza di guerre, prevalentemente difensive, contro i principati longobardi di Benevento, di Salerno e di Capua, nonché contro gli imperatori bizantini, i pontefici ed infine i normanni che riuscirono ad espugnarla definitivamente nel 1137. A questo periodo in particolare, risalgono i primi due castelli cittadini: uno è il Castel dell'Ovo, direttamente sul mare, costruito sulle vestigia della Villa di Licinio Lucullo, con funzione prettamente difensiva delle coste cittadine data la sua posizione pressoché centrale rispetto al golfo; l'altro è il Castel Capuano, costruito nel 1153 per volere di Guglielmo I di Sicilia e che aveva sia il compito di proteggere l'entroterra di Napoli che di fungere da residenza reale.
    In epoca angioina le mura si estendevano per circa 4,5 km comprendendo un'area di circa 200 ettari in cui risiedevano circa 30 000 abitanti. Il fossato a nord fu denominato carbonarius publicus in quanto vi venivano bruciati i rifiuti, quello a ovest Lavinaius in cui fluivano le acque piovane prima di gettarsi in mare. Ulteriori modifiche furono effettuate nel XIV secolo da Carlo I d'Angiò in direzione della marina fino ad includere il Castel Nuovo; e nel 1484 dagli aragonesi in direzione del Carmine fino ad includere l'omonimo castello. In questa fase furono edificati altri tre castelli: il Maschio Angioino, che assunse il ruolo di residenza reale, il Castel Sant'Elmo, che aveva una funzione di controllo della città grazie alla sua favorevole posizione in altura e che prese il posto di una precedente torre d'osservazione normanna, ed il Castello del Carmine.
    Durante il vicereame spagnolo furono intrapresi nuovi lavori di murazione, specialmente ad occidente dove si abbarbicava sulla collina fino a Santa Maria Apparente. Nonostante le prammatiche dei viceré che vietavano l'edilizia abusiva e nonostante il fatto che ci fossero fuori le mura numerosi villaggi, continuò comunque l'afflusso di popolazioni dalle campagne determinando quel boom demografico che raggiunge il culmine nel 1656 con oltre 300 000 abitanti. Al periodo del viceregno invece, risalgono il Castello di Nisida ed il forte di Vigliena. La caserma Garibaldi infine, rappresenta l'ultimo castello napoletano, sorto poco prima l'unità d'Italia.
    Con lo sviluppo delle tecnologie belliche, con la liberalizzazione dell'edilizia extra moenia avvenuta grazie agli austriaci, con i nuovi programmi urbanistici di Carlo III di Spagna e con le demolizioni dei Borbone di Napoli, le mura persero via via valore fino a scomparire del tutto.
    La cinta muraria originale era intervallata da una serie di torri, dapprima erette in tufo e poi in piperno e pietra lavica accompagnate lungo il percorso da una serie di portali dei quali sono ancora visibili testimonianze: porta Medina (1640) nell'attuale Montesanto, porta San Gennaro (1573) nell'attuale piazza Cavour, porta Capuana di vetuste origini, port'Alba (1625) nell'attuale piazza Dante.


    Siti archeologici

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    Il teatro romano di Neapolis.
    Nell'immagine, in particolare,
    è raffigurato il proscenio,
    rivestito da opus reticulatum.
    L'ossatura dell'assetto urbano di Napoli era già definita in epoca greca e l'attuale forma del centro antico, rispecchia ancora la rielaborazione degli antichi tracciati ippodamei. La Napoli greca, oltre al già citato impianto urbano, ci ha lasciato altre testimonianze del suo passato: dalle mura (per esempio quelle di piazza Bellini) alle antiche torri di difesa, resti della necropoli, resti di templi, agli innumerevoli ambienti ed architetture poste nel suo sottosuolo.
    Con l'avvento della civiltà romana, la città divenne una rinomata residenza estiva dell'impero, in cui imperatori e politici, amavano soggiornare per lunghi periodi. A testimonianza della Napoli romana troviamo anche acquedotti, terme, mura, resti di templi, domus, ponti, ipogei.
    Il sito archeologico più importante risulta essere quello della Napoli sotterranea, complesso di cunicoli sotterranei di età greca e la cui estensione pareggia quasi quella della città che è sorta in superficie. Tra gli stessi ambienti del sottosuolo, è possibile inoltre vedere anche i resti del teatro romano di Neapolis in cui si esibiva Nerone. Altri frammenti dello stesso teatro invece, possono essere visti dall'esterno lungo i decumani.
    Come testimonianza della Napoli antica, vi sono anche le opere funerarie; le più famose sono le catacombe cristiane, anche se ne esistono esempi legati al periodo greco e preellenico, ed il mausoleo di Virgilio.
    Altri importanti siti archeologici della città sono quelli situati nei sotterranei del complesso di San Lorenzo Maggiore, in cui si ammirano i resti dell'antico mercato; quelli presenti nel parco archeologico di Posillipo; quelli relativi alla villa di Licinio Lucullo; e quelli del sottosuolo di Santa Chiara.


    Aree naturali

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    Il «viale centrale» del parco
    di Capodimonte, la maggiore area
    verde della città di Napoli
    Napoli possiede 33 giardini storici e parchi aperti al pubblico. Lo spazio più rilevante è senza dubbio quello del parco di Capodimonte, immensa distesa di verde di 134 ettari che circonda diversi fabbricati settecenteschi ed in particolare l'omonima reggia.
    La villa Comunale di Napoli (già "villa reale") fu invece fatta realizzare da Ferdinando IV su disegno di Carlo Vanvitelli nel 1780 per dare alla nobiltà napoletana un'oasi di gran ricercatezza sull'allora lungomare, impreziosendola di statue neoclassiche, fontane e alberi esotici.



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    L'isola di Nisida vista dal
    parco Virgiliano, con sullo sfondo
    Capo Miseno e alle spalle
    Procida ed Ischia


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    Parco sommerso di Gaiola,
    una piccola area marina
    protetta nei pressi del
    quartiere di Posillipo
    Una veduta particolarmente suggestiva è offerta dal parco Virgiliano a Posillipo (anche detto "parco della Rimembranza"), posizionato su uno dei punti più panoramici della città che permette di osservare contemporaneamente le isole di Procida, Ischia e Capri, l'isolotto di Nisida, il golfo di Pozzuoli, l'eremo dei Camaldoli, il golfo di Bacoli, monte di Procida, il Vesuvio con la costa, la penisola Sorrentina, la Baia di Trentaremi con i suoi resti archeologici ed il centro storico di Napoli.
    Altri spazi verdi della città sono il Parco Vergiliano a Piedigrotta (o della tomba di Virgilio), famoso per la presenza al suo interno della tomba monumentale di Giacomo Leopardi e del mausoleo di Virgilio; la villa Floridiana al Vomero, il cui parco fu realizzato nel 1817 da Dehnhardt e Antonio Niccolini in stile neoclassico con statue, finte rovine, boschetti, anfratti e un teatrino di verzura all'aperto; il real orto botanico, voluto dai Borbone e approvato da Giuseppe Bonaparte nel 1807 durante il governo napoleonico, che occupa attualmente 12 ettari di terreno nei quali sono ospitati 25 000 esemplari di piante di ogni genere disposte in collezioni all'aperto o in serre.
    Sulla collina dei Camaldoli vi è invece il secondo spazio verde cittadino per estensione, il quale occupa tutta la zona nord occidentale fino al parco del Poggio ai Colli Aminei.
    Oltre agli spazi verdi, Napoli è caratterizzata anche da un'area marina protetta di 42 ettari. Le coste settentrionali di Napoli ospitano infatti il parco sommerso di Gaiola, esempio raro nel Mediterraneo di parco archeologico sommerso. Il parco, localizzato all'apice del promontorio di Posillipo intorno all'isolotto della Gaiola incorpora considerevoli valori ambientali a reperti archeologici di età romana, sommersi nel corso dei secoli da un fenomeno di bradisismo negativo che ha causato l'affondamento della costa di circa 6/8 metri.La Riserva naturale Cratere degli Astroni è un'oasi WWF.


    Tradizioni e folclore

    « La città meno americanizzata d'Italia, anzi d'Europa. Eppure le truppe americane l'hanno avuta per tanto tempo. Ma una volta ripartiti questi soldati (a parte qualche moretto lasciato lì), tutto quanto era americano è stato cancellato. La forza dei napoletani sta in questo: nel loro carattere, nella loro tradizione, nelle loro radici. »
    (Marcello Mastroianni)

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    Un vicolo tipico
    del centro storico
    di Napoli
    La ricca e storica tradizione popolare di Napoli e la sua cultura millenaria hanno determinato nel corso del tempo un sentimento di napoletanità che sintetizza diverse abitudini e credenze del popolo locale. Questi elementi, alcuni dei quali anche pittoreschi e talune volte caricaturizzati, determinano così nel napoletano l'acquisizione di un'identità solida ed una forte appartenenza alla città, riassumendo addirittura il contesto folcloristico e culturale dell'intera regione ed in alcuni casi anche dell'Italia.
    Il bagaglio culturale, che va dalla musica alla cucina, dai riti sacri alle credenze mistiche, fa sì che alla città vengano associati diversi stereotipi che, in alcuni casi, vengono anche allargati al contesto nazionale. Pizza, sole, tarantella e mandolino, quattro simboli di Napoli, sono infatti annoverati e riconosciuti come i più classici simboli (utilizzati alcune volte con accezione dispregiativa) dell'Italia nell'immaginario collettivo internazionale.


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    Il rito dello scioglimento
    del sangue di San Gennaro;
    secondo la leggenda,
    se quest'ultimo non
    si scioglie,una catastrofe
    è prossima ad avvenire
    Tante altre invece sono le parole o le immagini che sintetizzano e rappresentano l'identità stereotipata napoletana: come il Vesuvio; il corno o il munaciello, che testimoniano la superstizione popolare; la mozzarella, simbolo assieme alla pizza della cucina napoletana e italiana; la tombola tipico gioco natalizio che viene accompagnato alla smorfia napoletana, altra invenzione popolare napoletana quest'ultima usata anche per il gioco del lotto, molto diffuso in città; poi c'è Pulcinella, una delle maschere italiane più famose e spesso usata per rappresentare l'italiano; infine vi è l'iconografia classica del vicolo napoletano, dominato dai bassi e dai panni stesi lungo la strada.
    Tra i riti religiosi invece, dominano la storica arte presepiale napoletana, per rappresentare la scena della Natività; il miracolo di san Gennaro, che testimonia tutta la devozione religiosa del popolo ed in particolare, l'amore verso questo santo; ed infine il culto della Madonna dell'Arco.


    Musei

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    Museo archeologico
    nazionale, collezione
    Farnese.



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    Il salone da ballo
    della reggia
    di Capodimonte

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    Una sala del palazzo Reale
    Napoli vanta un'offerta museale molto vasta: i musei napoletani, che sono numerosi proprio per l'importante ruolo che la città ha ricoperto nel corso della sua storia, espongono le varie opere raccolte o donate alla città.
    I più importanti in assoluto sono il museo archeologico nazionale, ritenuto uno dei più importanti al mondo sia per la qualità che per la quantità delle opere esposte, principalmente quelle di epoca greco-romana;il museo nazionale di Capodimonte, nell'omonima reggia, che custodisce opere pittoriche dei più grandi maestri italiani dal Rinascimento al barocco; il museo nazionale di San Martino, che raccoglie reperti relativi alla storia di Napoli, e il palazzo Reale di Napoli.
    Oltre a questi, altri musei importanti (anche a livello nazionale, per la qualità delle opere e per la loro natura), nonché indispensabili per descrivere e testimoniare l'evoluzione artistica che ha vissuto la città nel corso dei secoli, sono quelli del Pio Monte della Misericordia, dei Girolamini (prima quadreria pubblica della città), del tesoro di San Gennaro, della ceramica "duca di Martina", del conservatorio di San Pietro a Majella, il MEMUS del teatro di San Carlo, la galleria di palazzo Zevallos, quelli dell'Opera di San Lorenzo Maggiore e Santa Chiara, il diocesano, il museo di villa Pignatelli, i civici Gaetano Filangieri e di Castel Nuovo, il museo di Pietrarsa, la galleria dell'Accademia ed infine quello della cappella Sansevero, quest'ultimo museo privato e gioiello di scultura del barocco napoletano.
    Sebbene ricca di testimonianze del passato, Napoli è anche un laboratorio e un'importante vetrina internazionale d'arte contemporanea. Molto attivi in questo senso sono il palazzo delle Arti di Napoli (PAN) ed il museo d'Arte Contemporanea Donnaregina (M.A.D.R.E.). Più di recente, negli anni duemila, sono nate inoltre le Stazioni dell'arte, in cui le stazioni della metropolitana cittadina non vengono concepite come semplici luoghi di transito, ma come un vero e proprio spazio espositivo con opere di artisti di fama mondiale (come Joseph Kosuth, Mimmo Rotella, Mario Merz) o di artisti emergenti.


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    Chiostro maiolicato, parte del
    complesso del museo
    dell'Opera di Santa Chiara
    Tra i musei scientifici, oltre alla Stazione zoologica Anton Dohrn, di particolare interesse sono quelli che fanno parte del Centro musei delle scienze naturali, che comprende il museo di Zoologia, di Paleontologia, di antropologia, di mineralogia e di Fisica. Vi sono inoltre l'Osservatorio astronomico di Capodimonte, e, presso la Seconda Università di Napoli, il museo di anatomia umana.

    Eventi
    • 14 aprile: Nauticsud;
    • fine aprile: Napoli Comicon e Napoli Gamecon;
    • 1º maggio: Maggio dei monumenti;
    • 19 maggio: Napoli strit festival;
    • 5 giugno: Napoli Film Festival;
    • 11 giugno: Fiera della Casa;
    • 1º settembre: Maratona natatoria internazionale Capri-Napoli;
    • 9 settembre: Napoli Folk Festival;
    • 30 ottobre: Maratona di Spaccanapoli;
    • 26 novembre: Fiera del baratto e dell'usato;
    • 26 novembre: Fiera della Cioccolata;
    • 4 dicembre: Fiera del Sapore;
    • 8 dicembre - 6 gennaio: Stagione natalizia.


    Persone legate a Napoli
    Regnanti, filosofi, letterati, poeti, incisori, scrittori, scultori, musicisti, compositori, scienziati, cinematografi, attori, religiosi, calciatori, politici e tante altre personalità hanno lasciato traccia di sé, in modo materiale o ideale, stabilendo dei saldi rapporti dalla città.
    Si va dall'imperatore Augusto, che la scelse come sede dei giochi Isolimpici, alle varie dinastie dei sovrani che hanno regnato sulla città (i re sono rappresentati nella successione di statue presente sulla facciata del Palazzo Reale); dal musicista Giovanni Battista Mele a Totò («cattolico, apostolico e napoletano») a Matilde Serao, fondatrice del quotidiano Il Mattino; da Benedetto Croce («il filosofo napoletano», il cui senso di appartenenza a Napoli, dove non nacque, fu largamente enfatizzato) a Diego Armando Maradona, che militò nel Napoli durante gli anni ottanta, ed altri ancora.
  10. .

    Benevento

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    - Info -

    Benevento è un comune italiano di 60.385 abitanti, capoluogo della provincia omonima in Campania.

    Chiamata prima Maleventum, poi Beneventum ed infine Benevento, è stata una città sannitica, romana, longobarda e poi pontificia. Benevento vanta un cospicuo patrimonio storico-artistico e un interessante patrimonio archeologico. La chiesa di Santa Sofia, edificata nel 760 dal duca longobardo Arechi II, è entrata a far parte del Patrimonio dell'umanità UNESCO all'interno del sito seriale Longobardi in Italia: i luoghi del potere.

    Geografia fisica

    Territorio


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    Panorama di Benevento, con la Dormiente del Sannio sullo sfondo

    La città si trova nell'entroterra appenninico della Campania, nella parte meridionale della regione storica del Sannio, in una posizione quasi equidistante dai mari Tirreno e Adriatico.È posta in una conca circondata da colline; ad ovest in particolare, oltre la Valle Vitulanese, si trova il massiccio del Taburno Camposauro: le sue cime, viste dalla città, disegnano la sagoma di una donna distesa, la Dormiente del Sannio.
    Dalla parte più alta della città si possono scorgere le cime del Monte Mutria del Matese a nord-ovest, l'alta cortina del Partenio con il monte Avella a sud, il brullo Trimunzio montecalvese a sud-est e le appendici dei monti Dauni a est.
    La città è attraversata da due fiumi: il Calore, affluente del Volturno, e il Sabato, che confluisce nel Calore in contrada Pantano, poco ad ovest del centro cittadino.Il territorio su cui si estende la città è piuttosto ondulato. Il suo centro infatti si eleva su una collina nel mezzo della vallata, ed alcune contrade sorgono su altre colline circostanti. L'altezza media sul livello del mare è pari a 135 m, con una minima di 80 m ed una massima di 495 m, pari ad un'escursione di 415 m.


    Clima

    Il clima di Benevento ha tratti più continentali di quello, di tipo marittimo, del Casertano e del Napoletano. Nel semestre invernale la temperatura in genere è più bassa; le piogge sono relativamente frequenti, così come nebbia, brine, e talvolta gelate (con temperature di qualche grado sottozero). Le correnti perturbate provenienti dal Mar Tirreno incontrano in Irpinia i primi baluardi appenninici (il Partenio), dietro al quale si ha una fascia di ombra pluviometrica: così Benevento, nei peggioramenti dai quadranti occidentali (ovvero la quasi totalità dei peggioramenti in Campania), riceve un quantitativo di pioggia molto inferiore rispetto ad altre zone della Campania ben più piovose, come l'Irpinia occidentale e il Salernitano.
    Benevento ha un clima tipicamente mediterraneo, con temperatura media annua di 15,8 °C. La temperatura media del mese più freddo (gennaio) è 7,1 °C, quella del mese più caldo (agosto) è di 24,7 °C. In inverno si verificano raramente precipitazioni nevose. La temperatura più alta registrata in città fu di 42 °C, il 18 luglio del 1884.L'umidità nel periodo invernale è mediamente del 72% ed in quello estivo del 57%.


    Storia

    « Benevento ha una storia, anzi dirò di più che, se avvenne una in quelle province meridionali d'Italia, questa storia è incarnata alla storia di Benevento. »
    (Carlo Torre, Atti parlamentari dello Senato, Volume 2, E. Botta, 1861, p. 526)


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    Panorama di Benevento dal Monte Pentime, nella catena montuosa del Taburno Camposauro

    Fondazione

    La fondazione di Benevento risale a tempi remoti. Una leggenda narra che Benevento debba le sue origini all'eroe greco Diomede, sbarcato in Italia dopo la distruzione e l'incendio di Troia, e che avrebbe riservato per la città una zanna del mitico Cinghiale Calidonio (simbolo di Benevento) ucciso da suo zio Meleagro; secondo Procopio di Cesarea avrebbe anche ospitato l'incontro tra Diomede ed Enea. Una moneta del IV secolo a.C., attribuita alla città e recante impresso l'emblema del cavallo e la scritta Malies, avvalorerebbe la tesi dell'origine greca, in quanto il cavallo era il simbolo particolare di Diomede. In realtà, la fondazione si dovrebbe agli Osci, passando successivamente ai Sanniti. Inoltre, la parola Malies (o Malocis), nome probabilmente osco o sannita, sarebbe all'origine del primo nome della città che era Maloenton, da cui quello latino di Maleventum o Maluentum. Del periodo pre-romano la città offre ceramiche e bronzi del secolo VIII e VII.
    A tal proposito è interessante sottolineare che secondo lo studio linguistico dei Toponimi, la radice *Mal- (con possibile significato di "pietra") non sarebbe riconducibile ad una radice indoeuropea, per questo motivo si ritiene che questo toponimo (ricorrente in molti luoghi in Europa ed in particolare in Italia), sia un lascito nelle lingue indoeuropee (a cui appartengono l'Osco e il Latino), della lingua parlata prima dell'arrivo di questi popoli in età neolitica. Negli ultimi anni alcuni studiosi vanno ipotizzando un'origine diversa della città, che avrebbe preso nome di Civitate Beneventana, così come si chiamò una zona dell'attuale territorio cittadino nel corso del Medioevo.


    I Romani

    Per la prima volta nella storia romana, nel 314 a.C. compare Maleventum, definita a proposito della prima guerra sannitica quale fiorente centro del Sannio Meridionale, uno dei principali della tribù degli Irpini. Nei suoi pressi, le legioni di Papirio Cursore e di Bibulco sconfissero, nel corso della seconda guerra sannitica, le truppe sannitiche. Nelle vicinanze della città, nel 297 a.C., il console romano Publio Decio Mure, avrebbe sconfitto durante la terza guerra sannitica gli Apuli, impedendo in tal modo il ricongiungimento con i Sanniti.
    Nel 275 a.C., i Romani vinsero Pirro, venuto in Italia con i suoi elefanti: questo fatto si dimostrò fondamentale per lo sviluppo della città. Per assicurarsi il possesso di Benevento, vennero dedotti nel 268 a.C. il primo stanziamento di coloni romani con diritto latino. A quest'epoca risale il nome di Beneventum, mutato da Maleventum, considerato di cattivo augurio.
    Durante la seconda guerra punica, vennero combattute due battaglie decisive: nel 214 a.C. il generale cartaginese Annone fu sconfitto da T. Gracco; nel 210 a.C., il campo di Annone venne assalito e preso dal console Q. Fulvio. Nel 209 a.C. fu una delle diciotto colonie latine a somministrare contingenti di uomini e denaro per continuare la guerra.
    L'importanza della città crebbe con la realizzazione della via Traiana, nuovo tracciato della via Appia. Nell'86 a.C., i Romani la elevarono al rango di municipium. Verso la fine della Repubblica, Benevento viene descritta come una delle città più floride del Meridione. Augusto, nel 42 a.C., vi deduce una nuova colonia, mentre da Nerone viene dedotta una terza colonia, che prende il nome di Concordia, come è documentato anche nelle iscrizioni del regno di Settimio Severo: Colonia Julia Augusta Concordia Felix. Adriano poi la unì alla Campania.
    Benevento trasse particolari benefici dall'essere situata su un'importante arteria di comunicazione quale era al tempo la via Appia. Traiano la scelse quale punto di partenza per la via che prese il suo nome. Fu così che per tutto il III e IV secolo d.C. la città prosperò in modo particolare, arricchendosi di numerosi e splendidi monumenti. In quel periodo fu la città più popolosa del Meridione dopo Capua.


    Medioevo

    Il Ducato nell'VIII secolo


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    Sede vescovile a partire dal IV-V secolo, fu quasi interamente distrutta da un terribile terremoto nel 369 d.C., segnando il suo lento ed inesorabile declino, favorito anche dalla crisi dell'Impero romano d'Occidente.
    Nel 410 d.C., subì l'invasione dei Visigoti e nel 455 quella dei Vandali. Poco tempo dopo, si verificò la caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Nel 490 d.C. fu presa dai Goti, nel 536 o 537 liberata da Belisario e nel 545 conquistata e saccheggiata da Totila.
    Nel 571 i Longobardi vi fondarono il ducato di cui Zottone fu il primo duca fino al 591. L'ultimo fu Arechi II, genero di re Desiderio, dal 778 al 787. Protetto dalla sua grandezza, dalla situazione appartata e dalle difficoltà di portarvi e sostenervi guerra, il ducato si mantiene incolume davanti alla minaccia dei Franchi e lo stesso Carlo Magno è costretto ad arrestarsi ai suoi confini. Nell'840, dopo la morte violenta di Sicardo, il dominio fu diviso nei due principati di Benevento e Salerno e nella contea di Capua. Seguì la serie dei principi indipendenti di Benevento da Radalgisio a Landolfo VI. Nel 969, papa Giovanni XIII innalzò Benevento a Chiesa metropolitana. Il principato finì nel 1053 con la battaglia di Civitate e la presa di Benevento da parte di Riccardo I di Aversa e Roberto il Guiscardo. Nel 1077, Enrico III la cedette alla Chiesa.
    Fu per qualche anno in mano ai Normanni (1078 - 1081), rimanendo poi per secoli un'enclave pontificia nel Regno di Napoli, governata da rettori papali, pur fra alterne vicende: vi furono infatti tentativi di conquistarla da parte di Federico II e Manfredi di Svevia, che qui rimase ucciso in una battaglia contro Carlo I d'Angiò. Fu sottratta alla Chiesa durante le lotte tra Angioini e Aragonesi.


    Età moderna

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    Benevento Pontificia

    Nel 1458, papa Callisto III, alla vigilia della sua morte, crea il nipote Pedro Luís duca di Benevento, infeudazione illusoria, in quanto la città è saldamente tenuta da re Ferrante.
    Alessandro VI, per non essere da meno, confermando a Federico d'Aragona l'investitura del regno di Napoli, nel 1497 l'ottiene per il figlio Giovanni, già duca di Gandia, principe di Tricarico, conte di Garinola e di Claromonte, nonché Gonfaloniere della Chiesa. Benevento fu poi turbata dalle lotte intestine sorte tra la fazioni di Castello e quella della Fragola (Fravola), concluse con la pace del 1530.
    Nel Seicento, però, pestilenze, carestie e terremoti annientarono gli sforzi compiuti e impoverirono sempre più la città. Benevento ritrova serenità sotto il papa, salvo un breve assedio operato dagli spagnoli dal 4 settembre al 28 settembre 1633, scrive infatti lo storico Gregorovius: "La città si considerava come repubblica sotto l'alto patrocinio dei Papi, ed essa sopportava codesta forma di supremazia papale, perché vi trovava modo di usare una libertà maggiore di quella che un altro reggimento le avrebbe consentito".
    Nel 1688 fu distrutta da un terremoto. Si salvò dalle rovine del suo palazzo il cardinale arcivescovo Orsini, il futuro Benedetto XIII, che non solo ricostruì la città, ma ne incrementò tutte le attività. Nel 1702, Benevento fu però squassata da un nuovo cataclisma e il Pastore non desisté dalla sua opera, tanto da essere celebrato come Alter Conditor Urbis ("nuovo fondatore della città").


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    Veduta di Benevento nel XIX secolo (disegno realizzato dall'artista tedesco Edmund Kanoldt)

    Con l'arrivo in Italia di Napoleone Bonaparte nel 1798, Benevento fu dapprima occupata da Ferdinando IV di Borbone. In seguito, Napoleone la fece sede di un nuovo principato, retto dal Talleyrand (1806). Tornata alla Chiesa con la Restaurazione, nel 1860 i garibaldini di Salvatore Rampone la sottrassero al dominio pontificio, e fu così annessa al nascente Regno d'Italia.

    Dopo l'unità d'Italia

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    Piazza Risorgimento, progettata in età fascista
    Cominciava così una nuova vita per la vetusta città, che riprendeva nel Mezzogiorno d'Italia la sua funzione, sviluppandosi notevolmente nel suo complesso urbano ed abbellendosi di edifici interessanti e di bei monumenti, progredendo nell'agricoltura, specie nella coltivazione dei tabacchi e dei cereali, nelle famose industrie dolciarie, meccaniche, dei liquori, del legno, dei laterizi, nei suoi floridi commerci, nelle istituzioni assistenziali e culturali.
    Né tale fervore poteva essere spento dall'immane distruzione del secondo conflitto mondiale, allorché la cittadinanza diede tale prova di coraggio e di abnegazione, da meritare la Medaglia d'Oro al Valor Civile (15 giugno 1967). La città fu bombardata dagli Alleati nel 1943: duemila abitanti morirono e oltre la metà della città rimase distrutta. Solo il 2 ottobre 1943 gli americani entrarono nella città.
    Ingenti danni furono poi causati da un'alluvione nel 1949. Da gli anni Cinquanta Benevento si è notevolmente espansa ed è oggetto di grandi interventi di riqualificazione.


    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture religiose

    Chiesa di Santa Sofia con annesso complesso monumentale

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    Piazza Matteotti con la
    Chiesa di Santa Sofia
    La chiesa di Santa Sofia è un edificio longobardo che risale al 760 circa, di piccole proporzioni: si può circoscrivere con una circonferenza di diametro 23,5 m. Si tratta di una delle chiese più importanti della Langobardia Minor giunta fino ai giorni nostri, notevole soprattutto per la sua originale pianta stellare e la disposizione insolita dei pilastri e delle colonne. Restaurata in forme barocche dopo il terremoto del 1688, fu poi riportata alla sua forma originale nel 1951.
    Alla chiesa è collegato un monastero che fu uno dei più importanti centri culturali dell'epoca longobarda, di cui è interessante il chiostro (ricostruito nel XII secolo); oggi è sede del Museo del Sannio. Il campanile della chiesa, ubicato all'ingresso della piazza ad essa antistante, risale al XVIII secolo.
    Dal 2011 chiesa e monastero sono parte del sito UNESCO denominato Longobardi in Italia: i luoghi del potere.


    Cattedrale di Sancta Maria de Episcopio (Duomo)

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    La facciata del duomo
    Sorto nel 780, fu ampliato nel XII secolo: a quell'epoca risale la facciata in stile romanico pisano, a tre portali, sormontate da un ordine di arcate e da una loggia. Il massiccio campanile in stile gotico è invece del 1280. Nel XVIII secolo il Duomo fu ulteriormente arricchito. Fu quasi completamente distrutto durante i bombardamenti alleati del 1943: dell'edificio rimasero soltanto il campanile, la facciata e la Cripta con i suoi affreschi. Altra importante testimonianza della vecchia cattedrale è porta di bronzo del XII secolo, la Janua Major, composta da 72 formelle con bassorilievi, i cui frantumi sono stati sapientemente ricomposti nel dopoguerra.
    L'edificio attuale, di aspetto moderno, è stato completato nel 1965 e successivamente restaurato tra il 2005 ed il 2012: in quest'occasione è stato allestito un percorso ipogeo fra i resti del foro romano, sopra i quali era stato costruito l'edificio di culto.


    Basilica di San Bartolomeo Apostolo

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    Chiesa di San Bartolomeo
    La basilica nacque nell'839 per ospitare le spoglie di san Bartolomeo apostolo, giunte in città l'anno precedente. Fu ampliata nel XII secolo, ma crollò con il terremoto del 1688. Fu quindi ricostruita in un luogo diverso dall'originale, in forme barocche, su progetto di Filippo Raguzzini; e continua a conservare la maggior parte delle reliquie del santo. Al suo interno si trovano interessanti tele settecentesche.

    Medievali

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    Chiesa di Sant'Ilario
    • Chiesa di Sant'Ilario a Port'Aurea
    • Chiesa del Santissimo Salvatore
    • Chiesa di San Francesco alla Dogana
    • Chiesa di San Donato
    • Chiesa di Sant'Agostino
    • Abbazia di San Vittorino
    • Ruderi del monastero dei Santi Lupolo e Zosimo, detto dei Morticelli
    • Resti della chiesa di San Marco dei Sabariani


    Cinquecento e Seicento

    • Chiesa del Carmine
    • Ex convento di San Felice


    Barocche

    • Chiesa dell'Annunziata
    • Chiesa di San Domenico
    • Chiesa di San Filippo
    • Chiesa e convento di San Pasquale
    • Chiesa di Santa Teresa
    • Monastero delle Orsoline
    • Chiesa di Santa Maria della Verità
    • Chiesa di San Nicola (trasformata in auditorium)


    Moderne

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    Basilica della Madonna delle Grazie
    • Basilica della Madonna delle Grazie
    • Palazzo Arcivescovile
    • Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli
    • Chiesa del Sacro Cuore
    • Chiesa di San Modesto (prende il nome da una chiesa distrutta)
    • Chiesa di Santa Maria degli Angeli
    • Chiesa di San Gennaro
    • Chiesa di Santa Rita
    • Chiesa di San Giuseppe Moscati


    Epoca sconosciuta

    • Chiesetta di Santa Lucia
    • Chiesa di San Cristiano
    • Chiesa dei Santi Cosma e Damiano


    Architetture civili

    Arco di Traiano

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    Arco di Traiano
    È non solo il massimo monumento della città, ma uno dei migliori esemplari dell'arte traianea ed il meglio conservato arco onorario romano. Ha un solo fornice. Fu eretto, tra il 114 ed il 117 all'inizio della nuova via Traiana, per ricordare ed esaltare il governo dell'imperatore Traiano. Alto 15,60 metri, con fornice di oltre 8 metri, ha un'ossatura costituita da massi di calcare ed un rivestimento di marmo. Gran parte dell'arco è decorata con scene e decorazioni in bassorilievo: in particolare la faccia dei piloni rivolta verso la città presenta scene di pace, l'altra scene militari.
    L'Arco fu inserito nel Medioevo nella cinta di mura della città, della quale costituì la Porta Aurea.


    Teatri

    Teatro romano

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    Teatro romano: vista degli
    ordini da sud
    • Il teatro romano fu inaugurato nel 126 sotto l'imperatore Adriano, ed ingrandito da Caracalla tra il 200 e 210. Realizzato in opus latericium, ricorda il Teatro di Marcello di Roma e testimonia la prevalenza sotto Adriano di correnti artistiche elleniche che si sostituirono alla severità della precedente arte traianea. Il teatro, orientato verso il Taburno, misura 90 metri di diametro e può contenere circa 10.000 spettatori; era ricoperto di marmi policromi, ed i suoi atri erano decorati con stucchi e mosaici.
    Il teatro fu abbandonato in epoca longobarda, utilizzato come fondazione per alcune abitazioni e parzialmente interrato. Inoltre nel XVIII secolo sopra un'estremità dell'emiciclo fu costruita la chiesa di Santa Maria della Verità. L'archeologo Almerico Meomartini a fine Ottocento ne promosse il ripristino. I lavori si conclusero soltanto nel 1957; da allora il teatro è di nuovo in funzione. Si è perso gran parte del rivestimento marmoreo; sono giunti fino a noi la cavea, la scena, il primo e parte del secondo dei tre ordini di arcate.
    • Teatro comunale Vittorio Emanuele


    Edifici amministrativi
    • Palazzo Paolo V
    • Palazzo del Governo
    • Palazzo della Camera di Commercio

    Edifici residenziali
    • Villa dei Papi
    • Palazzi gentilizi costruiti tra Seicento e Novecento: Palazzo De Simone, Palazzo Terragnoli, Palazzo Mosti, Palazzo Annubba, Palazzo Andreotti Leo, Palazzo Collenea Isernia, Palazzo Pedicini (dal XIX secolo passato ai marchesi Polvere Jelardi), Palazzo Pacca (nei primi anni del XX secolo passato alla famiglia Mazzella), • Palazzo Nobile, Palazzo Iorio-Orsolupo, Palazzo Roscio.
    • Ville novecentesche: Villa Perrotta, Villa Colomba, Villino Meomartini.


    Altri edifici
    • Palazzo della Banca d'Italia
    • Convitto Nazionale Pietro Giannone
    • Poste Centrali
    • Colonia Elioterapica


    Ponti

    Ponte Leproso


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    Ponte Leproso
    • Il Ponte Leproso era l'attraversamento sul fiume Sabato tramite il quale la via Appia arrivava in città per poi riprendere verso la svolta di Brindisi e, quindi, per l'imbarco dell'Oriente. Fu costruito probabilmente dal censore Appio Claudio Cieco nel III secolo a.C., riutilizzando un ponte di costruzione sannitica. Restaurato sotto Settimio Severo e Marco Aurelio Antonino, fu più volte rimaneggiato nel corso dei secoli. Dopo il terremoto del 1702, la ricostruzione di Giovan Battista Nauclerio ridusse le arcate da cinque a quattro. Era chiamato originariamente Ponte Marmoreo (o Lapideo): deve probabilmente il nome attuale ad un vicino lebbrosario del Medioevo, di cui però ancora adesso non si hanno notizie. Nel XIX secolo era noto anche come Ponte San Cosimo, dal nome della chiesa che sorge ad un ingresso del ponte.
    • Ponte Valentino, fuori città
    • Ponte di Santa Maria della Libera
    • Ponte Vanvitelli


    Architetture militari

    Rocca dei Rettori

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    La Rocca dei Rettori
    • Il castello di Benevento, meglio conosciuto come Rocca dei Rettori, si trova nel punto più elevato della città, a dominare le valli dei fiumi Sabato e Calore, e le due importanti e antiche via Appia e via Traiana. Il sito era già stato utilizzato dai Sanniti, che vi avevano costruito una serie di terrazzi difensivi, e dai Romani, che vi costruirono un edificio termale (Castellum aquae), i cui resti possono ancora essere visti nel giardino del castello. I benedettini vi ebbero un monastero. La Rocca ricevette il nome attuale nel Medioevo, quando divenne sede dei governatori per conto del papa, i Rettori.
    • Il castello è di fatto costituito da due edifici distinti: il Torrione, costruito dai Longobardi a partire dall'871, e il Palazzo dei Governatori, costruito dai papi a partire dal 1320.
    • Mura longobarde


    Altro

    Hortus Conclusus

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    L'Hortus Conclusus
    • L'Hortus conclusus era l'orto del convento medievale dei Padri Domenicani. Dal 1992 ospita un'installazione permanente dell'artista beneventano Mimmo Paladino, uno dei più grandi esponenti della Transavanguardia. L'Hortus vuole essere una sorta di galleria d'arte libera e immersa nel verde. Le opere dell'artista (il Cavallo, il Disco, la Testa equina, il Teschio) si alternano a resti dell'epoca romana (pezzi di colonne, di capitelli e di frontoni) creando un contrasto che comunica la complessa cultura del Sannio, e che rimane aperto a diverse interpretazioni.
    • Belvedere del Sannio (a San Marco ai Monti, frazione di Sant'Angelo a Cupolo)
    • Il belvedere dà un ampio panorama della valle del Calore e della città di Benevento.
    • Obelisco egizio dal tempio di Iside
    • Bue Apis

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    La fontana delle Catene,
    dedicata a Papa Orsini
    • Fontana delle Catene
    • Fontana di Santa Sofia
    • Epitaffio sulla via Appia, eretto per segnalare il confine tra lo Stato Pontificio ed il Regno di Napoli.
    • Fontana Flans Te Alo
    • Monumento ai caduti
    • Monumento a Leonardo Bianchi dello scultore Michelangelo Parlato
    • Memoriale a Padre Pio


    Siti archeologici
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    Arco del Sacramento
    Parco archeologico e del verde di Cellarulo
    Inaugurato il 15 luglio 2010, è sito al rione Ferrovia nei pressi della confluenza del fiume Calore con il fiume Sabato. Il parco consiste in una pista ciclopedonale che costeggia i resti di un porto fluviale, che serviva anticamente la città sannita. Ha uno sviluppo longitudinale di un chilometro, per circa tre ettari. Dal 2012 è chiuso e non accessibile al pubblico.

    Anfiteatro romano
    Nel 1985 sono stati scoperti, i resti di un grande anfiteatro, nella zona oggi occupata dalla stazione Benevento Appia. Le dimensioni di questo edificio sono state stimante in 160 metri di lunghezza e 130 metri di larghezza.
    • Arco del Sacramento ed area archeologica del foro romano
    • Criptoportico dei Santi Quaranta
    • Resti dell'acquedotto romano Avellino-Benevento


    Aree naturali

    Villa Comunale

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    Villa Comunale: la cassa armonica

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    Villa Comunale: il laghetto
    dei cigni


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    La Villa comunale innevata
    Fu realizzata fra il 1875 ed il 1880 all'estremità più elevata del centro storico, su progetto di Alfredo Dehnardt. È assai armoniosa nelle sue linee strutturali, che assecondano la conformazione naturale del luogo. Le aiuole sono ornate da busti di illustri personaggi sanniti: è notevole il monumento al patriota Salvatore Rampone, realizzato dallo scultore Nicola Silvestri nel 1925. La flora del luogo è costituita da alberi secolari, pini, cedri ed ippocastani. Nel 2003 è stata ristrutturata completamente. Molto bello il laghetto, con cigni e varie specie di pesci.

    Giardinetti Francesco Pepicelli
    Si trovano all'estremità alta del viale Atlantici. Abbelliti negli anni novanta, sono un belvedere che guarda sulla zona bassa della città, e sulla vallata del Sabato. Costeggiano un quadrivio oltre il quale si trova la caratteristica chiesetta dell'Angelo, restaurata.

    Fido park
    L'unico parco giochi per cani in Campania, inaugurato il 22 settembre 2007.

    Pista ciclopedonale "Paesaggi Sanniti"
    Si trova in contrada Pantano. È lunga 7 km ed è stata realizzata su un tracciato ferroviario inutilizzato. La pista si sviluppa in campagna per la massima parte, lungo il fiume Calore, fino ad arrivare alle falde del massiccio del Taburno.

    Musei

    Museo del Sannio

    È il principale museo di Benevento, allestito nella Rocca dei Rettori, che ospita la sezione storica, e nel chiostro della chiesa di Santa Sofia. Qui si trovano importanti reperti di epoca sannitica, romana, longobarda, e una serie di opere d'arte dei secoli dal XVI al XX; inoltre una raccolta numismatica e di volumi e documenti antichi. Nel Museo del Sannio sono conservati molti reperti provenienti dall'antico Egitto, riguardanti soprattutto il culto della dea Iside che a Benevento era molto sentito in età imperiale.

    Museo Diocesano
    Il Museo Diocesano è una raccolta di quanto è stato possibile salvare dalla distruzione del duomo di Benevento durante la seconda guerra mondiale. È situato nella sua cripta, che in realtà è la prima chiesa su cui poi fu elevata la cattedrale. Oltre a conservare antichi affreschi, ospita la cattedra vescovile detta di San Barbato, e quanto rimane dei tumuli dei principi longobardi una volta situati in piazza Duomo.

    Museo d'Arte Contemporanea Sannio (ARCOS)
    L'ARCOS, inaugurato il 25 giugno 2005, si trova nel piano seminterrato del Palazzo del Governo; oltre a possedere un'esposizione permanente, organizza periodicamente mostre tematiche con opere dei grandi dell'arte contemporanea. Vi sono esposizioni anche al Palazzo Paolo V;

    Museo Strega
    È un museo privato dedicato al liquore Strega, uno dei simboli di Benevento. Inaugurato il 14 giugno 1999, si trova presso lo stabilimento produttivo dell'Alberti, di fronte alla stazione ferroviaria. Tra i suoi primi visitatori furonoDacia Maraini e Lina Wertmuller. Il Museo è visitato giornalmente dalle scuole e dai turisti italiani ed esteri. È suddiviso in: sezione storica; sala delle erbe, con la cassettiera contenente tutte le 76 erbe del liquore Strega; sala degli alambicchi; sala delle imitazioni; sala del Premio Strega; sala dei ricordi; sala dei manifesti.

    Museo della tecnica e del lavoro in agricoltura (MUSA)
    Si trova nella contrada San Cumano. Oltre a ricostruzioni degli ambienti di una casa contadina, esso è principalmente una mostra dei macchinari usati in agricoltura nel corso della storia.

    Teatro
    • Teatro Comunale Vittorio Emanuele;
    • Teatro San Nicola;
    • Teatro Calandra;
    • Cinema Teatro San Marco;
    • Cinema Teatro Massimo.


    Feste religiose
    Nelle feste religiose del Sannio Beneventano vi sono ancora alcuni riti tradizionali di evidente origine pagana: di carattere pastorale quelle dei paesi transcalorini confinanti con la Campania, e di carattere greco-orgiastico quelle dei paesi ciscalorini confinanti con la Campania; da circa un secolo vi è stato abolito in alcuni di essi qualche avanzo di sacrificio cruento con l'uccisione di un agnello o di un maiale.

    Le principali feste religiose di Benevento sono:
    • Festa di Sant'Antonio abate 17 gennaio
    • Festa di San Giuseppe 19 marzo
    • Festa di Santa Rita 22 maggio
    • Festa del Sacro Cuore di Gesù giugno
    • Festa della Madonna delle Grazie 2 luglio
    • Festa di San Bartolomeo (santo patrono della città) 24 agosto
    • Festa della Madonna della Pace 12 settembre
    • Festa di San Gennaro 19 settembre
    • Festa di San Pio da Pietrelcina 23 settembre
    • Festa dei Santi Cosma e Damiano 26 settembre
    • Festa di San Giuseppe Moscati 16 novembre
    • Festa di Cristo Re novembre
    • Festa di Santa Lucia 13 dicembre


    Altri appuntamenti
    • Benevento Longobarda (a giugno): ciclo di rievocazioni storiche incentrate sulla figura del duca longobardo Arechi II
    • Beach Volley Cup (a giugno)
    • Ben Torrone: rassegna prenatalizia, svoltasi per la prima volta agli inizi di dicembre 2004, dedicata al dolce simbolo della tradizione culinaria sannita: il torrone. La manifestazione, organizzata dal Comune di Benevento, si svolge nel centro storico. La rassegna riunisce i maggiori produttori di torrone sia del Sannio che provenienti da varie regioni italiane.
  11. .

    Caserta

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    - Info -

    Caserta è un comune italiano di 76.781 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Campania.

    La città campana è nota soprattutto per la sua imponente Reggia Borbonica, detta la Versailles d'Italia, che, insieme al Belvedere Reale di San Leucio e all'Acquedotto Carolino, è inserita dal 1997 nel patrimonio dell'umanità dell'Unesco.
    Il nome Caserta deriva dal latino Casa Irta, toponimo che viene fatto derivare dalla circostanza che l'antico centro urbano (l'attuale Casertavecchia) sorgeva, durante il Medioevo e fino al XVIII secolo, in posizione elevata rispetto alla pianura circostante.


    Storia

    Periodo Sannitico-Romano

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    Nel 1990 in seguito a lavori d'impianto
    furono rinvenute sette tombe sannitiche
    e dei corredi funebri risalenti al IV secolo a.C.

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    Pietra romana (Casertavecchia)
    La città di Caserta ha origini antiche ed incerte; l'area sulla quale fu edificata la reggia fa parte di un territorio naturale di importanza archeologica dove etruschi, sanniti e romani hanno lasciato testimonianze della loro presenza. Alcuni fanno risalire le sue origini agli Osci, altri agli Etruschi ed altri ai Sanniti. Nonostante tutto, dai reperti che sono stati ritrovati, persino nelle varie frazioni della Città, vi è una testimonianza di un passato assai remoto. Si pensa che il Borgo medievale nascesse sulle rovine dell'antica Saticulae fatto rilevante è che il monaco Erchemperto, nell'Historia Longobardorum Beneventanorum parla di Caserta quando gli abitanti di Calatia sono costretti a scappare per la distruzione di Pandone il Rapace, ma come una realtà già esistente. Nel 1990 furono ritrovate, nei sotterranei della Reggia, alcune tombe di epoca Sannita; si trattò dunque di una Necropoli del V secolo a.C. Intorno al 423 a.C. venne conquistata dai Sanniti sotto il nome di Calatia, nel 211 a.C. si schierò contro i Romani ed a favore di Annibale. Venne condannata all'esproprio e alla centurazione, il che significa frammentazione del territorio in grandi appezzamenti. Nell'VIII secolo fu distrutta dai Longobardi di Capua ad opera di Pandone il Rapace che fece costruire, nell'863, una torre in simbolo di conquista.


    Le origini longobarde

    Il centro cittadino esisteva già in epoca longobarda e si era formato attorno ad una torre di avvistamento e di difesa oggi integrata nel palazzo della Prefettura, un tempo palazzo dei conti di Caserta e residenza reale (dopo la vendita dei beni dei conti a Carlo III di Spagna). Infatti l'attuale centro cittadino, situato intorno a piazza Vanvitelli, allora piazza del mercato, era chiamato Torre, proprio per la presenza della costruzione longobarda che si situa nell'angolo nord occidentale della stessa.
    Quindi, nonostante la perfetta simmetria nelle strade, quasi a ripetere la struttura delle città romane e la concezione di città tipica dell'Illuminismo, l'attuale città di Caserta esisteva già da tempo ed era già sede comunale e sede di cattedra vescovile. Il nucleo cittadino, infatti, si era trasferito qui nel XVI secolo, in quello che era chiamato la Torre, spostandosi da Casertavecchia, dopo qualche secolo seguì l'esempio anche il vescovo, che prese dimora nel borgo di Falciano, in un edificio poi adibito a caserma (oggi noto come ex Caserma Sacchi).
    La città era nota per il suo mercato e per il palazzo degli Acquaviva, conti di Caserta, che la ereditarono nel 1511 dai conti della Ratta e che avevano ampliato la torre con un edificio rinascimentale fortificato e con un giardino che aveva entusiasmato diversi viaggiatori del XVI e XVII secolo.


    Casertavecchia

    La Caserta del Medioevo

    In epoca medioevale il centro di Caserta era l'attuale Casertavecchia, posta a 401 metri di altezza. Importante centro vescovile, con un Palazzo del Vescovo, un duomo con annesso campanile ed una cupola di stile siculo-arabo-romanico che si suppone fatta costruire intorno al 1100, mentre risale al 1200 circa la costruzione della Chiesa dell'Annunziata. Casertavecchia, con la costruzione della Reggia, perse sempre più importanza, in quanto si trasferirono nella città nuova la gran parte delle attività commerciali e da ultimo la sede vescovile, che trovò alloggio prima in un edificio situato nella frazione di Falciano e poi in un palazzo situato nell'attuale Corso Trieste. I Longobardi esercitavano il potere per mezzo dei Ducati: uno di questi fu il ducato di Benevento, a cui Casa Hirta fu incorporata nell'848 circa.

    La contea di Caserta

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    Il campanile del Duomo
    di Casertavecchia
    Fu a lungo contesa a questo dai principati vicini di Napoli, Salerno e Capua, restando a quest'ultima nell'879, e precisamente a Pandulfo di Capua che ne fu il primo Conte. Fino al IX secolo Casertavecchia vide un notevole incremento della sua popolazione: l'inizio delle incursioni saracene spingeva, infatti, gli abitanti della pianura a cercare rifugio in luoghi montani più sicuri e difendibili, il che portò al trasferimento della sede vescovile nel borgo montano. Fino al secolo XII la storia di Casa Hirta si confonde con quella della contea di Capua, inserendosi nelle lotte interne tra i signori Longobardi, Bizantini e Napoletani. Quando i Normanni la conquistarono nel 1057, Riccardo I, conte di Aversa, la eresse in contea per Roberto di Lauro nel 1062. Passò nel 1183 al figlio Guglielmo ed alla sua morte, nel 1199, al figlio Roberto. I nuovi conquistatori, pur nella loro durezza, portarono un po' d'ordine e di autorità. Accanto ad un maggiore sviluppo della popolazione e della vita urbana, sorsero la Cattedrale, voluta dal vescovo Rainulfo, il Palazzo Vescovile ed altri importanti edifici pubblici. Il Borgo, passato agli Svevi, conobbe il suo momento di maggiore importanza, anche nel campo politico, sotto il conte Riccardo di Lauro, del casato dei Sanseverino, valido consigliere e fiduciario di Federico II di Svevia. In questo periodo iniziarono i lavori del campanile e si aggiunse al castello la grande torre cilindrica, detta «Maschio», coeva delle famose architetture federiciane di Capua (1224-1239). Con la conquista angioina (1268) la contea fu affidata temporaneamente a Federico di Laisalto. Successivamente, re Carlo D'Angiò la confiscò per assegnarla a Guglielmo de Beaumont (italianizzato in Belmonte), l'ammiraglio francese che lo aveva salvato con la sua nave. Nel 1269, alla morte di Belmonte, la contea venne affidata a Bertando del Balzo e nel 1283 passò a Ludovico Roheriis, già giustiziere di Calabria e poi di Terra di Lavoro. Nel 1294 la città ebbe un nuovo feudatario, Goffredo Caetani di Sermoneta, fratello del Papa Bonifacio VIII. Quindi, nel 1310 passò al catalano Diego de Lahart (italianizzato in Della Ratta), di cui parla il Boccaccio nella sesta giornata del Decamerone, giunto in Italia al seguito di donna Violante d'Aragona. Il più famoso dei conti Della Ratta fu Francesco, che combatté vittoriosamente e il cui mausoleo si può ammirare nel Duomo di Casertavecchia.

    La Caserta dei Borbone e di Vanvitelli

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    Particolare della Reggia
    Alla morte di Anna, ultima erede degli Acquaviva, il feudo passò nelle mani dei Caetani che, indebitatisi enormemente, furono costretti a vendere i possedimenti ai Borbone di Napoli. Questi, in particolare il suo Re Carlo III, pensarono di costruirvi la reggia borbonica, a partire dal 1750.
    L'esigenza del Re di Napoli di costruirsi una nuova reggia aveva un triplice motivo. In primis il Re aveva la necessità di costruirsi una residenza che fosse più lontana dal mare rispetto al Palazzo Reale di Napoli, per mettersi in salvo in caso di attacco da parte della flotta francese. In secondo luogo, il Re coltivava da tempo il desiderio di costruirsi una residenza estiva per il riposo. Inoltre, come terza motivazione, era mosso da un impeto di orgoglio e infatti ordinò al Vanvitelli di costruirgli una residenza che per bellezza, imponenza e maestosità, fosse superiore a tutte le altre europee. Obiettivo questo che, a detta di molti, avrebbe poi raggiunto con la costruzione della Reggia di Caserta.
    Il vecchio giardino degli Acquaviva (il cosiddetto "Bosco Vecchio") diventò il nucleo principale dell'attuale parco della Reggia, oggi uno dei più grandi parchi urbani del mondo con una lunghezza di 2,5 km. Un Parco pieno di fontane scenografiche, cascate, laghi, immensi prati, boschi fitti.


    La Caserta dell'utopia di Ferdinando

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    Reggia Caserta
    Sul finire del Settecento il Re Ferdinando IV fece costruire in località San Leucio una residenza reale con annessa una fabbrica adibita alla produzione della seta. Accanto al Palazzo del Belvedere, con sul retro un affascinante giardino all'italiana e con davanti la vista sulla piana di Caserta e sul Golfo di Napoli, il Re fece costruire i quartieri San Carlo e San Ferdinando, destinati agli operai della fabbrica della seta. Il Re emise anche un famoso editto nel quale in pratica sognava la costituzione (da qui l'utopia ferdinandea) di una sorta di società perfetta, chiedendo ai cittadini di San Leucio l'abolizione di ogni forma di lusso e assoluta uguaglianza economica. Insomma una società che, nella mente del Re, doveva essere auto sufficiente, vivere producendo la pregiatissima seta che poi farà il giro del mondo e oggi riveste le pareti del Quirinale, della Casa Bianca e di Buckingham Palace.

    La Caserta dell'Ottocento

    Verso la fine dell'ottocento e l'inizio del ventesimo secolo, Caserta si presentava come una cittadina incentrata intorno alla Reggia.

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    La Flora

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    Uno scorcio dei vicoli casertani
    La via principale che vantava Caserta si chiamava Corso Ferdinandeo, poi Corso Campano, poi divenuto Corso Umberto I e che oggi si chiama Corso Trieste ed è la strada che collega il Monumento ai Caduti con Piazza Carlo III e dunque la Reggia. Lungo 1130 metri, era già allora ritenuto uno dei più bei corsi d'Italia, con bottiglierie importanti e negozi di primo ordine ed era ben illuminata da ottanta fanali a gambe.

    La moderna Caserta dalla guerra ai nostri giorni
    Dalla seconda guerra mondiale, dopo la Resa di Caserta, la città esce a pezzi, dilaniata nel suo cuore antico e tutta da ricostruire. Tra gli anni sessanta ed ottanta un boom edilizio ha che poi ha continuato a crescere fino ai nostri giorni.
    Sono così nati quartieri residenziali con buona qualità della vita grazie ad una edificazione di tipo estensivo (esempio ne è il Parco Gabriella, ancora oggi tra i quartieri migliori della città), ma al contempo c'è stata pure una edificazione intensiva con la nascita di zone eccessivamente abitate e con pochi spazi verdi (ne è un esempio la zona Ex 167 - Parco degli Aranci).


    Clima
    Nella provincia di Caserta si trova la zona pianeggiante più estesa della regione e di ciò risente anche il clima.
    La parte che va dalla costa sino ai primi monti che circondano il capoluogo, risente dei benefici influssi del mare, che si fanno sentire soprattutto in inverno con temperature miti e maggiore umidità (e conseguente clima moderatamente afoso nei mesi estivi). Durante la stagione estiva, invece, questa zona risulta una delle più calde della Campania, con temperature massime spesso superiori ai 30º e punte di 36º-38º anche in annate non eccezionalmente calde e nelle località di pianura (storica l'ondata di caldo dell'agosto 2007, con oltre 40° registrati presso la stazione meteorologica di Caserta, in questo caso però con un basso tasso di umidità dovuto ai venti di caduta).
    L'inverno nella piana casertana nel complesso è mite (la stazione meteo di Caserta, situata nel centro cittadino, fa registrare circa 13º nella media delle temperature massime di gennaio), ma non sono da escludere periodi di freddo intenso (per citare qualche esempio recente, relativamente rigido risultò il bimestre dicembre 2001-gennaio 2002, con un breve episodio nevoso), con minime sporadicamente sotto lo zero anche nel capoluogo.
    L'indice di nevosità è comunque uno dei più bassi d'Italia e persino d'Europa, assai più trascurabile che in città italiane situate alla medesima latitudine, come ad esempio Bari, peraltro meno piovose (il versante tirrenico si trova sottovento rispetto alle incursione di aria continentale da est rispetto al versante adriatico). Uno degli episodi nevosi con accumulo in tempi recenti sono due, uno risale al dicembre 2007 ed un altro al 4 febbraio 2012 (per accumuli più significativi bisogna risalire al biennio 1985-86).
    Assai diverso rispetto alla costa ed alla pianura casertana è il microclima dell'area matesina. La zona interna della provincia è infatti caratterizzata da numerosi rilievi sia collinari che montuosi e spesso sono investiti dalle correnti fredde da Nord-Est apportatrici di forti diminuzioni della temperatura con nevicate in inverno. La zona del Matese è una delle più piovose e nevose della regione.


    Monumenti e luoghi d'interesse

    L'idea che si è fatta spazio negli ultimi anni è quella di far conoscere una Caserta oltre la Reggia, ovvero una città che, a dispetto di quanto si possa pensare, ha oltre la sua straordinaria Reggia, un enorme patrimonio storico culturale da far conoscere. Un patrimonio nel quale rientrano a pieno titolo il Belvedere di San Leucio (inserito con la Reggia nella lista dei monumenti Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco), il Borgo Medioevale di Casertavecchia col suo Duomo del 1100 e il castello della stessa epoca e poi ancora un numero consistente di Chiese e altri luoghi di rilevanza storico-culturale che necessitano solo di essere inseriti nei circuiti turistici. Anche sotto l'aspetto museale, Caserta è una città sempre ricca. Basti pensare che dopo i consolidati Musei dell'Opera, Terre Motus, della Seta, negli ultimi anni hanno aperto i Musei delle Cere, d'Arte Contemporanea e Diocesano che hanno arricchito l'offerta turistica della città oltre il triangolo storico Reggia-Casertavecchia-San Leucio. Anche il circondario di Caserta è molto ricco in questo senso, basti pensare all'Anfiteatro romano di Santa Maria Capua Vetere a soli 6 km da Caserta, per dimensioni secondo solo al Colosseo di Roma e al Museo Campano di Capua o ancora alla Basilica di San'Angelo in Formis o alla Reggia di Carditello. Il progetto al quale si lavoro da tempo, ma finora senza grossi risultati, riguarderebbe la creazione di un percorso turistico che includa tutti questi siti inducendo così i turisti a soggiornare di più nel casertano con notevole effetto benfico per alberghi, commercianti e ogni altra struttura ricettiva.

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    Vista panoramica da Casertavecchia


    Architetture civili

    Reggia di Caserta

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    Scalone interno della
    Reggia di Caserta
    La Reggia di Caserta, o Palazzo Reale di Caserta, è una dimora storica appartenuta alla famiglia reale della dinastia Borbone di Napoli, proclamata Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
    Situata nel comune di Caserta, è circondata da un vasto parco nel quale si individuano due settori: il giardino all'italiana ed il giardino all'inglese. Il complesso del palazzo reale, con i suoi giardini lunghi circa 2,5 km, è uno dei più grandi d'Europa. All'interno del Parco della Reggia i casertani, che insieme agli abitanti dei comuni contigui di Casagiove e San Nicola la Strada hanno accesso gratuito, sono soliti praticare jogging o semplicemente pedalare in bicicletta, mezzo necessario per spostarsi all'interno dell'immenso parco. È possibile inoltre noleggiare biciclette e risciò all'interno del parco stesso oppure fare un giro in carrozzella. Di recente il Parco della Reggia di Caserta ha vinto il Premio come Parco più bello d'Italia 2009.
    L'unica nota stonata nel maestoso complesso vanvitelliano è data dal fatto che spesso sale importanti del Palazzo sono chiuse ai visitatori ai quali viene negata anche la possibilità di visitare la Cappella Palatina e il Teatro di Corte per strane ragioni di ordine pubblico difficili da comprendere.
    Sul lato ovest della reggia esiste la chiesa di San Francesco di Paola che fa parte di un complesso un tempo convento dei Frati Minimi, fondato nel 1605 da Andrea Matteo Acquaviva, oggi ospedale militare. Qui vi sostò papa Benedetto XIII nel 1727 e qui è sepolto Luigi Vanvitelli. In quest'ultimo caso, tuttavia, non è stabilito con certezza in quale parte della chiesa sia avvenuta la tumulazione.


    Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio

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    Complesso Monumentale
    di San Leucio
    L'utopia di Re Ferdinando di dar vita ad una comunità autonoma (chiamata appunto Ferdinandopoli) lascia a Caserta il Belvedere di San Leucio, i suoi appartamenti reali, il giardino all'italiana e l'annesso Museo della Seta, dov'è possibile visitare i macchinari del settecento col quale si tesseva la seta diventata famosa in tutto il mondo, tanto da arrivare ad arredare la Casa Bianca, Buckingham Palace e il Palazzo del Quirinale. Da dieci anni nei mesi di giugno e luglio si tiene presso il Teatro dei Serici del Belvedere il Leuciana Festival, che in pochi anni è riuscito a catalizzare l'attenzione di migliaia di persone divenendo uno dei festival più prestigiosi della regione.

    Borgo Medievale di Casertavecchia

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    Panorama notturno
    della città visto
    da Casertavecchia
    A 401 metri di altezza c'è l'antica Caserta, attuale Casertavecchia, un borgo interamente medioevale dal quale si ammira una vista dell'intera città dall'alto. Una passeggiata a Casertavecchia è come un tuffo nella storia. Di pregevole interesse sono il Duomo dedicato a San Michele Arcangelo (proprio come la cattedrale nella Caserta nuova) dell'XI secolo, la contigua Chiesa dell'Annunziata, e il Castello Medioevale con la Torre. Nel borgo a settembre si tiene da quasi 40 anni il settembre al Borgo, manifestazione culturale di rilievo nazionale. Numerosi ristoranti e caffetterie attirano fiumane di turisti specialmente nei fine settimana di primavera ed estate.

    Complesso medievale di San Vitaliano
    Il complesso medievale dell'Eremo di San Vitaliano si trova in frazione Casola, ai piedi del borgo di Casertavecchia. L'eremo è riportato nella Bolla del 1113 con cui l'Arcivescovo di Capua Senne conferma Rainulfo vescovo di Caserta elencandone tutte le chiese di competenza. L'Eremo è stato da poco restaurato e ricondotto alle sue linee architettoniche, sono state risanate le mura e recuperata tutta la copertura a capriata tipica dell'alto Medioevo. Lungo la stretta strada che porta all'Eremo, il visitatore è attirato dalle numerose cappelle dedicate a San Vitaliano che lo predispongono ad una visita raccolta e silenziosa. La Chiesa è preceduta da un portico a tre archi, quello centrale dà l'accesso alla chiesa, quelli laterali alle celle dei monaci. È a pianta rettangolare con presbiterio e cantoria molto spaziosi. La Cappella a sinistra conserva un antichissimo affresco di Madonna col Bambino scarsamente leggibile. Ad esaltare lo stile semplice e austero tipico delle strutture religiose medioevali c'è il campanile, elegante nella sua sobrietà, la nuova sistemazione del giardinetto d'ingresso e il crocifisso che sovrasta l'altare maggiore. Attualmente l'Eremo è sede di incontri culturali, artistici e religiosi di notevole importanza.

    Siti archeologici e Aree Naturali

    Necropoli Sannitica: nel 1990 ci fu il ritrovamento di sette tombe a cassa di tufo di epoca sannitica, della seconda metà del IV secolo a.C., avvenuto in occasione degli scavi per la costruzione di una camera d'aria per il Museo dell'Opera del Territorio nella Reggia di Caserta. Si tratta, dunque, di una civiltà preromana.

    I monumenti storici

    L'Arco Borbonico, la porta del Belvedere

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    Vista da dietro dell'Arco Borbonico,
    l'accesso al Real Belvedere
    di San Leucio
    Nella frazione di San Leucio si trova l'Arco Borbonico, da sempre la porta del Belvedere. Risale al 1600 circa quando era l'ingresso della proprietà feudale dei principi Acquaviva e questo testimonia di una preesistenza rispetto alla costruzione delle seterie realizzate nel settecento. L'Arco è alto 13 metri e largo 9, caratterizzato da un unico fornice, scandito dal bugnato rettangolare in travertino e sottolineato da due paraste. L'architrave è sormontato dallo stemma borbonico che troneggia con ai lati due leoni dello scultore Brunelli.

    Monumento ai Caduti in guerra - Arco di Trionfo

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    L'Arco di Trionfo del Monumento
    ai Caduti: sulla vetta la statua
    simbolo di Vittoria e Libertà
    Si tratta di un Arco di Trionfo in marmo bianco fatto costruire in epoca fascista per celebrare gli eroi della prima guerra mondiale. Sulla cima dello stesso è presente una statua rappresentante la Libertà e la Vittoria. Dopo anni di trascuratezza, negli ultimi tempi è diventato un luogo di aggregazione e identificazione dei casertani. Si trova all'imbocco di Corso Trieste.

    Statua dell'Agricoltura

    È una statua posta su di una base di pietra rappresentante l'Agricoltura, per secoli la principale attività di quella che una volta veniva chiamata la Campania Felix. Si trova in Piazza Gramsci davanti all'ingresso dei Giardini della Flora.

    Monumento a Luigi Vanvitelli

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    La statua a Luigi Vanvitelli
    nell'omonima piazza
    È la statua raffigurante l'architetto Luigi Vanvitelli, progettista della Reggia di Caserta. Il Vanvitelli è raffigurato con la mano destra ad indicare il Palazzo Reale e con la sinistra a stringere i suoi progetti. È stata fatta costruire dallo scultore Onofrio Buccini ed inaugurata nel 1879. Si trova nella piazza omonima, una delle principali della città di Caserta.

    Monumento ai Caduti sul Lavoro
    È una scultura in pietra inaugurata pochi anni fa e realizzata dall'Inail proprio di fronte alla sede stessa in piazzale Maiorana ed è dedicata a tutte le persone che hanno perso la vita sul posto di lavoro. Un'opera dal valore simbolico molto forte in una zona d'Italia dove il lavoro nero è ancora molto diffuso.

    I palazzi
    A Caserta sono presenti diversi palazzi di notevole importanza architettonica e storica che coprono diverse epoche, dal 1500- 1600 circa fino al settecento ed ottocento, oltre alcune costruzioni in stile liberty.

    Le piazze

    Piazza Carlo III, una delle più grandi d'Europa

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    Piazza Carlo III
    Entrando nella città di Caserta ci si trova di fronte l'enorme Piazza Carlo III, intitolata al Re di Napoli che fece costruire la mestosa Reggia su progetto dell'architetto Vanvitelli.
    La piazza, per dimensioni superiore a Piazza San Pietro, è tra le più grandi d'Europa: costituita da un'immensa area verde che si trova davanti alla Reggia, con ai lati i due emicicli destinati alla servitù.
    Negli ultimi anni la piazza, che prima era intersecata da strade aperte alla circolazione veicolare, è stata sottoposta ad un lungo e certosino lavoro di restyling allo scopo di farla tornare al progetto del Vanvitelli. C'è stata una risistemazione del verde, dell'impianto di illuminazione e la piantumazione di decine di arbusti e alberi e la piazza è stata completamente pedonalizzata. Alla fine del 2009, con una solenne cerimonia, è stata inaugurata nella sua nuova veste che la rende più fruibile per i turisti e per i casertani stessi.
    Al di sotto della piazza da diversi anni è attivo un parcheggio sotterraneo di 900 posti auto, ideale per i turisti che raggiungono il capoluogo con l'auto privata.

    La Piazza del Mercato

    Un'altra delle principali e più antiche piazze di Caserta è l'attuale Piazza Matteotti, che per tutti i casertani è Piazza Mercato. Questo perché da sempre vi si svolge un mercato sia alimentare che d'abbigliamento aperto tutti i giorni.
    A Natale del 2008 nella stessa piazza è stata inaugurata una struttura avveniristica adibita a mercato giornaliero composta da 54 box per attività commerciali che spaziano dall'alimentare, agli articoli per la casa e all'abbigliamento permettendo così al mercato, che fino ad oggi si svolgeva nel piano sotterraneo, di spostarsi ad altezza di strada. Al piano sotterraneo sarà invece inaugurato presto un parcheggio da 200 posti auto.
    Molti cittadini non hanno capito il senso di questa struttura avveniristica ma hanno solo compreso che trattasi di un ulteriore colata di cemento al centro di Caserta che ha completamente svisato una piazza dell'Ottocento. Inoltre il parcheggio, così come quello di via San Carlo, non farà altro che aumentare il traffico in centro e ridurrà la fruibilità della zona.
    La scelta di investire in una nuova struttura del mercato (che non ha alcun tipo di legame con la fiera bisettimanale che si svolge in un'altra zona della città), è stata dettata proprio dalla volontà di lasciare alla piazza la sua storica vocazione di area commerciale, in una città che fa del commercio da sempre una delle sue principali fonti di introito.


    Piazza Vanvitelli

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    Piazza Vanvitelli dominata
    dal Palazzo del Cinquecento
    della casata degli Acquaviva
    È una delle principali piazze della città, dove si trovava il palazzo Castropignano, sostituito nei primi anni '60 da un anonimo palazzo moderno, attuale sede del comune di Caserta, il cinquecentesco Palazzo Acquaviva che ospita gli uffici di Questura e Prefettura, e il Palazzo della Banca d'Italia. Sono presenti nella piazza anche negozi, caffetterie, chalet, alberghi e banche. È una piazza costituita per lo più da una grande villa comunale con al centro di essa un monumento a Luigi Vanvitelli e una grande fontana. Fino a due secoli fa era la piazza del Mercato, poi trasformata in giardino pubblico.

    Piazza Dante
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    L'elegante Piazza Dante
    È una delle piazze più antiche di Caserta. Ha una forma simmetrica ed è costituita da quattro palazzi con bei porticati tutti uguali che ospitano un antico caffè e le sedi del Circolo Sociale e del Circolo Nazionale. In passato si è chiamata prima piazza dei Quattro Canti, in riferimento appunto ai quattro palazzi che la perimetrano e poi Piazza Margherita. Congiunge il primo tratto di Corso Trieste con gli ultimi trecento metri dello stesso, quelli che conducono prima a Piazza Gramsci, sede dei Giardini della Flora e poi a Piazza Carlo Terzo, ovvero davanti alla Reggia di Caserta.
    La piazza è stata da poco riaperta dopo lavori di restyling che hanno riguardato l'ampliamento dei marciapiedi, una nuova illuminazione pubblica, una sistemazione della pavimentazione utilizzando cubetti di porfido con delle decorazione marmoree raffiguranti 4 gigli, uno per ogni angolo della piazza, in riferimento alle origini della città, legata ai Borbone.

    Piazza Duomo
    La piazza Duomo di Caserta è una delle principali del centro storico della città. Ha una forma irregolare ed è caratterizzata dalla imponente mole della Cattedrale. La Chiesa, che è in stile tardo barocco - neoclassico, è a tre navate e conserva al suo interno diverse tele del Seicento. Nella stessa Piazza Duomo si trova anche la Chiesetta di San Giovanni, con un prezioso altare in marmo di Carrara del Seicento. Nella piazza affaccia poi il Palazzo delle Poste, costruito ad inizio del Novecento in stile neoclassico.

    Piazza Sant'Anna
    Piazza Sant'Anna, che segna il confine tra il centro storico e la zona sud della città, è così chiamata per via della presenza del Santuario di Sant'Anna (patrona della città). Il Santuario ha la facciata risalente al 1600 e gli interni divisi tra il barocco- neo classico dell'ingresso e il moderno del resto della struttura, e fu colpita dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Nella stessa piazza, di forma rettangolare, è presente l'ex ospedale di Caserta, per anni in stato di abbandono e ora acquistato dalla Guardia di Finanza che ne farà la sua sede provinciale. Dalla parte opposta del Santuario si trova il monumento alla Madonna, eretto nell'anno mariano 1956, costruito in pietra e marmo su una base di piccola scalinata.

    Piazza della Seta
    La piazza della Seta si trova nella frazione di San Leucio ed è la via principale d'ingresso al Reale Belvedere. Il suo nome fa proprio riferimento all'attività serica che si svolgeva nel Belvedere. Dalla piazza si accede alla residenza reale attraverso l'Arco Borbonico risalente al 1600 circa.

    Chiese
    • Chiesa del Redentore
    • Sant'Agostino
    • Cappella Palatina
    • Santuario di Sant'Anna
    • Santuario della Divina Misericordia
    • Duomo di Casertavecchia
    • Chiesa di San Francesco di Paola e tomba di Vanvitelli
    • Santuario del "Cuore Immacolato di Maria"
    • Abbazia di San Pietro ad Montes
    • Convento dei Cappuccini e Chiesa di San Francesco
    • Cattedrale di San Michele Arcangelo
    • Maria Santissima delle Grazie
    • Cappella di San Giovanni
    • Chiesa di Montevergine
    • Chiesa di Sant'Elena
    • Chiesa di Sant'Antonio
    • Chiesa di San Bartolomeo
    • Chiesa di San Giuseppe


    I musei

    Sono diversi e con un'offerta molto varia i musei di Caserta. A quelli storici che si trovano nella Reggia e nel Belvedere di San Leucio, negli ultimi anni se ne sono aggiunti altri, come il Museo delle Cere e quello d'Arte Contemporanea che hanno accresciuto l'offerta turistica della città, ormai non più limitabile solo al triangolo Reggia-San Leucio-Casertavecchia.

    Museo degli Appartamenti Reali

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    Reggia All'Interno.

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    Presepe Reale del XVIII secolo
    All'interno della Reggia la visita agli Appartamenti Reali è una tappa d'obbligo, perché ogni stanza della Reggia merita non pochi minuti per essere visionata per quanto è ricca di particolari e dipinti enormi che spesso ricoprono intere pareti e inoltre alla fine del giro tra le stanze del Re, c'è la visita al Presepe Reale del settecento, con una riproduzione straordinaria della Natività.

    Museo dell'Opera e del Territorio
    All'interno della Reggia di pregevole importanza vi è poi il Museo dell'Opera e del Territorio, che raccoglie dipinti, testimonianze, suppellettili e tutto quanto ha riguardato la costruzione di una Reggia che ha pochi eguali nel mondo e che è da molti considerata, per imponenza e grandiosità, superiore a quella di Versailles. Vi sono inoltre conservati molti reperti antichi provenienti da tutta la provincia di Caserta. Attualmente è chiuso al pubblico.

    Museo Terrae Motus
    Sempre all'interno degli appartamenti reali è presente il museo Terrae Motus con una serie di opere d'arte moderna tra le quali una cinquantina del famoso Andy Warhol, uno dei maggiori autori mondiali in questo settore oltre ad opere di Joseph Beuys e Keith Haring.

    Museo della Pinacoteca Reale

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    Affresco negli Appartamenti Reali
    Nella Pinacoteca Reale sono custodite varie opere di natura morta di autori olandesi e italiani. Inoltre sono presenti numerosi ritratti della famiglia dei Borbone. Un'intera sala è dedicata a Ferdinando IV e a sua moglie Maria Carolina ed inoltre si trovano diversi ritratti di Maria Cristina di Savoia di pregevole bellezza.

    Museo della Seta

    Nel Belvedere di San Leucio il museo della Seta conserva gli antichi macchinari del settecento per la produzione della seta divenuta famosa in tutto il mondo. Un museo in movimento visto che con quei macchinari, restaurati, si continua a tessere così come voleva la tradizione ferdinandea. L'Ingresso al museo della Seta è inserito nel ticket per il Belvedere di San Leucio.

    Museo delle Cere "Le Muse"

    Il museo si articola in tre sezioni. La prima, più ampia, è dedicata alla dinastia Borbone, da Carlo a Francesco II, con le rispettive consorti, senza trascurare l'architetto Luigi Vanvitelli e il ministro Bernardo Tanucci: questi fu apprezzato consigliere del re Carlo e del di lui figlio Ferdinando, mentre quegli fu l'artefice della "reggia" borbonica. La seconda richiama il mito e l'antica origine della nostra civiltà, dalla Sibilla cumana all'eruzione del Vesuvio. La terza proietta il visitatore nell'età moderna, presentando alcuni degli artefici e protagonisti della cultura campana, dalla letteratura all'arte, allo spettacolo. Troviamo, così, S. Di Giacomo, R.Viviani, E. De Filippo, Totò, V. De Sica, M.Troisi. Naturalmente i vari personaggi sono presentati in quadri scenograficamente armonizzati, con abiti appositamente confezionati dall'antica sartoria specializzata in costumi d'epoca e con stoffe pregiate tra cui le sete di S.Leucio. Il museo delle Cere di Caserta è in procinto di trasferirsi proprio presso il Belvedere di San Leucio, sede ritenuta più idonea e legata alla collezione oltre che meno gravosa sotto l'aspetto economico.

    Museo Diocesano di Caserta

    La decisione di erigere il museo Diocesano di Caserta è stata presa nel corso del 1996, quando la Conferenza Episcopale Italiana ne ha favorito l'istituzione attraverso finanziamenti provenienti dai fondi dell'otto per mille alla Chiesa cattolica. Come sede del Museo è stata individuata la chiesa del SS.mo Redentore, localizzata nel centro storico di Caserta, a poca distanza dalla cattedrale, dal palazzo vescovile e dalla reggia vanvitelliana.
    Il museo Diocesano di Caserta documenta la tradizione artistico - religiosa del Casertano, anche se in esso non sono contenute tutte le migliori opere artistiche di cui è stata arricchita la Chiesa locale durante il suo cammino. Gli oggetti esposti sono in prevalenza paramenti sacri, arredi liturgici, dipinti, ex voto e sculture provenienti dalle varie chiese della diocesi, raccolti nei depositi della Curia dopo l'evento sismico del novembre 1980 per preservarli dall'incuria e tutelarli dai furti. Attualmente il museo Diocesano conta circa duecento opere tra dipinti, sculture, apparati liturgici, reliquari ed ex voto, che coprono un arco di tempo che va dal XIV al XIX secolo.
    Tra i pezzi più antichi vanno collocati alcuni manufatti lapidei: reperti archeologici, frammenti scultorei dell'XI e XII secolo, lapidi del XV e del XVII secolo.


    Museo d'Arte Contemporanea

    Nel Real Belvedere di San Leucio, all'interno della Filanda dei Cipressi, si trova il museo d'Arte Contemporanea di Caserta che ha il riconoscimento di museo di interesse regionale. Il Museo ospita le opere di una trentina di artisti che, partiti dalla provincia di Caserta, hanno poi conquistato successo e fama in tutta Italia e talvolta anche all'estero. Autori del calibro di Antonio De Core, Bruno Donzelli, Mafonso, Battista Marello, Gabriele Marino, Andrea Sparaco, Antonello Tagliafierro, Giovanni Tariello, le cui opere prima erano sparse e poco valorizzate e che ora è possibile ammirare tutte insieme. Per gli amanti dell'Arte Contemporanea in visita a Caserta, una tappa d'obbligo insieme a quella al Museo Terrae Motus. Da maggio prossimo il museo troverà la sua definitiva collocazione in alcune sale del Complesso di Sant'Agostino, nel pieno centro storico di Caserta, dove ci sarà anche una mediateca e una biblioteca storica.

    Museo di mineralogia e topografia Michelangelo

    Il museo Michelangelo di Caserta è stato aperto al pubblico nell'aprile del 2004 in occasione della sesta Settimana della Cultura grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza di Caserta e Benevento e l'Archivio di Stato di Caserta e ha da poco ottenuto il riconoscimento di 'museo di interesse regionale'. Si trova all'interno dell'Istituto per Geometri di Caserta 'Buonarroti'. Il Museo offre in esposizione strumenti topografici dell'Ottocento e del Novecento, macchine di calcolo e modelli didattico- scientifici per la topografia costruiti tra la metà del Settecento e gli anni settanta del secolo scorso con particolare attenzione agli strumenti della scuola napoletana. Il museo ha anche una sezione di mineralogia che comprende diverse centinaia di esemplari di rocce (sedimentarie, metamorfiche, magmatiche) e minerali e documenta i principali sistemi geologici della provincia di Caserta e del resto d'Italia. Il Museo ha il triplice obiettivo di conservare la memoria storica della città di Caserta, tutelare e valorizzare oggetti storici e testimoniare saperi materiali andati perduti (tecnologie e conoscenze).

    Altri musei
    Il museo delle Feste e delle tradizioni popolari, Chiostro di S. Agostino, documenta la memoria storica del territorio campano.
    A maggio 2011 è prevista l'inaugurazione di un altro museo nella città di Caserta, il museo del Mediterraneo, che sarà ospitato nel Belvedere di San Leucio e ospiterà opere di arte contemporanea di livello internazionale. Inoltre nel progetto del Macrico, grande area nel centro della città posta alle spalle del Monumento ai Caduti sul loavoro, è prevista la nascita del museo dell'Unità d'Italia, già finanziato dal governo nazionale e dalla regione Campania in occasione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia.


    Altri Musei
    • Museo degli Appartamenti Reali
    • Museo dell'Opera (nella Reggia)
    • Museo Terre Motus
    • Museo della Seta (Belvedere di S. Leucio)
    • Museo delle Cere " Le Muse "
    • Museo Diocesano di Caserta
    • Museo della Pinacoteca Reale
    • Museo d'Arte Contemporanea
    • Museo di Mineralogia e Topografia Michelangelo
    • Museo del Mediterraneo (prossima apertura)
    • Museo delle feste e delle tradizioni popolari


    Parchi, aree verdi e giardini

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    Parco della Reggia

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    Uno scorcio del Parco della Reggia
    Nonostante la speculazione edilizia, per le aree verdi Caserta risulta, con 13,06 mq/ab., al 21º posto (su 45) nella classifica dei capoluoghi di provincia italiani con meno di 80.000 abitanti per verde urbano fruibile, secondo il Rapporto 2013 sull'Ecosistema Urbano stilato da Legambiente. Ciò è dovuto principalmente all'enorme Parco della Reggia, lungo 2,5 km. Vicino al Parco della Reggia ci sono poi i Giardini della Flora, di dimensioni molto più contenute. Un polmone di verde molto importante è poi l'Oasi del Bosco di San Silvestro, area protetta gestita dal WWF, situata nella frazione di San Leucio, che fa da sfondo alla cascata delle Reggia vanvitelliana. Un'altra area verde molto grande è quella di Piazza Carlo III, davanti alla facciata principale della Reggia. Numerose aree verdi sono presenti in città, mentre diverse strade del centro sono dotate di alberi.

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    Parco della Reggia

    Bosco di San Silvestro
    La Reale Tenuta di San Silvestro faceva parte, insieme a San Leucio, al Parco Reale ed al Giardino all'Inglese delle "Reali Delizie" annesse alla Reggia di Caserta. Situata a nord del complesso monumentale, si estende sulle due colline contigue di Montemaiulo e Montebriano. L'area, di circa 76 ettari, venne scelta in quanto particolarmente idonea a creare una naturale scenografia alla cascata che anima, con le sue acque, le fontane del parco vanvitelliano. I territori che la compongono furono acquistati dopo il 1750 in momenti diversi e riuniti poi in un unico tenimento che venne delimitato con un muro perimetrale.
    La tenuta di S. Silvestro, così come gli altri siti reali, fu destinata ad attività agricole e venatorie sull'esempio delle nuove mode di vita agreste diffuse nelle altri corti europee. In quest'area furono conservate, e in alcuni casi incrementate, le coltivazioni già esistenti come vigne, uliveti, frutteti, orti e giardini. Tra il 1797 e il 1801, in località "Parito", venne costruito, sotto la direzione del Collecini, già collaboratore di Luigi Vanvitelli, il Real Casino per dar ristoro al Re ed al suo seguito durante la caccia nei boschi vicini e per disporre di locali idonei alle diverse necessità dell'azienda agricola.

    Il 13 maggio 1922 la tenuta di S. Silvestro, che faceva parte dei beni immobili della Corona, passò al Demanio dello Stato e fu consegnata al Ministero della Pubblica Istruzione. Nel dopoguerra, fino al 1970, il Real Casino ospitò una colonia antitracomatosa e nel 1983 l'intero Sito, gestito dall'Amministrazione provinciale, passò per competenza alla Soprintendenza ai Beni AA.AA.AA.SS. per le province di Caserta (CE) e Benevento (BN). In quest'ultimo ventennio il Real Casino, che già in passato era stato sottoposto a varie trasformazioni e interventi di "abbellimento", ha subito continui atti vandalici; sono state rubate statue, divelti e trafugati marmi del caminetto, asportati parati, distrutti servizi, ecc.



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    Peschiera Grande nel Parco
    della Reggia di Caserta
    Il 6 febbraio 1993 il WWF Italia, dopo un lungo periodo di collaborazione con la Soprintendenza per la salvaguardia del Sito, ha ottenuto dal Ministero per i Beni Culturali e dal Ministero delle Finanze la gestione del "Bosco di S. Silvestro" che è così diventato la prima "Oasi del WWF" della provincia di Caserta. Il 10 aprile 1994 l'Oasi è stata inaugurata ed il giorno successivo aperta al pubblico mediante visite guidate.

    Parco "Maria Carolina d'Asburgo"
    Confinante con Piazza Carlo III e ubicato di fronte alla sede delle Facoltà di Psicologia e Studi politici della Seconda Università degli Studi di Napoli. L'area, prima di proprietà dell'Aeronautica Militare, è stata acquisita dal Comune di Caserta, che l'ha trasformata in un grande parco verde. È stato intitolato a Maria Carolina d'Asburgo, che volle la realizzazione del Giardino Inglese della Reggia e scrisse il codice delle leggi leuciane.

    Altre aree verdi
    • Giardini della Flora, alla fine di Corso Trieste, sul lato est della Reggia
    • Giardini di Piazza Padre Pio, nel centro della città
    • Giardini di Piazza Cattaneo-Piteşti
    • Giardini di Piazza Vanvitelli
    • Villa Giaquinto
    • Giardini di Piazza Carlo III, di fronte la Reggia
    • Villa Comunale, situata lungo il Corso Trieste (Caserta)


    Peschiera Grande della Reggia di Caserta
    Si tratta di un lago artificiale costruito nel Parco della Reggia nell'anno 1769 dall'architetto Collecini. Il lago, con un isolotto al centro, è lungo 270 metri, largo 105 e profondo 3,50. Tra il 1769 e il 1773, progettato per il divertimento del Re Ferdinando IV, vi si svolgevano finte battaglie terrestri e marittime con modelli di navi in scala ridotta. Vennero anche insediati in delle abitazioni nei pressi della vasca dei marinai con le loro famiglie; "Liparoti" per poter organizzare i giochi nautici. Dal 2002 si svolgono ogni anno i Giochi Sportivi Studenteschi di Vela Radiocomandata "Radio Sailing".

    Teatro

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    Teatro di Corte

    Negli ultimi dieci anni a Caserta si è assistito alla proliferazione di teatri e sale cinematografiche che sono andati a compensare il vuoto che c'era stato fino agli inizi degli anni novanta, quando le vecchie strutture chiuse non erano state rimpiazzate da altre impoverendo molto l'offerta culturale della città. Oggi le cose sono cambiate e il cittadino casertano ha un ampio ventaglio di proposte.

    Teatro Comunale
    Sul fronte teatro, la prima struttura cittadina è il Teatro Comunale, situato nella centralissima via Mazzini. Si tratta di un teatro moderno dislocato su due piani con circa 500 posti: vi si svolge la stagione principale della città con spettacoli di livello nazionale oltre ad una serie di rassegne di musica da camera e concerti di musica classica.
    Teatro Don Bosco
    Altra struttura importante è il Teatro Don Bosco, di proprietà dei Salesiani di Caserta, un teatro di 400 posti tutto in marmo con una stagione nazionale grazie alla collaborazione con alcuni teatri di Roma.
    Teatro Izzo
    Nella zona sud della città, precisamente nel rione Acquaviva, c'è il Teatro Izzo, vero e proprio Teatro di Quartiere, 350 posti per una stagione soprattutto basata su spettacoli comici ispirati alla commedia napoletana.
    Teatro Caserta Città di Pace
    Nel quartiere Puccianiello vicino l'Ospedale Civile il Teatro Caserta Città di Pace offre il proprio palco e la propria platea di quasi 400 posti a tutte le compagnie amatoriali ma spesso vi si tengono anche spettacoli di livello nazionale.
    Officina Teatro
    A San Leucio nei locali di una vecchia fabbrica l'Officina Teatro, con una platea di cento posti circa, offre una stagione di teatro singolare e diversa dalle solite con una grande attenzione ai temi sociali che vengono spesso affrontati in commedie quasi di nicchia, riservate ad un pubblico particolare.
    Teatro di Corte
    Senza dubbio la struttura più bella della città resta il Teatro di Corte all'interno della Reggia di Caserta, un piccolo gioiello risalente alla fine del XVIII secolo con una capienza di 450 posti. Il Teatro, una vera miniatuta del San Carlo di Napoli, usato anche per ospitare convegni e incontri culturali, è utilizzato per una serie di rassegne principalmente di musica classica come il Natale alla Reggia con concerti del maestro De Simone e della Compagnia da Camera di Caserta e quella Scarlatti di Napoli.
    Centro Teatro Studi
    La piccola sala del Centro Teatro Studi (C.T.S.) ospita gruppi di teatro amatoriali che coltivano il sogno di calcare i palchi più importanti d'Italia.
    Bottega del Teatro
    Finalità simile per la Bottega del Teatro, altra piccola sala teatrale del capoluogo situata nel quartiere Acquaviva, zona sud della città. Anche qui spazio all'avanspettacolo e al teatro comico con grande spazio per le compagnie amatoriali. Ultima sala teatrale aperta in città è il Teatro Civico 14, situato in vicolo Della Ratta, traversa della centralissima Via Vico.
    Teatro Fabbrica Wojtyla
    Unico e particolare nel suo genere resta il Teatro Fabbrica Wojtyla, vera fucina di giovanissimi artisti casertani che produce spettacoli originali con finalità altamente sociali.
    A queste strutture al chiuso bisogna aggiungere le due all'aperto che vengono allestite in occasione di particolari rassegne.
    Ci riferiamo ai:

    Teatro dei Serici
    nel Belvedere di San Leucio, che ospita gli spettacoli del Leuciana Festival
    Teatro della Torre
    all'interno dei resti del castello Medioevale di Casertavecchia, che ospita alcuni spettacoli del settembre al Borgo.
    Sul fronte cinema, il Duel Village, in pieno centro con 6 sale, parcheggio e ristorante- pizzeria annessi, è una delle strutture più frequentate in città. Presente anche il cinema Don Bosco, nella centrale Via Roma. Nella periferia della città, precisamente all'altezza del casello di Caserta Sud, il Big maxi- cinema con le sue 19 sale e il Cinepolis con altre 11 sale, rappresentano un'ottima alternativa alle sale del centro città.


    Manifestazioni culturali storiche e visite di esponenti storici della cultura e dell'arte
    • Il 25 giugno 1789 Giovanni Paisiello rappresentò a Caserta: Nina, o sia La pazza per amore
    • Nel Giugno 1770, Martedì 19, giunse il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart in visità alla Città ed alla Reggia. Successivamente, nei suoi viaggi italiani, anche Goethe, ospitato a Palazzo Vecchio da Hackert, giunse in visita agli splendori reali della Città.
    • Nel 1819 si tenne presso il Teatro di Corte la prima rappresentazione italiana, dopo quella viennese del 1818, de Il Barbiere di Siviglia di Rossini.
    • Nell'anno 1710 pubblicazione dei Concerti grossi op.VII di Giuseppe Valentini dedicati ai principi di Caserta: Michelangelo Caetani ed Anna Maria Strozzi
    • Nel luglio del 1994 la città fu sede della cena di gala in occasione del G7.
    • A gennaio del 2007 si è svolto presso la Scuola Superiore della pubblica Amministrazione che ha sede nei cortili della Reggia il "Conclave" del Governo, e per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana si è tenuto un Consiglio dei ministri lontano da Roma.
    • Negli ultimi anni, l'economia industriale casertana ha visto il ridimensionamento o la chiusura di molte fabbriche "storiche" dell'area. Tra queste è doveroso ricordare quelle relative alla famosa seta di San Leucio, anche se ancora oggi sono attive delle fabbriche che continuano a lavorare la seta.


    Caserta, città culla degli scrittori
    Negli ultimi anni molti scrittori casertani o anche giornalisti - scrittori, hanno poi avuto successo a livello nazionale e talvolta internazionale facendo meritare a Caserta l'appellativo di città culla di scrittori[senza fonte]. Fra questi si possono citare Francesco Piccolo, Antonio Pascale, Rosaria Capacchione e Roberto Saviano, quest'ultimo nativo di Napoli ma cresciuto scolasticamente a Caserta presso il Liceo Scientifico Armando Diaz. A Caserta nasce nel 2002 anche l'associazione culturale Liberalibri considerata dalla trasmissione radiofonica, del 5 agosto 2013, RadioTre Fahrenheit la maggiore associazione di bookcrossing in Italia senza fini di lucro.

    Persone legate a Caserta
    • Atenolfo I di Capua, fratello di Landone III, principe di Capua e Benevento, 3º conte di Caserta (887-910)
    • Landolfo I di Benevento, figlio di Atenolfo, 4º conte di Caserta (910-943)
    • Riccardo Sanseverino, figlio del conte Tommaso il Vecchio
    • Antonello da Caserta,(XIV-XV secolo) musicista.
    • Filippo da Caserta, (1350-1435), musicista.
    • Luigi Vanvitelli,(1700-1773) architetto
    • Carlo Vanvitelli,(1739-1821) architetto,
    • Nicola Terracciano (1837-1921), botanico, per circa 40 anni Direttore del Giardino Botanico Reale della Reggia
    • Francesco Collecini,(1723-1804) architetto
    • Giovanni Antonio Dosio,(1533-1611) architetto
    • Andrea Matteo III Acquaviva, 1458-1529, conte di Caserta dal 1509.
    • Riccardo Sanseverino (1220-1267, conte di Caserta.
    • Violante di Svevia, moglie di Riccardo Sanseverino.
    • Giovan Girolamo Acquaviva, è stato uno statista e poeta italiano
    • Giovan Girolamo II Acquaviva d'Aragona(1663-1709), poeta dell'Accademia dell'Arcadia
    • Costantino Parravano,(1841-1905), compositore.
    • Ezio Andolfato, militare, Medaglia d'oro al valor militare
    • Marco D'Amore, attore
    • Roberto Saviano, scrittore
    • Francesco Piccolo, scrittore
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    Salerno

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    - Info -

    Salerno è un comune italiano di 133.199 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Campania, secondo comune della regione per numero di abitanti e trentesimo a livello nazionale.

    Durante il medioevo la città è stata capitale dell'omonimo principato Longobardo e quindi del ducato normanno di Puglia e Calabria che comprendeva gran parte del Mezzogiorno continentale e fu il nucleo originario del futuro Regno di Napoli e delle Due Sicilie.
    A Salerno ha avuto sede la Scuola Medica Salernitana, che fu la prima e più importante istituzione medica d'Europa all'inizio del Medioevo e come tale è considerata da molti un'antesignana delle moderne università.Ideale erede della celebre scuola medica è l'Università degli studi di Salerno, dislocata dal 1988, sotto forma di campus, nei limitrofi comuni di Fisciano e Baronissi.Dal febbraio all'agosto del 1944 Salerno fu sede del governo italiano, ospitando i governi Badoglio I, Badoglio II e Bonomi II che portarono alla Svolta di Salerno.
    A partire dalla seconda metà degli anni novanta, la città ha iniziato una serie di politiche volte a migliorare la vivibilità, il decoro urbano e proiettare, soprattutto per quanto concerne il turismo, Salerno a livello nazionale e internazionale. La città si candida, quindi, a diventare uno dei poli del turismo crocieristico e dell'architettura contemporanea, ospitando opere dei maggiori architetti del XXI secolo, quali Fuksas, Zaha Hadid, Bohigas, Chipperfield, Calatrava e Bofill.


    Etimologia del nome

    Con molta probabilità il nome della città è collegato al fiume Irno che la attraversa. Un'ipotesi accreditata dice Salernum (da salum e Irnum, ossia "il luogo situato tra il mare e l'Irno").

    Geografia fisica

    Territorio


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    Salerno

    La città sorge sull'omonimo golfo del mar Tirreno, tra la costiera Amalfitana (a ovest) e la piana del Sele ed il Cilento (a sud), nel punto in cui la valle dell'Irno si apre verso il mare.
    Dal punto di vista orografico il territorio comunale è molto variegato, infatti si va dal livello del mare fino ad arrivare ai 953 metri del monte Stella. L'abitato si sviluppa lungo la costa e si estende verso l'interno fino alle colline retrostanti.
    La città è attraversata dal fiume Irno, che fino alla metà del secolo scorso ne segnava il confine orientale e da cui, probabilmente, deriva il suo nome. Altro corso d'acqua che scorre nel territorio comunale è il fiume Picentino, che ad oriente di Salerno separa la città stessa dalla confinante Pontecagnano Faiano.


    Clima

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    Salerno, sullo sfondo la costiera amalfitana e i monti Lattari

    Il clima è tipicamente mediterraneo, con inverni miti e piovosi ed estati moderatamente calde.La conformazione orografica del territorio fa sì che la città sia spesso interessata dai venti. Le correnti provenienti da sud sud-ovest si scontrano con la barriera naturale dei monti Lattari che le convoglia nella valle dell'Irno; viceversa le correnti provenienti da nord si incanalano nella valle dell'Irno che funge da imbuto facendo convergere i venti sulla città. Il primo fenomeno genera venti di una certa intensità, soprattutto nel periodo tra estate e inverno; il secondo fenomeno è frequente durante l'inverno in coincidenza delle irruzioni d'aria fredda provenienti dai Balcani.
    Nella seguente tabella sono riportate le medie delle temperature su dati climatici di Salerno Centro e delle precipitazioni su dati climatici di Salerno Aeroporto.


    Storia

    Periodo pre-romano e romano

    Il primo insediamento documentato sul territorio di Salerno risale al VI secolo a.C., si tratta di un centro osco-etrusco che sorgeva sul fiume Irno poco lontano dalla costa in un punto strategico per le vie di comunicazione dell'epoca. Nel V secolo a.C., con la ritirata degli Etruschi dall'Italia meridionale, lo stesso insediamento venne occupato dai Sanniti. In circostanze non note tale insediamento venne abbandonato attorno al 280 a.C.
    Nel 197 a.C. viene fondata sulla costa la colonia romana di Salernum. La città si espanse e durante l'impero di Diocleziano divenne il centro amministrativo della provincia della Lucania e del Bruzio.


    Dal Medioevo al XIX secolo

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    Mosaico medievale all'interno
    della cattedrale
    Nel 646 Salerno cadde in mano longobarda e divenne parte del ducato di Benevento. Nel 774 il principe Arechi II vi trasferì la corte e nell'839 il principato di Salerno divenne autonomo da Benevento acquisendo i territori del Principato di Capua, la Calabria e la Puglia fino a Taranto.
    La realtà della città era caratterizzata da un ambiente multiculturale; il principato era difatti uno Stato cuscinetto tra il papato e l'impero, da una parte, e l'oriente bizantino e il mondo islamico dall'altra. Questo quadro politico contribuiva tuttavia anche ad una certa instabilità.
    Dal punto di vista commerciale, anche per tramite della vicinissima e potente Amalfi, la città era collegata alle più remote coste del mediterraneo.


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    Salerno nella veduta
    Pacichelli di inizio '700
    In questo contesto sorse intorno al IX secolo la Scuola Medica Salernitana che la tradizione vuole fondata da quattro maestri: un arabo, un ebreo, un latino ed un greco. La scuola fu la prima istituzione per l'insegnamento della medicina nel mondo occidentale e godette di enorme prestigio per tutto il Medioevo. La città era una meta obbligata per chi volesse apprendere l'arte medica o farsi curare dai suoi celebri dottori. Questa fama valse a Salerno il titolo di Hippocratica civitas, titolo di cui ancora la città si fregia nel suo stemma.
    Tra il X e il XII secolo la città visse il periodo più florido della sua storia, Opulenta Salernum fu la dizione coniata sulle monete per testimoniarne lo splendore.
    Nel 1076 Roberto il Guiscardo conquistò Salerno che divenne capitale dei domini normanni ovvero del ducato di Puglia e Calabria (titolo in precedenza assegnato a Melfi), che comprendeva tutta l'Italia meridionale. In questo periodo fu fatto costruire il duomo in stile arabo-normanno.
    Nel 1127 Salerno perse la sua indipendenza ma rimase una delle città più importanti del Regno di Sicilia. Con l'avvento degli Svevi, ed in seguito degli Angioini e degli Aragonesi, la città cominciò a perdere importanza: soprattutto a causa della sempre più crescente egemonia della vicina Napoli.


    Storia moderna e contemporanea

    Nella prima metà dell'Ottocento, durante il regno borbonico, nacquero a Salerno le prime industrie, per lo più a capitale straniero (svizzero in particolare). Salerno diede appoggio a Garibaldi nel 1860 con nove salernitani che erano nei "Mille" e furono numerose le affiliazioni alle sette tipo Carboneria.
    Nel 1861, anno dell'unificazione, Salerno era la terza provincia italiana per valore aggiunto pro capite. Nel 1877 risultavano sul territorio 21 fabbriche tessili con circa 10.000 operai: Salerno venne soprannominata "la Manchester delle Due Sicilie". Per dare un termine di paragone, si pensi che nello stesso periodo a Torino, lavoravano in questo settore solo 4.000 operai. Immancabilmente, dopo l'unità avvenne il tracollo di numerose industrie, tra le quali le cartiere un tempo fiorenti.
    Nel settembre del 1943, durante la seconda guerra mondiale, la città (e la costa del suo golfo, fino ad Agropoli) fu teatro del cosiddetto sbarco di Salerno ovvero dell'sbarco a Salerno: con questa operazione gli alleati accedevano alla costa tirrenica della penisola italiana ed aprivano la strada per avanzare verso Roma.
    Nel periodo che seguì lo sbarco (dal febbraio 1944) la città ospitò i primi governi dell'Italia post-fascista e la famiglia reale in fuga, divenendo di fatto Capitale d'Italia fino alla liberazione di Roma (inizio giugno 1944). In questo frangente si ebbe la cosiddetta Svolta di Salerno, con cui gli antifascisti, la monarchia e Badoglio trovarono un compromesso per un governo di unità nazionale.
    In Afghanistan esiste una base militare denominata Camp Salerno, per ricordare lo sbarco avvenuto durante la seconda guerra mondiale.
    Il 7 gennaio 2012, nel consueto appuntamento della Festa del Tricolore a Reggio nell'Emilia, la città di Salerno ha ricevuto, durante le manifestazioni conclusive del centocinquantenario dell'unità nazionale, una copia del primo tricolore a ricordo del ruolo di capitale svolto dalla città al termine dell'ultimo conflitto mondiale.


    Monumenti e luoghi d'interesse

    Architetture religiose

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    L'atrio e la facciata interno
    del Duomo con il campanile
    in stile arabo-normanno


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    La chiesa di San Pietro a Corte

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    La Chiesa dell'Annunziatella
    con l'attiguo Convento Ave Gratia
    Plena Minor, sede dell'Ostello
    della Gioventù
    La maggior parte delle chiese di valore artistico-architettonico sono situate nel centro storico. Molte di esse hanno origine alto-medioevale e sono sorte come parte degli antichi monasteri a cui erano annesse. Lo stile predominante è il barocco che si è sovrapposto alle antiche architetture medioevali, comunque visibili e ben documentate in molti edifici. Il più importante edificio religioso cristiano cattolico della città è la Cattedrale di Salerno, edificata nell'XI secolo per volere di Roberto il Guiscardo e del vescovo Alfano I probabilmente sul sito di un precedente edificio religioso pagano. Più volte rimaneggiata, come sul finire del XVII secolo ad opera del Sanfelice e del Guglielmelli, nella pianta ricalca l'Abbazia di Montecassino, di cui Alfano era assiduo frequentatore, e l'antica basilica di San Pietro in Vaticano. Molto interessante, dal punto di vista architettonico ed artistico, è il campanile in stile arabo normanno, alto 52 metri e commissionato nel XII secolo dall'arcivescovo Guglielmo da Ravenna.
    Di epoca longobarda sono, invece, le chiese di Sant'Andrea de Lavina, edificata in onore del proprio patrono dagli amalfitani deportati in città da Sicardo, e di Santa Maria de Lama, riaperta al pubblico nel 1996 e costruita su una precedente costruzione di epoca romana e che conserva le uniche tracce di pittura longobarda ancora esistenti in città. Molto importante dal punto di vista storico e archeologico, per via delle numerosissime stratificazioni, è la Chiesa di S.Pietro a Corte connessa, nell'impianto longobardo, al palazzo di Arechi II.
    Da ricordare è anche la Chiesa del Santissimo Crocifisso del XIII secolo, ad impianto basilicale, e un tempo collegata al monastero di San Benedetto, di epoca longobarda e in stile romanico. La Chiesa del Monte dei Morti e la Chiesa di San Filippo Neri, entrambe cinquecentesche, sono caratterizzate dalla pianta ottagonale, insolita in città. Importante dal punto di vista artistico è la Chiesa di San Giorgio, degli inizi del '700 comunemente definita "la più bella chiesa barocca" della città, custodente le reliquie delle sante martiri salernitane Santa Tecla, Archelaa e Susanna e con quadri di Andrea Sabatini.
    La Chiesa dell'Annunziata fu, invece, costruita nel 1627 a sostituzione di un precedente edificio di culto quattrocentesco andato distrutto per un terremoto. Spicca per il pregevole campanile progettato da Ferdinando Sanfelice.
    Tra le chiese di più recente costruzione, sono da ricordare la Chiesa del Sacro Cuore, costruita ad inizio '900 in piazza Vittorio Veneto e la Chiesa della Sacra Famiglia costruita nel rione Fratte nel 1971, su progetto di Paolo Portoghesi, e che fu il primo edificio di culto realizzato interamente in cemento armato all'indomani della riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
    La parte alta del centro storico cittadino, inoltre, è ricca di numerosi conventi dismessi, per lo più di epoca longobarda o medievale, rimaneggiati nel corso dei secoli, costruiti lungo pendii riccamente irrigati per la presenza di numerosi ruscelli. Tra questi vanno ricordati, anche per la funzione pubblica che ora rivestono, il Convento di San Nicola della Palma, finito di restaurare nel 2013 e ospitante l’EBRI (Istituto Europeo di Ricerche Biomediche), costruito su un precedente impianto termale ad ipocausto di epoca bizantina, e il Convento di San Lorenzo, risalente al X secolo e sito in via De Renzi, che ospita la sede dell'Archivio Storico Comunale.


    Architetture civili

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    Vicolo di Via Botteghelle,
    Centro storico di Salerno


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    La facciata di Palazzo
    Sant'Agostino, sede della
    provincia di Salerno


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    Palazzo Barone (Salerno)
    ed il quartiere porto
    Il centro storico della città è costituito in gran parte dagli antichi edifici, rimaneggiati ed ampliati più volte nel corso dei secoli, della città longobarda e normanna con il suo dedalo di vicoli, le chiese ed i palazzi nobiliari. La parte alta del centro storico è caratterizzata dalla presenza di numerosi conventi, risalenti soprattutto al X e XI secolo, e da imponenti palazzi gentilizi come Palazzo San Massimo del principe Guaiferio. L'intero centro storico è stato gradualmente recuperato a partire dagli anni novanta ed è fulcro della vivace vita cittadina grazie anche alle caratteristiche botteghe ed i locali che lo animano fino a tarda notte. Interessante, in quanto testimonia il più antico utilizzo dell'arco ogivale nel medioevo, è l'acquedotto longobardo, eretto nel IX secolo per rifornire i monasteri di San Benedetto e Piantanova. Come detto, nel centro storico sono numerosi i palazzi gentilizi di origine normanna, come Palazzo Fruscione, o fortemente rimaneggiati o innalzati nel '500 e '600, come Palazzo Pinto, dai bei cortili interni e dalle stanze affrescate.
    Il Teatro Municipale Giuseppe Verdi è il principale teatro della città, inaugurato nel 1872 e restaurato nel 1994. Fu costruito su progetto dell'ingegnere Antonino D'Amora e dell'architetto Giuseppe Menichini basandosi sulle proporzioni del Teatro San Carlo di Napoli. Notevole è il sipario realizzato da Domenico Morelli e definito, all'epoca, "il più bello esistente in Italia". Sotto la direzione artistica di Daniel Oren, dal 2007, si è affermato nel panorama lirico nazionale come teatro d'eccellenza, rendendosi protagonista di lusinghiere critiche ed importanti eventi.
    In città sono presenti notevoli palazzi pubblici e residenziali edificati nel primo quarto del Novecento in stile Liberty e caratterizzati da un forte eclettismo storicistico. Gli esempi più interessanti si possono ammirare nella stecca di edifici che costeggia il Lungomare Trieste (Palazzo Edilizia, Palazzo Natella, Palazzo della Camera di Commercio) e nella zona del porto (Palazzo Barone, i palazzi di via Sabatini e di via Benedetto Croce).
    Molto importanti e imponenti, dal punto di vista architettonico, sono anche i palazzi pubblici realizzati durante il ventennio fascista e che costituiscono esempi interessanti della cosiddetta architettura di stato del regime, quali il Palazzo di Giustizia, il Palazzo delle Poste, il Liceo ginnasio Torquato Tasso, la Prefettura e il Palazzo di Città e l'annesso cinema teatro Augusteo progettati dall'architetto Camillo Guerra, con il notevole salone detto dei marmi.


    Architetture militari

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    Castello di Arechi
    Simbolo della città è il castello di Arechi, costruito in età tardo romana o bizantina, che divenne il cardine del sistema difensivo triangolare della città con il principe longobardo Arechi II, da cui prende il nome, che trasferì la corte del Principato di Benevento a Salerno. Successivamente ampliato e fortificato, il maniero non fu mai espugnato. Ospita un museo, delle attività ricettive e congressuali ed è punto di snodo per percorsi naturalistici e sentieri attrezzati. Poco distante dal castello, inoltre, è visitabile la Bastiglia, torre di avvistamento a pianta circolare fatta erigere da Gisulfo II per difendersi dall'imminente assedio della città da parte di Roberto il Guiscardo.
    L'altro forte simbolo della città è la Carnale, torre cavallaria realizzata nel 1569 su un promontorio (da cui il forte prende il nome) originariamente collegato al colle Bellara. La Carnale fungeva anche da torre di avvistamento, in relazione con le altre torri di vedetta della costiera amalfitana e cilentana, contro le incursioni saracene. Sotto i Borbone fu utilizzata come deposito di armi e, durante la seconda guerra mondiale, fu rinforzata e presieduta per la vicinanza con lo snodo ferroviario.
    Tra le torri di avvistamento di quel periodo presenti in città, va ricordata la Torre Angellara, lungo il litorale orientale della città. Nel rione Madonna delle Grazie, è presente la Torre dei Ladri di epoca longobarda e originariamente inglobata all'interno del muro di cinta occidentale. L'origine del nome, secondo la tradizione popolare, sarebbe da ricercare o nell'usanza di esporre sulla torre, a difesa della Porta Nocerina, i corpi dei ladri condannati a morte o nell'utilizzo dei suoi sotterranei da parte dei ladri come nascondiglio. Altra torre longobarda della città, nel rione Municipio, è la Torre di Guaiferio. Lungo le pendici del monte Bonadies, poi, sono ancora visibili lunghi tratti delle mura che, partendo dal vertice costituito dal castello, cingevano la città da ambo i lati. Altre sezioni delle mura longobarde della città, inoltre, sono ancora presenti in alcune parti del centro storico.


    Altro

    Statue e obelischi

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    Il Monumento ai Martiri
    Politici della Regione
    Salernitana MCMXI,
    conosciuto come
    Statua della Libertà
    in Corso Garibaldi


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    Il Monumento al Marinaio,
    in Piazza della Concordia


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    Il Monumento ai Caduti
    in Provincia
    di Salerno nella
    Grande Guerra,
    in Piazza Vittorio Veneto



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    Il busto di Giovanni Cuomo
    nella villa comunale
    Le statue si ritrovano per lo più lungo Corso Giuseppe Garibaldi e sono dedicate ad eroi salernitani. Nella villa comunale si trova quella dedicata al patriota Giovanni Nicotera, membro della spedizione dei trecento a Sapri e in seguito Deputato e Ministro del Regno d'Italia. L'opera fu realizzata nel 1897 dallo scultore Alfonso Balzico per richiesta del comitato per le onoranze agli eroi di Sapri. Durante la guerra mondiale la statua fu fusa per realizzare proiettili ma, negli anni sessanta, ne fu ricollocata un'altra realizzata da Corrado Patroni. La nuova statua rappresenta Giovanni Nicotera colto nell'atto di strappare la propria condanna a morte. Sempre nella villa comunale si trova la statua di Carlo Pisacane, opera in marmo raffigurante il patriota italiano, protagonista della spedizione dei trecento. Il monumento fu realizzato dallo scultore Gennaro Calì nel 1864. All'altezza di Palazzo Santoro invece si trova Il Monumento ai Martiri Politici della Regione Salernitana MCMXI, conosciuto anche con il nome di Statua della Libertà. L'opera è di Gaetano Chiaromonte e fu inaugurata nel 1912 nello spazio in cui vennero innalzati alla forca i patrioti salernitani. Il monumento è costituito da una colonna posta su un piedistallo di pietra davanti alla quale si trova una donna seminuda colta nell'atto di liberarsi dalle catene. Da organi di stampa diocesani la statua fu duramente criticata in quanto considerata troppo scandalosa e ne fu richiesta la rimozione. Nel 2012 è stato festeggiato il centenario della statua con una serie di incontri e manifestazioni. Sempre di Chiaromonte sono tre altorilievi in bronzo raffiguranti: Roberto il Guiscardo, L'entrata a Salerno di Papa Gregorio VII e la Fertilità della terra, destinati alla facciata del Palazzo di Città e posti all'ingresso del Salone dei Marmi. Sempre di Chiaromonte, nella villa comunale, il busto in bronzo di Giovanni Cuomo, Ministro dell'Istruzione nel 1944 e la statua raffigurante Giovanni Amendola posto davanti al tribunale cittadino. In piazza Vittorio Veneto invece si trova il Monumento ai Caduti in Provincia di Salerno nella Grande Guerra, costituito da un blocco di pietra ai cui lati si trovano due figure maschili e dei bassorilievi realizzati nel marmo bianco del basamento. Sulla sommità fu posta la statua della Vittoria Alata, ovvero una donna brandente una spada ricurva colta in un movimento plastico. La statua fu inaugurata nel 1923 da Vittorio Emanuele III ma solo due anni dopo la Vittoria Alata fu fusa da Benito Mussolini per la fabbricazione di proiettili. Un altro monumento ai caduti è quello posto sul Lungomare Trieste, realizzato dall'ingegnere Arnaldo Prete ed inaugurato nel 1977. Alla fine del Lungomare Trieste è posta la statua di Errico De Marinis, politico socialista italiano. In Piazza della Concordia si trova il Monumento al Marinaio progettato da Antonio Berti e inaugurato nel 1963. È costituito da un obelisco di quasi venti metri che poggia su un piedistallo di marmo a forma di stella, sormontato dalla statua della Madonna in bronzo dorato. In piazza Flavio Gioia invece si trova, sulla Porta Nova, la statua di San Matteo.

    Fontane
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    Fontana di Don Tullio

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    La fontana dei pesci,
    progettata da
    Luigi Vanvitelli


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    Fontana sul lungomare
    A Salerno sono presenti anche diverse fontane, alcune contemporanee e altre più antiche situate nelle corti dei palazzi del centro storico o nei vari rioni. Nel quadriportico del Conservatorio Ave Gratia Plena Minor ritroviamo una fontana caratterizzata d una vasca ottagonale che fu creata in sostituzione dell'antico pozzo a servizio della struttura mentre all'esterno la fontana dell'Annunziatella caratterizzata da un loggiato con tetto a cupola. Di grande importanza è la Fontana del Nettuno, che si trova nel cortile del Palazzo Ruggi d'Aragona, posta in una nicchia semicircolare in stile Rococò e caratterizzata dalle rappresentazioni scenografiche di Nettuno, un cavallo, un fanciullo ed una sirena avvolti dalle onde marine e scolpiti in pietra ed arenaria. Nelle piazze dei rioni ritroviamo la Fontana dei pesci (conosciuta anche con il nome di Fontana del Campo poiché si trova in Piazza Sedile del Campo) disegnata da Luigi Vanvitelli, la Fontana del Tenna in piazza Abate Conforti, poggiata su tre gradini e costituita da una vasca ottagonale su cui sono disposti in modo simmetrico quattro pesci dalla cui bocca fuoriesce l'acqua. Di autori ignoti sono invece la fontana delle Fornelle, situata in piazza Matteo d'Aiello, che si presenta come una vasca di forma ovale posta su un gradino e caratterizzata da due zampilli che fuoriescono da due brocche di ferro poste su blocchi di pietra, la saliera di don Peppino Bellotti, costituita da una vasca circolare con al centro una coppa marmorea con inciso il simbolo del Comune e la fontana di largo Montone, dalla grande monumentalità, posta a ridosso di una parete rivestita di mattoncini rossi e abbellita con sei lesene. La più importante è senza dubbio la Fontana del Tullio, realizzata nel 1790 lungo la strada che collegava Salerno a Napoli, posizionata nella villa comunale. Tra le fontane contemporanee ritroviamo quella con pianta ottagonale disegnata da Riccardo Dalisi, posta in piazza Flavio Gioia e chiamata dei delfini per via dei due delfini posti al centro della stessa che sorreggono un piatto di metallo da cui zampilla l'acqua.

    Acquedotti

    A Salerno è presente un acquedotto medievale, eretto dai Longobardi nel IX secolo, per approvvigionare il monastero di San Benedetto e, tramite un passaggio sotterraneo, il convento della Piantanova. È costituito da due rami, uno proveniente da nord e uno da est, che si congiungono in via Arce e proseguono a sud verso il monastero. Poggia su delle arcate ogivali, probabile uno dei primi utilizzi di questo tipo di arco. Un tratto dell'acquedotto è stato popolarmente battezzato "Ponte del Diavolo", in quanto una leggenda popolare narra che il ponte sia stato costruito "con aiuto di demoni", da Pietro Barliario; la superstizione riteneva anche che avventurarsi sotto le arcate all'alba o al tramonto avrebbe portato all'incontro con costoro. Ancora un'altra leggenda narra che sotto l'acquedotto, in una notte di tempesta, si siano incontrati i quattro fondatori della Scuola Medica Salernitana.
    Al 2009 invece risale la scoperta di un acquedotto nel vallone del Cernicchiara: si tratta di tre strutture ad archi, che probabilmente portavano l'acqua dalle pendici del Monte Bonadies a conventi, siti nei rioni alti della città.


    Siti archeologici

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    Il parco archeologico di Fratte

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    Vista del "Ponte del Diavolo"
    a via Arce
    Sul territorio cittadino sono presenti alcuni interessanti siti archeologici. Uno dei più importanti, perché affonda le radici nelle origini dei primi insediamenti abitativi del territorio, è l'area archeologica etrusco-sannitica del rione Fratte. Consisteva, con tutta probabilità, in un piccolo e fiorente centro commerciale fondato attorno al VI secolo a.C. da gruppi di Etruschi provenienti dalla vicina Amina (odierna Pontecagnano Faiano). L'insediamento, probabilmente da identificarsi con Irna, fu distrutto dai romani nell'ambito delle guerre sannitiche. I reperti rinvenuti nelle campagne di scavo e nella necropoli sono esposti al museo archeologico provinciale.
    L'altro importantissimo sito archeologico della città, perché pluristratificato e strettamente connesso al periodo di maggiore fioritura della città di Salerno, è il complesso archeologico di San Pietro a Corte. L'edificato ha origine intorno al I secolo d.C., in età medio imperiale, come impianto termale. L'area del frigidarium fu poi utilizzata in età paleocristiana, intorno al V secolo come cimitero con annessa ecclesia. Quando Arechi II spostò la corte del principato di Benevento a Salerno, su quel sito costruì la sua reggia e la cappella palatina. È per questo che il sito di S.Pietro a Corte è una testimonianza importantissima della storia longobarda, in quanto costituisce l'unica testimonianza di architettura palaziale longobarda. Nel corso dei secoli fu, poi, utilizzato per altri scopi. In epoca normanna e sveva ospitò riunioni dell'assemblea cittadina e del Collegio della scuola medica salernitana. Nel XVI e XVIII secolo furono fatti importanti interventi di ristrutturazione della chiesa superiore e del suo accesso.
    In località San Leonardo, nel periodo 1985-1989 sono iniziate campagne di scavo (poi proseguite in anni più recenti) per portare alla luce una villa romana il cui impianto originario risale alla fine del II secolo a.C. e l'inizio del I secolo. Anche nel centro storico, in occasione di scavi mirati o in seguito a rinvenimenti fortuiti sono state rinvenute stratificazioni romane, al di sotto del livello medievale longobardo o normanno. È il caso della domus romana di Vicolo della Neve, o dei recenti ritrovamenti, connessi al vicinissimo sito di S.Pietro a Corte, nell'ambito del restauro di Palazzo Fruscione o, ancora, della Chiesa dell'Annunziata o del Convento di San Nicola della Palma. Anche il palazzo arcivescovile presenta, al pian terreno, evidenti tracce di un preesistente tempio pagano, probabilmente dedicato a Pomona.


    Aree naturali

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    Panorama di Salerno dal monte San Liberatore

    In città sono presenti parchi urbani, aree verdi e numerosi giardini che adornano i vari quartieri.
    Senza dubbio è il Lungomare Trieste la passeggiata verde più cara ai salernitani: progettato nel 1948, fu definito dagli Inglesi negli anni cinquanta il più bel lungomare del Mediterraneo. Si sviluppa lungo 1,3 km e ospita diverse specie arboree tra cui platani, palme ed oleandri. La villa comunale fu, invece, progettata nel 1874 e realizzata intorno all'antica fontana di Don Tullio. Restaurata nel 1997 conserva alberi secolari, palme e essenze rare, oltre a numerosi monumenti storici.


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    La villa comunale
    Il Giardino della Minerva, risalente al XII secolo e restaurato e recuperato nel 2001, è l'orto botanico più antico d'Europa, creato da Matteo Silvatico come luogo di insegnamento e coltivazione delle essenze medicinali utili alla Scuola Medica Salernitana. Era inserito, anticamente, nel più ampio complesso degli orti cinti che dominavano la parte alta della città alle pendici del monte Bonadies. Altro parco storico è quello che sorge intorno la villa dei Conti Carrara, restaurata nel 1996 con la salvaguardia degli alberi secolari e il riutilizzo, per fini sociali e culturali, della villa gentilizia di fine Ottocento.
    Tra i parchi di più recente concezione, spicca per dimensione (circa 10 ettari) il Parco del Mercatello, realizzato nel 1998 e inaugurato da Oscar Luigi Scalfaro, all'interno sono presenti numerose fontane scenografiche e una serra. Di buone dimensioni anche il Parco Pinocchio, frutto di una riqualificazione delle abbandonate Terme Campione, e il connesso Parco dell'Irno, inaugurato nel 2010, che ospita due pregevoli esempi di archeologia industriale: gli ottocenteschi mulino e fornace per la produzione di mattoni della SALID, all'interno dei quali ora sorgono un teatro stabile e si tengono mostre e attività culturali.Nella zona orientale della città, i parchi di maggiore rilievo sono la Villa Ciro Bracciante, i Giardini Mariele Ventre, i Giardini della Carnale, riqualificati nel 2010 con suggestivi giochi di luce sulla parete rocciosa e sostituzione totale delle palme ivi presenti con essenze caducifoglie, e il Parco del Galiziano, caratterizzato da percorsi in pendenza. Da ricordare, invece, nei quartieri alti della città il Parco del Seminario.
    Oltre i numerosi parchi di vario tipo e le aree verdi, in città sono presenti alcune aree naturali frequentate per passeggiate naturalistiche. Il colle Bellara o Masso della Signora è una collina situata nella zona orientale della città con vaste aree boschive, da cui si può godere di un'eccezionale vista sulla città; sulla sua sommità si trovano alcune antenne radiotelevisive. Il Monte San Liberatore, invece, al confine con i comuni di Vietri sul Mare e Cava de' Tirreni, è sito dal lato opposto della città. Sulla cima, da cui si domina Salerno, è presente un antico eremo del X secolo, ampliato più volte nel corso del tempo.


    Musei

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    La Natività di Cesare
    da Sesto, Museo Diocesano


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    La testa di Apollo esposta al
    Museo Archeologico Provinciale
    Il più antico museo della città è il Museo archeologico provinciale, istituito nel 1927 e restaurato nel 2013, dal 1964 ospitato a Palazzo Durazzo, anche detto Castelnovo Reale, dimora storica della regina Margherita. Nel museo sono raccolti numerosi reperti di epoca sannitica, etrusca e romana ritrovati in provincia o nella stessa città di Salerno, in particolare nell'area archeologica di Fratte. Tra i pezzi più belli è esposta una testa di Apollo, attribuita a Pasiteles, rinvenuta nel 1930 dopo essersi impigliata nelle reti di alcuni pescatori nelle acque antistanti la città.
    • Il museo più interessante e ricco della città è il Museo diocesano, sito nell'ex seminario arcivescovile, che espone opere che vanno dal XII al XVIII secolo. Particolarmente importante è la sezione di arte sacra del Medioevo tra cui si segnalano gli avori Salernitani, il più completo ciclo eburneo del mondo, e l’exultet (codice miniato). Tra i dipinti sono presenti opere di Francesco Solimena, Andrea Sabatini, Luca Giordano e Cesare da Sesto.
    • La Pinacoteca provinciale, che ha sede in un palazzo gentilizio del '600, a sua volta raccoglie opere che vanno dal Rinascimento al Futurismo: sono presenti quadri di Andrea Sabatini, Francesco Solimena, Giovanni Battista Caracciolo, Carlo Rosa, Luca Giordano. Nella pinacoteca trova anche spazio una sezione dedicata agli artisti stranieri che sono stati attratti dai colori e dai paesaggi della provincia di Salerno.
    Collegato all'illustre storia e tradizione della scuola medica salernitana è il Museo virtuale della scuola medica salernitana, situato nella Chiesa di San Gregorio dell'XI secolo, e completamente ristrutturato e riorganizzato nel 2009. Costituisce una notevole esposizione di antichi strumenti medici e di riproduzioni interattive dei famosi codici medievali della città, dei suoi trattati medici conservati in biblioteche di tutto il mondo e moderne esposizioni multimediali della storia della medicina e della Scuola Salernitana. Il Museo Roberto Papi, invece, sito nello storico Palazzo Galdieri, espone una collezione di attrezzi e strumenti medico-chirurgici databili tra il XVII e il XX secolo donati alla città di Salerno dalla famiglia del collezionista Roberto Papi, prematuramente scomparso.


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    L'atrio interno del museo diocesano

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    Ceramiche del castello
    • Nel castello di Arechi sono presenti un Museo archeologico che custodisce maioliche e ceramiche risalenti ad un periodo compreso tra il XII e XV secolo rivenute all'interno del maniero, oltre ad oggetti vitrei, monete ed armi, ed un Museo multimediale, attivo dal 2009 che offre, con percorsi video, ricostruzioni storiche e sociali.
    • Il Museo dello sbarco e Salerno Capitale ha sede nei locali dell'Istituto Gallotta in via Generale Clark. I reperti esposti, provenienti dalla collezione dell'associazione Parco della memoria della Campania, sono circa 200, tra video inediti dello sbarco, fotografie, medaglie, divise dell'esercito nazista ed americano, oggettistica, armi, un carro armato M4 Sherman, una Jeep willys ed un vagone ferroviario piombato proveniente dal campo di concentramento di Auschwitz. Il Museo Città Creativa sorge in magazzini terranei ora convertiti in luogo di esposizione per mostre ed eventi ad Ogliara. Sono visitabili nei dintorni anche le antiche fornaci dell'Ottocento, fra cui alcune ancora attive.
    • Il Museo della Ceramica "Alfonso Tafuri", invece, nato per iniziativa privata di un collezionista, contiene una ricca raccolta di "riggiole" (mattonelle) del Settecento napoletano e dell'Ottocento vietrese, oltre a vari utensili da lavoro del XIII secolo.
    • Il Centro espositivo e complesso monumentale di Santa Sofia è un ex convento del X secolo dedicato a Santa Sofia. Restaurato, è diventato uno spazio multimediale per mostre ed eventi. Ha ospitato mostre di Mirò, Picasso, Caravaggio, Warhol e Pierluigi Nervi. Mentre l’Archivio di architettura contemporanea, inaugurato nel 2010 nella sede provvisoria di via Port'Elina (verrà poi ospitato nel costruendo Crescent), raccoglie una rassegna fotografica, di plastici e rendering delle grandi opere di architettura contemporanea in costruzione o ultimate nella città ed ospita numerose mostre e manifestazioni.


    Teatro

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    Facciata laterale dell'
    entrata del Teatro Verdi
    • Nel 1700 il teatro a Salerno era considerato un luogo di corruzione e di scandalo, quindi non favorito dalla Chiesa. Tuttavia, nel 1807, grazie ad un decreto promulgato da Giuseppe Bonaparte che prevedeva una riduzione dei conventi del suo regno, diverse chiese e monasteri divennero proprietà della corona. Così in alcuni di questi luoghi iniziarono a nascere dei teatri come ad esempio il Teatro di Sant'Agostino, nei pressi dell'omonimo palazzo, il Teatro di San Matteo, stabilitosi nel convento di San Benedetto che fu chiuso nel 1845 e il Teatro La Flora, nei pressi di Porta Catena, che ebbe una produzione piuttosto copiosa.
    • Il principale teatro cittadino è il Teatro Municipale Giuseppe Verdi. Altri teatri stabili sono il Teatro delle Arti, il Cinema Teatro Augusteo, il Cinema Teatro San Demetrio, il Teatro Genovesi, il Teatro Bis, il Nuovo Teatro Diana, il Teatro del Giullare, il Teatro La Mennola, il Teatro Nuovo, il Teatro Il Ridotto, il Teatro San Genesio, il • Teatro Arbostella e il Teatro Ghirelli.


    Eventi

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    Luci d'Artista 2012
    Vari sono gli eventi che animano, o hanno animato, la città di Salerno nel corso dell'anno.
    • Dal 1953 al 1961 in città è stato allestito il Circuito automobilistico di Salerno.
    • Il già citato Festival del Cinema di Salerno è giunto nel 2013 alla 67ª edizione.
    • Il Linea D'Ombra Film Festival-Festival Culture Giovani è una manifestazione che si svolge con cadenza annuale dal 1995, nato come una costola del Giffoni Film Festival, presenta eventi legati alla creatività contemporanea. Nel corso del tempo ha perso la struttura iniziale di semplice rassegna cinematografica e si presenta diviso in quattro macro sezioni: cinema, musica, arti performative e scrittura. Salerno Creativa, collegato anche al Linea d'Ombra, è un evento che ospita nella città di Salerno manifestazioni di vario genere, come concerti, mostre, esposizioni ed eventi, per mostrare la creatività cittadina ed internazionale.
    Dal 2010 si tiene in città anche il Salerno Festival-Festival nazionale corale, primo festival nazionale corale in Italia.
    • SalernoInVita è, invece, una manifestazione iniziata nel 2006 che permette a giovani artisti di tutta Italia di esibire le proprie opere e mostrare le proprie capacità artistiche, nelle piazze o nei cortili dei palazzi storici della città.



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    Un momento della
    Fiera del crocifisso
    ritrovato del 2013
    a piazza Portanova
    • Incontri internazionali della musica è un festival sulla musica internazionale nato nel 2000, che si pone come obiettivo la diffusione delle varie identità musicali del mondo. Le nazioni-tema nel corso degli anni sono state, ad esempio, Tunisia, Portogallo, Cuba, Brasile, Argentina, Inghilterra e Germania.
    • La Fiera del crocifisso riprende in chiave moderna la "Fiera di San Matteo" che fu istituita nel Medioevo da Manfredi di Svevia e richiamava mercanti da tutto il centro-sud. La manifestazione prevede spettacoli, rievocazioni storiche e costituisce una vetrina per l'artigianato locale e non.
    • La Mostra della Minerva è una mostra mercato, organizzata nella Villa comunale, dedicata al giardinaggio ed in particolare alle piante rare. Il nome fa riferimento al Giardino della Minerva di Salerno, probabilmente il primo orto botanico d'Europa.
    • La Notte del fuoco si tiene ogni anno, dal 2001, il 17 gennaio, festa di Sant'Antonio abate, patrono del fuoco e dei ceramisti. Una volta era uso accendere falò attorno a cui festeggiare ("Sant'Antuon mascher' e suon"). Nella sua rivisitazione moderna la festa chiama a raccolta ceramisti da tutta la Campania che effettuano in piazza la cottura delle loro opere con la tecnica detta raku.
    • Luci d'artista si svolge in collaborazione con il comune di Torino dal 2006 ed è probabilmente l'evento che attrae il maggior numero di turisti e visitatori, circa due milioni nel 2010. Diverse sono le installazioni luminose di artisti contemporanei su tutto il territorio cittadino, per addobbare la città durante il periodo di Natale e oltre.
    • Dal 2011 si tiene in città l'edizione salernitana del Comicon e dal 2013 il Festival della Letteratura.
    • Nel maggio del 2013 la città è stata sede, per una settimana, del 61º Raduno Nazionale dei Bersaglieri.


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    La portaerei Cavour
    durante l'esercitazione
    TWIST
    • Dal 24 al 27 ottobre 2013 la città ha ospitato l'operazione TWIST (Tidal Wave In Southern Tyrrhenian sea), un'esercitazione internazionale organizzata dalla protezione civile e finanziata dall'Unione europea, nel caso si verificasse un'onda anomala dovuta al distaccamento di un costone roccioso del vulcano sottomarino Palinuro. All'esercitazione ha preso parte anche la portaerei Cavour.

    Eventi dedicati all'architettura
    • Salerno negli ultimi anni ha visto crescere in modo esponenziale gli eventi e le manifestazione dedicate all'architettura. Ogni anno, infatti, sono organizzati eventi e mostre internazionali completamente dedicate con lectio magistralis dei più famosi architetti e designer (Santiago Calatrava, Massimo Vignelli, Manuel Ruisanchez, Nuno Almeida di UNStudio) del XXI secolo.
    • Tra il 2012 ed il 2013 ha ospitato la mostra internazionale Pier Luigi Nervi. Architettura come sfida dedicata a Pierluigi Nervi.Dal 15 maggio al 30 giugno 2013 la città è stata "Capitale dell'Architettura" grazie ad una serie di workshop, mostre, concorsi e conferenze organizzati dal portale internet newitalianblood.Tra i vari architetti presenti agli incontri si ricordano Mario Cucinella, Odile Decq, lo studio Hadid e João Ferreira Nunes.Nell'ottobre 2013 è stata sede del XXVIII Congresso INU (Istituto Nazionale di Urbanistica).


    Festa di San Matteo

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    Processione di San Matteo
    Tra le festività la più importante è il 21 settembre, ricorrenza di San Matteo apostolo ed evangelista, patrono della città.
    In quest'occasione la statua d'argento del santo viene portata in giro per il centro cittadino in una processione molto sentita dalla popolazione. La statua del patrono è preceduta da quelle dei martiri salernitani Caio, Ante e Fortunato, di san Gregorio VII, e dalla pesantissima statua in legno di San Giuseppe.
    • La processione parte dal Duomo e percorre via Dei Mercanti, piazza Portanova, corso Vittorio Emanuele, via Cilento, via Roma dove attua due deviazioni, prima verso piazza Cavour sul Lungomare Trieste per benedire il mare e poi verso Palazzo di Città, toccando infine la chiesa della SS. Annunziata e percorrendo tutto il centro storico per fare ritorno in Cattedrale.
    • Il programma delle tradizionali celebrazioni religiose in onore di san Matteo è affiancato da festeggiamenti civili articolati in tre giorni. Questi festeggiamenti prevedono nei giorni che precedono la ricorrenza concerti di musica leggera e nel giorno conclusivo, a mezzanotte, fuochi pirotecnici sul mare.


    Persone legate a Salerno
    Sono numerose e varie le personalità celebri che a Salerno sono nate, hanno vissuto a lungo o comunque hanno operato significativamente ed hanno stabilito dei saldi rapporti con la città.

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    Salerno

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    Trecchina

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    - Info -

    Trecchina (['trekkina]) è un comune di 2.377 abitanti della provincia di Potenza.

    Geografia

    Sita nell'entroterra della costa tirrenica lucana, nel mezzo dell'appennino lucano, il clima di Trecchina è proverbialmente alpestre, con inverni rigidi ed estati fresche.Il paese si trova su un altopiano incastonato tra montagne ricoperte di boschi cedui, tra cui dominano le cosiddette tre chine.Il territorio trecchinese è attraversato lungo i suoi confini coi comuni di Nemoli, Lauria, e Tortora dal Fiume Noce.Nel territorio di Trecchina sono presenti cime montuose di media altezza: il monte Coccovello (1.505 m) che è anche la vetta più alta del versante tirrenico dell'Appennino lucano, il monte Crivo (1.265 m), il monte Santa Maria (1089 m) ed il monte Messina (oltre 1000 m).

    Origini del Nome

    Numerose sono le interpretazioni date circa l'origine e il significato del toponimo. Lo storico Giacomo Racioppi vuole che derivi dal latino e significhi «luogo di sterpi e burroni», mentre l'abate Pacichelli sostiene che sia una corruzione del nome Terenziana. Una fantasiosa credenza popolare ritiene invece che il nome sia semplicemente il composto di tre chine, cioè le tre vette che sovrastano l’altopiano dove sorge il paese. A guar dar bene le vette sono quattro: Maiorino, Serra Pollino bipartita in cima, e Crivo

    Storia

    Poche e frammentarie sono le testimonianze archeologiche nel territorio di Trecchina. Gli storici che si sono soffermati sulla sua origine hanno presentato teorie discordanti:
    • Giovan Battista Pacichelli sosteneva che Trecchina sorse nel 317 a.C. da uno stanziamento romano chiamato Terenziana, nome che poi si sarebbe corrotto in quello attuale;
    • Giuseppe Antonini la vuole fondata dai Greci che abitavano presso le Termopili, dette anche Trakinie, che in seguito alle guerre del Peloponneso vollero abitare terre che assomigliassero a quelle natie, e chiamarono il luogo Trecchina.

    Trecchina appare in un documento del 1079 col nome di Triclina. Il paese fu successivamente prima roccaforte gotica, poi longobarda. Dopo essere stata distrutta dai Saraceni, fu riedificata dai Longobardi di Salerno. Tra il XI e il XII secolo fu interessata da correnti migratorie di gruppi eretici provenienti dal Piemonte, in particolare dal Monferrato, che hanno lasciato una indelebile traccia nel dialetto locale. Nell’epoca dei regimi feudali appartenne alla contea di Laura, sotto la famiglia Sanseverino, e a quella di Tortora, sotto la famiglia Vitale. Tra i numerosi passaggi di proprietà del borgo, segnaliamo che nell’anno 1500 circa il feudatario Roberto Sanseverino, principe di Salerno, donò il castello di Trecchina (“la terra di Trecchiena”) al conte Michele Rizzo de Ricci di Castellammare di Stabia, ma questa famiglia detenne il feudo per poco tempo, avendo sostenuto l’entrata dei francesi in Napoli. Il castello, i cui ruderi sovrastano ancora oggi la parte antica dell’abitato, fu costruito nel 1530 dai baroni Palmieri di Latronico. Per pochi anni, dal 1811 al 1816, durante il governo francese di Gioacchino Murat del Regno di Napoli, Trecchina fu capoluogo di circondario nell'ambito del distretto di Lagonegro; dopodiché, alla restaurazione borbonica, fu abolito, ripristinato il circondario di Maratea e introdotto quello di Lauria.

    Monumenti e Luoghi d'Interesse

    Chiese
    • Chiesa di San Michele Arcangelo: costruita nel 1857, è la chiesa parrocchiale di Trecchina ed è una delle chiese più grandi della Basilicata. Si trova nel mezzo di Piazza del Popolo.
    • Santuario della Madonna del Soccorso: piccola chiesetta sita sulla cima del Monte Santa Maria(altitudine s.l.m. 1089m).
    • Chiesa di S. Giovanni.
    • Chiesa di Sant'Antonio.


    Curiosità

    Trecchina è famosa anche per un prodotto di panificio, comunemente chiamato "Pane di Trecchina", che proviene dalla cultura dei pastori cosentini i quali, durante i lunghi periodi di transumanza per il pascolo, cuocevano questo pane la cui particolarità è conservarsi morbido anche per più di una settimana.Per la vicinanza alla costiera di Maratea, Trecchina costituisce un luogo montano ambito da chi frequenta il golfo di Policastro perché consente il grande vantaggio sia del mare e sia dei monti, e il piacere di apprezzare la spiccata ospitalità trecchinese. Il piccolo ma incantato Paese lucano, infatti, pur essendo a dieci minuti d'auto dal litorale tirrenico, si trova a quota 500m s.l.m., circondato da grandi castagni, con Piazza del Popolo ornata di lussureggianti giardini ordinati in aiuole e viali fiancheggiati da conifere, acacie, tigli e rare piante ornamentali. Rinomati sono gli antichi dolci di pasta di noci e i gelati alla castagna.

    Eventi
    • Carnevale trecchinese (mese di febbraio)
    • Pellegrinaggio della Madonna del Soccorso al Monte S. Maria (mesi di maggio e settembre)
    • Festa di S. Antonio (13 giugno)
    • Estate trecchinese (mesi di luglio e agosto con manifestazioni principalmente in Piazza del Popolo e nelle varie contrade)
    • Festa della Madonna del Soccorso (7 e 8 settembre)
    • Festa di San Michele Arcangelo (28 e 29 settembre)
    • Sagra della Castagna (mese di ottobre)
    • TrecchiNatale e Raduno Nazionale di Canoa (mese di dicembre)


    Persone legate a Trecchina
    • Giacomo Schettini - politico
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    Lauria

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    - Info -

    Lauria è un comune di 13.367 abitanti della provincia di Potenza in Basilicata.

    La città

    Naturale centro di riferimento di un territorio molto ampio, corrispondente alla regione storica della Lucania sud–occidentale, Lauria è il maggiore e più popoloso centro del versante tirrenico della regione Basilicata. La sua posizione geografica, in una ristretta zona di transito tra Campania e Calabria, ne favorisce gli scambi commerciali e i flussi migratori attraverso il territorio. Fu, nel Medioevo, contea e sede vescovile de facto, con un'evoluzione demografico–istituzionale simile, per molti aspetti, a quella di Matera. La città ebbe una drammatica battuta d'arresto nel corso della sua storia con il massacro di Lauria del 1806, dovuto a una sfortunata vicenda che portò Lauria, sede del potere costituito, a divenire luogo di un'ostinata resistenza borbonica contro l'avanzata napoleonica. Le conseguenze di questa sanguinosa repressione furono gravi per la città: oltre al devastante incendio e alla perdita dell'archivo cittadino, si operò il trasferimento di tutti i presidi statali (l'ospedale, il tribunale e le forze dell'ordine) verso i centri limitrofi minori (Lagonegro e Trecchina). Tuttavia, grazie alle caratteristiche geografiche della città, alle sue dimensioni territoriali, ad una lunga e stimata tradizione di commercio, imprenditoria e manodopera, all'inevitabile lenta ripresa di alcune funzioni statali territoriali, è oggi il centro principale e di gran lunga più popoloso dell'area. La presenza di un numero cospicuo di abitanti nel territorio rurale, altrettanto popolato quanto il centro cittadino, rende l'intero territorio comunale quasi totalmente antropizzato.Il centro abitato è suddiviso in due rioni, quello superiore, tradizionalmente denominato il Castello (Castiddu), e quello inferiore, chiamato altrimenti il Borgo (Burgu), separati dall'antico quartiere Ravita. Simbolo del comune di Lauria è il basilisco aggrappato ad una pianta di lauro che ostenta il motto Noli me tangere ("Non mi toccare"), il cui significato originario è la temibilità e intoccabilità degli abitanti.
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    Il basilisco e il motto Noli me tangere
    Nel centro storico, che rivela segni tipici dell'epoca medievale, con le abitazioni aggrappate alla collina, si aprono angoli caratteristici ed intricate viuzze e stradine, che s'inerpicano dando vita ad archi, sottopassi, portici e motivi architettonici caldi ed armoniosi. Il territorio lauriota, uno dei più grandi della Basilicata, offre un susseguirsi di paesaggi pittoreschi ad agresti, naturali ed artificiali: le vette del massiccio del Sirino (la più alta, quella del monte Papa, raggiunge i 2005 metri), innevate per buona parte dell'anno; il lago artificiale di Cogliandrino; il lago Rotonda; le fresche sorgenti del Sinni e di Fiumicello; il pino loricato del monte Serra la Spina; il castello di Seluci (latino: Seleuci) nella contrada dove sono stati riportati alla luce reperti archeologici e individuati giacimenti petroliferi.Nel 1998 ha ricevuto ufficialmente dalla Presidenza della Repubblica Italiana il riconoscimento e la dignità di "città". Il Sole 24 ore, nell'edizione del 12 novembre 2004, ha segnalato Lauria tra le province nascoste d'Italia, una provincia che potrebbe concretizzarsi con l'attuazione del progetto della Grande Lucania.


    Storia

    Le origini

    Nelle fonti scritte, fortemente penalizzate dalla distruzione dell'archivio cittadino, avvenuto durante il massacro di Lauria, l'antico nome Uria compare per la prima volta in un documento redatto nel 1079 dall'arcivescovo di Salerno, Alfano. Appare però improbabile che la sua area, attraversata anche dalla via romana Popilia, sia rimasta disabitata fino al X secolo. Una teoria leggendaria fa risalire la fondazione della città in epoca precedente al 400 a.C. ad opera di una colonia greco–cretese, guidata da Teocle e Menippe, che giunta nell'attuale valle del Noce, a Piano dei Peri (Trecchina), decise d'insediarsi nel posto chiamandolo Iriae, in memoria dell'iride (latino: iris) che li aveva benevolmente accolti. La tesi della colonizzazione greca non è mai stata verificata per l'assenza di una sistematica campagna di scavi sul territorio comunale e nei paesi limitrofi; rimane ampia pure la gamma di possibilità sulle origini del nome. Il canonico don Nicola Curzio ha spiegato la nascita della città come il risultato della migrazione, in tempi diversi, di gente scampata alla distruzione delle vicine Iriae, Seleuci e Blanda. Iriae si presume possa essere la città, menzionata prima, i cui abitanti decisero di trovare rifugio, per qualche sconosciuta ragione, nei luoghi in cui poi sorgerà il castello di Ruggiero di Lauria e che all'epoca erano ricoperti abbondantemente di piante di lauro; Seleuci, viene idealmente collocata nella contrada, che poi ha italianizzato il suo nome in Seluci, rasa al suolo dai romani nel corso della seconda guerra punica (fine del III secolo a.C.) per il sostegno offerto ai cartaginesi; Blanda, invece, sarebbe stata individuata in una porzione di territorio, nei pressi di Tortora, che nel 914 d.C. fu definitivamente distrutta dai saraceni con la conseguenza di essere abbandonata dalla popolazione, spostatasi in parte nell'attuale quartiere Ravita, tra i due rioni della città. Dalla contrazione delle parole latine laurus (lauro) e Iriae sarebbe, quindi, derivato originariamente il nome, Lauria, anche se l'etimologia ipotizza che il suo nome derivi invece dal contenitore per l'olio, posto sotto il torchio, che i bizantini chiamavano laurion. Più verosimile è l'ipotesi che la rifondata Iriae sia poi diventata Uria (città aurea) per volere del tribuno consolare Caio Emilio Mamercino (latino: Caius Æmilius Mamercinus) che volle premiare la laboriosità degli abitanti. Nel 460 d.C., mentre l'Impero Romano d'Occidente con Maggioriano rallentava la sua decadenza e i vandali portavano distruzione, fu interamente ricostruita ai piedi della torre che, negli anni a seguire, sarà rimpiazzata dal castello dell'ammiraglio aragonese Ruggiero di Lauria. Fu, in seguito, dominata da longobardi e saraceni. L'imperatore Michele IV di Bisanzio, detto il Paflagone, la liberò dai saraceni e diede alla città il simbolo del basilisco con la scritta Noli me tangere. Guglielmo d'Altavilla la chiamò infine Lauria, ispirandosi a un lauro verdeggiante che fece anche dipingere sullo stemma, a fianco del basilisco. La prima fonte scritta di quest'antica città lucana risale, come già accennato, al XI secolo e fa riferimento a una laura di monaci basiliani insediati sulla sommità del colle Armo, dove l'antica chiesa, distrutta nel 1806 dalle truppe napoleoniche del generale Andrea Massena, fu poi ricostruita per devozione alla Madonna Assunta.

    Il Medio Evo

    Nella documentazione scritta ritroviamo Lauria, per la prima volta, almeno dal punto di vista di una chiara identificazione toponomastica, nel Medioevo. Secondo studiosi accreditati[senza fonte] il centro abitato sorse nel X secolo intorno ad una laura basiliana, che era sita nel luogo ove poi è stato edificato il Santuario della Madonna dell'Armo. Probabilmente furono i Normanni, che si stabilirono nella zona saracena, detta Ravita (arabo: rabit, zona vicina o annessa), ed edificarono il castello di Ruggiero. Dal XII secolo Lauria fu sede di un feudo in cui fiorivano artigianato e commercio. Lauria rappresentava a quell'epoca il centro politico ed economico della Valle del Noce: il feudatario era il capo incontrastato di questo microcosmo autonomo. Capostipite della baronia normanna è Gibel de Loria, cui seguì Riccardo (dal 1254 al 1266), fedelissimo di re Manfredi, che, insieme a lui, trovò la morte nella battaglia di Benevento. È proprio con Riccardo che la città diviene, anche se per pochi anni, la prima sede del Giustizierato di Basilicata. Il primogenito di questi, Ruggiero, divenne celebre perché nominato ammiraglio d'Aragona da Pietro III: non fu mai sconfitto in combattimento e riuscì, più volte, ad uscire vittorioso da scontri con la flotta angioina.

    L'epoca napoleonica

    Il regime della Prima Repubblica francese fu imposto anche in Italia con l'instaurazione della Repubblica Partenopea, nel 1799. In quel breve periodo, durato circa sei mesi e cominciato con l'usurpazione, da parte del generale francese Championnet, del Regno di Napoli di Ferdinando IV di Borbone, l'organizzazione amministrativa del territorio, almeno sulla carta, subì notevoli cambiamenti. Il Governo Provvisorio, sulla base del modello francese, istituì diversi dipartimenti, tra cui quello del Crati, che ebbe il suo capoluogo a Cosenza; esso era costituito a sua volta da dieci unità amministrative minori, tra le quali figurava anche il cantone di Lauria; rientravano certamente in quest'area i comuni lucani di Rivello, Castelluccio Superiore, Castelluccio Inferiore, Viggianello, Rotonda, Trecchina, Maratea, Nemoli, Lagonegro e i comuni calabresi di Tortora, Aieta (inclusa l'odierna Praia a Mare), San Nicola Arcella e Scalea. Nel 1806, alla ripresa delle ostilità tra i regnanti della casa di Borbone e gli occupanti francesi, la città divenne un focolaio di rivolta: molti abitanti, l'8 e il 9 agosto, furono barbaramente trucidati dai soldati napoleonici, guidati dal generale Massena, perché rei di aver sostenuto la causa borbonica: l'evento è passato alla storia come il massacro di Lauria. Dopo il saccheggio e la sconfitta, per ritorsione alla città e sulla base della legge n. 132 del 8 agosto 1806, il nuovo ente amministrativo del Regno di Napoli, chiamato distretto, nonché il giudicato e l'ospedale, vennero ubicati dal re Giuseppe Bonaparte nel centro limitrofo minore di Lagonegro, un paese decentrato rispetto al territorio. Alla restaurazione borbonica del 1816 Lauria era capoluogo di circondario nell'ambito dello stesso distretto di Lagonegro.

    Il Novecento

    Rimane tristemente noto nella memoria collettiva di Lauria il bombardamento effettuato dagli inglesi il 7 settembre 1943, finalizzato alla distruzione del comando tedesco, sito nel centro della città, in cui perirono 37 civili. Altre fonti, tra le quali quella del giornalista de L'eco di Basilicata, Mario Lamboglia, che riporta, a sua volta, le testimonianze di quei tragici eventi dell'allora vivente sacerdote don Antonio Spagnuolo e di diversi superstiti, affermano che il numero delle vittime civili fu superiore, ossia 39, che al bombardamento vi fu la partecipazione anche di aerei americani e che l'obiettivo militare prioritario fosse individuato in un deposito di munizioni nel quartiere Ravita e non semplicemente, com'è facile immaginare in guerre di tale portata, nelle vie di comunicazione principali, quali strade e ferrovie presenti nel territorio, che da sempre in guerra sono considerate bersagli strategici.È da annoverare, tra le vicende di cronaca nera di un certo rilievo, il pagamento del riscatto e il successivo rilascio di John Paul Getty III, nipote del petroliere Jean Paul Getty, allora noto per essere considerato l'uomo più ricco del mondo, lungo il tratto autostradale che interessava Lauria, a seguito del sequestro di persona compiuto dalla 'ndrangheta il 10 luglio 1973 a Roma


    Geografia

    La città, una delle più popolate della Basilicata, situata tra Campania e Calabria, è punto di snodo di tre principali direttrici viarie: l'autostrada A3 Napoli–Reggio Calabria, che ricalca pressappoco l'antica via romana Capua-Rhegium, la Fondovalle Sinnica, che porta alla costa ionica lucana, e la Fondovalle del Noce che collega l'autostrada A3 con la costa tirrenica calabro–lucana. Inoltre la città rappresenta il punto d'incontro di tre valli: del Noce, del Sinni e del Mercure. Ad esse si dovrebbe aggiungere storicamente anche la Val d'Agri raggiungibile tramite l'antico percorso per Moliterno, ormai di livello secondario e in lunga attesa di adeguamento. Lauria è collocata in uno dei più suggestivi paesaggi dell'Appennino Meridionale, comprendente la cittadina turistica di Maratea, il Parco nazionale del Pollino, il Parco nazionale dell'Appennino Lucano-Val d'Agri-Lagonegrese (5,8% del territorio comunale, pari a 1016 ettari) e il massiccio del Sirino. Il comune fa parte della provincia di Potenza e confina con i centri, della stessa provincia, di Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Latronico, Castelsaraceno, Moliterno, Lagonegro, Nemoli, Trecchina, e con quelli della provincia di Cosenza, Tortora e Laino Borgo. Il territorio comunale è collocato in una zona esposta ad un rischio sismico di media entità, come dimostrano gli eventi calamitosi registrati negli ultimi decenni; l'ultimo dei quali, di particolare rilevanza, si è verificato il 9 settembre 1998.

    Orografia

    • Massiccio del Sirino: nei confini amministrativi del comune di Lauria ricade parte del massiccio del Sirino, le cui vette sono innevate sei mesi all'anno. Sia la cima più alta, quella del monte Papa (2005 metri), che la vetta del Sirino (1907 metri), sono luoghi di attrazione per escursionisti o semplici appassionati della montagna. La montagna vanta piste da sci di buon livello, con cinque impianti di risalita, fra cui una seggiovia (questa per la maggior parte ubicata in territorio di Lagonegro), scuole di sci, nolo di attrezzature, affittacamere, bar e punti di ristoro. È possibile campeggiare d'estate presso la località Conserva di Lauria, a 1400 metri d'altitudine.
    • Monte Timpa del Capitano (1690 metri).
    • Monte Serra Orticosa (1676 metri).
    • Monte Serra la Spina: alto 1652 metri e situato entro la perimetrazione del Parco Nazionale del Pollino, è noto per la presenza di numerosi esemplari del secolare pino loricato.
    • Monte Castello Starsia (1387 metri).
    • Monte Serra Rotonda: è alto 1285 metri e anche qui si riscontra la presenza di qualche giovane esemplare di pino loricato. Fra esso e il monte Serra la Spina, a quota 930 metri, vi è un laghetto di origine carsica chiamato lago della Rotonda.


    Idrografia

    • Fiume Sinni: è uno dei più importanti della Basilicata. Trattasi di un fiume dal regime estremamente torrentizio con piene turbinose nella stagione piovosa e magre notevoli in estate. Nasce a quota 1380 metri dalla Serra della Giumenta, nel versante orientale del massiccio montuoso del Sirino, in territorio di Lauria. Scorre quindi verso lo Ionio e sfocia nei pressi di Policoro, nella piana di Metaponto. Il suo percorso viene sbarrato due volte: dapprima dalla diga di Cogliandrino e successivamente, presso Senise, dalla diga di Monte Cotugno, la più grande d'Europa in terra battuta.
    • Fiume Noce: nasce dal versante nord del massiccio del Sirino, in territorio di Lagonegro. Il suo bacino idrografico, nei pochi chilometri quadrati di estensione a Lauria, presenta una rilevante escursione altimetrica, che va dagli oltre 2000 metri del monte Papa fino al livello del mare, sfociando nel Tirreno nei pressi di Castrocucco di Maratea, ai confini con Tortora(CS). Da esso prende il nome la valle che attraversa.
    • Torrente Cafaro: passante per il centro storico del rione superiore, è oggi coperto. In epoca medioevale assumeva un'importanza strategica poiché era un'ulteriore difesa del castello posto a monte.
    • Torrente Carroso.
    • Torrente Cogliandrino: sorge dai rilievi del massiccio del Sirino ed è uno dei principali affluenti del Sinni. Nei pressi dell'omonima contrada viene sbarrato da una diga artificiale.
    • Torrente Fiumicello.
    • Torrente Gaglione: è un tributario del fiume Noce.
    • Lago della Rotonda: bacino lacustre di una decina di ettari, a 930 metri sul livello del mare sul versante nord–orientale, che raccoglie per lo più le acque alluvionali e di scorrimento superficiale provenienti dai versanti dei monti Serra Rotonda e Serra la Spina.
    • Lago di Cogliandrino: diga artificiale dell'omonima contrada, alimentata dal fiume Sinni a 680 metri sul livello del mare, conosciuta anche come bacino di Masseria Nicodemo.


    Monumenti e luoghi di interesse

    Degni di nota sono: il rudere del medievale castello di Ruggiero e la restaurata casa natia con le reliquie del beato Domenico Lentini, entrambi nel quartiere Cafaro. Le numerose opere artistiche di varie epoche si concentrano prevalentemente nei luoghi di culto religioso.

    Rione superiore
    • Chiesa madre di San Nicola di Bari
    • Cappella di Santa Veneranda
    • Cappella di San Pasquale Baylon e Santa Lucia
    • Santuario dell'Armo
    • Eremo di Sant'Elia e del Beato Domenico Lentini
    • Cappella di San Biagio
    • Convento dei Padri Cappuccini


    Rione inferiore
    • Chiesa di San Giacomo apostolo
    • Cappella di San Gaetano
    • Cappella di Santa Veneranda
    • Chiesa dell'Immacolata
    • Cappella di San Rocco.
    • Chiesa del Purgatorio.



    Personaggi celebri
    • Ruggiero di Lauria (Lauria o Scalea, 1250 – Cocentaina, 1305), barone ed invitto ammiraglio della flotta aragonese; come condottiero affrontò con successo numerose battaglie sul mare tra il XIII e XIV secolo.
    • Lorenzo Brancati di Lauria (Lauria, 1612 – Roma, 1693), cardinale, insigne studioso dell'Immacolata Concezione, durante un conclave fu proposto per l'elezione al soglio pontificio
    • Domenico Lentini (Lauria, 1770 – Lauria, 1828), beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1997
    • Pietro Calà Ulloa (Napoli, 1801 – Napoli, 1879), giurista, politico, studioso di storia e duca di Lauria, fu l'ultimo nobile della città del Regno delle Due Sicilie
    • Nicola Miraglia (Lauria, 1835 – Napoli, 1926), insigne studioso di materie economiche, fu tra le altre cose direttore generale del Banco di Napoli. Venne nominato conte per aver salvato le finanze dello storico istituto bancario.
    • José Imbelloni (Lauria, 1885 – Buenos Aires, 1967), antropologo, etnologo e paleontologo.
    • Rocco Papaleo (Lauria, 1958), attore cinematografico e teatrale, nonché regista del film Basilicata coast to coast (2010).
    • Giovanni Pittella (Lauria, 1958), deputato e vice-presidente del Parlamento Europeo.
  15. .

    Avigliano

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    - Info -

    Avigliano è un comune italiano di 11.913 abitanti della provincia e dell'area metropolitana di Potenza.

    Geografia

    Avigliano sorge a 857 m s.l.m. (anche se nel suo territorio si superano i 1.200 m s.l.m.) nella parte nord-occidentale della provincia.

    Nel territorio si trovano diverse montagne:
    • Monte Caruso: 1239 m
    • Monte Carmine: 1228 m
    • Monte S.Angelo: 1121 m
    • Mont'Alto: 938 m

    Confina con i comuni di: Ruoti (6 km), Filiano (19 km), Potenza (20 km), Pietragalla (21 km), Bella (27 km), Atella (29 km) e Forenza (34 km). Dista come già detto 20 km da Potenza e 115 km dall'altro capoluogo di provincia lucano, Matera.


    Toponimo

    Il toponimo deriverebbere da avis locum ("luogo dell'uccello"), una denominazione che sarebbe stata data da alcuni marinai orientali, oppure da locum avellani ("luogo dei noccioli"). Nel territorio si è ipotizzata la presenza di un fondo tra la fine dell'età repubblicana e gli inizi di quella imperiale; sotto Traiano è menzionato un fundus Avillanus o Avilius, mentre successivamente una lapide funeraria dedicata ad una Villiana ha fatto supporre che l'abitato prendesse il nome da questa famiglia.

    Storia

    Medioevo

    I primi reperti archeologici e documenti che testimoniano con certezza l'esistenza di Avigliano risalgono agli inizi dell'alto medioevo. Il primo documento nel quale la città è citata risale al 13 novembre 1127, sotto il dominio normanno. Il 18 luglio 1137 a Lagopesole, frazione di Avigliano, si tenne il quinto concilio di Melfi, nel corso del quale il papa Innocenzo II annullò la scomunica ai monaci di Montecassino, sostenitori dell'antipapa Anacleto II. Durante il concilio trovò qui ospitalità anche l'imperatore Lotario III, le cui milizie si erano unite a quelle del pontefice per sedare una rivolta a Bari.Nel secolo successivo, Federico II di Svevia decise di erigere un castello a Lagopesole, da destinare a soggiorno estivo e alla caccia con il falcone. Nel 1290 vi venne costruito il primo convento dei padri domenicani (1290) in Basilicata.

    Cinquecento e Seicento

    Avigliano era legata fin dal XIV secolo al feudo di Melfi, dominato dalla famiglia Caracciolo. Nel secolo XVI fu costituita in università e i poteri dei feudatari furono limitati con una convenzione stipulata nel 1579. Nel 1612 il feudo di Avigliano passò ai Doria.Nel 1694 si verificò una carestia a seguito di una lunga siccità; nel terremoto dell'8 settembre ad Avigliano furono distrutte una ventina di abitazioni e danneggiati gravemente il palazzo baronale e la chiesa madre, ma non si contarono vittime. La popolazione fece voto di erigere una cappella votiva alla Madonna del Carmine che l'aveva salvata da maggiori danni. Due anni dopo, infatti, il capitolo ecclesiastico di Avigliano dette inizio alla costruzione della cappella sulla Montagnola, che assunse la denominazione di Monte Carmine.

    Settecento e Ottocento

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    Arco della piazza
    Nel 1799 nobili, popolani e religiosi appoggiarono la Repubblica napoletana e l'albero della libertà vi fu piantato il 19 gennaio, prima ancora dell'ingresso delle truppe francesi a Napoli.Gli aviglianesi ai moti del 1820 e del 1848, e successivamente a quelli unitari del 1860. Dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, nel maggio del 1860 fu costituito a Corleto il Comitato rivoluzionario lucano. I 124 comuni della Basilicata vennero suddivisi in 10 sub-centri insurrezionali. Ad Avigliano le truppe cittadine furono comandate dal sacerdote Nicola Mancusi. Con la cosiddetta insurrezione lucana la regione fu liberata dai Borboni prima ancora dell'arrivo di Garibaldi: Mancusi riunì in seguito una colonna di 700 armati di Avigliano, unendosi alle truppe provenienti dal Sud e accompagnò il generale fino a Napoli.Con il fenomeno del brigantaggio, nelle campagne e nei boschi di Lagopesole, frazione di Avigliano, ne sorsero i primi e più importanti nuclei, comandati da Carmine Crocco di Rionero in Vulture e da Giuseppe Nicola Summa, più noto come Ninco Nanco, di origine aviglianese. Con l'entrata in vigore della legge Pica l'esercito sabaudo distrusse i paesi di Pontelandolfo e Casalduni.
    Avigliano fu inoltre toccato dal fenomeno dell'emigrazione: nel solo periodo 1884-1913 furono in 9.000 a lasciare il paese per raggiungere gli Stati Uniti in cerca di fortuna.


    Novecento

    Durante la prima guerra mondiale i soldati aviglianesi furono inviati a combattere sul Carso.
    Nel 1926 venne inaugurato nella piazza principale un monumento dedicato a Emanuele Gianturco, giurista e politico nato ad Avigliano. Con il contributo degli aviglianesi emigrati negli Stati Uniti, il 25 maggio 1930 fu inaugurato inoltre un monumento ai Caduti del Mezzogiorno e, nel corso della stessa cerimonia anche la linea ferroviaria tra Avigliano città e Avigliano scalo, costruita dalla Società mediterranea per le linee ferrate calabro-lucane e che permetteva il collegamento di Avigliano alla linea ferroviaria Potenza-Foggia, e a quella verso Bari. Nel 1935, con la realizzazione del tronco autonomo Avigliano scalo - Potenza inferiore, la linea ferroviaria ebbe un collegamento diretto con la città di Potenza. Sempre nel 1935 furono edificati il Riformatorio giudiziario, dipendente dal Ministero di grazia e giustizia, e l'edificio scolastico elementare che in seguito fu intitolato a Silvio Spaventa Filippi. Avigliano divenne luogo di confino per molti ebrei e internati politici di fede antifascista.


    Monumenti e luoghi d'interesse

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    Basilica di Santa Maria del Carmine

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    Chiesa di Santa Maria degli Angeli

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    Chiesa di San Vito

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    Portale della Chiesa di Santa Lucia

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    Facciata della Chiesa di
    Santa Maria degli Angeli
    e l'ingresso principale
    del monastero

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    Chiesa e monastero
    di Santa Maria degli Angeli

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    Pozzo del monastero
    di Santa Maria degli Angeli

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    Un portale rinascimentale

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    Monumento ad Emanuele Gianturco

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    La piazza dedicata a Gianturco
    Architetture religiose

    Chiese

    • Basilica Pontificia di Santa Maria del Carmine
    • Chiesa di Santa Maria degli Angeli
    • Santuario di Santa Maria del Carmine
    • Chiesa di San Vito
    • Chiesa della Santissima Annunziata
    • Chiesa di Santa Maria de Cornu Bonu
    • Cappella di San Biagio
    • Chiesa di Santa Lucia
    • Cappella del Calvario
    • Chiesa della Santissima Trinità
    • Ex cappella di San Rocco
    • Chiesa di San Giovanni (non più esistente)



    Monasteri e conventi
    • Chiesa e monastero di Santa Maria degli Angeli
    • Monastero dei Frati Minori Riformati
    • Convento dei Padri Domenicani
    • Convento delle Monache di San Giuseppe


    Altre chiese
    • Santuario di Santa Maria del Carmine, edificato in onore della santa per aver salvato la città da un temibile terremoto nel 1696, ristrutturato in occasione del Giubileo del 2000.
    • Chiesa della Santissima Annunziata, composta da tre navate, all'interno sono conservati numerosi dipinti del XVIII e XIX secolo e sculture settecentesche
    • Chiesa di Santa Maria de Cornu Bonu, chiamata anche chiesa di Santa Maria delle Grazie, si conosce della sua esistenza dall'anno 1164, ristrutturata più volte nel corso dei tempi al suo interno si conservano alcune sculture settecentesche e la statua della Madonna delle Grazie, acquistata nel 1938
    • Cappella di San Biagio, antecedente al 1666, anche se la data di edificazione rimane sconosciuta. Ristrutturata nel 1840 da Giulio Corbo e poi nel 1984.
    • Chiesa di Santa Lucia, edificata nel 1566 dalla confraternita di Sant'Antonio di Vienna, il suo interno è stato abbellito grazie al lavoro di Giovanni Todisco.
    • Cappella del Calvario, costruita nel 1904, si raggiunge camminando in un sentiero in cui sono state poste le quattordici stazioni della "via Crucis", tutte in marmo. In seguito alla seconda guerra mondiale si aggiunse un arazzo russo raffigurante l'ultima cena.
    • Chiesa della Santissima Trinità, edificata nel 1743 da Matteo Vaccaro il cui stemma di famiglia ancora si osserva all'interno della chiesa.
    • Ex cappella di San Rocco, edificata nel 1711, grazie ai lavori del 1787 e del 1855 e quelle del secolo successivo assunse le forme attuali.
    • Chiesa di San Giovanni, non più esistente, si trovava in corso Giuseppe Garibaldi ed era caratterizzata dal portale in bugnato del XVI secolo.
    • Chiesa di San Giuseppe, non più esistente.


    Monasteri e conventi
    • Monastero dei Frati Minori Riformati, edificato grazie all'autorizzazione pervenuta nel 1615 con una bolla pontificia, venne costruito presso la collina Impiso. Nel XIX secolo divenne famoso grazi al lavoro svolto dal monsignor Luigi Filippi.
    • Convento dei Padri Domenicani, edificato grazie a Zenobia Scaglione vedova di Giuseppe Caracciolo, signore di Avigliano e Ruoti per evitare i lunghi spostamenti dei dominicani, nel 1605 iniziarono i lavori. Restaurato nel 1815 divenne un orfanotrofio provinciale fino al 1990.
    • Convento delle Monache di San Giuseppe, nato grazie alle richieste del sacerdote don Leonardo Coviello lasciate tramite testamento, venne completata nel 1704 venne aperto nel mese di giugno dell'anno 1705. Dal 1920 il numero di suore presenti era diventato esiguo e si arrivò alla chiusura nel 1926, e abbattuto nel 1966, al suo posto si trova una scuola materna.


    Palazzi
    • Torre di Taccone: ultima testimonianza della fortificazione che racchiudeva il primo nucleo abitato, di questa torre del XIV secolo rimane solo la base, mentre della muraglia, demolita agli inizi del Novecento, non resta traccia.
    • Palazzo Doria: costruito nel XVII secolo ed ampliato nel 1734, la facciata principale, rimasta inalterata, si affaccia sulla piazza Emanuele Gianturco. Gli altri lati dell'edificio sono stati invece rimaneggiati, compreso quello di accesso, che tuttavia conserva portali seicenteschi. Il portale centrale, a piano terra, conserva una cornice architravata in pietra lavorata con motivi floreali.
    • Palazzo Palomba: possiede una torre con l'orologio che domina la piazza, e conserva la facciata settecentesca. All'interno è oggi ospitata la casa di riposo fondata nel 1898.
    La famiglia Palomba fu tra le protagoniste dell'esperienza rivoluzionaria del 1799 aviglianese. Francesco Paolo, studente di giurisprudenza a Napoli innalzò il tricolore a Castel Sant'Elmo, come ricorda una targa posta all'interno della fortezza, venendo poi ucciso negli scontri susseguenti; Nicola, sacerdote, fu commissario della Repubblica per la difesa di Altamura contro le truppe del cardinale Fabrizio Ruffo e al ritorno dei Borbone fu decapitato in Piazza del Mercato a Napoli. In seguito il palazzo passò per via ereditaria agli Stolfi. A fine Ottocento venne ceduto al comune.
    • Palazzo Sponsa: la parte inalterata del palazzo seicentesco si affaccia su corso Garibaldi e conserva due balconate.
    • Palazzo Salinas: conserva la fattura settecentesca, con un portale d'ingresso in bugnato. La facciata è stata rimaneggiata. Il portale immette in un cortile dove una scalinata conduce nelle stanze del palazzo.
    • Palazzo Masi: attiguo al Palazzo Salinas, conserva la struttura settecentesca. All'interno vi è un cortile con un pozzo per l'acqua; l'esterno presenta balconate e finestre ornate da cornici architravate, e un portale d'ingresso sormontato dallo stemma in pietra della famiglia.
    • Palazzo Corbo di Sopra: struttura settecentesca, su due piani, domina la piazza principale, con balconcini in ferro battuto, e decorazioni a stucchi e le lesene della facciata in stile barocchetto.
    • Palazzo Corbo di Basso: situato nel quartiere "dietro le Rocche", domina la vallata con una sorta di torrione quadrangolare. Costruito a partire dal XIV secolo, quando la famiglia arrivò in Avigliano da Sulmona ove apparteneva al patriziato cittadino, il palazzo subì costanti rimaneggiamenti assumendo il suo aspetto attuale probabilmente nel XVII secolo. Conserva un bel portale in pietra. Ha subito un rifacimento moderno che ne ha completamente mutato le suddivisioni interne ed è ora adibito a case popolari.
    • Palazzo Sarnelli: edificio tardoseicentesco, realizzato per volontà di Nicola Sarnelli nella seconda metà del Seicento, recentemente ricostruito, conserva un portale d'ingresso e, all'interno, un ballatoio. La famiglia Sarnelli diede il suo nome ad una delle frazioni del comune; lasciata Avigliano dopo il terremoto del 1694, si stabilì definitivamente a Napoli acquisendo la baronia di Ciorani; vi appartenne il beato Gennaro Maria Sarnelli e Vincenzo Maria Sarnelli, vescovo di Castellammare di Stabia nel 1879 e cardinale di Napoli nel 1897.
    • Palazzo Labella: struttura ottocentesca, formata da vari piani, presenta ringhiere e un portale d'ingresso.
    • Palazzo Gagliardi: la facciata conserva la fattura settecentesca con portali in pietra ed un cornicione. L'accesso avviene attraverso un portale in bugnato, sormontato dallo stemma della famiglia, che immette in un giardino pensile chiuso da arcate.
    • Convento dei padri domenicani: costruito nel 1605, fu soppresso nel 1809 e trasformato prima in Collegio reale nel 1852, poi in Orfanotrofio provinciale, chiuso nel 1990. Attualmente ospita gli uffici comunali e conserva la fattura seicentesca con balconate sostenute da gattoni.


    Monumenti
    • Monumento a Emanuele Gianturco: statua in bronzo realizzata dallo scultore Gaetano Chiaromonte nel 1926, collocata nella cinquecentesca piazza intitolata al giurista aviglianese.
    • Monumento ai caduti della prima guerra mondiale: statua realizzata nel 1929 dallo scultore Carmine Filipponi, si trova nella villa comunale costruita contestualmente al monumento.


    Personalità legate ad Avigliano
    • Emanuele Gianturco, giurista e politico
    • Tommaso Morlino, politico
    • Silvio Spaventa Filippi, giornalista, traduttore e scrittore
    • Vincenzo Verrastro, politico
    • Giulio Stolfi, giurista e poeta
    • Ninco Nanco, brigante
    • Antonio Santoro, maresciallo
    • Rocco Sabato (Potenza, 1982) è un calciatore di serie A, terzino sinistro del Catania Calcio
    • Francesco Colonnese (Potenza, 1971) è un ex calciatore di serie A, che giocava nel ruolo di difensore.
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